Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 207 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 207 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27560/2022 R.G. proposto da
COGNOME rappresentato e difeso da ll’ avvocato NOME COGNOME come da procura speciale in calce al ricorso (PEC: EMAIL; EMAIL);
-ricorrente –
Contro
Agenzia delle Entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 1572/26/2022, depositata il 20.04.2022.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 7 novembre 2024.
RILEVATO CHE
Con la sentenza in epigrafe indicata la CTR della Lombardia accoglieva l’appello proposto da ll’Agenzia delle entrate contro la sentenza della CTP di Brescia che aveva accolto i ricorsi riuniti proposto da COGNOME
Oggetto:
Tributi
NOME avverso distinti avvisi di accertamento, relativi agli anni 2014 e 2015, per Irpef e altro, con conseguente rigetto dei ricorsi introduttivi;
– dalla sentenza impugnata si evince, per quanto ancora qui rileva, che:
gli avvisi di accertamento impugnati erano stati emessi nei confronti del Merigo, a seguito della verifica fiscale eseguita nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, riqualificata come società di fatto occulta, di cui il Merigo e altre persone erano ritenuti soci e amministratori di fatto e il cui scopo era di costituire un sodalizio criminale per la realizzazione di operazioni inesistenti a favore di clienti compiacenti;
il primo giudice aveva annullato gli avvisi impugnati ritenendo che mancasse la prova certa della partecipazione del contribuente nella gestione della società;
-l’Ufficio aveva dimostrato che la RAGIONE_SOCIALE non aveva una reale struttura operativa e i legali rappresentanti, nel periodo 2014 -2015, erano dei prestanomi; il contribuente non ha allegato elementi idonei per dimostrare l’effettiva attività svolta dalla pre detta società;
poiché era stata legittimamente disconosciuta la natura di società di capitali della Coges, il rapporto doveva imputarsi ai soggetti che realmente beneficiavano del meccanismo fraudolento, sulla scorta dello schema dell’interposizione;
il COGNOME era coinvolto nel sistema fraudolento e i proventi illeciti che la società aveva garantito ai suoi clienti con l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, ripresi a tassazione, erano imputabili ai soci di fatto (tra cui il COGNOME) secondo la percentuale di partecipazione pari al 20% per ciascuno;
il primo giudice aveva ritenuto erroneamente che non vi fossero prove certe in ordine alla partecipazione del COGNOME, quale amministratore di fatto, alla gestione delle società oggetto dell’accertamento , senza considerare che non erano stati acquisiti solo elementi desumibili dalle dichiarazioni di terzi (i prestanome che avevano ammesso di avere
accettato l’incarico dietro compenso e che i loro compiti si esaurivano con l’apposizione di firme soprattutto in banca), ma anche le risultanze di intercettazioni delle conversazioni e dei messaggi registrati, che coinvolgevano anche il Merigo e che smentivano le sue affermazioni, nonché diversi riscontri oggettivi , come la titolarità di conti all’estero e le conseguenti movimentazioni bancarie, il sequestro di ingenti somme di denaro, l ‘ ubicazione della sede delle società coinvolte nella frode presso gli stessi indirizzi, coincidenti con appartamenti ad uso abitativo, occupati da soggetti extracomunitari, prestanomi delle società del gruppo, la breve durata di tali società, prive di idonei mezzi di trasporto, di utenze e di una minima struttura organizzativa (dall’Anagrafe tributaria risultava che dette società non possedevano alcun bene immobile e non aveva mai stipulato contratti di locazione o leasing), poste in liquidazione senza che fossero state presentate le relative dichiarazioni fiscali;
dagli elementi acquisiti agli atti di causa emergeva che il COGNOME e COGNOME NOME ricoprivano un ruolo apicale e si avvalevano di collaboratori di fiducia, quali COGNOME NOME e COGNOME NOME, che si occupavano dei rapporti con i clienti e della gestione dei conti correnti societari sui quali confluiva il denaro legato al pagamento delle fatture emesse per operazioni inesistenti, con successivo trasferimento su conti esteri e rientro in Italia del contante da distribuire ai clienti, al netto dei compensi spettanti agli amministratori di fatto;
al Merigo risultano attribuiti concreti atti di gestione, concernenti il reclutamento dei legali rappresentanti formali delle società in questione, l ‘ apertura di conti correnti bancari, sui quali far confluire i pagamenti delle fatture emesse per operazioni inesistenti a favore di vari “clienti”, la realizzazione dei viaggi all’estero per l’apertura di conti presso istituti bancari esteri;
anche il provvedimento di irrogazione delle sanzioni era legittimo non sussistendo alcuna delle condizioni scriminanti (quali l’obiettiva incertezza normativa, la forza maggiore e l’assenza di dolo o colpa) invocate dal contribuente;
