Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22199 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22199 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 10700/2018 proposto da:
NOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, con studio in Roma, INDIRIZZO, giusta procura speciale rilasciata in calce al ricorso per cassazione.
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore;
– intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della CAMPANIA n. 7679/17, depositata in data 20 settembre 2017, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale ha accolto parzialmente l’appello proposto da COGNOME NOME, avverso la sentenza di primo grado, che aveva accolto il ricorso presentato da COGNOME NOME limitatamente al motivo di ricorso avente ad oggetto la carenza dei presupposti di cui all’art. 2314 cod. civ., a vente ad oggetto l’avviso di accertamento, relativo all’anno di imposta 200 7, con il quale era stato determinato un maggior reddito ai fini Irpef sulla scorta di presunti utili non dichiarati derivanti dalla partecipazione in misura del 50% alla RAGIONE_SOCIALE, società cancellata in data 10 luglio 2008, di cui COGNOME NOME era socio accomandante, riducendo al 50% le so mme da questi dovute rispetto a quelle indicate nell’accertamento impugnato.
I giudici di secondo grado hanno affermato che, nella vicenda in esame, il bilancio finale di liquidazione non aveva distribuito somme al socio perché, come accertato definitivamente, non aveva dolosamente tenuto conto del maggior reddito prodotto e non dichiarato dalla società medesima; dunque, tale maggior reddito si doveva presumere distribuito ai soci, né l’appellato aveva contestato tale circostanza; la responsabilità del socio non derivava dal bilancio finale di liquidazione, ma dal fatto che egli aveva percepito, senza dichiararlo, la sua quota del maggior reddito accertato in capo alla società; la fonte dell’obbligazione tributaria non era dunque il debito della società, che non si trasmetteva al socio oltre le somme riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, ma il debito personale del socio per avere ricevuto la quota del maggior reddito accertato senza dichiararla al fisco; l’errore dell’accertamento risiedeva, pertanto, esclusivamente nell’avere ritenuto il socio solidalmente responsab ile per l’intero debito
e non entro il limite della quota di maggior reddito ripartito in nero, che doveva presumersi corrispondente al 50%, tale essendo la quota di partecipazione alla società.
NOME NOME ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a cinque motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
CONSIDERATO CHE
Il primo motivo deduce la violazione del litisconsorzio necessario processuale ex art. 14, comma 1, del decreto legislativo n. 546 (454) del 1992 e l’omesso esame di fatti decisivi, nonché la violazione o falsa applicazione dell’art. 102 cod. proc. civ., con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. Il ricorrente aveva eccepito, sin dal ricorso introduttivo, la carenza di integrità del contraddittorio nei confronti degli altri soggetti interessati, ovvero i soci, evidenziando altresì che per uno dei soci, COGNOME NOME, pendeva ricorso in primo grado presso la Commissione tributaria provinciale di Napoli. Era dunque necessario, indipendentemente dall’estinzione della società, l’integrazione del contraddittorio e la riunione dei diversi ricorsi riguardanti la stessa società di persone e i soci.
Il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per non avere la Commissione tributaria regionale pronunciato sulla violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 14 del decreto legislativo n. 546 del 1992 e dell’art. 40, comma 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., dato che l’ accertamento compiuto nei confronti della società era destinato a riverberare i suoi effetti sui soci e, in presenza di società estinta, su i soci nei limiti dell’attivo distribuito .
Il terzo motivo deduce la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per non avere la Commissione tributaria regionale pronunciato sulla violazione e falsa applicazione dell’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973,
con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. e specificamente sulla censura di inapplicabilità del raddoppio dei termini in merito all’Irap.
Il quarto motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2312, 2313, 23124, 2495 cod. civ., con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. Il socio accomandante non assumeva alcuna responsabilità diretta e personale con riguardo alle pretese debitorie avanzate nei confronti della società e la sua responsabilità deve identificarsi nel valore della quota conferita (pari, nel caso in esame, ad euro 5.000,00, stante il capitale sociale di euro 10.000,00) e non nel 50% del maggior reddito che i giudici di secondo grado avevano ritenuto essere stato ripartito in nero (come era stato affermato per il socio accomandante NOME NOME con la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli n. 20522/13/2016 del 7 novembre 2016) .
