Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10579 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10579 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME, con avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato ;
– controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia-Brescia, n. 2878/2020 depositata il 3 dicembre 2020. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19 marzo 2025 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Il contribuente propone ricorso fondato su due motivi avverso la pronuncia della CTR che respingeva il suo appello a proposito di intimazione di pagamento e sottese cartelle, intestate alla società in accomandita RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE che sarebbero riferite a debiti insussistenti in quanto oggetto di sentenze passate in giudicato favorevoli.
L’Agenzia resiste a mezzo di controricorso.
CONSIDERATO CHE
LITISCONSORZIO NECESSARIO
CONDONO
1.Con il primo motivo si deduce nullità del giudizio per mancata integrazione del contraddittorio.
Il riferimento dell’intimazione impugnata all’indicata società è pacifico fra le parti, così come emerge che la controversia venne introdotta dal solo socio accomandatario e nei suoi soli confronti decisa nei gradi di merito.
Orbene è principio consolidato quello per cui l’unitarietà dell’accertamento e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo atto, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi (cfr. Cass., Sez. Un., 4 giugno 2008, n. 14815).
In caso di impugnazione di una cartella però non si verte in tema di accertamento del (maggior) reddito societario, ma ci si trova ormai nella fase esecutiva/riscossiva di imposte derivanti da un maggior reddito societario già accertato, ed imputato direttamente ai soci.
In passato questa Corte, con decisione che qui si condivide, ha già deciso che nella controversia avente ad oggetto la liquidazione, in base alla procedura di controllo automatico, d’IVA, IRAP e ritenute alla fonte, dovute da una società di persone e risultanti dalla dichiarazione dei redditi, i soci non sono litisconsorti necessari, atteso che l’atto impugnato non comporta alcuna rettifica dei redditi della società e conseguentemente neanche di quelli dei soci, per cui si pone solo una questione di solidarietà passiva ex art. 2313 c.c. (in tal senso Cass. n. 9527/2016).
Col secondo motivo si lamenta l’omessa considerazione degli annullamenti degli accertamenti disposti a favore della RAGIONE_SOCIALE e dei soci.
2.1. Il motivo è palesemente infondato, visto che i giudici di merito avevano già accertato che le sentenze allegate dal ricorrente hanno per oggetto cartelle del tutto diverse da quelle intimate con l’atto oggetto del presente giudizio.
Da quanto precede discende il rigetto del ricorso, con aggravio di spese in capo al ricorrente soccombente.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente amministrazione che liquida in € 2.300,00, oltre spese prenotate a debito.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 19 marzo 2025