Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10049 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10049 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10426/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO
-ricorrente- contro
TROVATO NOME;
-intimato- per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 4580/2022, depositata il 16 maggio 2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -L’Agenzia delle Entrate emetteva avviso di accertamento n. n. RJ606T200360 per IVA relativa all’anno 2001 nei confronti di NOME COGNOME in qualità di rappresentante legale e socio della società RAGIONE_SOCIALE L’avviso traeva origine da una segnalazione effettuata dall’Ufficio analisi e ricerca dell’Agenzia delle entrate di Acireale nei confronti della ditta esercente l’attività di commercio all’ingrosso di parti e accessori di autoveicoli. Da tale segnalazione erano emerse maggiori operazioni imponibili pari a lire 359.967.000 e, conseguentemente, una maggiore IVA pari a euro 37.200,39, più sanzioni e interessi.
Il ricorrente chiedeva l’annullamento dell’avviso di accertamento.
L’Ufficio ribadiva la correttezza del proprio operato.
Con memorie illustrative, il Trovato evidenziava che l’avviso di accertamento in contestazione era nullo per intervenuta estinzione della società, in quanto quest’ultima aveva cessato l’attività in data 26 novembre 2001 ed era stata cancellata dal registro delle imprese in data 5 marzo 2002.
In sede di udienza il difensore faceva presente che “l’atto in questione è stato già trattato da altra sezione e produceva la sentenza passata in giudicato”. L’Ufficio puntualizzava che “comunque tutto restava in capo al socio”.
La Commissione tributaria provinciale accoglieva il ricorso del contribuente, disponendo l’annullamento dell’avviso di accertamento.
-Avverso la sentenza l’Agenzia delle entrate proponeva appello.
Si costituiva in appello il COGNOME.
Con sentenza n. 4580/2022, depositata il 16 maggio 2022, la Commissione tributaria regionale della Sicilia ha rigettato l’appello.
-L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Il contribuente non ha svolto attività difensiva.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza per motivazione apparente, violazione degli artt. art. 36 d.lgs. 546/1992 e 132, comma 2, n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.; violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. Secondo quanto prospettato, nel caso di specie, la Commissione tributaria regionale avrebbe omesso qualsiasi riferimento e valutazione di quanto l’Ufficio ha contestato con riferimento alla valida notifica dell’atto avvenuta in capo al coobbligato socio e rappresentante legale dell’estinta società di persone.
Con il secondo motivo si prospetta la violazione dell’art. 2312 c.c.; falsa applicazione dell’art. 2495 c.c. e del d.p.r. n. 600 del 1973, art. 65, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. nella parte in cui la pronuncia accoglie implicitamente le doglianze di parte sull’applicazione dell’articolo 2495 c.c., vertendosi in tema di società di persone, la cui estinzione determina un fenomeno successorio di cui all’art. 2312 del c.c.
-In via preliminare e assorbente rispetto all’esame dei motivi di ricorso, questa Corte rileva che i due gradi di giudizio di merito si sono svolti soltanto nei confronti di NOME COGNOME quale socio, nell’anno di imposta oggetto di accertamento, della società RAGIONE_SOCIALE Appare fondata la questione, rilevabile d’ufficio, relativa alla nullità della sentenza impugnata e dell’intero procedimento per violazione del litisconsorzio necessario originario –
non rilevata dai giudici di merito -, essendosi il giudizio svolto senza la partecipazione di tutti i soggetti legittimati.
In tema di contenzioso tributario, il principio secondo cui in virtù dell’unitarietà dell’accertamento sussiste litisconsorzio necessario tra soci e società di persone, opera anche ove quest’ultima si estingua per effetto della cancellazione dal registro delle imprese, atteso che, a seguito di tale evento, i soci succedono nella posizione processuale dell’ente estinto, venendosi a determinare, tra di essi, una situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali, a prescindere dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale (Cass., Sez. V, 14 marzo 2018, n. 6285).
