Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18057 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18057 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 03/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 16388/2020, proposto da:
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa, per procura in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME il quale indica il proprio indirizzo di posta elettronica certificata avvEMAIL
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 1365/01/2019 della Commissione tributaria regionale della Toscana, depositata il 30 settembre 2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6 giugno 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
A seguito di controllo automatizzato ex art. 36bis del d.P.R. n. 600/1973, l’Agenzia delle entrate inviò a NOME COGNOME una comunicazione di irregolarità in relazione ad un credito Irpef esposto dalla contribuente nella dichiarazione dei redditi per il 2013, generato dall’accesso ai benefici fiscali pr evisti dalla l. n. 388/2000 (cd. Tremonti ambiente ) da parte di RAGIONE_SOCIALE, della quale essa era socia.
La successiva cartella di pagamento fu impugnata dalla COGNOME innanzi alla C.T.P. di Prato, che respinse il ricorso.
Proposto appello da parte della contribuente, la C.T.R. della Toscana, con la pronunzia indicata in epigrafe, confermò la sentenza di primo grado.
I giudici regionali rilevarono che la società RAGIONE_SOCIALE aveva operato un investimento nell’acquisto di un impianto fotovoltaico, ottenendo l’accesso alla tariffa incentivante prevista dal d.m. 19.2.2007 ma non usufruendo del credito d’imposta di cui all’ art. 6, commi da 13 a 19, della l. n. 388/2000, nell’incertezza sulla cumulabilità di tale agevolazione con il beneficio tariffario.
In successivo periodo d’imposta, la sola COGNOME aveva rettificato la propria dichiarazione dei redditi con nota integrativa, accludendovi il credito; ma a tale rettifica non aveva provveduto la società, alla quale sarebbe spettata l’agevolazione per avere sostenuto il costo dell’investimento.
La pretesa erariale era dunque corretta, perché muoveva dal presupposto secondo cui era inammissibile la correzione di un errore contabile della società da parte del solo socio.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la contribuente sulla base di un unico motivo.
L’Amministrazione ha depositato controricorso e ricorso incidentale condizionato, anch’esso affidato a un unico motivo .
Considerato che:
Con l’unico motivo d’impugnazione, la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 53 della Costituzione , con riferimento all’art. 5, comma 1, TUIR, nonché dell’art. 6 del d.P.R. n. 600/1973.
La sentenza d’appello è sottoposta a critica nella parte in cui, pur affermando l’emendabilità della dichiarazione dei redditi in relazione all’ottenimento dei benefici previsti dalla cd. Tremonti Ambiente , ha ritenuto priva di effetti la rettifica operata unicamente dal socio di una società di persone.
La ricorrente, in particolare, assume i giudici d’appello avrebbero trascurato di considerare che essa si era trovata ad operare «in applicazione di un principio di generale ed illimitata emendabilità della dichiarazione dei redditi a fronte di una rigidità normativa e dei moduli predisposti dall’Erario», in dipendenza della quale, per l’anno in esame, il modulo di spettanza della società non conteneva «uno specifico riquadro all’interno della dichiarazione dei redditi ove poter indicare la deduzione collegata alla detassazione ambientale».
Pertanto, la tesi della C.T.R. avrebbe comportato, come paradossale conseguenza, la possibilità di accesso al beneficio mediante rettifica per le sole società di capitali; del resto, l’emendabilità della dichiarazione in sede contenziosa spetta alle sole
persone fisiche, non essendo la società possibile destinataria di un atto di recupero di imposte sui redditi.
Con l’unico, articolato motivo di ricorso incidentale, l’Agenzia delle entrate lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 6, commi da 13 a 19, della l. n. 388/2000, in combinato disposto con l’art. 2, comma 8bis , del d.P.R. n. 322/1988 e con l’art. 38 del d.P.R. n. 602/1973.
I giudici d’appello avrebbero errato nel ritenere che la riliquidazione delle precedenti dichiarazioni fiscali -ove operata dalla società -sarebbe stata sufficiente a consentire l’accesso all’agevolazione di cui alla Tremonti Ambiente.
In realtà, a tanto ostava il fatto che né la COGNOME né la società avevano dichiarato, in corrispondenza delle annualità di realizzazione dell’investimento ambientale, la ricorrenza dei presupposti ai quali l’ordinamento condiziona il riconoscimento del beneficio, come rilevato ed eccepito in entrambi i gradi del giudizio di merito.
L’Amministrazione, pertanto, assume che la libera emendabilità delle dichiarazioni dei redditi incontra il limite degli eventuali termini perentori stabiliti dalla legge per l’indicazione dei presupposti ai quali l’ordinamento ricollega effetti in punto all’applicazione di un particolare regime fiscale.
Preliminare all’esame dei ricorsi è il rilievo della circostanza che la presente vicenda trae origine da un accertamento attinente a un’unica obbligazione tributaria, gravante sulla RAGIONE_SOCIALE e sui soci di questa.
Il rilievo di tale circostanza impone che, in via pregiudiziale, siano esaminati i profili inerenti al l’integrità del contraddittorio, poiché si tratta di questione rilevabile d’ufficio.
3.1. Questa Corte (v. ad es. Cass. n. 33466/2023; Cass. n. 14227/2020; Cass. n. 24025/2018; Cass. n. 15566/2016) ha ripetutamente affermato che l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all’art. 5 del d.P.R. n. 917 del 1986, e dei soci delle stesse, nonché della conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio pro quota , comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali – sicché tutti costoro devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi.
La controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario.
Pertanto, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi del l’art. 14 del d.lgs. n. 546 del 1992, ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche d ‘ ufficio.
3.2. Nel caso di specie, al l’ identica obbligazione tributaria non ha fatto seguito lo sviluppo di un rapporto processuale conforme al disposto dell’art. 14 citato, poiché, fin dal primo grado, il giudizio non è stato celebrato nel contraddittorio con la società e i soci.
Consegue il rilievo della nullità dell’intero giudizio, con rimessione delle parti innanzi al giudice di primo grado, il quale provvederà a
disporre l’integrazione del contraddittorio, ai sensi del l’art. 14 del d.lgs. n. 546 del 1992, e a regolare le spese anche del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, pronunciando sul ricorso, dichiara la nullità dell’intero giudizio e rimette le parti al giudice di primo grado anche per le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte