Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 637 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 637 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 9611/2015 R.G. proposto da:
NOME, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME con domicilio eletto presso l’avv.NOME COGNOME in Napoli al INDIRIZZO che dichiara di voler ricevere le comunicazioni presso la cancelleria oppure al seguente indirizzo di posta elettronica pecEMAIL
-ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore , domiciliata ope legis in Roma INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende.
-controricorrente-
tributi
avverso la sentenza n.1756/28/14 della Commissione tributaria regionale della Campania, pronunciata il 20 gennaio 2014, depositata il 17 febbraio 2014 e non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 dicembre 2023 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME con tre motivi avverso l ‘Agenzia delle entrate, che resiste con controricorso, contro la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, indicata in epigrafe, che ha accolto l’appello principale dell’ufficio e rigettato quello incidentale della contribuente, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento relativo al reddito imputato per trasparenza alla contribuente per l’anno di imposta 2003, in quanto socia al 23 per cento della società NOME di COGNOME NOME e COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE
L’accertamento rivolto al la socia era stato preceduto da separato avviso di accertamento emesso nei confronti della società, che a sua volta era stato impugnato e la relativa lite si era chiusa con la definizione agevolata, avendo la società aderito al condono.
Con la sentenza impugnata, la C.t.r. osservava che, per l’accertamento nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE si era svolto un autonomo giudizio di impugnazione, che si era concluso in primo grado con l’annullamento dell’atto impositivo ed in secondo grado con la dichiarazione di estinzione del giudizio per condono. La Commissione regionale, dunque, non si pronunciava sulla dedotta nullità dell’avviso di accertamento della società, ma rilevava che l’estinzione del giudizio per condono, che non equivaleva ad annullamento dell’accertamento, precludeva la possibilità per la contribuente di far valere, con l’impugnazione dell’accertamento emesso nei suoi confronti, i vizi relativi all’accertamento societario, in quanto l’accertamento nei
confronti della socia presupponeva esclusivamente l’intervenuto accertamento del maggior reddito sociale e la qualità di socia.
Ciò detto, la C.t.r. rilevava, comunque, l’infondatezza nel merito delle doglianze della contribuente, risultando dall’accertamento che l’operazione contestata alla società aveva effettivamente contenuto elusivo e che il maggior reddito era stato rettamente accertato e fondatamente esteso ai soci di entrambe le società coinvolte nell’operazione elusiva.
Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 14 dicembre 2023, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 -bis. 1 cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016, n.168, conv. dalla legge 25 ottobre 2016, n.197.
CONSIDERATO CHE
1.1. Con il primo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt.53 e 22 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art.360 , primo comma, n.3, cod. proc. civ.
Secondo la ricorrente, erroneamente la C.t.r. aveva ritenuto che l’Agenzia delle entrate appellante avesse documentato di avere consegnato all’ufficio postale l’impugnazione entro il 15.05.2013, depositando l’ elenco cumulativo delle lettere raccomandate inviate sul quale l’ufficiale postale aveva apposto un timbro certificante la verità ivi dichiarata (e cioè che il 14.05.2013 l’Agenzia aveva consegnato, per la spedizione, i quattro plichi raccomandati distinti dagli indicati numeri di protocollo, che corrispondevano all’appello per cui era causa).
Dunque, la C.t.r. nella impugnata sentenza sarebbe incorsa nella denunziata violazione di legge, laddove ha ritenuto che l’elenco cumulativo delle raccomandate affidate all’Ufficio postale possa, a tutti gli effetti, sostituire la fotocopia della ricevuta di deposito o della spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale, trattandosi, invece, di atti profondamente diversi.
Secondo la ricorrente, invero, il predetto elenco può rappresentare la prova di aver affidato le raccomandate all’ufficio postale, ma il suo deposito agli atti processuali non sostituisce l’adempimento prescritto dalle richiamate norme, di depositare la fotocopia della ricevuta di spedizione postale della singola raccomandata in oggetto, in quanto l’elenco cumulativo sarebbe un atto interno tra l’Ufficio Postale e l’Agenzia delle entrate. Inoltre, la ricorrente sostiene che la normativa in esame prevede, a pena di inammissibilità, rilevabile d’Ufficio in ogni ordine e grado di giudizio, il deposito della ricevuta di spedizione della raccomandata e che, di conseguenza, ad ogni singola raccomandata spedita deve corrispondere una singola ricevuta di spedizione.
