Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6688 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6688 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 13/03/2025
SOCIETA’ DI PERSONE LITISCONSORZIO NECESSARIO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25461/2017 R.G. proposto da AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERRITORIO, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliata presso la sede della medesima in Roma alla INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
NOME
-intimato- per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 3457/2016 depositata in data 10/10/2016, non notificata;
nonchè
sul ricorso iscritto al n. 25632/2017 R.G. proposto da
AGENZIA RAGIONE_SOCIALE TERRITORIO, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliata presso la sede della medesima in Roma alla INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
NOME
-intimato- per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 3458/2016 depositata in data 10/10/2016, non notificata;
udita la relazione tenuta nell’adunanza camerale del 18 febbraio 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. La C.T.R. della Sicilia, nella contumacia del contribuente appellato NOME COGNOME rigettav a l’appello proposto dall’ Agenzia delle Entrate contro la sentenza della CTP di Palermo che ne aveva accolto parzialmente il ricorso proposto contro l’avviso di accertamento emesso per IVA e IRAP per l’anno di imposta 2000 nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE di cui egli era socio; con tale accertamento era ripreso a imposizione l’importo di lire 2.000.000.000 a seguito di cessione di ramo d’azienda; in particolare i giudici dell’appello evidenziavano che gli atti aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà o del godimento di un’azienda ai sensi dell’art. 2556 c.c. devono essere depositati dal notaio rogante per le iscrizioni al registro delle imprese nel termine di 30 giorni; la promessa di vendita fatta davanti al notaio con scrittura privata dell’11 agosto 2000 non era quindi mai stata perfezionata con un regolare atto pubblico depositato e dunque il reddito accertato dall’ufficio era insussistente; i giudici
evidenziavano inoltre che l’affermazione contrattuale dell’avvenuto pagamento del prezzo di cessione rappresentava una valida presunzione che giustificava il PVC ma non così era a dirsi per il successivo avviso di accertamento, non avendo l’ufficio compiuto alcuna analisi sulle circostanze addotte alla società, in violazione dell’art. 12, comma 7, dello Statuto del contribuente.
Contro tale decisione propone ricorso l’Agenzia delle entrate sulla base di tre motivi.
Il ricorso è stato iscritto al n. RG 25461/2017.
Il contribuente, cui il ricorso è stato notificato a mani della figlia e del difensore di primo grado, non ha svolto attività difensiva.
Il giudizio è stato fissato per l’adunanza camerale del 18/02/2025.
La CTR della Sicilia, nella contumacia del contribuente appellato NOME COGNOME rigetta va l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza della CTP di Palermo che ne aveva accolto parzialmente il ricorso proposto contro l’avviso di accertamento emesso per IRPEF per l’anno di imposta 2000 per il reddito di partecipazione conseguente all’accertamento nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE di cui egli era socio; con tale accertamento era ripreso a imposizione l’importo di lire 2.000.000.000 a seguito di cessione di ramo d’azienda; in particolare i giudici dell’appello evidenziavano che gli atti aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà o del godimento di un’azienda ai sensi dell’art. 2556 c.c. devono essere depositati dal notaio rogante per le iscrizioni al registro delle imprese nel termine di 30 giorni; la promessa di vendita fatta davanti al notaio con scrittura privata dell’11 agosto 2000 non era quindi mai stata perfezionata con un regolare atto pubblico depositato e dunque il reddito accertato dall’ufficio era insussistente; i giudici evidenziavano inoltre che l’affermazione contrattuale dell’avvenuto pagamento del prezzo di cessione rappresentava una valida
presunzione che giustificava il PVC ma non così era a dirsi per il successivo avviso di accertamento, non avendo l’ufficio compiuto alcuna analisi sulle circostanze addotte alla società, in violazione dell’art. 12, comma 7, dello Statuto del contribuente.
4 . Contro tale decisione propone ricorso l’Agenzia delle entrate sulla base di tre motivi.
Il ricorso è stato iscritto al n. RG 25632/2017. Il contribuente non ha svolto attività difensiva.
Il giudizio è stato fissato per l’adunanza camerale del 18/02/2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Occorre preliminarmente riunire il fascicolo iscritto al n. RG 25632/2017 a quello iscritto al n. RG 25461/2017, alla luce della connessione imposta dall’oggetto della lite dato dall’accertamento nei confronti di società di persone e del conseguente reddito di partecipazione nei confronti del socio.
Entrambi i ricorsi presentano motivi del tutto identici e pertanto appare opportuno riportarli ed esaminarli congiuntamente.
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., la ricorrente Agenzia deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 14 del d.lgs. n. 546/1992, dell’art. 101 c.c. e dell’art. 111 Cost., nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del d.P.R. n. 917/1986 e dell’art. 40 del d.P.R. n. 600/1973, in quanto la sentenza è stata emessa senza integrare il contraddittorio nei confronti di società e soci o comunque senza la riunione dei relativi giudizi; evidenzia infatti che la società era stata dichiarata fallita il 19 luglio 2013 e aveva proposto ricorso tramite il curatore fallimentare, il socio NOME COGNOME aveva impugnato con distinti ricorsi sia l’atto emesso nei confronti della società che quello personale e l’altro socio COGNOME Giuseppe, pur destinatario dell’avviso , non lo aveva impugnato.
