Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24966 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24966 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 10/09/2025
ORDINANZA
Sul ricorso n. 6580-2017, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE di DRAGIONE_SOCIALE, c.f. 02051820690, in persona del legale rappresentante p.t., COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE , ‘socio amministratore’ della società ricorrente, elettivamente domiciliata in Roma, presso la Corte di cassazione, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME
–
Ricorrente
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE , cf NUMERO_DOCUMENTO, in persona del Direttore p.t. elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende –
Controricorrente
Accertamento -Analiticoinduttivo –RAGIONE_SOCIALE -Inosservanza -Trasformazione in corso di causa -Irrilevanza
della sentenza n. 797/06/2016 della Commissione tributaria regionale del l’Abruzzo , depositata il 2 settembre 2016; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 9 luglio 2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Dalla sentenza e dagli atti difensivi si evince che l’Agenzia delle entrate notificò alla RAGIONE_SOCIALE l’ avviso d’accertamento con cui , relativamente al 2008, recuperò ad imponibile maggiori ricavi ai fini Ires, Iva e Irap.
I rilievi traevano genesi da una verifica condotta nei confronti della società di persone, esercente attività di ristorazione , all’esito della quale fu contestato un maggior imponibile per € 86.103,00.
La società propose ricorso per l’annullamento dell’atto impositivo dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Chieti, che con sentenza n. 880/05/2014 ne accolse in parte le ragioni, riducendo l’imponibile accertato e conseguentemente le imposte.
L’Agenzia delle entrate appellò la pronuncia dinanzi alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, accolto con sentenza n. 797/06/2016, ora al vaglio di questa Corte.
Il giudice regionale ha preliminarmente rigettato tutte le eccezioni sollevate dalla società, in particolare quella sulla mancata sottoscrizione dell’atto impositivo da parte di funzionario legittimamente delegato, nonché della mancata corretta instaurazione del contraddittorio. Ha inoltre chiarito che l’accertamento è stato eseguito trovando principale fondamento sul rilievo di una contabilità inattendibile. Ha quindi evidenziato la correttezza delle modalità di accertamento, emergente in particolare dal c ontrasto tra l’ intensa attività economica ed organizzativa, anche di numerosi eventi, e la inidoneità del personale in grado di fronteggiare l’organizzazione di tale attività; la corretta ricostruzione dei ricavi, che aveva tenuto conto del rapporto tra giacenze iniziali e rimanenze di fine anno, del
consumo di alcune materia prime, come la mozzarella, dell’applicazione di prezzi anche sottostimati, tenendo conto sia dei prezzi medi per l’attività di ristorazione, anche di eventi, sia de ll’attività di pizzeria , nonché della estensione ed importanza del locale, senza che potesse rilevare la sua lontananza dal mare.
La società di persone con tre motivi ha censurato la sentenza, di cui ha chiesto la cassazione, cui ha resistito con controricorso l ‘amministrazione finanziaria
All’esito dell’adunanza camerale del 9 luglio 2025 la causa è stata riservata e decisa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la società ha lamentato la violazione e falsa applicazione dell’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. La sentenza d’appello non avrebbe tenuto conto che l’atto impositivo era null o per essere stato sottoscritto da funzionario privo di valida delega, non motivata, né indicante il termine di validità ed il nominativo del delegato;
con il secondo motivo ha denunciato la violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 218 del 1997. L’Agenzia delle entrate non avrebbe provveduto, nella fase endoprocedimentale, e nonostante la disciplina introdotta in materia di definizione con adesione, alla instaurazione di un completo contraddittorio, ignorando del tutto le ragioni della società e le proposte per la definizione delle contestazioni elevate;
con il terzo motivo si è doluta della violazione ed errata applicazione degli artt. 39 e 40, d.P.R. 600 del 1973, nonché dell’art. 54 del d.P.R n. 633 del 1972 , oltre che per ‘omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione’.
La sentenza del giudice d’appello non avrebbe esaurientemente e correttamente esaminato le difese e le ragioni della società, giungendo a conclusioni errate.
Preliminarmente deve tuttavia d’ufficio valutarsi la correttezza dell’intero procedimento in riferimento al rispetto de l litisconsorzio necessario, che palesemente non sembra rispettato, con violazione della regola prescritta dall’art. 14, d.lgv. n. 546 del 1992.
Va infatti rilevato che il ricorso è stato intanto introdotto dalla RAGIONE_SOCIALE di ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (già RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE). In Corte di cassazione è stato introdotto dalla COGNOMENOME, nella qualità di legale rappresentante p.t. della ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ , cui segue la qualifica di ‘socio amministratore’ della ditta RAGIONE_SOCIALE, laddove non è ben comprensibile se la COGNOMENOME sia la l.r.p.t. della ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ , a sua volta ‘socio amministratore’ della RAGIONE_SOCIALE, oppure se sia essa stessa la legale rappresentante della società in nome collettivo.
In ogni caso, come è dato leggere dalla intestazione della sentenza impugnata, emessa nel 2016, all’epoca esisteva la RAGIONE_SOCIALE ed è altrettanto pacifico, dalla lettura della sentenza ma anche degli atti difensivi, che la suddetta società di persone fu attinta da verifica e quindi dall’avviso d’accertamento. Emerge inoltre, dal ricorso medesimo, che la società contribuente aveva quanto meno due soci, la medesima COGNOME NOME e COGNOME NOME, dal che deve dedursi che almeno sino a tutto il contenzioso sviluppatosi dinanzi alla commissione regionale la compagine sociale della società comprendesse almeno questi due soci, destinatari infatti, per quanto si evince sempre dalla lettura del ricorso, di due distinti avvisi d’accertamento per i redditi da partecipazione.
Ebbene, qualunque sia l’assetto attuale della società, essa era – e lo è ancora, per il profilo che qui rileva – una società in nome collettivo, cui era necessario applicare le regole del litisconsorzio necessario (Cass., Sez. Un., 4 giugno 2008, n. 14815). Le modifiche sopravvenute in corso di causa, qualunque esse siano e comunque nel caso di specie neppure indirizzate alla trasformazione giudica della società in nome collettivo, non possono certo incidere sulle regole originarie del litisconsorzio.
Questo cioè non risulta mai rispettato nella controversia, con la conseguente nullità di ogni sentenza o provvedimento emesso sin dalla introduzione del ricorso. Ciò va rilevato anche d’ufficio.
Della sentenza, e del l’intero procedimento contenzioso , ne va dunque dichiarata la nullità, con il conseguente rinvio alla Corte di giustizia tributaria di I grado di Chieti, perché, integrato il contraddittorio, si proceda alla celebrazione di un nuovo giudizio.
Le spese processuali del giudizio di legittimità vanno interamente compensate.
P.Q.M.
La Corte annulla la sentenza impugnata e l’intero processo. Rinvia il giudizio alla Corte di giustizia tributaria di I grado di Chieti, perché, previa integrazione del contraddittorio, si proceda al rinnovo del processo.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale del 9 luglio 2025 Il Presidente NOME COGNOME