1.2. Con il secondo motivo, il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art.37 bis d.P.R. 29 settembre 1973, n.600, in relazione all’art.360, primo comma, n.3, cod. proc. civ
Secondo la ricorrente, alla luce del principio di unitarietà dell’accertamento, la decisione della C.t.r. oggetto della presente impugnazione, sarebbe incorsa nella denunziata violazione di legge, laddove ha ritenuto che la mancata osservanza delle disposizioni dell’art.37 bis d.P.R. n.600/1973 (in particolare il mancato invio della previa richiesta di chiarimenti alla contribuente) nell’emanazione dell’ avviso di accertamento societario, che individuava i maggiori utili, non fosse eccepibile da parte del socio, una volta che la società aveva definito la propria posizione aderendo al condono.
1.3. Con il terzo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art.2909 cod. civ., n.600, in relazione all’art.360, primo comma, n.3, cod. proc. civ
Secondo la ricorrente, quando tra le stesse parti, in relazione ad un avviso dì accertamento reso per una certa annualità, si sia formato un giudicato per questioni preliminari e presupposte che involgono e
riguardano anche una diversa annualità, tale giudicato possiede la capacità di espandere la propria efficacia anche nei giudizi relativi a tali diverse annualità. Traslato nel caso di specie, laddove da un medesimo p.v.c., contenente rilievi per le annualità 2003, 2004 e 2005, siano scaturiti separati avvisi di accertamento per le diverse annualità, e in relazione a due di essi (accertamenti 2004 e 2005) sia stato raggiunto l’annullamento (definitivo) degli atti impositivi finali – proprio in virtù della riscontrata nullità del presupposto p.v.c. (nullo nell’interezza, non solo per gli specifici rilievi involgenti le annualità 2004 e 2005) – anche l’accertamento per l’anno 2003 (basato sullo stesso p.v.c., giudicato nullo nei giudizi per gli anni 2004 e 2005) risentirà di tale vizio, in ragione della capacità espansiva del giudicato; ciò applicando la regula iuris che va ricercata nei giudicati per il 2004 e 2005 e onde evitare che si crei un contrasto tra giudicati.
Ritiene la ricorrente che la sentenza della C.t.r., dunque, vada cassata per non essersi uniformata ai suddetti principi, sfociando in una violazione delle norme sul giudicato.
2.1. 2.1. Preliminarmente, si rinviene la violazione delle norme sul contraddittorio, in quanto il giudizio, che riguarda l’impugnazione dell’avviso di accertamento per Irpef nei confronti del socio di una società di persone, si è svolto senza la necessaria partecipazione degli altri soci.
Secondo il consolidato indirizzo della Corte, <> (Sez. U, Sentenza n. 14815 del 04/06/2008).
Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate accertava a carico della società, all’epoca in accomandita semplice, un maggior reddito di impresa per l’anno 2003, da imputare ai soci ai sensi dell’art. 5 T.u.i.r.
Oggetto del presente procedimento è l’impugnazione dell’avviso di accertamento ai fini Irpef di uno dei soci, per i redditi imputati ex art. 5 T.u.i.r, in misura della sua partecipazione; pertanto, sussiste il litisconsorzio necessario tra tutti i soci, la cui la violazione determina la rimessione della causa al primo giudice per l’integrazione del contraddittorio.
Peraltro, questa Corte ha già deciso in senso analogo con il provvedimento n. 12043/2016, relativo all’impugnazione dell’avviso di accertamento, da parte di COGNOME NOME, per maggiore Irpef dell’anno 2003, avviso consequenziale a quello emanato nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE ai fini della tassazione per trasparenza dei
maggiori redditi imputabili ai fini Irpef anche ai soci dei maggiori ricavi accertati in capo alla menzionata società.
Non vi è, invece, alcuna necessità di integrare il contraddittorio nei confronti della società, che risulta aver aderito al condono per l’annualità in contestazione.
2.2. In conclusione, va dichiarata la nullità della sentenza impugnata e del giudizio relativo, con rimessione delle parti alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Napoli, in diversa composizione, che, previa integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri soci della RAGIONE_SOCIALE, provvederà ad un nuovo esame del merito ed anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimit à .
P.Q.M.
La Corte dichiara la nullità della sentenza impugnata e dell’intero giudizio per la violazione del litisconsorzio necessario tra i soci, cassa la sentenza impugnata e rimette le parti, previa l’integrazione del contraddittorio, alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 14 dicembre 2023