Con il secondo motivo di ricorso, proposto in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., si deduce violazione degli artt. 2556 e 2193 c.c. e, in riferimento all’art. 360, primo comma, n . 4 c.p.c., si deduce violazione degli artt. 132, secondo comma, n. 4 c.p.c., dell’art. 36 d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 112 c.p.c. ; i giudici avrebbero contraddittoriamente affermato, da un lato, l’inesistenza della scrittura privata utilizzata dall’ufficio perché non trasfusa in un atto pubblico e, d’altro canto, ritenuto valida la scrittura privata stipulata tra COGNOME NOME, cedente, e la società contribuente, cessionaria, sulla base della quale hanno determinato il reddito d’impresa della società in lire 468.000.000; inoltre deduce che l’art. 2556 c.c. prevede la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata esclusivamente ad probationem dei contratti che hanno oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento dell’azienda così come l’iscrizione al registro delle imprese di cui all’articolo 2193 c.c. è necessaria solo per l ‘ eventuale opponibilità a terzi; ancora, i giudici della CTR non hanno tenuto in debito conto una serie di avvenimenti puntualmente evidenziati dall’ufficio (e cioè che la promessa di cessione di ramo di azienda è stata effettuata alla presenza del notaio; nella stessa viene dichiarato che l ‘ intera somma era già stata versata dalla promittente parte acquirente alla promittente parte venditrice che ne rilasciava quietanza).
Con il terzo motivo, proposto in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 5 del d.P.R. n. 917 del 1986, 38, comma 3, e 41 d.P.R. n. 600 del 1973 nonché dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000; deduce l’Agenzia che il maggior reddito accertato è conseguente a un avviso di accertamento emesso nei confronti della società di cui il ricorrente è socio nella misura del 40% per cui nei confronti della società era stato emesso legittimamente un avviso di accertamento ai
sensi dell’art. 40 d.P.R. n. 600 del 1973 e la società non aveva provato alcun elemento a sostegno della difesa di essere stata vittima di un raggiro, per cui l’atto emesso dall’ufficio era basato su elementi presuntivi provvisti dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, come confermato dalla sentenza penale emessa nei confronti di Messina NOME, COGNOME NOME e NOME NOME al Tribunale di Nicosia.
3. Il primo motivo è fondato.
In materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all’art. 5 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario.
Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 14 del d. lgs. n. 546 del 1992 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di
ufficio (Cass., Sez. U., 4 giugno 2008, n. 14815; Cass., 14 dicembre 2012, n. 23096; Cass., 28 novembre 2014, n. 25300; Cass., 20 aprile 2016, n. 7789; Cass., 25 giugno 2018, n. 16730; Cass., 30 ottobre 2018, n. 27603 e, più di recente, Cass., 23 settembre 2019, n. 23585; Cass., 11 giugno 2020, n. 11230; Cass., 30 novembre 2022, n. 35187; Cass., 29 novembre 2023, n. 33319).
Pertanto, ove in sede di legittimità venga rilevata una violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata né dal collegio di primo grado (che avrebbe dovuto disporre immediatamente l’integrazione del contraddittorio, ovvero riunire i processi in ipotesi separatamente instaurati dai litisconsorti necessari, ai sensi dell’art. 29 del decreto legislativo n. 546 del 1992) né dal collegio d’appello (che avrebbe dovuto rimettere la causa al primo giudice, ai fini dell’integrazione del contraddittorio con tutti i soci della società contribuente, ai sensi dell’art. 59, comma 1, lett. b) del decreto legislativo n. 546 del 1992, in modo da assicurare un processo unitario per tutti i soggetti interessati), deve disporsi, anche d’ufficio, l’annullamento delle pronunce emesse a contraddittorio non integro, con rinvio della causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 383, ultimo comma, cod. proc. civ. (Cass., Sez. U., 16 febbraio 2009, n. 3678 e, più di recente, Cass., 16 marzo 2018, n. 6644; Cass., 23 ottobre 2020, n. 23315; Cass., 22 febbraio 2021, n. 4665).
Da quanto detto consegue che tutti i suoi soci devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamene ad alcuno soltanto di essi, essendo del tutto irrilevante che uno dei soci non abbia impugnato l’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti o, addirittura, che nessun atto impositivo sia stato emesso nei confronti di uno di essi (Cass., 11 dicembre 2019, n. 32412, in motivazione).
Nel caso di specie, costituisce circostanza pacifica che il giudizio vertesse sul merito della pretesa e che non vi abbia partecipato l ‘al tro socio, COGNOME Giuseppe, oltre che la società fallita (Cass., 28 luglio 2016, n. 15748 che impone il contraddittorio anche in tale caso).
Conseguentemente, va accolto il primo motivo, assorbiti gli altri e va dichiarata la nullità del l’intero giudizio, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Enna, in diversa composizione, per nuovo giudizio; ad essa si demanda altresì di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
dispone la riunione del giudizio iscritto al n. 25632/2017 a quello iscritto al n. 25461/2017; accoglie il primo motivo dei ricorsi, assorbiti gli altri; dichiara la nullità dei giudizi e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Enna, in diversa composizione, per nuovo giudizio, cui demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 18 febbraio 2025.