Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32876 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32876 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
COGNOME NOME;
-intimato – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. della CAMPANIA n. n. 1601/52/15 depositata il 17.2.2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Sulla base di un controllo della Guardia di Finanza di Avezzano su una ditta individuale esercente commercio di autoveicoli, la Import-Export di COGNOME Alessandro e dei successivi accertamenti bancari e contabili, l’Agenzia delle Entrate ipotizzava la sussistenza di una società di fatto, operante quale impresa cartiera interposta nel medesimo settore commerciale tra gli operatori comunitari e i reali acquirenti nazionali secondo il sistema delle frodi carosello, e costituita da COGNOME NOME, Lecce NOME quale amministratore di fatto, e Lecce NOME che si
IRPEF ACCERTAMENTO
SOCIETA’ DI FATTO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7195/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente –
contro
sarebbe occupato della distribuzione sul territorio italiano delle autovetture.
Con un primo avviso di accertamento n. 877020200908/2007 notificato a COGNOME NOME, Lecce NOME e Lecce NOME, considerati ciascuno soci di fatto al 33,3% della società, venivano imputati alla società per l’anno di imposta 2003 un maggior valore della produzione netta ai fini Irap di Euro 4.016.222,00 ed Iva per euro 803.244,00 per ricavi non contabilizzati.
Con successivo avviso di accertamento n. REA01C100073/2008 l’Agenzia delle Entrate contestava a Lecce Antonio in ragione della partecipazione di questi alla società di fatto per il 33,3%, ai sensi e per gli effetti dell’art. 5 t.u.i.r. e quindi quale attribuzione per trasparenza della quota di reddito accertata nei confronti della società un reddito pari ad euro 1.337.741,00 con le conseguenti imposte ai fini Irpef per l’anno di imposta 2003.
Lecce NOME impugnava questo accertamento a lui notificato innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Napoli contestando la metodologia utilizzata dall’Ufficio per la ricostruzione dei ricavi, la configurabilità della società di fatto, la propria qualità di socio e la sussistenza di concreti elementi di collegamento che potessero far presumere la gestione condivisa dell’impresa. L’Agenzia delle Entrate si costituiva in giudizio eccependo l’inammissibilità del ricorso, rappresentando che l’accertamento svolto nei confronti della società era stato impugnato innanzi alla Commissione tributaria provinciale de L’Aquila in un giudizio da considerarsi pregiudiziale e chiedendo, nel merito, il rigetto dell’impugnazione. La Commissione tributaria provinciale di Napoli, con la sentenza n. 504/29/09 depositata il 29/06/2009 accoglieva il ricorso, annullava l’accertamento e compensava le spese di lite.
L’Amministrazione finanziaria proponeva ricorso in appello censurando la decisione di primo grado per violazione del
contraddittorio e lesione del principio del litisconsorzio necessario. NOME NOME non si costituiva in giudizio. Con la sentenza n. 1601/52/15 depositata il 17.2.2015, la Commissione tributaria regionale di Napoli respingeva l’appello dell’Ufficio.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, articolato su tre motivi, l’Agenzia delle Entrate. Lecce NOME ha ricevuto rituale notifica del ricorso ed è rimasto intimato.
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 15/11/2024.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c. perché la Commissione tributaria regionale avrebbe omesso di considerare e confutare il motivo di appello secondo il quale il ricorso in primo grado con il quale il contribuente aveva impugnato l’atto di accertamento doveva considerarsi inammissibile e improcedibile perché riguardava la partecipazione di NOME NOME alla società di fatto e il reddito imputato alla società stessa, tutte questioni che non potevano essere discusse perché relative al diverso atto di accertamento notificato alla società, quello recante n. 877020200909/2007.
Con il secondo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 14 d.lgs. 546/1992 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. perché la CTR avrebbe trascurato nella fattispecie l’esistenza di un litisconsorzio necessario, come invece eccepito dall’Ufficio nell’atto di appello.
Con il terzo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2727 c.c. e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. perché la sentenza di appello, nel negare la concludenza degli elementi presuntivi offerti per suffragare la qualità di socio della società di
fatto di NOME NOME avrebbe violato principi consolidati in materia in tema di prova presuntiva e vincolo societario.
Il secondo motivo deve essere esaminato in via preliminare, attenendo alla integrità del contraddittorio, ed è fondato. Nei gradi di merito di questo giudizio si è discusso della legittimità dell’accertamento notificato a Lecce Antonio, uno dei soci della ipotizzata società di fatto, del reddito accertato nei confronti della società e, per trasparenza e per quota, imputato ai tre soci nella misura del 33,3% e cioè della quota di partecipazione stimata per ciascuno di essi. Si tratta di un accertamento che andava condotto unitariamente nei confronti della società e dei tre soci che la rappresentano e la compongono secondo la prospettazione dell’Ufficio.
4.1. La sentenza impugnata, decidendo su specifica eccezione sollevata dall’Ufficio appellante circa la violazione del litisconsorzio già intervenuta in primo grado, ha affermato che «avendo il contribuente contestato la sua qualità di socio di fatto nella ditta in parola (esclusa anche dai primi giudici) e dovendo tale giudizio anche in questa sede essere condiviso, come si dirà da qui a poco, non sussiste alcun rapporto di litisconsorzio tra il presente giudizio e quello pendente nei confronti della ditta».
4.2. La decisione è viziata da errata applicazione dei principi sulla unitarietà dell’accertamento e sul litisconsorzio necessario che sono stati chiaramente affermati da questa Corte in relazione alle società di fatto e alle società di persone; si consideri vieppiù che NOME NOME non faceva questioni meramente personali ma metteva in discussione l’accertamento stesso della società di fatto, quindi una società di persone, e che doveva trovare applicazione il principio secondo il quale «in materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all’art. 5 d.P.R. 22/12/1986 n. 917 e dei soci delle stesse e la conseguente
automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 14 d.lgs. 546/92 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio» (Cass. s.u., 04/06/2008, n. 14815). Più di recente il principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte è stato così ribadito: «nel processo tributario, la controversia relativa alla configurabilità o meno di una società di fatto comporta il litisconsorzio necessario di tutti i soggetti coinvolti, che sussiste, oltre che nelle ipotesi espressamente previste dalla legge, nei casi in cui, per la particolare natura o configurazione del rapporto giuridico dedotto in giudizio e per la situazione strutturalmente comune ad una pluralità di soggetti, la decisione non possa conseguire il proprio scopo se non sia resa nei confronti di tutti» (Cass. 13/02/2024, n. 3954).
4.3. Il secondo motivo di ricorso va accolto; la violazione del litisconsorzio necessario, determina la nullità dell’intero giudizio e la necessità di rinviare al giudice di primo grado.
Il primo e il terzo motivo di ricorso, attenendo il primo ai rapporti tra il giudizio relativo alla società e il giudizio relativo a Lecce Antonio e il secondo al merito istruttorio della pretesa tributaria, rimangono assorbiti.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso; dichiara assorbiti il primo e il terzo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, dichiara la nullità dell’intero giudizio e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di primo grado della Campania cui è demandato di liquidare anche le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, del 15 novembre