Il quinto motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del decreto legislativo n. 472 del 1997 e sulla mancata applicazione del cumulo giuridico di cui ai commi 1, 2 e 5, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., in relazione all’esistenza di due avvisi di accertamento, il primo relativo all’anno 2007 (oggetto di impugnazione) e il secondo relativo all’anno 2008. L’Ufficio aveva applicato le sanzioni sia per l’anno 2007, sia per l’anno 2008 senza tenere conto del cumulo giuridico.
L’esame RAGIONE_SOCIALE esposte censure porta all’accoglimento del primo motivo di ricorso, con assorbimento dei restanti.
6.1 Ed invero, in materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dei redditi RAGIONE_SOCIALE società di persone e RAGIONE_SOCIALE associazioni di cui all’art. 5 del d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 e dei soci RAGIONE_SOCIALE stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli
stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 14 del decreto legislativo n. 546 del 1992 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (Cass., Sez. U., 4 giugno 2008, n. 14815; Cass., 14 dicembre 2012, n. 23096; Cass., 28 novembre 2014, n. 25300; Cass., 20 aprile 2016, n. 7789; Cass., 25 giugno 2018, n. 16730; Cass., 30 ottobre 2018, n. 27603 e, più di recente, Cass., 23 settembre 2019, n. 23585; Cass., 11 giugno 2020, n. 11230; Cass., 30 novembre 2022, n. 35187; Cass., 29 novembre 2023, n. 33319).
6.2 Pertanto, ove in sede di legittimità venga rilevata una violazione RAGIONE_SOCIALE norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata né dal collegio di primo grado (che avrebbe dovuto disporre immediatamente l’integrazione del contraddittorio, ovvero riunire i processi in ipotesi separatamente instaurati dai litisconsorti necessari, ai sensi dell’art. 29 del decreto legislativo n. 546 del 1992), né dal collegio d’appello (che avrebbe dovuto rimettere la causa al primo giudice, ai fini dell’integrazione del contraddittorio con tutti i soci della società contribuente, ai sensi dell’art. 59, comma 1, lett. b) del decreto
legislativo n. 546 del 1992, in modo da assicurare un processo unitario per tutti i soggetti interessati), deve disporsi, anche d’ufficio, l’annullamento RAGIONE_SOCIALE pronunce emesse a contraddittorio non integro, con rinvio della causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 383 ultimo comma, cod. proc. civ. (Cass., Sez. U., 16 febbraio 2009, n. 3678 e, di recente, Cass., 16 marzo 2018, n. 6644; Cass., 23 ottobre 2020, n. 23315; Cass., 22 febbraio 2021, n. 4665).
6.3 Anche di recente questa Corte ha precisato che « La mancanza di trattazione unitaria e l’impossibilità di verificare una completa identità RAGIONE_SOCIALE questioni trattate comporta la violazione del litisconsorzio necessario, con conseguente rimessione della causa al primo giudice, non potendo la causa essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto dei litisconsorti (Cass., Sez. U., 4 giugno 2008, n. 14815) » (cfr. Cass., 24 febbraio 2022, n. 6073, in motivazione).
6.4 Da quanto detto consegue che tutti i suoi soci devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamene ad alcuno soltanto di essi, essendo del tutto irrilevante che uno dei soci non abbia impugnato l’avviso di accertamento emesso nei loro confronti o, addirittura, che nessun atto impositivo sia stato emesso nei confronti di uno di essi (Cass., 11 dicembre 2019, n. 32412, in motivazione).
6.5 Ciò posto, nel caso in esame, sussiste la violazione del principio del contraddittorio per la mancata partecipazione al giudizio di primo grado, d’appello e di legittimità del socio COGNOME NOME, titolare della quota di partecipazione pari al 50%, insieme al socio ricorrente COGNOME NOME.
6.6 Conclusivamente, quindi, rilevata la violazione del litisconsorzio necessario, va dichiarata la nullità dell’intero giudizio con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa al giudice di primo grado (Corte di giustizia tributaria di primo grado di Napoli), ex art. 383, terzo comma, cod. proc. civ., che provvederà a rinnovare il
giudizio di merito a contraddittorio integro e a regolamentare le spese del presente giudizio di legittimità.
La Corte dichiara la nullità della sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Napoli, in altra composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 29 maggio 2024.