Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4998 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4998 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 26/02/2025
NOME
-intimata- per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 5627/2015 depositata in data 10/06/2015, non notificata;
udita la relazione tenuta nell’adunanza camerale del 14 gennaio 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Società di personelitisconsorzio necessario
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1079/2016 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
La Commissione tributaria regionale della Campania dichiarava inammissibile l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli che aveva accolto il ricorso proposto da NOME COGNOME contro l’avviso di accertamento n. TF501AM06590/2011, emesso per Irpef dell’anno di imposta 2006, per i redditi di partecipazione derivanti alla stessa dalla maggior somma accertata nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE
In particolare, i giudici dell’appello accoglievano l’eccezione preliminare di inammissibilità per la intervenuta cancellazione della società ricorrente dal Registro delle imprese in data 7 febbraio 2008, cancellazione che aveva natura costitutiva con la conseguente estinzione della società stessa; l’avviso infatti doveva considerarsi malamente emesso nei confronti della NOME quale socia accomandataria della RAGIONE_SOCIALE di NOME NOME nel 2011 quando la NOME non era più socia della società; l’Agenzia avrebbe infatti dovuto emettere l’avviso non nei confronti della socia della società ma eventualmente della persona fisica tenuta all’obbligazione tributaria nei limiti di quanto riscosso in seguito alla liquidazione della società; inoltre la CTR evidenziava che le doglianze dell’appello erano meramente ripetitive di quelle già proposte in primo grado e già rigettate dalla CTP alla cui motivazione faceva espressamente rinvio.
Contro tale decisione l ‘Agenzia delle entrate propone ricorso affidato a quattro motivi.
NOME COGNOME alla quale il ricorso è stato notificato a mezzo p.e.c. presso il difensore in appello, non svolge attività difensiva.
Il giudizio è stato fissato per l’adunanza camerale del 14/01/2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., la difesa erariale deduce la nullità della sentenza per violazione de ll’art. 53 d.lgs. n. 546 del 1992,
censurando la decisione laddove ha ritenuto inammissibile l’appello nonostante esso presentasse tutti gli elementi necessari sul tema della validità della notifica dell’accertamento nei confronti di soci di una RAGIONE_SOCIALE estinta, quali successori ex lege .
Col secondo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., deduce violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., laddove la CTR ha sostanzialmente giudicato su un atto, l’accertamento nei confronti della società estinta e notificato al socio accomandatario, diverso da quello oggetto di lite, costituito dall’avviso di accertamento emesso nei confronti della società e imputato direttamente al socio ai sensi dell’art. 5 t.u.i.r.
Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., l’Agenzia deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2495 cod. civ., 40 d.lgs. n. 546 del 1992 e 2313 cod. civ., evidenziando che, ove la CT R abbia ritenuto precluso l’accertamento Irpef nei confronti del socio a causa dell ‘ estinzione della società, ha errato non considerando che i soci della società estinta succedono sia sostanzialmente che proceduralmente che processualmente alla società.
Con il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., si deduce nullità della sentenza per motivazione apparente in violazione dell’art. 36 d.lgs. n. 546 del 1992, laddove la CTR nell ‘ ultima parte della sentenza ha ritenuto di richiamare la sentenza di primo grado per confermare che la «pretesa esattiva era infondata», in quanto la CTP non aveva affatto esaminato il merito dell’accertamento .
Occorre esaminare prioritariamente il primo motivo che attiene all ‘ammissibilità dell’appello.
Il motivo è fondato in quanto erroneamente la CTR ha dichiarato l’appello inammissibile, in realtà in base ad una motivazione attinente
al merito della causa e cioè la sussistenza della responsabilità tributaria del socio di società di persone in caso di cancellazione della società.
Occorre poi escludere che la sentenza contenga una seconda ratio decidendi , laddove conferma la decisione di primo grado, affermazione comunque attinta dal quarto motivo, in quanto la sentenza di primo grado non contiene alcuna statuizione di merito sulla fondatezza della pretesa tributaria ma si fonda su considerazioni analoghe a quelle già esposte in merito alla responsabilità del socio.
3. Esclusa la correttezza della pronuncia di rito, ed escluso che la sentenza sia motivata in base a due rationes decidendi concorrenti, a ll’esame dei motivi ulteriori occorre premettere che, in materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all’art. 5 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 14 del decreto legislativo n. 546 del 1992 (salva la possibilità di riunione ai sensi del
successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (Cass., Sez. U., 4 giugno 2008, n. 14815; Cass., 14 dicembre 2012, n. 23096; Cass., 28 novembre 2014, n. 25300; Cass., 20 aprile 2016, n. 7789; Cass., 25 giugno 2018, n. 16730; Cass., 30 ottobre 2018, n. 27603 e, più di recente, Cass., 23 settembre 2019, n. 23585; Cass., 11 giugno 2020, n. 11230; Cass., 30 novembre 2022, n. 35187; Cass., 29 novembre 2023, n. 33319).
Pertanto, ove in sede di legittimità venga rilevata una violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata né dal collegio di primo grado (che avrebbe dovuto disporre immediatamente l’integrazione del contraddittorio, ovvero riunire i processi in ipotesi separatamente instaurati dai litisconsorti necessari, ai sensi dell’art. 29 del decreto legislativo n. 546 del 1992) né dal collegio d’appello (che avrebbe dovuto rimettere la causa al primo giudice, ai fini dell’integrazione del contraddittorio con tutti i soci della società contribuente, ai sensi dell’art. 59, comma 1, lett. b) del decreto legislativo n. 546 del 1992, in modo da assicurare un processo unitario per tutti i soggetti interessati), deve disporsi, anche d’ufficio, l’annullamento delle pronunce emesse a contraddittorio non integro, con rinvio della causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 383, ultimo comma, cod. proc. civ. (Cass., Sez. U., 16 febbraio 2009, n. 3678 e, più di recente, Cass., 16 marzo 2018, n. 6644; Cass., 23 ottobre 2020, n. 23315; Cass., 22 febbraio 2021, n. 4665).
Da quanto detto consegue che tutti i suoi soci devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamene ad alcuno soltanto di essi, essendo del tutto irrilevante che uno dei soci non abbia impugnato l’avviso di accertamento emesso nei loro confronti o, addirittura, che nessun atto impositivo sia stato
emesso nei confronti di uno di essi (Cass., 11 dicembre 2019, n. 32412, in motivazione).
Di tali principi va fatta applicazione nel caso di specie in quanto al giudizio ha partecipato la sola Regina NOME.
Di conseguenza, dichiarato fondato il primo motivo, attinente alla errata dichiarazione di inammissibilità d ell’appello, va dichiarata la nullità del giudizio con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Napoli, per nuovo esame, previa integrazione del contraddittorio.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo; dichiara nullo il giudizio; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Napoli, per nuovo giudizio, previa integrazione del contraddittorio, ed alla quale demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma in data 14 gennaio 2025.