Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27278 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 27278 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME CECILIA
Data pubblicazione: 21/10/2024
Oggetto: IRPEF – Accertamento in rettifica nei confronti di socio di RAGIONE_SOCIALE – Opzione per il regime di trasparenza – Litisconsorzio necessario tra società e soci Violazione – Conseguenze.
ORDINANZA
Sui ricorsi iscritti ai nn. R.G. 14041/2022 e R.G. 4781/2023 proposti da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, con studio in Roma, INDIRIZZO, presso il quale è domiciliata, come da procura speciale allegata al ricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della C.T.R. di Roma, n. 1215/2022, depositata il 15.03.2022 e notificata il 25.03.2022; nonché avverso la sentenza
della C.T.R. di Roma, n. 6204/2022, depositata il 22.12.2022 e notificata il 30.12.2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20.06.2024 dal
Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE:
Con ricorso proposto alla Commissione tributaria provinciale di Roma, RAGIONE_SOCIALE impugnava l’avviso di accertamento, emesso nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, con cui l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva rettificato il reddito imponibile relativo al l’anno 2013, attesa la indeducibilità di costi strumentali alla commissione di delitti non colposi, relativi alla certificazione, come prodotti in Italia, di capi di abbigliamento importati dalla Repubblica popolare cinese. Trattandosi di RAGIONE_SOCIALE sottoposta al regime fiscale di trasparenza, il maggior reddito così rideterminato era stato riferito ai soci della società, in misura proporzionale alle rispettive quote di partecipazione.
La sentenza di primo grado, confermata in appello, annullava l’avviso impugnato , ravvisando la violazione del contraddittorio endo-procedimentale, poiché NOME, quale socia ed amministratrice di fatto, non era stata sentita dall’Amministrazione, nonostante fosse stato compiuto un accesso ex art. 12 della l. n. 212 del 2000 e si trattasse del recupero di tributi armonizzati.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE , sulla base di due motivi. La contribuente ha resistito, depositando controricorso e una memoria.
Con separato ricorso proposto alla Commissione tributaria provinciale di Roma, RAGIONE_SOCIALE impugnava l’avviso di accertamento, emesso nei suoi confronti quale socia della RAGIONE_SOCIALE, con cui l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva rettificato il reddito impo nibile relativo all’anno 2013, attesa la indeducibilità di costi strumentali alla commissione di delitti non colposi, relativi alla
certificazione, come prodotti in Italia, di capi di abbigliamento importati dalla Repubblica popolare cinese. Trattandosi di RAGIONE_SOCIALE sottoposta al regime fiscale di trasparenza, tale maggior reddito era stato riferito ai soci della società, in misura proporzionale alle rispettive quote di partecipazione.
La sentenza di primo grado annullava l’avviso impugnato, rilevando che i fatti di reato risultavano circoscritti a periodi antecedenti l’anno d’imposta considerato.
L’appello dell’RAGIONE_SOCIALE veniva rigettato dalla C orte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, la quale evidenziava l’intervenuta revoca della misura cautelare, disposta nell’ambito del procedimento penale, per carenza del requisito del fumus boni iuris.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE, sulla base di un motivo. La contribuente ha resistito con depositando controricorso, ulteriormente illustrato da memoria.
CONSIDERATO CHE:
Con riferimento al giudizio n. R.G. 14041/2022
1. Con il primo motivo, l’RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione dell’art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, in una con l’art. 81 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., poiché RAGIONE_SOCIALE non sarebbe legittimata ad impugnare l’avviso emesso nei confronti della società, non avendo impugnato contestualmente l’avviso emesso nei suoi confronti quale socio. Secondo l’RAGIONE_SOCIALE, la legittimazione ad impugnare spetterebbe unicamente a i destinatari dell’atto ovvero a coloro che, pur non essendo destinatari, siano però parti del rapporto tributario oggetto di controversia. Di conseguenza, l’impugnazione da parte del socio di un accertamento nei confronti della società darebbe vita ad una indebita sostituzione processuale.
Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 nonché del generale principio del contraddittorio endoprocedimentale nei ‘tributi armonizzati’ , ricavabile dall’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., poiché la mancata partecipazione del socio alla fase endo-procedimentale non comporterebbe l’ illegittimità del provvedimento impositivo, sia perché si trattava di un accertamento cd. ‘a tavolino’, sia pe rché il recupero, fondandosi sull’imputazione ‘per trasparenza’ dei maggiori redditi d’impresa , poteva aver riguardato unicamente imposte dirette, estranee al novero dei tributi armonizzati a livello europeo.
Con riferimento al giudizio n. 4781/2023
Con l’unico motivo di doglianza, l’RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione dell’art. 14, comma 4bis , della l. n. 537 del 1993, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., poiché il semplice esercizio dell’azione penale, a prescindere dal positivo accertamento del reato, sarebbe sufficiente a determinare l’effetto giuridico della indeducibilità, destinato a venir meno solo in caso di sentenza definitiva di assoluzione, non luogo a procedere o non doversi procedere, in presenza dei quali è prevista la restituzione ex post della maggiore imposta pagata. Sarebbe, dunque, connaturato alla struttura della norma e fisiologico l’accertamento di un maggior imponibile sulla scorta di illeciti penali non ancora accertati.
Va, preliminarmente, disposta la riunione al presente giudizio di quello iscritto al n. RNUMERO_DOCUMENTO, avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della socia RAGIONE_SOCIALE.
Devesi rilevare d’ufficio la violazione RAGIONE_SOCIALE regole del litisconsorzio necessario tra la società che abbia optato per il regime di trasparenza fiscale, ai sensi dell’art. 115 del d.P.R. n. 917 del 1986, ed i suoi soci. Occorre a tal proposito preliminarmente evidenziare che il citato art. 115 del d.P.R. n. 917 del 1986 stabilisce
che, esercitando l ‘ opzione di cui al comma 4, il reddito imponibile dei soggetti di cui all ‘ art. 73, comma 1, lettera a), al cui capitale sociale partecipano esclusivamente i soggetti indicati nella medesima disposizione, ciascuno con una percentuale del diritto di voto esercitabile nell’assemblea generale, richiamata dall ‘ art. 2346 c.c., e di partecipazione agli utili non inferiore al 10 per cento e non superiore al 50 per cento, è imputato a ciascun socio, indipendentemente dall’effettiva percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili. Il successivo art. 116, a sua volta, prevede che l’ opzione di cui all ‘ art. 115 può essere esercitata, con le stesse modalità ed alle stesse condizioni, ad esclusione di quelle indicate nel comma 1 del medesimo art. 115, dalle società a responsabilità limitata il cui volume di ricavi non supera le soglie previste per l ‘ applicazione degli studi di settore e con una compagine sociale composta esclusivamente da persone fisiche in numero non superiore a 10 o a 20 nel caso di società cooperativa.
Di conseguenza, l’esercizio dell’opzione per il regime fiscale per trasparenza determina l ‘ imputazione diretta, a ciascun socio, del reddito maturato in capo alla società partecipata, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla sua effettiva percezione. Tale opzione risulta espressamente rivolta alle società di persone; tuttavia, in virtù del richiamo operato dal suindicato art. 116 del d.P.R. n. 917 del 1986, può essere esercitata anche dalle società a responsabilità limitata, che abbiano determinati requisiti dimensionali.
Orbene, con riferimento alle società di persone, che abbiano optato per il regime in esame, la Suprema Corte, anche a Sezioni Unite, ha ripetutamente statuito che l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dei redditi RAGIONE_SOCIALE società di persone e RAGIONE_SOCIALE associazioni di cui all’art. 5 del d.P.R. n. 917 del 1986 e dei soci RAGIONE_SOCIALE stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione
degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicché tutti questi soggetti devono essere parte RAGIONE_SOCIALE stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Quindi, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 1 del d.lgs. 546/92 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (Cass., Sez. U., 4/6/2008 n. 14815; conf., tra le tante, Cass. 25/6/2018 n. 16730).
