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Litisconsorzio necessario: No tra Fisco e Agente

Un contribuente impugna una cartella di pagamento citando solo l’Agente della Riscossione. La Corte d’Appello rimette la causa in primo grado per integrare il contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate, ravvisando un litisconsorzio necessario. La Cassazione annulla tale decisione, stabilendo che, in base all’art. 39 del D.Lgs. 112/1999, non esiste un litisconsorzio necessario tra i due enti. La scelta di coinvolgere l’ente creditore spetta all’Agente della Riscossione.

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Pubblicato il 2 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Litisconsorzio Necessario tra Fisco e Riscossione: La Cassazione Fa Chiarezza

Quando un contribuente riceve una cartella di pagamento e decide di impugnarla, sorge una domanda cruciale: chi deve citare in giudizio? Solo l’Agente della Riscossione che ha inviato l’atto, o anche l’ente creditore, come l’Agenzia delle Entrate? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito una risposta definitiva, escludendo il litisconsorzio necessario tra i due soggetti e semplificando notevolmente il contenzioso per il cittadino.

I Fatti di Causa

Un contribuente impugnava una cartella di pagamento, derivante da un controllo automatizzato della sua dichiarazione dei redditi, notificando il ricorso esclusivamente all’Agente della Riscossione. Il giudice di primo grado accoglieva le ragioni del contribuente. Sorprendentemente, l’Agenzia delle Entrate, pur non avendo partecipato al primo giudizio, proponeva appello. La Corte Tributaria Regionale accoglieva l’appello, ritenendo che l’Agenzia delle Entrate fosse un litisconsorte necessario e, di conseguenza, rimetteva la causa al primo giudice per integrare il contraddittorio. Il contribuente, vedendosi riportare il processo al punto di partenza, ricorreva in Cassazione, lamentando l’errata applicazione delle norme sul litisconsorzio necessario.

L’assenza di un Litisconsorzio Necessario nel Contenzioso Tributario

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del contribuente, cassando la sentenza d’appello. Il punto centrale della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 39 del D.Lgs. n. 112/1999. Secondo la Suprema Corte, questa norma non configura un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra l’ente creditore (Agenzia delle Entrate) e il concessionario del servizio di riscossione.

Il principio affermato è che il contribuente è tenuto a citare in giudizio unicamente il soggetto che ha emesso l’atto impugnato, ovvero l’Agente della Riscossione nel caso della cartella di pagamento. Non vi è alcun obbligo per il contribuente di coinvolgere anche l’ente titolare del credito.

Il Ruolo dell’Agente della Riscossione

La legge pone sull’Agente della Riscossione l’onere, e non l’obbligo, di chiamare in causa l’ente creditore. Questa chiamata in causa è una facoltà che l’Agente può esercitare per evitare di ‘rispondere delle conseguenze della lite’. In altre parole, se l’Agente non coinvolge l’ente creditore e il ricorso del contribuente viene accolto per motivi che riguardano il merito del credito, l’Agente potrebbe essere ritenuto responsabile nei confronti dell’ente stesso. Tuttavia, questa è una questione che riguarda i rapporti interni tra i due soggetti pubblici e non può tradursi in un onere aggiuntivo per il contribuente.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che la scissione tra la titolarità del credito (in capo all’Agenzia delle Entrate) e la titolarità dell’azione esecutiva (in capo all’Agente della Riscossione) è una scelta del legislatore finalizzata ad agevolare la riscossione dei crediti pubblici. Imporre al contribuente di evocare in giudizio entrambi i soggetti complicherebbe inutilmente l’esercizio del suo diritto di difesa. La norma (art. 39 D.Lgs. 112/1999) è chiara nel prevedere che è il concessionario, se lo ritiene opportuno, a dover chiamare in causa l’ente creditore. Il processo può validamente proseguire e concludersi anche in assenza di quest’ultimo, e la decisione avrà effetto anche nei suoi confronti. Pertanto, la Corte d’Appello ha errato nel qualificare la situazione come un difetto del contraddittorio da sanare con la rimessione al primo grado.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio di fondamentale importanza pratica: il contribuente che impugna una cartella di pagamento adempie correttamente al proprio onere processuale citando in giudizio solo l’Agente della Riscossione. Non sussiste alcun litisconsorzio necessario con l’ente impositore. Tale chiarimento semplifica il contenzioso tributario, evitando inutili allungamenti dei tempi processuali e garantendo una più efficace tutela dei diritti del contribuente, il quale non è tenuto a districarsi nella complessa rete di rapporti tra l’amministrazione finanziaria e i suoi agenti di riscossione.

Quando si contesta una cartella di pagamento, è obbligatorio citare in giudizio sia l’Agente della Riscossione sia l’Agenzia delle Entrate?
No. Secondo la Corte di Cassazione, non esiste un litisconsorzio necessario tra i due enti. Il contribuente adempie correttamente al suo onere processuale citando in giudizio solo il soggetto che ha emesso l’atto, cioè l’Agente della Riscossione.

Cosa succede se l’Agente della Riscossione non chiama in causa l’Agenzia delle Entrate?
Il processo prosegue validamente. Tuttavia, se la contestazione del contribuente viene accolta per motivi che riguardano l’esistenza del credito, l’Agente della Riscossione, non avendo coinvolto l’ente titolare, risponderà delle conseguenze negative della lite nei confronti dell’ente stesso.

Può un ente che non ha partecipato al primo grado di giudizio fare appello contro la sentenza?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che la legittimazione ad impugnare una sentenza spetta non solo a chi ha formalmente partecipato al giudizio, ma anche al soggetto che, pur assente, è direttamente inciso dagli effetti della decisione. Pertanto, l’Agenzia delle Entrate, in qualità di titolare del credito, era legittimata a proporre appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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