Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34647 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34647 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
Sul ricorso n. 9506-2018, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, c.f. 01520440833, in persona del liquidatore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione in Roma, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME
Ricorrente
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE , cf NUMERO_DOCUMENTO, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende –
Controricorrente Avverso la sentenza n. 3190/27/2016 della Commissione tributaria regionale della Sicilia, sez. staccata di Messina, depositata il 16.09.2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio il 12.09.2024
dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L ‘Agenzia delle entrate notificò alla società ricorrente, esercente ‘servizi di pompe funebri’ , tre avvisi d ‘ accertamento con cui, relativamente alle
Accertamento – Indagini bancarie – Società di persone – Controversia – Litisconsorzio necessario – Violazione – Conseguenze
annualità 1998/1999/2000, fu rideterminato l’imponibile ai fini Irpef, quale reddito di impresa da imputare ai soci proporzionalmente alla quota sociale posseduta, nonché ai fini Iva, ed Irap, da imputare alla società.
L’atto impositivo trovava genesi nella verifica eseguita da militari della GdF, sia sulla contabilità tenuta dalla società, ivi rinvenendo documentazione extracontabile con conseguente emersione di fatturato con contabilizzato, sia sui conti correnti bancari intestati alla socia accomandataria COGNOME NOMECOGNOME con emersione di numerose operazioni di versamento e di prelevamento, ritenuti ricavi occulti riconducibili alla società.
Condividendo gli esiti della verifica, l’Ufficio emise e notificò gli atti impositivi, tutti impugnati dalla società dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Messina, che con sentenza n. 536/08/2007 annullò gli avvisi, per difetto di motivazione.
La Commissione tributaria regionale della Sicilia, sez. staccata di Messina, con sentenza n. 3190/27/2016, accolse l’appello dell’Ufficio. Il Collegio, dopo aver disatteso le conclusioni, cui era pervenuto il giudice di primo grado in ordine ad un difetto di motivazione degli atti impositivi (ritenuto tale perché l’ufficio aveva omesso di depositare il processo verbale di constatazione, cui per relationem si rifacevano in motivazione gli avvisi d’accertamento), ha riconosciuto la correttezza e pertinenza de gli elementi raccolti e posti a fondamento degli atti impositivi, non contraddetti «da alcuna valida produzione difensiva».
La società ha censurato la decisione, chiedendone la cassazione, con ricorso affidato a tre motivi, cui ha resistito l’Agenzia delle entrate con controricorso.
Nell’adunanza camerale celebrata il 12 settembre 2024 la causa è stata trattata e decisa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la società in liquidazione ha denunciato la violazione e falsa applicazione degli artt. 51, comma 2, n. 2, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 , dell’art. 37, comma 3, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dell’art. 2727 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.; inoltre l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazio ne all’art. 360, primo comma, n. 5, cod.
RGN 9506/2018 Consigliere rel. COGNOME proc. civ. Il giudice d’appello avrebbe ignorato che l’Amministrazione
finanziaria era tenuta a dare prova della riconducibilità dei conti correnti intestati a terzi, quale la COGNOME, ancorché socia accomandataria, alla società medesima. La medesima circostanza sarebbe stata del tutto omessa dal collegio in tema di acquisizio ne delle prove, mancando di rilevare che l’ufficio non aveva fornito alcuna prova in merito;
con il secondo motivo la ricorrente si è doluta dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. La commissione regionale avrebbe del tutto omesso di vagliare la questione inerente la deducibilità dei costi connessi alla produzione dei maggiori ricavi accertati;
con il terzo motivo la società ha lamentato la violazione e falsa applicazione dell’art. 41, d.P.R. n. 633 del 1972, come modificato dall’art. 6, comma, 8, d.lgs., 18 dicembre 1997, n. 471, nonché dell’art. 3, comma 3, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.; inoltre l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. Il giudice d’appello avrebbe e rrato nel non considerare che la pretesa impositiva relativa al pagamento della maggiore imposta sul valore aggiunto era infondata, non potendosi cumulare con l’irrogazione della sanzione. Ciò costituiva anche questione sulla quale in motivazione la Commissione era stata del tutto omissiva.
Occorre tuttavia pregiudizialmente verificare se, trattandosi di società di persona e palesandosi un ‘ ipotesi di litisconsorzio necessario nei confronti di tutti i soci di essa per l’inscindibile attività impositiva tra società e soci ai sensi dell’art. 5 del d.P.R. n. 917 del 1986, nella controversia de quo tale litisconsorzio sia stato rispettato.
