Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33393 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33393 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
Presidente
Consigliere
Consigliere – Rel.
Ud. 1/23/10/2024 C.C. PU R.G. 18241/2022 –
Consigliere
Consigliere
Cron. 17987/2019
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso n. 18241/2022 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME in forza di delega in calce al ricorso per cassazione.
Pec:
-ricorrente – contro
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente –
R.G.N. 17987/2019
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della LOMBARDIA n. 1278/2022, depositata in data 1 aprile 2022, notificata in data 11 maggio 2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23 ottobre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello proposto da COGNOME NOME nei confronti della sentenza di primo grado che aveva respinto il ricorso avente a oggetto l’avviso di accertamento relativo al periodo di imposta anno 2011, notificato a COGNOME NOME, quale socio e amministratore di fatto della società RAGIONE_SOCIALE, celata mediante interposizione soggettiva dietro la società RAGIONE_SOCIALE, nonché quale autore delle violazioni unitamente ad altri, richiedendo un maggiore importo Iva di euro 167.736,67, Irap di euro 32.857,00 e sanzioni per euro 481.000,00 ed euro 15.492,00.
I giudici di secondo grado, per quel che rileva in questa sede, hanno affermato che non sussisteva alcuna violazione del litisconsorzio necessario, in quanto la società, riqualificata in società di fatto, non aveva impugnato l’atto impositivo, e, gli altri soggetti qualificati come soci di fatto, avevano impostato la propria linea difensiva su questioni di natura esclusivamente personale, volta a dimostrare l’insussistenza del rapporto societario.
La Commissione tributaria regionale, poi, ha ritenuto infondata l’eccezione di incompetenza territoriale e funzionale dell’Ufficio Controlli dell’Agenzia delle Entrate D.P. di Varese, in quanto l’attività imputata alla società di fatto avveniva utilizzando la struttura di quella palese; in particolare, la sede della società palese era in Varese INDIRIZZO e tale indirizzo emergeva sia dalla dichiarazione Unico per l’anno 2011 presentata dalla società, che dalla posizione INPS e dal fatto che anche il domicilio fiscale del socio amministratore (della
società di fatto) COGNOME NOME, residente in INDIRIZZO Lomnago, era in provincia di Varese; come osservato da altro collegio, per fattispecie analoga, «anche per il sol fatto di avere utilizzato la società di fatto-occulta la società palese (schermo), le attività (nascoste) e contestate, agli occhi dei terzi (fisco incluso) si sono palesate nel territorio della società regolare (schermo). Correttamente, quindi, l’Ufficio Controlli dell’Agenzia delle Entrate D.P. di Varese, nel caso di specie, ha notificato l’impugnato avviso di accertamento, intestato ed emesso nei confronti della società di fatto “RAGIONE_SOCIALE“, celata mediante interposizione soggettiva dietro la “RAGIONE_SOCIALE“, corrente tra i signori sig. COGNOME NOME, i sig.ri COGNOME BrunoCOGNOME NOMECOGNOME NOME, NOME, COGNOME NOME COGNOME.
I giudici di secondo grado, in ultimo, hanno ritenuto infondato il vizio di motivazione della sentenza di primo grado, facendo propria la motivazione dei primi giudici, anche alla luce della giurisprudenza prodotta in atti, e riferita ad altri soggetti facenti parte del sodalizio (società di fatto) costituito al fin di operare illecitamente, circostanza quest’ultima evincibile da tutta la documentazione in atti, specificando che:
-) come emergeva dalla motivazione dell’avviso di accertamento le evidenze raccolte e analiticamente descritte nel PVC conducevano «all’emersione dei profili di una associazione per delinquere la quale, in termini più prettamente tributari, deve considerarsi equiparabile ad una ‘società di fatto’»;
-) il reddito derivante dall’esercizio in forma associata delle ormai note attività illecite era stato prodotto congiuntamente e consapevolmente grazie al conferimento dei servizi prestati dai «soci amministratori di fatto» COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME NOME, NOME Rocco e COGNOME Bruno i quali, sotto l’apparenza di una società cooperativa, avevano dato vita ad un differente vincolo associativo che aveva piena rilevanza tributaria;
-) per quanto la società di fatto, configurabile tra le predette persone fisiche, non poteva trovare tutela nell’ambito dell’ordinamento generale, perché avente oggetto illecito, il reddito di fatto prodotto dal sodalizio doveva essere comunque ricondotto a tassazione, sicché solo ai fini della quantificazione e della corretta imputazione di tale reddito si discuteva di «società di fatto» e di conseguente «tassazione per trasparenza»;
-) la società di fatto, configurabile tra i sigg. COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME Vincenzo, COGNOME Rocco e COGNOME Bruno aveva prodotto un reddito che doveva essere assoggettato a tassazione;
-) ai fini delle imposte sui redditi, una società di fatto era equiparata ad una società in nome collettivo ai sensi dell’art. 5, comma 3, lett. b), del TUIR e, in applicazione del principio di trasparenza, il reddito prodotto dalla società di fatto doveva essere imputato a ciascun partecipante indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili (art. 5, comma l, TUIR) e, non risultando indicato il valore dei conferimenti, si presumeva uguale tra i partecipanti (art. 5, comma 2, TUIR);
il reddito (provento illecito) prodotto dalla società di fatto (illecita, perché avente oggetto illecito), configurabile tra i COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME Rocco e COGNOME Bruno doveva essere imputato per trasparenza direttamente ai predetti (anche in virtù del più generale principio di cui all’art. 37, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973.
COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a tre motivi.
L ‘Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
1. Il primo motivo deduce, in relazione a ll’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, comma 2, e 14 del decreto legislativo n. 546 del 1992, nonché dell’art. 102 cod. proc. civ. e per la violazione del principio del litisconsorzio necessario «originario» tra la società di fatto e i soci. La sentenza impugnata era errata nella parte in cui non aveva accolto l’eccezione sollevata in appello, in quanto l’obbligo di integrazione del contraddittorio, come affermato anche dalla giurisprudenza di legittimità, sussisteva anche in presenza di una società di fatto.
2. Il secondo motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la nullità assoluta dell’avviso di accertamento per incompetenza territoriale funzionale dell’ufficio Controlli dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Varese, ex artt. 31, 58 e 59 del d.P.R. n. 600 del 1973, considerato che l’Ufficio che aveva proceduto a notificare l’atto sanzionatorio impugnato apparteneva ad una Direzione Provinciale (D.P. di Varese) territorialmente e funzionalmente incompetente a esercitare la potestà accertativa in relazione alla posizione fiscale oggetto di controllo, rappresentata da «RAGIONE_SOCIALE», quale «società di fatto». Nella motivazione dell’avviso di accertamento risultava che il soggetto giuridico accertato era la «RAGIONE_SOCIALE di fatto RAGIONE_SOCIALE» e non la singola «cooperativa». Proprio sulla base di tale impostazione accertativa, in difetto di una formale «sede legale» della società di fatto accertata (giacché priva di una propria personalità giuridica), il domicilio fiscale, sul quale radicare la competenza territoriale dell’Ufficio Controlli, doveva identificarsi con il luogo in cui l’ente stesso veniva amministrato o, comunque, svolgeva la propria attività in modo continuativo e prevalente, cioè a Milano.
Il terzo motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, in ordine alla eccepita infondatezza della pretesa erariale avanzata nei confronti di COGNOME NOME, nonché per violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4, del decreto legislativo n. 546 del 1992 e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ.. La Commissione tributaria regionale si era limitata a riportare le difese erariali senza nulla aggiungere su quanto eccepito dal ricorrente e aveva avvalorato la tesi sostenuta dell’Amministrazione finanziaria sull’inesistenza giuridica della cooperativa accertata senza esplicitare le ragioni sottese a tale statuizione. La pretesa erariale avanzata nei confronti di COGNOME NOME, quale asserito «socio-amministratore di fatto» della società accertata era infondata, sia per quanto atteneva la presunta responsabilità per il versamento delle maggiori imposte accertate in ragione dell’utilizzo abusivo dell’istituto della tassazione per traspar enza e l’insussistenza di qualsivoglia «società di fatto», sia per quanto concerneva la presunta responsabilità per il versamento delle sanzioni in violazione o falsa applicazione dell’art. 11, comma 1, del decreto legislativo n. 472 del 1997 in relazione all’art. 7 del decreto legge n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003, in ragione della riferibilità esclusiva alla persona giuridica delle sanzioni amministrative tributarie irrogate ad una società di capitali.
L’esame delle esposte censure porta all’accoglimento del primo motivo di ricorso, con assorbimento dei restanti.
4.1 Ed invero, sulla premessa che, nella vicenda in esame, il giudizio di merito, relativo alla contestazione dell’avviso di accertamento attinente al reddito percepito da una società di persone (società di fatto, ovvero società in nome collettivo irregolare), si è svolto nei confronti del solo COGNOME NOME e non anche nei confronti degli altri soci (COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME Rocco, COGNOME Bruno, cfr. pag. 7 del controricorso; cfr. pag. 1 della sentenza che
indica, in parte, nomi diversi COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME Rocco, NOME), è principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello per cui, in materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all’art. 5 del d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 14 del decreto legislativo n. 546 del 1992 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (Cass., Sez. U., 4 giugno 2008, n. 14815; Cass., 14 dicembre 2012, n. 23096; Cass., 28 novembre 2014, n. 25300; Cass., 20 aprile 2016, n. 7789; Cass., 25 giugno 2018, n. 16730; Cass., 30 ottobre 2018, n. 27603).
