Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13939 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13939 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale stesa a margine del ricorso, dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno indicato recapito Pec;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente –
avverso
la sentenza n. 250, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte il 22.5.2017, e pubblicata il 1°.2.2018; ascoltata la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
la Corte osserva:
Fatti di causa
A seguito di indagini svolte dalla Guardia di Finanza, anche avvalendosi della collaborazione fiscale internazionale, l’Agenzia delle Entrate notificava a COGNOME Maurizio gli avvisi di
–
Oggetto:
Monitoraggio
fiscale
–
Sanzioni
–
Anni
2005/6 –
Raddoppio
dei
termini di
accertamento
Lista COGNOME.
accertamento relativi al reddito esportato in Svizzera, Paese dalla fiscalità privilegiata (HSBC Private RAGIONE_SOCIALE sede di Ginevra), e non dichiarato, anche in violazione della normativa sul monitoraggio fiscale, atti impositivi oggetto del procedimento Rgn 25008/2016, che è stato trattato contestualmente nell’odierna udienza.
L’Amministrazione finanziaria notificava quindi al contribuente gli atti di contestazione relativi alla violazione della normativa sul monitoraggio fiscale. Il contribuente ne domandava l’annullamento e produceva documentazione. Ritenute non fondate le tesi del contribuente, l’Ente impositore emetteva i provvedimenti n. T7EIR1700035/2013 e n. T7EIR1700032/2013 con i quali irrogava sanzioni per la mancata compilazione del quadro RW della dichiarazione di redditi, e la conseguente violazione della normativa sul monitoraggio fiscale di cui all’art. 4, comma 1, del Dl. n. 167 del 1990, sempre con riferimento agli anni 2005 e 2006, che sono oggetto del presente giudizio.
COGNOME NOME impugnava gli atti sanzionatori innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Torino proponendo plurime censure, procedimentali e di merito ed assumendo, tra l’altro, che non poteva operare nel caso di specie il raddoppio dei termini di accertamento, nonché affermando l’inutilizzabilità dei dati estratti dalla c.d. lista COGNOME La CTP riteneva infondate le critiche introdotte dal contribuente, e rigettava i suoi ricorsi.
NOME COGNOME spiegava appello, avverso le decisioni sfavorevoli conseguite nel primo grado del giudizio, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, riproponendo i propri argomenti. La CTR riuniva i ricorsi e, ritenute infondate le impugnative, le rigettava.
Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione avverso la pronuncia del giudice del gravame, affidandosi a sei strumenti di impugnazione. L’Amministrazione finanziaria resiste mediante controricorso.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il contribuente contesta la violazione dell’art. 12, comma 2, del Dl. n. 78 del 2009, degli artt. 3 e 10 della legge n. 212 del 2000 (c.d. Statuto del contribuente), dell’art. 11 delle Preleggi, degli artt. 3, 53 e 117 della Costituzione, dell’art. 3 del D.Lgs. n. 472 del 1997, dell’art. 6 CEDU, degli artt. 2697 e 2698 cod. civ., e degli artt. 202 ss. cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto l’applicabilità retroattiva della citata disposizione di cui all’art. 12, comma 2, e della nuova presunzione da essa prevista, anche in materia di raddoppio dei termini di accertamento tributario.
Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente censura la violazione dell’art. 2, comma 2 bis , del Dl. n. 78 del 2009, degli artt. 3 e 10 della legge n. 212 del 2000 (c.d. Statuto del contribuente), dell’art. 11 delle Preleggi, degli artt. 3, 53 e 117 della Costituzione, dell’art. 3 del D.Lgs. n. 472 del 1997, dell’art. 6 CEDU, degli artt. 2697 e 2698 cod. civ., e degli artt. 202 ss. cod. proc. civ., per avere il giudice dell’appello erroneamente ritenuto l’applicabilità retroattiva della citata disposizione di cui all’art. 12, comma 2 bis , in materia di raddoppio dei termini di accertamento tributario.
Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il contribuente, richiamate le disposizioni citate nei precedenti motivi di ricorso, critica la violazione di legge in cui è incorsa la CTR nel ritenere suscettibili di applicazione retroattiva le norme di cui all’art. 12, commi 2 e 2 bis , del Dl. n. 78 del 2009, per non aver rilevato che qualora il legislatore avesse inteso prevedere la retroattività di tali disposizioni, lo avrebbe espressamente previsto, trattandosi, in realtà, di disposizioni sostanziali e non procedurali.
Mediante il quarto mezzo di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia la violazione del Dl. n. 259 del 2006, come conv., degli artt. 191 e 240 cod. proc. pen., dell’art. 2697 cod. civ., della Direttiva n. 77/799 CEE, degli artt. 31 bis , 32 e 42 del Dpr n. 600 del 1973, nonché degli artt. 7 e 12 della legge n. 212 del 2000, per avere il giudice del gravame ritenuto utilizzabili i dati estratti dalla lista COGNOME ‘illegalmente … trafugati e manipolati’ (ric., p. 24).
Con il quinto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., il contribuente contesta la motivazione ‘perplessa ed obiettivamente incomprensibile’ (ric., p. 28) adottata dal giudice del gravame, decidendo sulla censura del contribuente di non essere stato posto in condizione di ‘capire le modalità dei calcoli fatti per determinare l’ammontare delle disponibilità finanziarie attribuitegli presuntivamente all’estero … in punto di determinazione delle sanzioni’ (ric., p. 29).
Mediante il sesto strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente censura, in alternativa, la nullità della sentenza impugnata, per non avere il giudice del gravame pronunciato sulla critica di incomprensibilità dei calcoli effettuati per determinare l’ammontare delle disponibilità finanziarie attribuitegli presuntivamente all’estero, e pertanto in punto di determinazione delle sanzioni, essendosi la CTR espressa su tutt’altro.
Con i suoi primi tre strumenti di impugnazione il contribuente contesta la violazione di legge in cui ritiene essere incorso il giudice di secondo grado, per aver ritenuto operante la previsione di legge sopravvenuta, e non retroattiva, che prevede una nuova presunzione favorevole all’Amministrazione finanziaria, nonché il raddoppio dei termini di accertamento. I motivi di ricorso presentano elementi di connessione, e possono perciò essere
trattati congiuntamente, per ragioni di sintesi e chiarezza espositiva.
Sembra opportuno ricordare che il raddoppio dei termini di accertamento è previsto dall’art. 12, comma 2 bis , del Dl. n. 78 del 2009, come conv., il raddoppio dei termini per l’applicazione delle sanzioni – ipotesi ricorrente nel caso di specie, anche se la disposizione non è stata richiamata dal ricorrente – è disposto dall’art. 12, comma 2 ter , mentre l’art. 12, comma 2, dello stesso testo ha previsto l’introduzione di una nuova presunzione in favore del Fisco.
7.1. Questa Corte di legittimità ha già avuto occasione di chiarire in proposito, condivisibilmente, che ‘la presunzione di evasione stabilita, con riguardo agli investimenti e alle attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, dall’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009, conv., con modif., dalla l. n. 102 del 2009, in vigore dal 1° luglio 2009, non ha natura procedimentale ma sostanziale – sia perché le norme in tema di presunzioni sono collocate, nel codice civile, tra quelle sostanziali, sia perché una diversa interpretazione potrebbe pregiudicare, in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., l’effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione -con la conseguenza che essa non ha efficacia retroattiva. Viceversa, hanno natura procedimentale e non sostanziale e soggiacciono perciò al principio “tempus regit actum”, le previsioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter del medesimo art. 12, che raddoppiano, rispettivamente, i termini di decadenza per la notificazione degli avvisi di accertamento basati sulla suddetta presunzione e quelli di decadenza e di prescrizione stabiliti per la notificazione degli atti di contestazione o di irrogazione delle sanzioni per l’omessa denuncia delle disponibilità finanziarie detenute all’estero, sicché esse si applicano anche per i periodi d’imposta precedenti alla loro entrata
in vigore (il 1° luglio 2009), quando venga in rilievo la sottrazione alla tassazione di redditi esportati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, indipendentemente dalla applicabilità della presunzione legale di cui all’art. 12, comma 2’, Cass. sez. V, 14.11.2019, n. 29632; non essendosi mancato di specificare che ‘in tema di sanzioni amministrative pecuniarie di natura tributaria, il termine di decadenza per il potere accertativo che l’art. 5, commi 4 e 5, del d.l. n. 167 del 1990, conv., con modif., nella l. n. 227 del 1990, contempla per l’omissione della dichiarazione annuale per gli investimenti e le attività finanziarie all’estero di cui all’art. 4 dello stesso decreto, deve essere individuato, tra quelli indicati dall’art. 20 del d.lgs. n. 472 del 1997, non nel termine che fa riferimento al tempo della commissione della violazione, ma in quello maggiore previsto per l’accertamento del tributo dovuto, tenuto conto del raddoppio dei termini introdotto dall’art. 12, commi 2-bis e 2-ter, del d.l. n. 78 del 2009, conv., con modif., nella l. n. 102 del 2009, applicabile, trattandosi di norma di carattere procedimentale, anche nei periodi d’imposta precedenti a quello della loro entrata in vigore’, Cass. sez. VI -V, 28.11.2018, n. 30742.