Questa Corte ha affermato che in materia tributaria «La unitarietà dell’accertamento che è (o deve essere) alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società ed associazioni di cui all’art. 5 cit. TUIR e dei soci delle stesse (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 40) e la conseguente automatica imputazione dei redditi della società a ciascun socio proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili, indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso proposto da uno dei soci o dalla società, anche avverso un solo avviso di rettifica, riguarda inscindibilmente la società ed i soci (salvo che questi prospettino questioni
personali), i quali tutti devono essere parte nello stesso processo, e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, comma 1), perché non ha ad oggetto la singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì la posizione inscindibilmente comune a tutti i debitori rispetto all’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, cioè gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione (Cass. SS.UU. 1052/2007); trattasi pertanto di fattispecie di litisconsorzio necessario originario, con la conseguenza che: – il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati, destinatario di un atto impositivo, apre la strada al giudizio necessariamente collettivo ed il giudice adito in primo grado deve ordinare l’integrazione del contraddittorio (a meno che non si possa disporre la riunione dei ricorsi proposti separatamente, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 29); il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è nullo per violazione del principio del contraddittorio di cui all’art. 101 c.p.c. e art. 111 Cost., comma 2, e trattasi di nullità che può e deve essere rilevata in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio» (Sez. U, 4 giugno 2008, n. 14815; cfr. anche 18 maggio 2009, n. 11459; 25 luglio 2012, n. 13073; 14 dicembre 2012, n. 23096; 28 novembre 2014, n. 25300; 25 giugno 2018, n. 16730).
D’altronde, proprio in riferimento alla nozione di litisconsorzio necessario, si era già affermato che nel processo tributario esso, nel significato emergente dall’art. 14 del d.lgs. n. 546 del 1992, si configura come fattispecie autonoma rispetto a quella del litisconsorzio necessario previsto dall’art. 102 cod. proc. civ.
Nella materia tributaria non è dettata, come per il processo civile, una “norma in bianco”. Al contrario l’istituto identifica positivamente i presupposti nella inscindibilità della causa determinata dall’oggetto del ricorso e pertanto, ai sensi del citato art. 14, il litisconsorzio si configura ogni volta che, per effetto della norma tributaria o per l’azione esercitata dall’amministrazione finanziaria, l’atto impositivo debba essere o sia unitario, coinvolgendo nella unicità della fattispecie costitutiva dell’obbligazione una pluralità di soggetti, così che il ricorso, pur proposto da uno o più degli obbligati, abbia ad oggetto non la singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì la posizione inscindibilmente comune a
tutti i debitori rispetto all’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, cioè gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione. La ratio della peculiarità della fattispecie del litisconsorzio tributario si giustifica sul piano costituzionale quale espressione dei principi di cui agli artt. 3 e 53 della Costituzione, perché funzionale alla parità di trattamento dei coobbligati e al rispetto della loro capacità contributiva (Sez. U, 18 gennaio 2007, n. 1052; cfr. 18 giugno 2013, n. 15189; 27 marzo 2017, n. 7840).
Nel caso di specie , pur destinati gli avvisi d’accertamento alla società ed ai singoli soci, la società ricorrente ha impugnato gli atti impositivi e non risulta che all’instaurazione della controversia abbiano partecipato anche i soci, né nei loro confronti vi sia stato alcun provvedimento di integrazione del contraddittorio o di costituzione volontaria. Emerge dunque che in ordine alla contestazione della rettifica delle dichiarazioni dei redditi della società di persone per le annualità accertate -con la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio e comunque, anche con riguardo alla sola Iva e Irap accertata nei confronti della società, della quale rispondevano comunque i soci della società in accomandita semplice- i soci medesimi siano rimasti estranei. Al contrario, si imponeva che il ricorso tributario, e poi il processo in primo ed in secondo grado, riguardasse inscindibilmente sia la società che tutti i soci. Questi soggetti dovevano esser parte dello stesso procedimento, non potendo la controversia essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi, trattandosi di un caso di litisconsorzio necessario originario.
Né l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 14 d.lgs. 546 del 1992 è mai avvenuto.
Il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è dunque affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (oltre a Sez. U, n. 14815 del 2008, cit., cfr. anche, ex multis , Cass., 25 giugno 2018, n. 16730; 30 ottobre 2018, n. 27603).
La sentenza va pertanto dichiarata nulla, perché affetta da nullità l’intero svolgimento del processo nei due gradi del giudizio di merito.
RGN 9506/2018 Consigliere rel. NOME Alla nullità del processo segue la cassazione della sentenza e il rinvio alla Corte di giustizia tributaria di I grado di Messina, cui va demandato,
oltre che la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, il riesame del ricorso introduttivo nel rispetto del litisconsorzio necessario.
P.Q.M.
Cassa la decisione e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di I grado di Messina, cui demanda, in diversa composizione, anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il giorno 12 settembre 2024