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Lista Falciani: prova valida per accertamenti fiscali

Due contribuenti sono stati oggetto di un accertamento fiscale per redditi non dichiarati detenuti all’estero, basato sulle informazioni della “lista Falciani”. Dopo aver impugnato l’atto, il caso è giunto in Cassazione. La Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che la lista Falciani costituisce un elemento di prova valido e sufficiente, qualificabile come presunzione grave, precisa e concordante. La sentenza chiarisce che anche dati acquisiti in modo irrituale possono essere utilizzati nel processo tributario, invertendo l’onere della prova a carico del contribuente.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Lista Falciani: la Cassazione ne conferma la piena validità come prova fiscale

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla validità probatoria della cosiddetta lista Falciani nel contesto degli accertamenti fiscali. La decisione ribadisce un orientamento ormai consolidato, affermando che le informazioni provenienti da tale elenco, anche se di origine controversa, costituiscono una prova sufficiente per contestare l’omessa dichiarazione di capitali detenuti all’estero. Questo principio ha implicazioni significative per i contribuenti e per le strategie di contrasto all’evasione fiscale internazionale.

I Fatti del Caso: L’accertamento basato sulla “Lista Falciani”

Il caso ha origine da avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di due contribuenti. L’Amministrazione finanziaria contestava un maggior reddito imponibile ai fini IRPEF per l’anno 2005 e irrogava sanzioni per violazioni relative agli anni 2005, 2006 e 2007. L’accertamento si fondava su informazioni ottenute tramite cooperazione internazionale con le autorità fiscali francesi, le quali avevano a loro volta ricevuto i dati dalla celebre lista Falciani.

Nello specifico, i contribuenti risultavano co-titolari di un conto corrente presso una banca svizzera con consistenze patrimoniali di elevato importo, mai dichiarate al fisco italiano e quindi in violazione delle norme sul monitoraggio fiscale (Quadro RW).

I contribuenti hanno impugnato gli atti, ottenendo inizialmente l’annullamento in primo grado. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale, in accoglimento dell’appello dell’Ufficio, ha riformato la decisione, confermando la legittimità della pretesa fiscale. La questione è così approdata dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Cassazione e il valore della lista Falciani

La Corte Suprema ha esaminato e rigettato tutti i sei motivi di ricorso presentati dai contribuenti. Il fulcro della controversia risiedeva nel secondo, terzo, quarto e quinto motivo, tutti incentrati sulla presunta inutilizzabilità e sull’insufficiente valore probatorio delle risultanze della lista Falciani.

I ricorrenti sostenevano che non vi fosse prova delle modalità di acquisizione dei dati e che una semplice fiche contabile non potesse, in assenza di altri riscontri, fondare un accertamento. La Cassazione, tuttavia, ha respinto integralmente queste argomentazioni, confermando il proprio indirizzo giurisprudenziale.

Analisi della Corte sulla valenza probatoria

La Corte ha chiarito che nel processo tributario è ammesso l’ingresso di prove atipiche, ovvero di elementi acquisiti anche in forme diverse da quelle regolamentate. La lista Falciani, pur essendo stata acquisita in modo irrituale, rientra in questa categoria e può essere utilizzata come fonte di presunzioni semplici, ai sensi dell’art. 2729 del codice civile.

Secondo gli Ermellini, affinché tali presunzioni possano sostenere un accertamento, è necessario che siano ‘gravi, precise e concordanti’. Nel caso specifico, i dati relativi ai contribuenti sono stati ritenuti ‘specifici e completi’, fornendo una molteplicità di elementi gravi e precisi che collegavano in modo inequivocabile le somme detenute all’estero ai ricorrenti. Pertanto, un singolo elemento probatorio, se dotato di elevata valenza indiziaria, può essere sufficiente a fondare il convincimento del giudice e, di conseguenza, la pretesa del Fisco.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sul principio consolidato per cui il diritto interno consente l’utilizzo, sia nell’accertamento che nel processo tributario, di qualsiasi elemento con valore indiziario, ad eccezione di quelli la cui inutilizzabilità sia espressamente prevista dalla legge o che ledano diritti fondamentali di rango costituzionale.

La Corte ha affermato che la trasmissione dei dati bancari dall’autorità francese a quella italiana, ai sensi della direttiva 77/799/CEE, è legittima e utilizzabile ai fini della pretesa fiscale, anche se tali dati sono stati acquisiti ‘con modalità illecite ed in violazione del diritto alla riservatezza bancaria’.

Di conseguenza, la documentazione proveniente dalla lista Falciani costituisce un elemento indiziario forte. Questo elemento è sufficiente a invertire l’onere della prova: non è più l’Amministrazione a dover provare l’evasione, ma spetta al contribuente dimostrare la legittimità della provenienza delle somme, il loro corretto trattamento fiscale o la loro estraneità. L’assenza di una prova contraria da parte dei contribuenti ha reso la pretesa fiscale pienamente giustificata.

Le Conclusioni

La sentenza in esame consolida un principio di fondamentale importanza nella lotta all’evasione fiscale internazionale. Essa stabilisce che le informazioni bancarie ottenute tramite canali non ufficiali, come la lista Falciani, sono pienamente utilizzabili come prova presuntiva, purché presentino i requisiti di gravità, precisione e concordanza.

Per i contribuenti, questa decisione rappresenta un monito chiaro: l’occultamento di capitali all’estero è un’operazione ad altissimo rischio. Le amministrazioni fiscali dispongono di strumenti sempre più efficaci, inclusi dati provenienti da fonti atipiche, per individuare patrimoni non dichiarati. Una volta che l’Agenzia delle Entrate entra in possesso di un indizio così forte, l’onere di dimostrare la propria correttezza ricade interamente sul contribuente, rendendo la difesa estremamente complessa in assenza di documentazione inoppugnabile.

La “lista Falciani” può essere usata come unica prova per un accertamento fiscale?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che anche un solo elemento di prova, come la scheda cliente risultante dalla lista Falciani, può essere sufficiente a fondare un accertamento fiscale se ritenuto grave e preciso, e quindi dotato di elevata valenza indiziaria.

Se le informazioni fiscali sono state ottenute in modo irregolare o illecito, possono comunque essere utilizzate dall’Agenzia delle Entrate?
Sì. La Corte ha confermato che i dati bancari, anche se acquisiti con modalità illecite e in violazione della riservatezza bancaria, sono utilizzabili ai fini della pretesa fiscale nel contraddittorio con il contribuente, ad eccezione dei casi in cui la loro inutilizzabilità sia prevista da una specifica norma di legge o vengano lesi diritti costituzionali fondamentali.

Cosa deve fare un contribuente se viene accertato sulla base di dati come quelli della “lista Falciani”?
Il contribuente ha l’onere di fornire la prova contraria. Una volta che l’amministrazione finanziaria presenta un elemento indiziario forte come la presenza del nominativo nella lista, spetta al contribuente dimostrare che le somme detenute all’estero hanno un’origine lecita e sono state regolarmente dichiarate, o che i dati non sono a lui riferibili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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