Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13315 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13315 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2981/2022 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro MRAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA TOSCANA n. 708/2021 depositata il 15/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/03/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
In data 14 dicembre 2016 nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE esercente attività di produzione di oggetti in ferro ed altri metalli e di costruzione di edifici, veniva notificato avviso di accertamento n. T8K03C401190/2017 con il quale l’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Lucca, contestava l’indebita detrazione di IVA pari ad € 2.933,00, relativamente all’anno 2012.
In particolare, l’Ufficio appurava che nel periodo compreso tra gli anni 2009 e 2013 il volume di affari della società risultava nullo. La CTP di Lucca con sentenza n. 515/2018 accoglieva il ricorso della contribuente.
La CTR della Toscana, ritenendo provata la circostanza che la società avesse svolto attività di impresa, respingeva il successivo appello erariale e condannava l’Agenzia alla refusione delle spese di lite e al risarcimento danni derivanti da responsabilità per lite temeraria a norma dell’art. 15 comma 2 bis del D.Lgs n. 546/1992 e art. 96 cod. proc. civ.
L’Agenzia delle Entrate propone ora ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui la contribuente non replica.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con un unico motivo di ricorso si contesta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 15 co. 2 bis del D.Lgs n. 546/1992 e 96 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ., per aver la CTR ritenuto sussistente nel caso di specie la fattispecie della lite temeraria , sebbene l’agenzia si fosse limitata a ribadire nei diversi giudizi che hanno riguardato i diversi avvisi di accertamento la legittimità del proprio operato utilizzando gli strumenti messi a disposizione dall’ordinamento in caso di pronunce sfavorevoli.
Il motivo unico non coglie nel segno.
Questa Corte ha condivisibilmente affermato che ‘ Il fondamento costituzionale della responsabilità aggravata ex art. 96, comma 3, c.p.c., risiede nell’art. 111 Cost. – il quale, ai commi 1 e 2, sancisce il principio del giusto processo regolato dalla legge e quello, al primo consustanziale, della sua ragionevole durata – e ha come presupposto la mala fede o colpa grave, da intendersi quale espressione di scopi o intendimenti abusivi, ossia strumentali o comunque eccedenti la normale funzione del processo, i quali non necessariamente devono emergere dal testo degli atti della parte soccombente, potendo desumersi anche da elementi extratestuali concernenti il più ampio contesto nel quale l’iniziativa processuale s’inscrive. (Nella specie, S.C. ha ritenuto che tali presupposti ricorressero in relazione a un ricorso per cassazione basato sulla mera reiterazione di argomentazioni identiche a quelle già compiutamente esaminate e motivatamente confutate da numerosi precedenti di legittimità, i quali non venivano presi in alcuna considerazione, nonostante si riferissero, in molti casi, a precedenti ricorsi patrocinati dallo stesso difensore) (Cass. n. 36591 del 2023).
La CTR ha discrezionalmente accertato la sussistenza di una colpa grave, scorgendola nella pervicace reiterazione di argomentazioni già disattese in altri sette giudizi di analogo tenore, di cui quattro in primo grado e tre in secondo.
Costituisce, infatti, principio giurisprudenziale consolidato che, in materia di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., ai fini della condanna al risarcimento dei danni, l’accertamento dei requisiti costituiti dall’aver agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, ovvero dal difetto della normale prudenza, implica un apprezzamento di fatto non censurabile in sede di legittimità (Cass. n. 327 del 2010; n. 19298 del 2016; n. 5250 del 2018; n. 5558 del 2022).
Il ricorso va, in ultima analisi, rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 12/03/2025.