7.2. Occorre quindi ricordare come questa Corte regolatrice abbia anche precisato che ‘in tema di accertamento tributario, sebbene la presunzione di evasione sancita dall’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009, conv., con modif., dalla l. n. 102 del 2009, con riferimento all’omessa dichiarazione di investimenti e attività di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, non sia suscettibile di essere applicata retroattivamente agli anni di imposta antecedenti alla sua entrata in vigore (prevista dal 1 luglio 2009), stante la natura sostanziale e non procedimentale delle presunzioni, l’Ufficio può ricorrere ai medesimi fatti oggetto della suddetta presunzione legale (redditi non dichiarati occultamente detenuti in Paesi a fiscalità privilegiata) “sub specie” di presunzione semplice. (Nella specie, il giudice di merito aveva correttamente
affermato l’utilizzabilità in astratto della c.d. “lista COGNOME” come elemento indiziario idoneo a integrare presunzione semplice, sebbene ne avesse escluso il valore probatorio sulla base degli ulteriori elementi di fatto acquisiti)’, Cass. sez. V, 19.12.2019, n. 33893 (conf. Cass. sez. V, 1°.2.2024, n. 2990).
7.3. Nel caso di specie il giudice dell’appello, pur avendo non condivisibilmente ritenuto la retroattività dell’art. 12, comma 2, del Dl. n. 78 del 2009, non ha motivato la propria decisione sul fondamento della presunzione introdotta da questa norma, bensì sulla presunzione di evasione dipendente dalla disponibilità di capitali all’estero da parte del contribuente come desumibile dalla lista COGNOME, tematica su cui occorrerà peraltro tornare, ed ha correttamente ritenuto applicabile il raddoppio dei termini di accertamento previsto per le sanzioni dall’art. 12, comma 2 ter , del Dl. n. 78 del 2009, norma avente natura procedimentale.
I primi tre strumenti di impugnazione risultano pertanto infondati e devono perciò essere respinti.
Mediante il quarto mezzo di impugnazione il ricorrente denuncia la violazione di legge in cui ritiene essere incorso il giudice del gravame, per aver ritenuto utilizzabili i dati estratti dalla lista COGNOME, ‘illegalmente … trafugati e manipolati’ (ric., p. 24), dovendo trovare applicazione la preclusione di cui agli artt. 191 e 240 cod. proc. pen., e comunque mancando anche la prova della riferibilità al contribuente dei conti correnti bancari svizzeri.
8.1. La CTR ha ricordato, innanzitutto, che i dati riportati nella c.d. ‘lista COGNOME‘, estratti dall’archivio informatico della Banca HSBC, erano stati lecitamente consegnati alla Guardia di Finanza dall’Autorità fiscale francese, grazie all’utilizzo dei canali di cooperazione fiscale internazionale. Scrive quindi che ‘il Collegio … riconosce valore indiziario (cioè di fonte di legittima presunzione) alla scheda clienti tratta dalla lista Falciani … relative ai profili clienti ‘Rosarba 46 e ‘Mandorla 46’ … ed è pacifico che il funzionario
NOME COGNOME operava presso la banca HSBC e che quest’ultimo ha, con violazione dei suoi doveri nei confronti del datore di lavoro, estratto dall’archivio informatico della banca i files che costituiscono la c.d. ‘lista COGNOME‘, esistendo dunque un alto tasso di probabilità che i dati di cui si discute siano conformi al vero. L’opponente non ha opposto altri indizi che inducano a giungere ad una ricostruzione dei fatti difforme dai dati ricavabili dalla fiche’. Peraltro ‘le prove acquisite illegittimamente di cui all’art. 191 c.p.p., sono esclusivamente quelle nel processo penale e non anche quelle acquisite, come nella fattispecie, in un momento anteriore ad esso (le indagini, infatti, precedono la notitia criminis )’ (sent. CTR, pp. 2, 4 s.).
La decisione assunta dal giudice dell’appello risulta conforme alle valutazioni espresse da questa Suprema Corte in numerose analoghe vicende.
8.2. Si è infatti osservato che ‘l’Amministrazione finanziaria, nella sua attività di accertamento della evasione fiscale può – in linea di principio – avvalersi di qualsiasi elemento con valore indiziario, con esclusione di quelli la cui inutilizzabilità discenda da una disposizione di legge o dal fatto di essere stati acquisiti dalla Amministrazione in violazione di un diritto del contribuente. Sono perciò utilizzabili, nel contraddittorio con il contribuente, i dati bancari acquisiti dal dipendente infedele di un istituto bancario, senza che assuma rilievo l’eventuale reato commesso dal dipendente stesso e la violazione del diritto alla riservatezza dei dati bancari (che non gode di tutela nei confronti del fisco)’.
Merita di essere chiarito, in proposito, che la Suprema Corte si è pronunciata in un giudizio in cui il contribuente, proprio come l’odierno ricorrente, era stato sottoposto ad accertamento fiscale per aver investito capitali all’estero non avendoli dichiarati, e le somme risultavano detenute proprio presso una sede svizzera della stessa Banca, la HSBC, essendo già stata disposta la distruzione
dei dati contenuti nella lista (in giudizio relativo a diverso contribuente), ed avendo il contribuente invocato la inutilizzabilità dei dati ai sensi degli artt. 191 ( Prove illegalmente acquisite ) e 240 ( Documenti anonimi ed atti relativi ad intercettazioni illegali ) cod. proc. pen., proprio come nella presente vicenda processuale. La Corte di legittimità, alla cui integrale motivazione si opera espresso richiamo, ha innanzitutto chiarito che pure in quella vicenda, ‘l’Agenzia delle entrate emetteva nei confronti di RAGIONE_SOCIALE un atto di contestazione con il quale sanzionava il contribuente per l’omessa compilazione del modello RW nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2006, in relazione alle movimentazioni del conto corrente esistente presso la HSBC Private Bank S.A. avente sede in Svizzera intestato al predetto. Gli elementi sui quali si era fondata la contestazione, rappresentati da una scheda di sintesi – denominata “fiche” contenente indicazioni del conto, del suo titolare e delle movimentazioni eseguite -erano stati trasmessi dall’autorità finanziaria francese attraverso i canali di collaborazione previsti dalla Direttiva n. 77/799/CEE e dalla Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata da Italia e Francia il 5.10.1989 e ratificata con la L. n. 20 del 1992, recepita nella legislazione italiana dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 31 bis’.
La Suprema Corte ha quindi sottolineato in motivazione, tra l’altro, che è ‘errata la ritenuta inutilizzabilità – da parte della CTR -dei documenti in ragione della provenienza illecita -trafugamento dei dati bancari da parte di un ex dipendente della banca svizzera HSBC, RAGIONE_SOCIALE acquisiti successivamente dall’autorità francese … la giurisprudenza di questa Corte è orientata a mantenere una netta differenziazione fra processo penale e processo tributario, secondo un principio – sancito non soltanto dalle norme sui reati tributari (D.L. 10 luglio 1982, n. 429, art. 12, successivamente confermato dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 20) ma altresì desumibile dalle disposizioni generali dettate
dagli artt. 2 e 654 c.p.p., ed espressamente previsto dall’art. 220 disp. att. c.p.p., che impone l’obbligo del rispetto delle disposizioni del codice di procedura penale, quando nel corso di attività ispettive emergano indizi di reato, ma soltanto ai fini della ‘applicazione della legge penale’ (Cass. nn. 22984, 22985 e 22986 del 2010; Cass. n. 13121/2012)’.
Si riconosce quindi, generalmente, che “non qualsiasi irritualità nell’acquisizione di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento fiscale comporta, di per sé, la inutilizzabilità degli stessi, in mancanza di una specifica previsione in tal senso ed esclusi, ovviamente, i casi in cui viene in discussione la tutela dei diritti fondamentali di rango costituzionale (quali l’inviolabilità della libertà personale, del domicilio, ecc.), cfr. Cass. n. 24923/2011. Non può dubitarsi nemmeno della piena utilizzabilità di elementi qui la Lista COGNOME – rispetto ai quali l’eventuale illiceità si colloca a monte dell’azione dell’Ufficio fiscale (francese), essendo riferibile personalmente al COGNOME. In questa direzione esistono precisi indici normativi dai quali inferire la piena utilizzabilità del materiale del quale qui si discute. Ed infatti, tanto il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, che l’art. 41, comma 2, e il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, comma 1, prendono esplicitamente in considerazione l’utilizzo di elementi “comunque” acquisiti, e perciò anche nell’esercizio di attività istruttorie attuate con modalità diverse da quelle indicate nel D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32 e 33, e nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51. Tali disposizioni individuano, quindi, un principio generale di non tipicità della prova che consente l’utilizzabilità – in linea di massima – di qualsiasi elemento che il giudice correttamente qualifichi come possibile punto di appoggio per dimostrare l’esistenza di un fatto rilevante e non direttamente conosciuto … Nè l’utilizzazione, nel procedimento amministrativo volto all’accertamento di violazioni di natura fiscale, dei documenti provenienti dalla lista COGNOME determina una lesione
di diritti costituzionalmente garantiti del contribuente’, Cass. sez. VI-V, 28.4.2015, n. 8605.
8.2.1. L’orientamento interpretativo proposto dalla Suprema Corte è stato quindi ribadito osservandosi che ‘in tema di accertamento tributario, è legittima l’utilizzazione di qualsiasi elemento con valore indiziario, anche acquisito in modo irrituale, ad eccezione di quelli la cui inutilizzabilità discende da specifica previsione di legge e salvi i casi in cui venga in considerazione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale. Ne consegue che sono utilizzabili ai fini della pretesa fiscale, nel contraddittorio con il contribuente, i dati bancari trasmessi dall’autorità finanziaria francese a quella italiana, ai sensi della direttiva 77/799/CEE, senza onere di preventiva verifica da parte dell’autorità destinataria, sebbene acquisiti con modalità illecite ed in violazione del diritto alla riservatezza bancaria. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha affermato l’utilizzabilità delle risultanze della cd. lista COGNOME)’, Cass. sez. V, 5.12.2019, n. 31779.
In conclusione, la scheda relativa al ricorrente, ed estratta dagli archivi della Banca HSBC, ha provenienza certa ed è utilizzabile ai fini dell’accertamento tributario.
Anche il quarto motivo di ricorso risulta pertanto infondato, e deve perciò essere respinto.
Mediante il quinto ed il sesto motivo di ricorso il contribuente contrasta la decisione del giudice dell’appello, in relazione ai profili della nullità della sentenza per aver espresso una motivazione ‘perplessa ed obiettivamente incomprensibile’ (anche se la censura è introdotta ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.), in materia di sanzioni, ed in alternativa per la omessa pronuncia sulla questione, perché il ricorrente aveva lamentato l’incomprensibilità dei calcoli effettuati per determinare l’ammontare delle disponibilità finanziarie attribuitegli
presuntivamente all’estero, e pertanto in punto di determinazione delle sanzioni, essendosi la CTR espressa su tutt’altro.