Inoltre, in presenza di cause decise separatamente nel merito e relative, rispettivamente, alla rettifica del reddito di una società di persone ed alla conseguente automatica imputazione dei redditi stessi a ciascun socio, la Suprema Corte ha più volte precisato che la violazione del litisconsorzio necessario tra società e soci determina la rimessione della causa al primo giudice che, tuttavia, non è necessaria ove in sede di legittimità possa disporsi la ricomposizione del contraddittorio mediante la riunione; ciò si verifica quando, oltre a sussistere la piena consapevolezza di ciascuna parte processuale dell’esistenza e del contenuto dell’atto impositivo notificato alle altre parti e RAGIONE_SOCIALE difese processuali svolte dalle stesse, la complessiva fattispecie sia caratterizzata da: identità oggettiva quanto a causa petendi dei ricorsi; simultanea proposizione degli stessi avverso il sostanzialmente unitario avviso di accertamento costituente il fondamento della rettifica RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni sia della società che di
tutti i suoi soci e, quindi, identità di difese; simultanea trattazione degli afferenti processi innanzi ad entrambi i giudici del merito; identità sostanziale RAGIONE_SOCIALE decisioni adottate da tali giudici (Cass. 24/2/2022 n. 6073).
7 . Nel caso in esame, l’accertamento è stato rivolto nei confronti non di una società di persone, ma di una società a responsabilità limitata che ha optato per il regime fiscale per trasparenza, in virtù dell’art. 116 del d.P.R. n. 917 del 1986. Ciò nonostante, il presupposto oggettivo sotteso al principio di diritto sopra enunciato è il medesimo, come lo sono anche le ragioni che consentono di ravvisare la sussistenza di un litisconsorzio necessario tra la società ed i soci, trattandosi sempre di un accertamento unitario.
Pertanto, in continuità con quanto statuito da Cass. n. 24472 del 01/12/2015 (Rv. 637559-01), va affermato che, nel caso di rettifica RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dei redditi di una società di capitali (nella specie, una RAGIONE_SOCIALE), in cui i soci hanno optato per il regime di trasparenza fiscale ai sensi dell’art. 116 del d.P.R. n. 917 del 1986, con conseguente automatica imputazione dei redditi sociali a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ex art. 14 del d.lgs n. 546 del 1992 nei confronti di tutti i soci e della società, sicché il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio.
Nel caso in esame, è pacifico che la società RAGIONE_SOCIALE e gli altri soci non abbiano mai partecipato né ai gradi di merito, né a quello di legittimità, sia con riferimento al giudizio di impugnazione avente ad oggetto l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società, sia con riferimento al giudizio di impugnazione avente ad oggetto l’avviso di accertamento emesso nei confronti della socia RAGIONE_SOCIALE, riuniti nella presente sede. Ciò rende inoperativa la
possibilità, predicata dalla menzionata Cass. 24/2/2022 n. 6073, di evitare l’integrazione del contraddittorio attraverso la ricomposizione di esso mediante la riunione.
Ne discende che deve dichiararsi la nullità di entrambi i giudizi riuniti con rimessione della causa al giudice di primo grado, perché possa procedere alla trattazione unitaria del processo con tutti i litisconsorti necessari. I motivi di impugnazione introdotti con il ricorso dell’RAGIONE_SOCIALE rimangono, dunque, assorbiti.
P.Q.M.
Riuniti i procedimenti R.G. n. 14041/2022 e n. 4781/2023;
Dichiara la nullità di ciascuno dei giudizi riuniti;
cassa le decisioni impugnate e rinvia innanzi alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Roma perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio nel rispetto RAGIONE_SOCIALE regole del litisconsorzio necessario tra la società ed i soci, e provveda anche a regolare tra le parti le spese di lite del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione tributaria