Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9712 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9712 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/04/2025
Imposta di registro -Spese di lite temeraria -risarcimento del danno
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5024/2022 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato,
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME
-Controricorrente – avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. LAZIO, n. 5472/2021, depositata in data 1° dicembre 2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6 marzo 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
1. L’Agenzia delle Entrate -Riscossione ricorre nei confronti di NOME COGNOME che resiste con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe. Con questa ultima la CTR ha accolto l’appello dell a contribuente avverso la sentenza della CTP -la quale aveva rigettato il ricorso avverso l’intimazione di paga mento disposta ex art. 50, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e le sottese cartelle esattoriali -ed ha accolto anche la domanda della contribuente ex art. 96, secondo comma, cod. proc. civ. condannando l’Ente di riscossione a risarcire i danni della lite temeraria liquidati in euro 50.000,00.
Considerato che:
Con l’unico motivo l ‘Agenzia delle Entrate denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza, nella parte relativa alla condanna per lite temeraria, per errata interpretazione e infondatezza in fatto e in diritto della sentenza di secondo grado. Violazione e falsa applicazione dell’art. 96 cod. proc. civ
In primo luogo, osserva che la motivazione della sentenza è apparente e tautologica in quanto la determinazione dell’importo del risarcimento non è sorretto da un adeguato percorso argomentativo non essendo calibrata su un parametro oggettivo quale il valore della controversia o l’importo delle spese processuali, con il l imite della ragion evolezza. Aggiunge che l’importo è del tutto sproporzionato rispetto al valore della causa; che la CTR ha posto a fondamento della condanna il fatto che il contribuente avesse rottamato una cartella già annullata per il valore di euro 37.000,00, non avvedendosi che la somma corrisposta era solo una parte di quella originaria. Evidenzia che, inoltre, la sentenza fa generico richiamo alle pregresse vicende
giudiziarie che avevano coinvolto le parti, senza considerare che il danno risarcibile è solo quello relativo al grado di giudizio nel quale la richiesta è avanzata. Infine, evidenzia che nella quantificazione del danno non può avere rilievo la malafede o la colpa grave in quanto il pregiudizio doveva necessariamente essere ancorato al danno subito, risarcito in via equitativa ed equilibrata rispetto agli interessi coinvolti. Osserva infatti che i presupposti della malafede o della colpa grave sono richiest i nell’ipotesi di responsabilità di cui all’art. 96, terzo comma cod. proc. civ., e non nella fattispecie di cui al secondo comma.
Il motivo è fondato.
2.1. Deve rilevarsi che la CTR ha espressamente ritenuto applicabile alla fattispecie il secondo comma dell’articolo 96 cod. proc. civ. in presenza di «attività esecutiva» e che detta statuizione non è stata oggetto di specifica impugnazione.
2.2. La condanna risarcitoria di cui ai primi due commi dell ‘ art. 96 cod. proc. civ. ha tra i suoi elementi costitutivi il danno, patito dalla controparte del litigator improbus, eziologicamente derivante dal contegno illeci to di quest’ultimo. Detto danno costituisce pregiudizio ulteriore rispetto alle spese di lite, oggetto invece della condanna al rimborso, ai sen si dell’art. 91 cod. proc. civ.. (Cass. 30/05/2023, n. 15175). In ciò la fattispecie si differenzia dalla condanna equitativamente determinata, di cui al successivo terzo comma, cod. proc. civ., che è volta a salvaguardare, oltre all’interesse della parte vittoriosa, la finalità pubblicistica della sollecita ed efficace definizione dei giudizi, presuppone la pretestuosità, l’inconsistenza giuridica, la palese e strumentale infondatezza e, in genere, il carattere abusivo dell’iniziativa giudiziaria, ma non richiede né la dom anda di parte né la prova del danno (Cass., Sez. Un., 13/09/2018, n. 22405).