4.2 Pertanto, ove in sede di legittimità venga rilevata una violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata né dal collegio di primo grado (che avrebbe dovuto disporre immediatamente
l’integrazione del contraddittorio, ovvero riunire i processi in ipotesi separatamente instaurati dai litisconsorti necessari, ai sensi dell’art. 29 del decreto legislativo n. 546 del 1992), né dal collegio d’appello (che avrebbe dovuto rimettere la causa al primo giudice, ai fini dell’integrazione del contraddittorio con tutti i soci della società contribuente, ai sensi dell’art. 59, comma 1, lett. b) del decreto legislativo n. 546 del 1992, in modo da assicurare un processo unitario per tutti i soggetti interessati), deve disporsi, anche d’ufficio, l’annullamento delle pronunce emesse a contraddittorio non integro, con rinvio della causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 383 ultimo comma, cod. proc. civ. (Cass., Sez. U., 16 febbraio 2009, n. 3678 e, di recente, Cass., 16 marzo 2018, n. 6644; Cass., 23 ottobre 2020, n. 23315; Cass., 22 febbraio 2021, n. 4665).
4.3 Con specifico riferimento all’Iva, questa Corte ha stabilito che l’accertamento di maggior imponibile Iva a carico di una società di persone, se autonomamente operato, non determina, in caso d’impugnazione, la necessità d’integrare il contraddittorio nei confronti dei soci, salvo che l’Ufficio abbia contestualmente proceduto, con un unico atto, ad accertamenti ai fini anche di altre imposte (nella specie, IRAP), fondati su elementi comuni, atteso che, in detta ipotesi, il profilo dell’accertamento impugnato concernente l’imponibile Iva non si sottrae al vincolo necessario del «simultaneus processus» per l’inscindibilità delle due situazioni, in quanto insuscettibile di autonoma definizione (Cass., 14 marzo 2018, n. 6303).
4.4 Ed ancora questa Corte ha affermato che « seppure la giurisprudenza legittimità è nel senso che l’accertamento di maggior imponibile IVA a carico di una società di persone, se autonomamente operato, non determina, in caso di impugnazione, la necessità del simultaneus processus nei confronti dei soci e, quindi, un litisconsorzio necessario, mancando un meccanismo analogo a quello previsto dal combinato disposto di cui al d.P.R. n. 600 del 1973, art. 40, comma 2
e d.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, di unicità di accertamento ed automatica imputazione dei redditi della società ai soci in proporzione alla partecipazione agli utili, con connessa comunanza di base imponibile tra i tributi a carico della società e dei soci, è altrettanto vero che, qualora l’Agenzia abbia contestualmente proceduto con un unico atto impositivo ad accertamenti per IVA e (come nel caso in esame), anche per IRAP a carico di una società di persone, fondati su elementi (anche in parte) comuni, il profilo dell’accertamento impugnato concernente l’imponibile IVA, ove non suscettibile di autonoma definizione in funzione di aspetti ad esso specifici, non si sottrae al vincolo necessario del simultaneus processus, attesa l’inscindibilità delle due situazioni » (Cass., 11 dicembre 2019, n. 32421; Cass., 9 agosto 2016, n. 16731; Cass., 30 dicembre 2015, n. 26071).
4.5 Pure con riferimento all’Irap, questa Corte ha precisato che, trattandosi di imposta assimilabile all’Ilor – in forza dei suo carattere reale, della sua non deducibilità dalle imposte sui redditi e della sua proporzionalità (cfr. art. 17, comma 1, e art. 44 del decreto legislativo n. 446 del 1997- ed essendo essa imputata per trasparenza ai soci, ai sensi dell’art. 5 del d.P.R. n. 917 del 1986, al pari delle imposte sui redditi, il litisconsorzio necessario del soci sussiste anche nel giudizio di accertamento della relativa imposta dovuta dalla società (Cass., Sez. U., 20 giugno 2012, n. 10145; Cass., Sez. U., 29 maggio 2017, n. 13452; Cass., 24 luglio 2018, n. 19599).
