Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19948 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19948 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
ORDINANZA
ll’avvocato COGNOME
sul ricorso iscritto al n. 4417/2023 R.G. proposto da : COGNOME rappresentato e difeso da NOME COGNOMECODICE_FISCALE
-ricorrente-
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO
-resistente- avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio n. 4578/2022 depositata il 21/10/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso avanti la Commissione Tributaria Provinciale di Roma, a seguito del vano esperimento della mediazione ex art. 17 bis del d.lgs. 546/1992, la contribuente si è opposta ad un sollecito di
pagamento e ad un avviso di accertamento esecutivo ivi portato per un importo di € 2.294,92 per crediti di natura tributaria.
La Commissione Tributaria Provinciale di Roma, con sentenza n. 15534/2019 depositata in data 21.11.2019 ha dichiarato cessata la materia del contendere atteso che l’Agenzia delle Entrate aveva disposto lo sgravio in autotutela del ruolo, compensando integralmente, in virtù di tale comportamento, le spese di lite.
La contribuente ha presentato appello al giudice regionale, eccependo l’illegittimità della immotivata compensazione delle spese operata dal giudice di prime cure, evidenziando che la CTP non aveva argomentato alcuna sussistenza di un motivo grave ed eccezionale e che, al riguardo, la motivazione articolata dalla CTP capitolina a sostegno della disposta compensazione delle spese presentava caratteri di apparenza e non valeva a giustificare la deroga all’applicazione del principio di soccombenza quale conseguenza dell’accertamento della soccombenza virtuale delle parti originariamente appellate.
La Corte di Giustizia Tributaria di II grado del Lazio, con sentenza n. 4578/2022 depositata in data 21.10.2022 ha accolto il gravame.
In particolare, ha ritenuto che l’autotutela amministrativa in corso di causa in sede processuale non determinasse l’esonero dall’obbligo di pagamento delle spese processuali, ancorché determinante la cessazione della materia del contendere per annullament o d’ufficio dell’atto impugnato, ed ha condannato l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese per entrambi i gradi di giudizio: € 300 ,00 per il primo grado e € 400 ,00 per il secondo, da distrarsi in favore del procuratore antistatario.
Avverso la suddetta sentenza di gravame la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 2 motivi, cui ha resistito con controricorso meramente formale la difesa erariale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione o falsa applicazione de ll’art. 15 d.lgs. 546/1992, art. 75 disp. att. c.p.c., art. 4 decreto ministeriale 5 aprile 2014 n.55 del Ministero della Giustizia e delle tabelle 12 dei parametri ad esso allegate in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
La CGT si sarebbe discostata in modo apprezzabile dai valori medi dei parametri di riferimento senza fornire alcuna motivazione a supporto di tale riduzione, e senza tenere conto della nota spese depositata.
Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente contesta la violazione o falsa applicazione dell’art. 4 decreto ministeriale 5 aprile 2014 n.55 del Ministero della Giustizia come modificato dal dm 37/2018 e delle tabelle 1-2 dei parametri ad esso allegate, art. 15 d.lgs. 546/1992 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
La CGT avrebbe operato una liquidazione complessiva dei compensi per singolo grado di giudizio, anziché distinguere le diverse fasi (studio, introduttiva, trattazione, decisoria) previste dall’art. 4 del DM 55/14. Tale modalità non permetterebbe alla ricorrente di verificare la correttezza della liquidazione e la sua conformità ai minimi tariffari inderogabili, resi tali dal DM 37/2018. Inoltre la liquidazione sarebbe avvenuta in violazione dei minimi tariffari, con conseguente violazione di legge.
I motivi possono essere trattati congiuntamente, in quanto strettamente connessi.
Le censure sono fondate.
4.1. La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che, in tema di spese processuali, la liquidazione dei compensi in applicazione del d.m. n. 55 del 2014 deve essere effettuata per ciascuna fase del giudizio, in modo da consentire la verifica della correttezza dei
parametri utilizzati ed il rispetto delle relative tabelle (Cass. 23/07/2018, n. 19482 (Rv. 650096 – 01)).
4.2. Nella fattispecie, inoltre, la liquidazione delle spese è stata effettuata al di sotto dei minimi tariffari, in violazione di legge, come sancito anche dalla giurisprudenza di questa Corte: in tema di spese legali, in assenza di diversa convenzione tra le parti, il giudice, ove la liquidazione dei compensi professionali e delle spese di lite avvenga in base ai parametri di cui al d.m. n. 55/2014, come modificato dal d.m. n. 37/2018, non può scendere al di sotto dei valori minimi, in quanto aventi carattere inderogabile (Cass. 3/04/2023, n. 9815 (Rv. 667534 – 01)).
4.3. Il g iudice d’appello, determinando l’importo di euro 300,00 per il giudizio di primo grado ed euro 400,00 per il giudizio di gravame ha violato l’art. 4 del DM 55/2014.
4.4. Tale misura, che nemmeno dà conto della fasi considerate, non è difatti in conformità con i valori minimi inderogabili previsti per ciascuna fase di giudizio dall’art. 4 del decreto, nonché alle tabelle 1 e 2 dei parametri allegati al DM Giustizia n. 55/2014.
4.5. Di conseguenza, la liquidazione delle spese non ha rispettato tali parametri ed ha violato i minimi tariffari previsti dalla normativa allora vigente. Pur essendo implicito nella semplicità della decisione che il giudice abbia ritenuto che la liquidazione dovesse avvenire in base a parametri minimi, potendosi dedurre tale circostanza dal complesso della motivazione, che costituisce parametro interpretativo del dispositivo, va in ogni caso rilevato che anche tali minimi non sono stati rispettati, risulta difatti un valore inferiore a tali parametri.
4.6. Inoltre, va rammentato anche che in presenza di nota spese specifica prodotta dalla parte vittoriosa, il giudice non può limitarsi ad una globale determinazione dei compensi, in misura inferiore a quelli esposti, ma ha l’onere di dare adeguata motivazione della riduzione o eliminazione delle voci da lui operata; onere che si traduce nell’esporre
le ragioni di fatto e diritto della pronuncia in modo conciso, ovvero, succinto ma non nel dovere di rispondere esplicitamente e pedissequamente ad ogni singola indicazione (Cass. 27/07/2023,n. 22762 (Rv. 668570 – 01))
I motivi sono dunque fondati e meritano accoglimento.
In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, il 12/06/2025.