il contribuente impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi;
-l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, il contribuente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2332, 2484 e 1344 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la CTR considerato che la nullità della società può essere pronunciata solo nei casi espressamente previsti dalla legge, che riguardano fattispecie tassative e di stretta interpretazione, sicchè non poteva essere ritenuto invalido, per cause diverse, il contratto costitutivo della RAGIONE_SOCIALE regolarmente iscritta nel registro delle imprese ed operativa, e non poteva essere disconosciuta la sua natura di società di capitali in conseguenza degli illeciti fiscali accertati;
con il secondo motivo, deduce la nullità del procedimento per violazione del contraddittorio di cui agli artt. 101 cod. proc. civ. e 111 Cost. , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per non avere la CTR rilevato la nullità del processo instaurato solo nei confronti del COGNOME, senza la partecipazione degli altri soci e della società, trattandosi di una fattispecie di litisconsorzio necessario originario, rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio;
con il terzo motivo di ricorso, la contribuente deduce la nullità della sentenza impugnata per inosservanza degli artt. 61 e 36, comma 2, n. 4 del d.lgs. n. 546 del 1992, 132 n. 4 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per avere la CTR descritto gli illeciti ascritti al Merigo e agli altri soci, senza spiegare le ragioni per le quali
ha ritenuta corretta la ricostruzione del reddito imputato al contribuente, anche in relazione al riconoscimento di maggiori presunti costi;
il secondo motivo di ricorso, che per il suo carattere assorbente va esaminato per primo, è fondato;
la controversia, infatti, involge la configurabilità, o meno, di una società di fatto tra l’odierno ricorrente ed altri soci, sicché i due gradi del giudizio di merito avrebbero dovuto svolgersi con la partecipazione necessaria di tutti i soci, invece assenti;
costituisce, infatti, principio consolidato di questa Corte quello per cui « nel processo tributario, la controversia relativa alla configurabilità o meno di una società di fatto comporta il litisconsorzio necessario di tutti i soggetti coinvolti, che sussiste, oltre che nelle ipotesi espressamente previste dalla legge, nei casi in cui, per la particolare natura o configurazione del rapporto giuridico dedotto in giudizio e per la situazione strutturalmente comune ad una pluralità di soggetti, la decisione non possa conseguire il proprio scopo se non sia resa nei confronti di tutti » ( ex multis Cass. n. 23261 del 27/09/2018; Cass. n. 24025 del 03/10/2018; Cass. n. 14387 del 25/06/2014);
ne consegue che il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 14, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (Cass. 28/02/2018, n. 4580; Cass. 22/01/2018, n. 1472);
il litisconsorzio necessario sussiste anche quando, come nel caso in esame, la controversia verte (anche) sulla configurabilità o meno di una società di fatto, venendo in rilievo non solo nelle ipotesi espressamente previste dalla legge, ma anche in tutti i casi in cui, per la particolare natura o configurazione del rapporto giuridico dedotto in
giudizio e per la situazione strutturalmente comune ad una pluralità di soggetti, la decisione non possa conseguire il proprio scopo se non sia resa nei confronti di tutti questi soggetti (Cass. 25/06/2014, n. 14387); – da quanto detto consegue che tutti i suoi soci devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamene ad alcuno soltanto di essi, essendo del tutto irrilevante che uno dei soci non abbia impugnato l’avviso di accertamento emesso nei loro confronti o, addirittura, che nessun atto impositivo sia stato emesso nei confronti di uno di essi (ex multis, Cass. n. 32412 dell’11/12/2019 e Cass. n. 22251 del 6/08/2024, in motivazione);
– in conclusione, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, va dichiarata la nullità dell’intero giudizio di merito, con cassazione dell’impugnata sentenza; la causa va rinviata, anche per le spese, alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Brescia, in diversa composizione, che dovrà disporre l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 14, d.lgs. n. 546 del 1992 nei confronti dei litisconsorti pretermessi, procedere a nuovo esame dell’impugnazione originaria e provvedere anche alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, e dichiara la nullità dei giudizi di merito per omessa integrazione del contraddittorio, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Brescia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 7 novembre 2024.