4.6 Anche di recente questa Corte ha ribadito il principio che « nel processo di cassazione, in presenza di cause decise separatamente nel merito e relative, rispettivamente, alla rettifica del reddito di una società di persone ed alla conseguente automatica imputazione dei redditi stessi a ciascun socio, la violazione del litisconsorzio necessario tra società e soci determina la rimessione della causa al primo giudice che, tuttavia, non è necessaria ove in sede di legittimità possa disporsi
la ricomposizione del contraddittorio mediante la riunione; ciò si verifica quando, oltre a sussistere la piena consapevolezza di ciascuna parte processuale dell’esistenza e del contenuto dell’atto impositivo notificato alle altre parti e delle difese processuali svolte dalle stesse, la complessiva fattispecie sia caratterizzata da: identità oggettiva quanto a “causa petendi” dei ricorsi; simultanea proposizione degli stessi avverso il sostanzialmente unitario avviso di accertamento costituente il fondamento della rettifica delle dichiarazioni sia della società che di tutti i suoi soci e, quindi, identità di difese; simultanea trattazione degli afferenti processi innanzi ad entrambi i giudici del merito; identità sostanziale delle decisioni adottate da tali giudici» (cfr. Cass., 24 febbraio 2022, n. 6073).
4.7 In particolare, nella sentenza richiamata, è stato precisato che « la ricomposizione successiva del contraddittorio in sede di legittimità di cause decise separatamente nel merito (senza la originaria partecipazione congiunta di tutti i litisconsorti necessari) richiede, peraltro – oltre che alla piena consapevolezza di ciascuna parte processuale dell’esistenza e del contenuto dell’atto impositivo notificato alle altre parti e delle difese processuali svolte dalle stesse, all’identità oggettiva quanto a causa petendi e alla simultanea proposizione degli stessi avverso l’unitario avviso di accertamento posto a fondamento della rettifica delle dichiarazioni sia della società sia di tutti i suoi soci – anche la simultanea trattazione dei processi innanzi ad entrambi i giudici del merito e la identità sostanziale delle decisioni adottate da tali giudici (Cass., Sez. V, 13 dicembre 2017, n. 29843; Cass., Sez. V, 10 novembre 2011, n. 26648; Cass., Sez. V, 18 febbraio 2010, n. 3830) » e che « La mancanza di trattazione unitaria e l’impossibilità di verificare una completa identità delle questioni trattate comporta la violazione del litisconsorzio necessario, con conseguente rimessione della causa al primo giudice, non potendo la causa essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto dei litisconsorti (Cass., Sez. U., 4
giugno 2008, n. 14815) » (cfr. Cass., 24 febbraio 2022, n. 6073, in motivazione).
4.8 Da quanto detto consegue che la società e tutti i suoi soci devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamene ad alcuno soltanto di essi, essendo del tutto irrilevante che uno dei soci non abbia impugnato l’avviso di accertamento emesso nei loro confronti o, addirittura, che nessun atto impositivo sia stato emesso nei confronti di uno di essi (Cass., 11 dicembre 2019, n. 32421, in motivazione).
4.9 E’ utile precisare che il litisconsorzio necessario sussiste altresì quando, come nel caso in esame, la controversia verte (anche) sulla configurabilità o meno di una società di fatto, venendo in rilievo non solo nelle ipotesi espressamente previste dalla legge, ma anche in tutti i casi in cui, per la particolare natura o configurazione del rapporto giuridico dedotto in giudizio e per la situazione strutturalmente comune ad una pluralità di soggetti, la decisione non possa conseguire il proprio scopo se non sia resa nei confronti di tutti questi soggetti (Cass., 18 ottobre 2021, n. 28729; Cass., 27 settembre 2018, n. 23261; Cass., 25 giugno 2014, n. 14387).
4.10 Di recente è stato ribadito il principio di diritto, che si condivide, che « Nel processo tributario, la controversia relativa alla configurabilità o meno di una società di fatto comporta il litisconsorzio necessario di tutti i soggetti coinvolti, che sussiste, oltre che nelle ipotesi espressamente previste dalla legge, nei casi in cui, per la particolare natura o configurazione del rapporto giuridico dedotto in giudizio e per la situazione strutturalmente comune ad una pluralità di soggetti, la decisione non possa conseguire il proprio scopo se non sia resa nei confronti di tutti » ( Cass., 13 febbraio 2024, n. 3954).
4.11 In ultimo è stato pure precisato che « Il giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento promosso dal socio di fatto di una società di persone, che pure contesti tale qualità, deve svolgersi nel
contraddittorio tra la società ed i soci della stessa, perché la relativa decisione non può conseguire il suo scopo, ove non sia resa nei confronti di tutti questi soggetti » (Cass., 16 febbraio 2023, n. 5007; Cass., 3 ottobre 2018, n. 24025)
Conclusivamente, quindi, in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, rilevata la violazione del litisconsorzio necessario, va dichiarata la nullità dell’intero giudizio con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa al giudice di primo grado (Corte di giustizia tributaria di primo grado di Varese), che provvederà a rinnovare il giudizio di merito a contraddittorio integro, a procedere a nuovo esame dell’impugnazione originaria e a regolamentare le spese del presente giudizio di legittimità.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, dichiara la nullità del giudizio, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Varese, in altra composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 23 ottobre 2024.