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Lista Falciani: Prova sufficiente per l’accertamento

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2768/2024, ha stabilito che l’inclusione di un contribuente nella “lista Falciani” può costituire un unico indizio, grave e preciso, sufficiente a fondare un accertamento fiscale per capitali detenuti all’estero e non dichiarati. La Corte ha cassato la decisione di merito che riteneva la lista un mero spunto investigativo, affermando che essa inverte l’onere della prova, ponendolo a carico del contribuente. È stato inoltre chiarito che, in caso di doppia residenza, il giudice deve applicare i criteri della convenzione italo-svizzera per determinare la residenza fiscale rilevante, non potendosi basare solo su un certificato di residenza.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Lista Falciani: la Cassazione conferma il suo valore di prova

La Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul tema, sempre attuale, dell’utilizzo di dati bancari provenienti da fonti non convenzionali per l’accertamento fiscale. Con la recente sentenza n. 2768 del 30 gennaio 2024, i giudici hanno fornito un’importante chiarificazione sul valore probatorio della cosiddetta lista Falciani, stabilendo che può essere sufficiente, anche da sola, a giustificare la pretesa del Fisco. Questa decisione ha implicazioni significative per i contribuenti con capitali all’estero e per le strategie di accertamento dell’Amministrazione finanziaria.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un avviso di accertamento e da un atto di irrogazione di sanzioni notificati dall’Agenzia delle Entrate a una contribuente, il cui nome era emerso nella lista Falciani. La lista, come noto, contiene i dati di migliaia di correntisti di un importante istituto di credito svizzero. L’Amministrazione finanziaria contestava alla contribuente la mancata dichiarazione di ingenti capitali detenuti all’estero e la conseguente violazione degli obblighi sul monitoraggio fiscale (quadro RW).

La contribuente si opponeva alla pretesa erariale, sostenendo, tra le altre cose, di essere fiscalmente residente in Svizzera e non in Italia, e che pertanto nessun obbligo dichiarativo sussisteva nei confronti del Fisco italiano. La Commissione Tributaria Regionale accoglieva le ragioni della contribuente, ritenendo che l’inclusione nella lista Falciani non costituisse una prova sufficiente dell’evasione, ma solo un mero spunto per ulteriori indagini che l’Ufficio non aveva svolto. L’Agenzia delle Entrate proponeva quindi ricorso per Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e il valore probatorio della lista Falciani

La Suprema Corte ha ribaltato la decisione dei giudici di merito, accogliendo i motivi di ricorso dell’Agenzia delle Entrate. I punti cardine della sentenza sono due: la gestione della doppia residenza e, soprattutto, il valore da attribuire ai dati della lista Falciani.

In primo luogo, la Corte ha censurato la sentenza impugnata per non aver correttamente affrontato la questione della doppia residenza. I giudici di merito si erano limitati a prendere atto di un certificato di residenza svizzero prodotto dalla contribuente, senza però condurre un’analisi approfondita secondo i criteri stabiliti dalla Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Svizzera. Tale convenzione prevede specifiche regole (le cosiddette tie-breaker rules) per determinare quale, tra i due Stati, debba essere considerato quello di residenza fiscale prevalente.

Il punto cruciale della decisione riguarda però il valore probatorio della lista. La Cassazione, richiamando un suo precedente orientamento (sent. n. 3276/2018), ha affermato un principio di diritto fondamentale: l’inclusione del nome di un contribuente nella lista Falciani costituisce un unico indizio grave e preciso. Di conseguenza, non è un semplice spunto investigativo, ma un elemento probatorio sufficiente a fondare la pretesa dell’Amministrazione finanziaria e a invertire l’onere della prova.

Le Motivazioni

Nelle motivazioni, la Corte spiega che l’Amministrazione finanziaria può legittimamente fondare il proprio accertamento fiscale anche sul solo dato costituito dalla “fiche” estratta dalla lista Falciani. Questo elemento, infatti, possiede un’elevata valenza probabilistica. Una volta che il Fisco ha prodotto tale indizio, spetta al contribuente fornire la prova contraria, dimostrando che i dati non sono corretti, che i capitali non esistevano o che avevano una natura diversa da quella presunta.

I giudici di legittimità hanno quindi ritenuto errata la valutazione della Commissione Tributaria Regionale, la quale aveva sminuito il valore della lista, affermando che l’Ufficio avrebbe dovuto supportare la pretesa con “ulteriori elementi probatori”. Al contrario, secondo la Cassazione, la lista stessa è già un elemento probatorio qualificato. La decisione del giudice di merito di annullare l’accertamento sulla base della presunta “inutilizzabilità della lista Falciani quale unico elemento indiziario” è stata quindi considerata una violazione di legge.

Conclusioni

La sentenza in commento consolida un indirizzo giurisprudenziale di grande importanza pratica. Essa rafforza gli strumenti a disposizione dell’Amministrazione finanziaria nella lotta all’evasione fiscale internazionale basata su dati provenienti da fughe di notizie o collaborazioni internazionali. Per i contribuenti, la lezione è chiara: la presenza del proprio nominativo in elenchi come la lista Falciani non può essere liquidata con leggerezza. Essa fa scattare una presunzione di evasione che deve essere contrastata con prove concrete e documentate. Inoltre, la questione della residenza fiscale in contesti transnazionali richiede un’analisi fattuale approfondita, non essendo sufficiente la mera produzione di un certificato anagrafico per sottrarsi agli obblighi fiscali dello Stato italiano.

Un dato proveniente dalla “lista Falciani” è sufficiente per un accertamento fiscale?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’inclusione di un contribuente nella lista può costituire un unico indizio grave e preciso, sufficiente a fondare la pretesa dell’Amministrazione finanziaria, invertendo l’onere della prova a carico del contribuente.

In caso di doppia residenza fiscale tra Italia e Svizzera, come si determina dove pagare le tasse?
La semplice presentazione di un certificato di residenza estero non è decisiva. Il giudice deve effettuare una valutazione complessiva basata sui criteri specifici (c.d. tie-breaker rules) previsti dalla Convenzione contro le doppie imposizioni tra i due Paesi per determinare quale sia la residenza fiscale prevalente ai fini impositivi.

A chi spetta l’onere della prova in un caso basato sulla “lista Falciani”?
Una volta che l’Amministrazione finanziaria presenta l’elemento indiziario proveniente dalla lista, l’onere della prova si sposta sul contribuente. Sarà quest’ultimo a dover dimostrare, con prove concrete, l’infondatezza della contestazione (ad esempio, provando che i capitali non esistevano o che la loro provenienza era legittima e già tassata).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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