Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17273 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17273 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/06/2025
Oggetto: Intimazione di pagamento – Litisconsorzio necessario tra ente impositore e concessionario della riscossione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24541/2022 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale rilasciata su foglio separato ed allegato al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME il quale ha indicato l’indirizzo pec brunoEMAIL
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente –
e
RAGIONE_SOCIALEAGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE (già RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del l’Umbria , n. 103/02/2022, depositata in data 14 marzo 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 maggio 2025 del Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Con ricorso notificato solo all’Agenzia delle entrate riscossione il contribuente impugnava innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Perugia l’avviso di intimazione n. 08020199007985792000, cui erano sottese tre cartelle di pagamento e due avvisi di accertamento, per un importo complessivo di Euro 64.005,19, eccependo, per quanto qui rilevi, la prescrizione della pretesa tributaria, l’illegittimità dell’atto sotto plurimi profili (presunta carenza di potere dell’ente emanante, mancata indicazione di numero di protocollo, carenza di motivazione) e la mancata notifica degli atti prodromici.
La CTP di Perugia accoglieva il ricorso, ritenendo fondata l’eccezione di prescrizione sollevata dal contribuente con riguardo ai due avvisi di accertamento e ad una delle cartelle sottese all’intimazione; con riguardo alle restanti due cartelle, rilevava la nullità delle notifiche.
L’ ADER spiegava appello innanzi alla Commissione tributaria regionale del l’Umbria, deducendo , innanzitutto, la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti dell’Ente impositore, atteso che il ricorso conteneva (anche) censure di carattere sostanziale.
L ‘Agenzia delle entrate spiegava intervento volontario, deducendo di aver proceduto alla rituale notifica degli avvisi prodromici all’intimazione impugnata .
La CTR dichiarava la nullità della sentenza di primo grado per mancata instaurazione del contraddittorio nei confronti di ADE rimettendo la causa al primo giudice.
Avverso la decisione della CTR ha proposto ricorso per cassazione il contribuente, affidandosi ad un unico motivo. L ‘A genzia delle entrate ha resistito con controricorso. L’A DER è rimasta intimata.
Considerato che:
Con il primo (ed unico) strumento di impugnazione il ricorrente deduce l’ « error in procedendo -Nullità della sentenza per violazione art. 39 DLGS n. 112/1999 ed art. 59 DLGS n. 546/1992 (in rela zione all’art. 360 , comma primo, n. 4 c.p.c.)», per avere la CTR erroneamente ritenuto sussistente un difetto di integrazione del contraddittorio in primo grado; ritiene, di contro, che nel caso in cui nel ricorso introduttivo vengano spiegate doglianze relative anche alla legittimità della pretesa tributaria (e degli atti impositivi), non sussiste una ipotesi di litisconsorzio necessario tra Ente impositore e concessionario della riscossione , incombendo su quest’ultimo l’onere di chiamare in causa l’ente impositore .
1.1 Il motivo è fondato.
1.2. La questione della sussistenza di un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra ente impositore ed agente della riscossione nei giudizi proposti dal contribuente avverso cartelle di pagamento e/o intimazioni di pagamento, è stata affrontata e risolta da questa Corte, anche a Sezioni Unite.
L’art. 39 del decreto legislativo 13 aprile 1999 n. 112, sotto la rubrica «chiamata in causa dell’ente creditore», dispone che «il concessionario, nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l’ente creditore interessato; in mancanza, risponde delle conseguenze della lite». In applicazione di tale norma, Cass. Sez. U. 25/07/2007 n. 16412, inaugurando un orientamento in seguito più volte ribadito (Cass. 11/01/2008, n. 476, Cass. 30/06/2009, n. 15310, Cass. 15/06/2011 n. 13082), ha affermato che, nel caso in cui il contribuente impugni la cartella esattoriale deducendone la nullità per omessa notifica dell’atto presupposto o contestando, in via alternativa, la pretesa tributaria azionata nei suoi confronti, la legittimazione passiva spetta all’ente titolare del credito tributario e non al concessionario, al quale, se destinatario dell’impugnazione, incombe – ai sensi del citato art. 39 – l’onere di
chiamare in giudizio l’ente. La richiamata decisione precisa che se l’azione del contribuente è svolta direttamente nei confronti dell’ente creditore, il concessionario è vincolato alla decisione del giudice nella sua qualità di adiectus solutionis causa , mentre se la medesima azione è svolta nei confronti del concessionario, questi, se non vuole rispondere dell’esito eventualmente sfavorevole della lite, deve chiamare in causa l’ente titolare del diritto di credito: «l’aver il contribuente individuato nell’uno o nell’altro il legittimato passivo nei cui confronti dirigere la propria impugnazione non determina l’inammissibilità della domanda, ma può comportare la chiamata in causa dell’ente creditore nell’ipotesi di azione svolta avverso il concessionario, onere che, tuttavia, grava su quest’ultimo, senza che il giudice adito debba ordinare l’integrazione del contraddittorio…in quanto non sussiste tra ente creditore e concessionario una fattispecie di litisconsorzio necessario, anche in ragione dell’estraneità del contribuente al rapporto (di responsabilità) tra l’esattore e l’ente impositore».
Sulla base delle argomentazioni che precedono si è consolidato l’orientamento secondo il quale nelle controversie tributarie il contribuente che impugni una cartella esattoriale emessa dal concessionario della riscossione per motivi che attengono alla mancata notificazione, ovvero anche all’invalidità degli atti impositivi presupposti, può agire indifferentemente nei confronti tanto dell’ente impositore quanto del concessionario, senza che tra i due soggetti sia configurabile un litisconsorzio necessario, sicché il fatto che il contribuente individui nel concessionario piuttosto che nel titolare del credito tributario il legittimato passivo non impone al giudice adito di ordinare l’integrazione del contraddittorio, ammettendosi la chiamata in causa dell’ente impositore (Cass. 15/07/2020, n. 14991, Cass. 28/11/2012, n. 21220).
Corollario dei richiamati principi è che «nel processo tributario, il giudicato formatosi tra il contribuente e l’agente della riscossione spiega in ogni caso effetti anche nei confronti dell’ente impositore,
indipendentemente dalla denuntiatio litis all’Agenzia delle Entrate, la cui partecipazione alla lite deve essere sollecitata dall’agente e rileva unicamente nel rapporto interno ex art. 39 del d.lgs. n. 112 del 1999, senza che costituisca requisito per l’opponibilità delle statuizioni, attesa la scissione tra titolarità ed esercizio del credito tributario» (Cass. 26/05/2021 n. 14566).
1.3. La CTR, nel rilevare il difetto di contraddittorio in primo grado, non si è adeguata ai principi sopra richiamati. Invero, nella specie l’agente della riscossione, convenuto in primo grado, non aveva fatto istanza di chiamata in causa del l’ente impositore, né sussisteva, in capo alla CTP, alcun obbligo di disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’ADE.
Il motivo va, quindi, accolto; la sentenza gravata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell ‘Umbria , in altra composizione, per il rinnovato scrutinio ai sensi dell’articolo 383, comma 1, cod. proc. civ., e per la liquidazione delle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell ‘Umbria , in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 maggio 2025.