Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31108 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31108 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 04/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15472/2017 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-ricorrente-
contro
TAGLIAVINI ORESTE
-intimatoavverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELL’EMILIA -ROMAGNA, n. 3578/2016 depositata il 12 dicembre 2016
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 3 ottobre 2024 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
All’esito di attività di indagine condotta nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, la Direzione Provinciale di Reggio nell’Emilia dell’Agenzia delle Entrate rideterminava con metodo analiticoinduttivo, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lettera d), del D.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 54,
comma 2, del D.P.R. n. 633 del 1972, il valore della produzione netta e il volume d’affari dichiarati dalla predetta società di persone, rispettivamente ai fini dell’IRAP e dell’IVA, in relazione all’anno 2005.
I rilievi fiscali si fondavano sulla presunzione che alcune vendite immobiliari effettuate in quell’anno dalla mentovata società fossero avvenute a prezzi superiori a quelli dichiarati nei relativi contratti, come evincibile da una serie di indizi deponenti in tal senso (valore degli immobili risultante da perizie di stima; importi dei mutui fondiari erogati in favore degli acquirenti; ammontare del corrispettivo indicato nei preliminari stipulati).
In sèguito lo stesso Ufficio notificava al socio accomandatario NOME COGNOME un distinto avviso di accertamento mediante il quale, ai sensi dell’art. 5, comma 1, del D.P .R n. 917 del 1986 (TUIR), imputava allo stesso per trasparenza, in proporzione alla sua quota di partecipazione agli utili, pari al 50%, il maggior reddito così determinato in capo all’ente collettivo.
Il contribuente impugnava l’atto impositivo emesso nei suoi confronti dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Reggio nell’Emilia, che respingeva il ricorso da lui proposto.
La decisione veniva, però, successivamente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia -Romagna, la quale, con sentenza n. 3578/2016 del 12 dicembre 2016, in accoglimento dell’appello della parte privata, annullava l’avviso di accertamento in questione.
A sostegno della pronuncia adottata il collegio regionale osservava che: -l’accertamento analitico -induttivo compiuto dall’Ufficio non poteva ritenersi legittimo, fondandosi su elementi presuntivi privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza all’uopo richiesti dalla normativa di riferimento; -in particolare, la prova del fatto che gli immobili oggetto dei rilievi fiscali fossero stati venduti a un prezzo superiore a quello indicato nei relativi atti pubblici di
trasferimento non poteva essere desunta unicamente dall’importo dei mutui bancari concessi agli acquirenti; -oltretutto, per nozione di comune esperienza, nella realtà pratica «veng (o) no effettuate perizie che sovrastimano l’immobile per consentire la stipulazione di contratti di mutuo di maggior importo, molto spesso per far fronte ad altre spese dell’acquirente, come spese notarili, di piccola ristrutturazione o miglioramento dell’immobile stesso, o addirittura spese non riguardanti l’acquisto effettuato» .
Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate ha spiegato ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Il COGNOME è rimasto intimato.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, del predetto articolo la ricorrente ha depositato sintetica memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono denunciate la violazione e la falsa applicazione degli artt. 39 e 41 -bis del D.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 54 del D.P.R. n. 633 del 1972.
1.1 Si sostiene che l’impugnata decisione non avrebbe adeguatamente valutato gli elementi presuntivi offerti dall’Ufficio a dimostrazione dell’inattendibilità dei prezzi indicati negli atti di compravendita conclusi dalla contribuente, e in particolare la circostanza che gli importi dei mutui accesi dagli acquirenti fossero nettamente superiori a quei prezzi.
Con il secondo motivo, pure proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono nuovamente contestate la violazione e la falsa applicazione degli artt. 39 e 41 -bis del D.P .R. n. 600 del 1973 e dell’art. 54 del D.P.R. n. 633 del 1972, nonché quelle dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c..
2.1 Si censura il passaggio della sentenza d’appello in cui viene
definito «dato di comune esperienza» il fatto che i soggetti interessati all’acquisto di un immobile si avvalgano di perizie con le quali viene appositamente sovrastimato il valore del bene, allo scopo di poter ottenere la concessione di mutui per importi più elevati.
«In limine litis» va rilevato d’ufficio che il processo si è irregolarmente svolto nei due gradi di merito a contraddittorio non integro.
3.1 Valgano, al riguardo, le seguenti considerazioni.
3.2 Per costante giurisprudenza di questa Corte, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone di cui all’art. 5 del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR) e dei loro soci -alla quale consegue l’automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, in proporzione alla sua quota di partecipazione agli utili e indipendentemente dalla percezione degli stessi -comporta che il ricorso tributario avanzato, anche avverso un solo avviso di rettifica, dalla società o da uno dei soci, riguarda inscindibilmente sia l’una che gli altri, salvo il caso in cui vengano prospettate questioni personali ai singoli partecipanti. Ne discende che tutti questi soggetti devono essere parti dello stesso procedimento e che la controversia non può essere decisa
limitatamente ad alcuni di loro.
3.3 Pertanto, il ricorso proposto anche da uno solo dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 14, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, e il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, pure d’ufficio (cfr. , ex multis , Cass. n. 3110/2024, Cass. n. 33319/2023, Cass. n. 12590/2023, Cass. n. 35187/2022). 3.4 È stato, inoltre, precisato che il litisconsorzio necessario originario ricorre anche nei confronti del socio accomandante di una società in accomandita semplice, poiché l’accertamento in rettifica
della dichiarazione societaria incide anche sull’imputazione proporzionale dei redditi a costui, indipendentemente dal fatto che la sua responsabilità sia limitata alla quota conferita (cfr. Cass. n. 30070/2021, Cass. n. 7026/2018, Cass. n. 27337/2014).
3.5 Ciò premesso, va osservato che il presente giudizio, avente ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento mediante il quale è stato imputato per trasparenza al socio di una società di persone (la RAGIONE_SOCIALE) il maggior reddito d’impresa determinato dall’Ufficio in capo all’ente collettivo in relazione all’anno d’imposta 2005, si è svolto senza il necessario coinvolgimento di tale società e degli altri soci (emergendo dallo stesso ricorso per cassazione che all’epoca dei fatti contestati l’odierno intimato era titolare di una quota di partecipazione agli utili pari al 50%).
3.6 L’unicità della controversia non può, peraltro, essere ricomposta nell’odierna sede di legittimità, difettando le condizioni all’uopo richieste dalla giurisprudenza di questa Corte (sull’argomento cfr., ex plurimis , Cass. n. 7763/2018, Cass. n. 29843/2017, Cass. n. 6876/2016, Cass. n. 9732/2015).
Per le ragioni illustrate, in applicazione dei surriferiti princìpi di diritto, va dichiarata la nullità dell’impugnata sentenza e dell’intero procedimento.
4.1 Essendosi al cospetto di una nullità del processo per la quale il collegio d’appello avrebbe dovuto rimettere le parti al giudice di prime cure, la causa va rinviata, ai sensi degli artt. 383, comma 3, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Reggio nell’Emilia, in diversa composizione, perché provveda alla rinnovazione del giudizio, previa integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari pretermessi.
4.2 Il giudice del rinvio pronuncerà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità, a norma degli artt. 385, comma 3, seconda
parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. cit..
P.Q.M.
La Corte, decidendo sul ricorso, dichiara la nullità della sentenza impugnata e dell’intero procedimento e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Reggio nell’Emilia, in diversa composizione, affinchè provveda alla rinnovazione del giudizio, previa integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari pretermessi, e pronunci anche sulle spese della presente fase di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione