Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19991 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19991 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11313/2023 R.G. proposto da
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa da COGNOME (CODICE_FISCALE
: ll’avvocato
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio n. 2373/2023 depositata il 21/04/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso avanti la Commissione Tributaria Provinciale di Roma la contribuente ha impugnato la cartella di pagamento n.
097.2014 0213356857 000 notificatale in data 17.11.2014 contestando la debenza dell’importo di € 2.462,90 richiestole a titolo di TARI.
La Commissione Tributaria Provinciale di Roma, con sentenza n. 27560/50/16 depositata in data 30.11.2016, ha accolto il ricorso e per l’effetto ha annullato la pretesa impositiva impugnata, nulla disponendo quanto alle spese.
La contribuente ha formulato appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale, che con sentenza n. 1638/11/18 depositata in data 13.3.2018 ha rilevato che “l’appello è fondato. In adesione all’istanza formulata dall’appellante ed in riforma parziale della sentenza n. 27560/50/2016 – stante il principio secondo il quale le spese del giudizio seguono la soccombenza, principio nella specie non derogabile – le spese del giudizio innanzi al primo giudice sono poste a carico della parte soccombente, e cioè dell’AMA, spese da distrarre in favore dell’Avv. NOME COGNOME antistatario, che si liquidano in complessivi € 600,00″.
Avverso tale decisione parte contribuente ha formulato ricorso per cassazione, censurando la sentenza gravata nella parte in cui aveva omesso di regolamentare le spese del secondo grado di giudizio.
Con ordinanza n. 3968/2020 depositata in data 18.2.2020 la Suprema Corte di Cassazione ha accolto il ricorso e rilevato che “Il mancato regolamento delle spese di un procedimento contenzioso da parte del giudice che (a norma dell’art. 91 c.p.c.) avrebbe dovuto provvedervi con la sentenza o altro provvedimento a contenuto decisorio emesso a definizione dello stesso – nella specie, l’ordinanza conclusiva del procedimento di liquidazione delle spese, diritti e onorari spettanti agli avvocati, di cui agli artt. 28 e 29 della legge 13 giugno 1942 n. 794, che non si sottrae alle regole generali dettate dagli artt. 91 e 92 c.p.c. – integra un vizio di omessa pronuncia, riparabile soltanto con l’impugnazione, atteso che il giudice nemmeno in parte motiva ha
espresso la propria volontà di porle a carico della parte soccombente (Cass. S.U. 16415/2018). Il ricorso deve essere, pertanto, accolto e la sentenza cassata con rinvio alla CTR del Lazio che liquiderà le spese anche del presente giudizio di legittimità’.
L’odierna ricorrente procedeva dunque alla riassunzione della lite innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, la quale con sentenza n. 3384/2020 depositata in data 10.11.2020 rilevava che “Per i due gradi di appello (due fasi introduttive ed una fase decisionale) vengono pertanto liquidati complessivi € 860,00 mentre per il giudizio di Cassazione (una fase introduttiva) vengono liquidati complessivi € 385,00. In definitiva le spese di lite dell’intero giudizio a carico dell’appellata, da di strarsi in favore del difensore, avv. NOME COGNOME di Roma, dichiaratosi antistatario, vengono liquidate in complessivi € 1845 risultanti dalla somma di € 600,00 (già liquidati per il primo grado dalla sentenza n. 1638/11/2018 di questa CTR) e di € 1.245,00 (liquidati con l’odierna decisione per i restanti gradi di giudizio”, e poi decideva come segue: ‘La Commissione giudicando in sede di rinvio, accoglie l’appello quanto alla liquidazione delle spese e condanna l’appellata al pagamento della somma, comprensiva di quanto già liquidato per il primo grado, di € 1.845,00 da distrarsi in favore del difensore, Avv. NOME COGNOME di Roma, dichiaratosi antistatario’.
Avverso tale sentenza ricorreva nuovamente in Cassazione l’odierna ricorrente, contestando la violazione di legge per aver la CTR operato una liquidazione omnicomprensiva dei compensi del grado di appello e del primo grado di rinvio, e non già distinta per fasi; e per aver omesso di liquidare una fase decisionale, due fasi di studio e due fasi istruttorie per il grado di appello e per il giudizio di rinvio nonché la fase di studio e la fase decisionale per il giudizio di Cassazione.
Con ordinanza n. 17790/2022 depositata in data 1.6.2022 la Suprema Corte di Cassazione accoglieva il ricorso e, premesso che il
ricorso era stato correttamente proposto dalla parte e non dal difensore distrattario, ha ribadito che il giudice deve liquidare separatamente spese e onorari per ogni grado di giudizio, consentendo così il controllo dei criteri di calcolo, rilevando che la CTR aveva omesso di liquidare le spese per ciascuna fase del processo. Di conseguenza, il ricorso è stato accolto, la sentenza cassata e la causa rinviata alla CTR competente.
La Corte di Giustizia Tributaria di II grado del Lazio, con sentenza n. 2373/2023 depositata in data 21.4.2023 ha accolto la domanda, e, dopo aver richiesto al difensore di depositare una nota spese per determinare gli onorari, applicando le tariffe minime data la semplicità della questione, la contumacia della convenuta e l’assenza di approfondimenti, ha condannato RAGIONE_SOCIALE spa a pagare € 4.412,00, oltre accessori di legge, a favore dell’avv. NOME COGNOME dichiaratosi antistatario.
Avverso la suddetta sentenza di gravame il contribuente ha proposto un terzo ricorso per cassazione affidato ad unico motivo.
L’intimato non ha depositato controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’ unico motivo di ricorso parte contribuente ha eccepito la violazione o falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c., dell’art. 4 decreto ministeriale 5 aprile 2014 n.55 del ministero della giustizia e delle tabelle 1-2 dei parametri ad esso allegate, art. 15 d.lgs. 546/1992, art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c., 118 disp. att . c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
1.1. Il giudice di appello, operando una liquidazione complessiva dei compensi, e non già per fasi, avrebbe violato, a priori, l’art. 4 del DM 55/14 in quanto non ha consentito all’odierna parte ricorrente di stabilire la correttezza della liquidazione stessa e la sua conformità, anche in ragione del principio di inderogabilità posto ai valori minimi con riferimento a ciascuna fase di giudizio dal richiamato art. 4, alle tabelle 1-2 dei parametri allegati al DM Giustizia n. 55/2014 come
aggiornato dal DM 37/2018, ed applicabile, ai sensi dell’art. 7 del medesimo decreto, alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore avvenuta in data 27.4.2018 (nel caso di specie la sentenza oggetto di ricorso in Cassazione è stata emessa in data 22.3.2023 e depositata in data 21.4.2023 e pertanto in data successiva al 3.4.2014, data di entrata in vigore del DM 55/2014, ed al 27.4.2018, data di entrata in vigore del DM 37/2018).
Il giudice regionale ha condannato la controparte al pagamento delle spese processuali maturate, escludendone talune con specifica motivazione, nei termini testuali che seguono:
‘ -Primo giudizio di II grado: € 1.203,00 (esclusa la voce “Istruttoria e trattazione”, poiché non sono state depositate memorie di contrasto dalla controparte, rimasta contumace).
-Secondo giudizio di II grado: € 885,00 (escluse le voci “Studio controversia”, già considerata nei precedenti gradi e fasi, e “Trattazione”, per le stesse ragioni del primo giudizio di II grado).
-Terzo giudizio di II grado: € 638,00 (escluse le voci “Studio”, per le ragioni già indicate, e “Decisionale”, poiché il difensore ha disertato entrambe le udienze di trattazione e non ha esaminato gli scritti avversari né proceduto allo scambio di atti, considerando la contumacia della convenuta).
-Ciascuno dei giudizi per Cassazione: € 893,00, per un totale di € 1.786,00 ‘ .
2.1. Ha indi liquidato un importo complessivo di € 4.412,00, oltre spese forfettarie, spese non deducibili, IVA e CPA come previsto dalla legge, da distrarsi in favore dell’Avv. NOME COGNOME che si era dichiarato antistatario.
2.2. Quanto al primo profilo dedotto, deve ritenersi che non sussiste, nella fattispecie, la violazione del criterio di determinazione per non essere stata operata la liquidazione ‘ fase per fase ‘ , atteso che la liquidazione è avvenuta in base alla specifica nota spese richiesta al
difensore, dalla quale sono state espressamente espunte talune voci espressamente indicate, con ciò rendendo chiaro ed assolutamente comprensibile il percorso liquidatorio seguito.
Quanto al profilo della concreta quantificazione, la parte ricorrente contesta la mancata liquidazione della fase istruttoria/trattazione per il primo e secondo grado di appello; della fase decisionale per il secondo giudizio di rinvio; della fase di studio della controversia per il primo e secondo giudizio di rinvio.
3.1. Va in proposito rammentato che la fase istruttoria/trattazione va liquidata solo ‘se svolta’ ai sensi dell’art. 4, comma 5, d.m. 55/2014.
3.2. Nel giudizio di rinvio, poi, questa Corte (Cass. 34575/2021) ha chiarito che «In materia di spese di giustizia, la trattazione del processo, anche in assenza di istruzione probatoria, legittima il diritto al compenso della relativa fase; quando, tuttavia, il giudice del rinvio è chiamato solo al ricomputo delle spese processuali, non è dovuto al difensore il compenso spettante per la fase istruttoria, non ricorrendo, in tal caso, la fattispecie legale di cui all’art. 4, comma 5, lett. c), del d.m. n. 55 del 2014, per assenza di una nuova trattazione».
3.3. Diversamente, la fase studio controversia (che nel giudizio di rinvio comprende, quantomeno, l’esame della pronuncia della cassazione) e di decisione va sempre liquidata.
Alla luce di tali principi, la fase di trattazione, qui rilevante per il solo primo appello, va dunque liquidata se effettivamente svolta (art. 4, comma 5, d.m. 55/2014 e Cass. 17790/2022 resa in questo giudizio, che ha demandato di accertate le attività svolte) e nella specie non può dirsi compiuta, stante la mancata costituzione di AMA.
La censura pecca, peraltro, di autosufficienza perché non riporta il contenuto rilevante delle memorie depositata e, per altro verso, è pure infondata poiché si trattava di nota di mero deposito dell’A.R. del
ricorso e della nota spese, che non sono remunerabili come fase (la nota spese è difatti compresa nella fase di decisione).
Quindi, nella fattispecie, stante l’assenza di ogni attività (anche quella di esame delle controdeduzioni di Ama, non costituita), non si può dire che la fase di trattazione sia ineludibile (come afferma, per il giudizio ordinario, Cass. 21743/2019).
In conclusione, la censura può essere accolta solo in parte, essendo la sentenza errata solo per aver espunto nel secondo giudizio di appello la voce ‘studio controversia’ e nel terzo giudizio appello la voce ‘studio controversia’ e di ‘decisione’.
In ragione della parziale fondatezza del motivo la sentenza va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c.
Difatti, alla luce di un’interpretazione dell’art. 384 c.p.c. conforme al principio di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111 Cost., nonché degli ampi poteri che in tema di spese processuali l’art. 385, secondo comma, c.p.c. accorda alla Corte, è possibile liquidare le spese di merito, nella specie indicati nel minimo dalla stessa parte ricorrente, risultando del tutto illogico imporre il giudizio di rinvio, al solo fine di provvedere ad una liquidazione che, in quanto ancorata a parametri di legge, ben può essere direttamente compiuta dal giudice di legittimità (Cass. 20/05/2025, n. 13446, che cita anche Cass. n. 14199/2021; Cass. n. 1761/2014 e Cass. n. 211/2016).
Come da misura minima (oltre a quella media) pure indicata in ricorso, coerente con la semplicità e ripetitività delle questioni trattate, l’importo delle spese legali va allora integrato per i giudizi di merito rispettivamente di euro 303,00 più ulteriori euro 303,00 per le fasi di studio del primo e del secondo giudizio e di euro 438,00 per la fase decisione secondo giudizio di rinvio, per un totale di euro
1.044,00. Tutte da liquidarsi in favore del difensore dichiaratosi antistatario.
Le spese di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicate in dispositivo, contenute nel minimo in ragione della semplicità e la serialità della questione prospettata.
P.Q.M.
La Corte cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, accoglie in parte il ricorso nei sensi indicati in motivazione.
Condanna la parte intimata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in favore del difensore antistatario in euro 400,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 12/06/2025.