Sempre con riferimento alle fattispecie di cui all’art. 96, primo e secondo comma, cod. proc. civ. si è precisato che non assume rilievo
la circostanza che il danno da lite temeraria deve poter essere liquidato in via equitativa; la possibilità di liquidazione equitativa, infatti, presuppone soltanto l’impossibilità o la p articolare difficoltà di provarne il suo preciso ammontare ex art. 1226 cod. civ.), ma non consente di derogare né all’accertamento della sua effettiva esistenza (in funzione dell’integrazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di responsabilità processuale aggravata), né alla regola generale per cui tale e sistenza, proprio in quanto fatto costitutivo dell’azionato diritto di credito risarcitorio, deve essere allegata e provata dal danneggiato; pertanto, la domanda di risarcimento dei danni ex art.96 cod. proc. civ. non può trovare accoglimento tutte le volte in cui la parte istante non abbia assolto all’onere di allegare (almeno) gli elementi di fatto necessari alla liquidazione, pur equitativa, del danno lamentato (Cass. Sez. U., 20/04/2004, n. 7583; Cass., Sez. U., 19/01/2007, n. 1140; Cass. n. 15175 del 2023, cit. Cass. 27/10/2015, n. 21798).
2.3. Va, altresì, rilevato che l’ agire in giudizio per far valere una pretesa che si riveli infondata non è condotta in sé rimproverabile (Cass. 31/10/201, n. 22120, Cass. 30/1272014, n. 27534, Cass. 30/11/2012 n. 21570). Ciò che viene indirettamente sanzionato con la tutela risarcitoria prevista dall’art. 96, primo e secondo comma, cod. proc. civ. non è l’agire in giudizio in sé, ma l’agire in giudizio che abbia provocato a terzi un danno ingiusto. Il legislatore, in particolare ha considerato, nell’ipotesi disciplinata dal secondo comma, che il pregiudizio può più facilmente verificarsi ove la proposizione della domanda sia associata all’utilizzo imprudente di mezzi di tutela giudiziaria in sé leciti ma particolarmente suscettibili, per la loro particolare idoneità ad incidere direttamente, e negativamente, sulla sfera giuridica dei terzi, a pregiudicare gli interessi altrui. Essa è connessa alle ipotesi in cui, oltre alla proposizione della domanda giudiziale, vi sia stata la esecuzione di un provvedimento cautelare, la
trascrizione di una domanda giudiziale, l’iscrizione di ipoteca giudiziale oppure l’inizio dell’esecuzione forzata, e sanziona i casi in cui la facoltà di agire in giudizio sia stata utilizzata, facendo ricorso a questi strumenti, senza la normale prudenza. Nella previsione disciplinata dall’art. 96, secondo comma, cod. proc. civ. l’ipotesi risarcitoria è connessa al verificarsi di un danno per la parte in presenza di due presupposti: la proposizione di una domanda giudiziale della quale sia stata accertata l’infondatezza, e l’utilizzo -scevro della normale prudenza -di uno degli strumenti processuali indicati, di per sé volti a tutelare, incrementare o ripristinare la garanzia patrimoniale dell’attore (Cass. 09/11/2017, n. 26515).
2.4. Deve, infine, rammentarsi che l’ ille cito sanzionato dall’art. 96, secondo comma, cod. proc. civ. è un illecito processuale, sicché è preclusa la possibilità di svincolare la domanda di risarcimento dall’obbligo di proporla nel giudizio presupposto. La responsabilità dei danni da processo, pertanto, va fatta valere, tranne il caso di impossibilità non ascrivibile al preteso danneggiato, esclusivamente nel processo stesso, relativo alla pretesa sostanziale alla cui tutela esso è rivolto (Cass. Sez. U., 21/09/2021, n. 25478).
2.5. La CTR non si è attenuta a questi principi ed ha reso motivazione fondata su argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del suo convincimento.
In primo luogo, ha liquidato il danno nella somma di euro 50.000,00 facendo riferimento al fatto che la contribuente era stata «tenuta in bilico tra svariate ed alterne vicende processuali per le medesime iscrizioni tributarie» ed in ragione dei «nocumenti correlati all’essere coinvolti per un rilevante lasso di tempo», ritenuto superiore ai quindici anni, atteso che la prima cartella era stata notificata nel 2005.
Invece, avrebbe dovuto attenersi al danno procurato in ragione di quello specifico processo nel quale era chiamata a giudicare, che aveva ad oggetto un’intimazione di pagamento , e che era iniziato nel 2015.
In secondo luogo, ha ravvisato il danno nel fatto che la contribuente fosse stata indotta ad accedere alla c.d. rottamazione-ter per una cartella di importo superiore ai 37.000,00 euro, molti anni dopo che la medesima era stata annullata, apparentemente ragguagliandolo, ma senza spiegarne le ragioni, a ll’importo della cartella e non alle somme effettivamente corrisposte.
Ne consegue, in accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, la quale provvederà al riesame, fornendo congrua motivazione, e al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, la quale provvederà anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 6 marzo 2025.