Deve, infatti, rilevarsi che, nella specie, si controverte in tema di avviso di accertamento concernente maggiori operazioni imponibili pari a lire 359.967.000 e, conseguentemente, una maggiore IVA pari ad euro 37.200,39, più sanzioni e interessi.
Secondo l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone, ovvero delle associazioni di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva
dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 14 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (cfr. Cass., Sez. Un., 4 giugno 2008, n. 14815; Cass., sez. Vi-5, 14 dicembre 2012, n. 23096).
La validità di tale principio non viene meno neppure in caso di eventuale cancellazione della società di persone dal registro delle imprese: come ritenuto da questa Corte (Cass., Sez. V, 6 novembre 2013, n. 24955), la cancellazione “determina l’estinzione” della società “e la priva della capacità di stare in giudizio, operando un fenomeno di tipo successorio, in forza del quale i rapporti obbligatori facenti capo all’ente non si estinguono ma si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui erano soggetti pendente societate , nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente. Ne consegue che, in tale evenienza, i soci, subentrano anche nella legittimazione processuale già in capo all’ente estinto, determinandosi una situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali, a prescindere dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale (principio reso dalla S.C., con cassazione dell’impugnata sentenza e dichiarazione di nullità dei giudizi di merito e rinvio al giudice di primo grado, poichè fin dall’inizio il giudizio era stato instaurato da un solo socio)”.
Pertanto, ove in sede di legittimità venga rilevata una violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata né dal collegio di primo grado (che avrebbe dovuto disporre immediatamente
l’integrazione del contraddittorio, ovvero riunire i processi in ipotesi separatamente instaurati dai litisconsorti necessari, ai sensi del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 29), né dal collegio d’appello (che avrebbe dovuto rimettere la causa al primo giudice, ai fini dell’integrazione del contraddittorio, ai sensi del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 59, comma 1, lett. b, in modo da assicurare un processo unitario per tutti i soggetti interessati), deve disporsi, anche d’ufficio, l’annullamento delle pronunce emesse a contraddittorio non integro, con rinvio della causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 383 c.p.c., u.c. (Cass., Sez. U, n. 3678 del 2009; conf. Cass. n. 12547 e n. 7212 del 2015, n. 18127 del 2013, n. 5063 del 2010, n. 138825 del 2007).
Nella specie, emerge dagli atti un precedente giudizio nei confronti della sola società, conclusosi con la sentenza n. 947/4/12, il cui giudicato non può tuttavia estendersi al socio illimitatamente responsabile, avendo deciso una questione di diritto, relativa alla notifica nei confronti della società estinta. Infatti, la sentenza, passata in giudicato, di annullamento dell’atto impositivo nei confronti di società a ristretta base sociale, se fondata su motivi di rito (nella specie: l’estinzione della società), non fa stato nei confronti dei soci, mancando un accertamento inconfutabile sull’inesistenza dei ricavi non contabilizzati e della relativa pretesa fiscale (Cass., Sez. VI-5, 22 aprile 2021, n. 10723; Cass., Sez. VI5, 7 giugno 2016, n. 11680).
Sotto un ulteriore e convergente profilo, deve escludersi che le questioni sottese al ricorso introduttivo del giudizio proposto dal contribuente avverso l’avviso di accertamento che lo riguardava rivestano carattere esclusivamente personale, riguardando, all’opposto, i presupposti sostanziali dell’accertamento “a monte” effettuato nei confronti della società. Esce confermato, quindi, che la
controversia non avrebbe potuto essere decisa limitatamente a un solo socio.
Da quanto argomentato consegue la nullità della decisione impugnata e dell’intero processo, essendosi il giudizio di merito celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari; la sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Catania, in diversa composizione, per la celebrazione del giudizio di primo grado nei confronti di tutti i litisconsorti necessari.
-Considerato lo sviluppo processuale della vicenda, si dispone la compensazione delle spese dell’intero processo fin qui svolto.
P.Q.M.
La Corte, pronunciando sul ricorso, dichiara la nullità del giudizio e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Catania.
Compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione