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Lista Falciani: la Cassazione conferma l’accertamento

Un contribuente è stato accertato per redditi esteri non dichiarati sulla base della lista Falciani. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità dell’accertamento, stabilendo che le informazioni contenute nella lista Falciani, anche se acquisite in modo atipico, costituiscono una prova presuntiva grave, precisa e concordante, sufficiente a fondare la pretesa fiscale.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Lista Falciani: Piena Legittimità come Prova per gli Accertamenti Fiscali

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di accertamenti fiscali internazionali: le informazioni contenute nella cosiddetta lista Falciani sono pienamente utilizzabili come prova per contestare redditi non dichiarati. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale per la lotta all’evasione fiscale, chiarendo come dati bancari acquisiti tramite canali atipici possano fondare legittimamente una pretesa del Fisco.

Il Caso: Accertamento Fiscale su Capitali Esteri

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato a un contribuente per l’anno d’imposta 2006. L’Agenzia delle Entrate contestava l’omessa dichiarazione di investimenti e attività finanziarie detenute all’estero, che avevano generato un maggior reddito imponibile. L’accertamento si basava sulle informazioni emerse dalla lista Falciani, ottenute dall’amministrazione fiscale francese attraverso i canali di collaborazione internazionale.

Le indagini avevano rivelato che il contribuente era intestatario di conti correnti presso una banca svizzera a Ginevra, con una disponibilità finanziaria di quasi 2 milioni di euro. In assenza di prove sulla provenienza di tali somme, l’Agenzia le aveva imputate a redditi di capitale, ricalcolando l’imposta dovuta in oltre 800.000 euro, oltre a sanzioni e interessi.

Il contribuente aveva impugnato l’atto, ma sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano respinto i suoi ricorsi, confermando la legittimità dell’operato dell’Agenzia. Di qui, il ricorso finale in Cassazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Il ricorrente ha basato la sua difesa su quattro motivi principali:

1. Omesso esame di un fatto decisivo: La presunta mancata verifica sull’esistenza, veridicità e completezza della documentazione della lista Falciani.
2. Violazione delle norme sulle presunzioni: L’erronea applicazione delle presunzioni, sostenendo che la lista non potesse essere considerata un ‘fatto noto’ da cui desumere l’evasione.
3. Errata applicazione retroattiva: L’illegittima applicazione di una presunzione legale introdotta solo nel 2009 per fatti relativi al 2006.
4. Violazione del concetto di ‘beneficial owner’: Una errata interpretazione della sua posizione di titolare effettivo secondo gli accordi internazionali tra Svizzera e UE.

La Decisione della Corte sull’Uso della Lista Falciani

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo chiarimenti essenziali su ogni punto sollevato e confermando la piena validità probatoria dei dati in questione.

L’Inammissibilità del Primo Motivo per “Doppia Conforme”

Il primo motivo è stato dichiarato inammissibile in applicazione del principio della “doppia conforme”. Poiché le sentenze di primo e secondo grado erano giunte alla medesima conclusione basandosi sulle stesse ragioni, non era possibile contestare in Cassazione l’accertamento dei fatti. Inoltre, il ricorrente non aveva indicato un fatto storico specifico che i giudici di merito avrebbero trascurato.

La Prova Presuntiva e la Lista Falciani

I giudici hanno affrontato congiuntamente il secondo e il terzo motivo, fulcro della controversia. La Corte ha ribadito il suo consolidato orientamento: le informazioni della lista Falciani, pur essendo prove atipiche e acquisite in modo irrituale, possono legittimamente entrare nel processo tributario e costituire la base per presunzioni semplici.

Non è necessario che vi siano molteplici elementi di prova. Anche un solo indizio, come l’inserimento del nominativo nella lista, è sufficiente a fondare l’accertamento, a patto che sia ‘grave e preciso’, ovvero dotato di un’elevata forza probatoria. La Corte ha specificato che i dati trasmessi dall’autorità francese erano ‘specifici e completi’, rendendo la presunzione di evasione pienamente legittima.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda sul principio che nel processo tributario è ammessa l’utilizzabilità di qualsiasi elemento con valore indiziario, ad eccezione di quelli la cui inutilizzabilità sia espressamente prevista dalla legge. I dati bancari trasmessi da un’autorità finanziaria estera, nel quadro della cooperazione internazionale, non necessitano di una verifica preventiva da parte dell’amministrazione italiana. Tali dati, sebbene acquisiti con modalità che potrebbero violare la riservatezza bancaria nel paese di origine, sono utilizzabili nel contraddittorio con il contribuente, a meno che non ledano diritti fondamentali di rango costituzionale.

La Corte ha chiarito che la prova dell’esistenza di redditi occulti detenuti in paesi ‘black list’ può essere fornita non solo tramite presunzioni legali (come quella introdotta nel 2009, non applicabile a questo caso), ma anche attraverso una singola presunzione semplice, purché grave e precisa. L’elemento della ‘concordanza’ è richiesto solo quando si è in presenza di più indizi, ma un solo elemento di forte valenza probatoria è di per sé sufficiente a fondare il convincimento del giudice.

Infine, riguardo al concetto di ‘beneficial owner’, la Corte ha richiamato la propria giurisprudenza, affermando che la clausola del beneficiario effettivo è uno strumento generale dell’ordinamento fiscale internazionale volto a impedire l’abuso dei trattati (c.d. ‘treaty shopping’). La sua corretta applicazione nel caso di specie era quindi pienamente giustificata.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un’importante conferma per l’amministrazione finanziaria nella lotta all’evasione fiscale internazionale. Le conclusioni pratiche sono significative:

1. Validità delle prove atipiche: Dati come quelli della lista Falciani sono considerati prove valide, anche se la loro acquisizione non segue canali tradizionali.
2. Forza della presunzione semplice: Un singolo indizio robusto è sufficiente per l’Agenzia delle Entrate per presumere l’esistenza di redditi non dichiarati, spostando sul contribuente l’onere di fornire la prova contraria.
3. Efficacia della cooperazione internazionale: I dati scambiati tra amministrazioni fiscali di diversi Paesi hanno piena efficacia probatoria, senza necessità di ulteriori verifiche interne.

Le informazioni della “lista Falciani” possono essere usate per un accertamento fiscale?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che i dati della “lista Falciani”, anche se acquisiti in modo atipico, sono utilizzabili. Possono costituire un elemento indiziario unico, purché grave e preciso, per fondare una presunzione semplice di evasione fiscale.

È necessario che ci siano più prove per giustificare l’accertamento basato sulla lista Falciani?
No. Secondo la sentenza, anche un solo elemento presuntivo, come l’inclusione del nominativo nella lista, può essere sufficiente per fondare il convincimento del giudice, a condizione che sia grave, preciso e dotato di elevata valenza probatoria. Il requisito della concordanza si applica solo in presenza di più elementi.

L’amministrazione finanziaria deve verificare preventivamente i dati bancari esteri trasmessi da autorità straniere?
No. L’ordinanza chiarisce che i dati bancari trasmessi da un’autorità finanziaria estera in base agli accordi di cooperazione internazionale, come la Direttiva 77/799/CEE, sono utilizzabili senza un onere di preventiva verifica da parte dell’autorità italiana destinataria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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