9.1. La CTR scrive in proposito che ‘l’ottavo motivo di appello illegittimità dell’atto impugnato in punto di determinazione delle sanzioni , è inconferente. Con l’entrata in vigore L. 6 agosto 2023, n. 97 (Legge europea per il 2013) la violazione contestata non è sanzionata (principio del favor rei ). Il ‘monitoraggio fiscale’ ex art. 4, comma 2 d.l. 167/1990 perde l’obbligatorietà da parte del contribuente di segnalare i flussi da o verso l’estero, oppure estero su estero’. Quindi la CTR conferma integralmente la decisione di primo grado, che aveva ritenuto legittimi gli atti irrogativi delle sanzioni anche con riferimento alla determinazione dell’ammontare delle stesse.
9.2. Effettivamente la parte della motivazione del giudice dell’appello non risulta comprensibile. Deve però tenersi conto che è posta una questione di diritto, e questa Corte è pertanto comunque chiamata a pronunciarsi (cfr. Cass. sez. V, 28.10.2015, n. 21968; Cass. sez. VI-III, 8.10.2014, n. 21257).
Deve allora osservarsi, in primo luogo, che le sopravvenute innovazioni legislative non hanno comportato la soppressione della sanzione per il mancato adempimento degli obblighi connessi al monitoraggio fiscale. Questa Corte regolatrice ha infatti avuto occasione di chiarire che ‘in materia di omessa dichiarazione annuale per investimenti e attività di natura finanziaria all’estero, prevista dall’art. 4, comma 2, del d.l. n. 167 del 1990 (convertito, con modificazioni, dalla l. n. 227 del 1990), la sanzione di cui all’art. 5, comma 5, del citato d.l. non è stata tacitamente abrogata dall’art. 16, comma 2, del d.lgs. n. 471 del 1997, in relazione all’art. 8, comma 1, dello stesso decreto, in quanto la predetta dichiarazione ha l’esclusiva finalità di monitorare i trasferimenti di valuta da e per l’estero, quali manifestazioni di capacità contributiva, e le relative violazioni restano sanzionate in modo
specifico ed autonomo, assumendo carattere di specialità rispetto alla generale nozione di omessa, ovvero di inesatta od incompleta indicazione di dati rilevanti per la determinazione del tributo, punite dall’art. 8, comma 1, del d.lgs. n. 471 del 1997’, Cass. sez. V, 19.1.2018, n. 1311 (conf. Cass. sez. V, 11.6.2003, n. 9320).
Tanto premesso, l’ammontare della sanzione prevista dagli obblighi di monitoraggio è espressamente diciplinata dalla legge all’art. 5, comma 5, del Dl. n. 167 del 1990, e quantificata in un limite minimo e massimo in percentuale rispetto al valore dei capitali detenuti all’estero e non dichiarati. Il contribuente si limita ad affermare la non comprensibilità dei calcoli effettuati dall’Amministrazione finanziaria, ma non propone una critica specifica, non indica in quale errore sia incorsa l’Agenzia delle Entrate.
L’ammontare dei capitali detenuti all’estero e non dichiarati in contestazione, risulta ben nota al contribuente, il quale non deduce che nell’effettuare il calcolo della sanzione l’Agenzia delle Entrate sia incorsa in una illegittimità, ad esempio liquidando una somma superiore al massimo consentito, oppure ricorra un vizio di valutazione, avendo errato nella percentuale applicata in considerazione delle emergenze del caso concreto.
Nell’ambito di un giudizio impugnatorio qual è sempre quello di cassazione, il quinto ed il sesto motivo di ricorso proposti dal contribuente si limitano ad una generica doglianza, ma non illustrano una critica specifica e, nella parte in cui possano essere ritenuti ammissibili, sono comunque infondati e devono pertanto essere anch’essi rigettati.
In definitiva il ricorso proposto da COGNOME NOME risulta infondato, e deve perciò essere respinto.
Le spese di lite seguono l’ordinario criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo, in considerazione della natura delle questioni affrontate e del valore della controversia.
10.1. Deve anche darsi atto che ricorrono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, del c.d. doppio contributo.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M .
rigetta il ricorso proposto da NOME Maurizio COGNOME che condanna al pagamento delle spese di lite in favore della costituita controricorrente, e le liquida in complessivi Euro 2.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, l’8.5.2025.