Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33648 Anno 2024
Oggetto:Tributi
Art. 15 del d.lgs. 546/92-
spese processuali
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33648 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 6532 del ruolo generale dell’anno 2023, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv.to NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv.to NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
Contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale delle Marche, n. 1021/02/2022, depositata in data 8 settembre 2022;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5 novembre 2024 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
L’Agenzia delle entrate Direzione provinciale di Ancona -notificava nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , avviso di accertamento con il quale venivano ripresi maggiore Ires, Irap, interessi e sanzioni per l’anno 200 8.
2.La Commissione tributaria provinciale di Ancona – adita con ricorso della suddetta società – con sentenza n. 1571/01/2016 accoglieva il ricorso, condannando l’Ufficio al pagamento delle spese processuali in complessivi euro 7.350,00 oltre accessori di legge.
Avverso la sentenza di primo grado, la società contribuente ha proposto appello quanto alla liquidazione delle spese in misura asseritamente difforme da quanto stabilito dal D.M. n. 55/2014 e l’Agenzia delle entrate appello incidentale nella parte in cui la CTP ha affermato l’illegittimità del raddoppio dei termini ex art. 43, comma 3, del DPR n. 600/1973.
La CTR delle Marche, con sentenza n. 1021/02/2022, depositata in data 8 settembre 2022, rigettava l’appello principale e quello incidentale, compensando tra le parti le spese di lite del secondo grado.
5 . In punto di diritto, per quanto di interesse con riguardo all’appello della società contribuente , la CTR ha affermato che:1) quanto all’individuazione dello scaglione, l’Agenzia delle entrate aveva dichiarato un valore di euro 86.307,00 che costituiva il valore della controversia, ai sensi dell’art. 5 del D.M. n. 55/2014 e determinava lo scaglione di riferimento (tra euro 52.000,00 e euro 260.000,00) indicato dalla società; 2) in considerazione della circostanza che il
valore della controversia era vicino al valore minimo dello scaglione, andavano liquidate le spese di lite secondo valori prossimi ai minimi dello scaglione di riferimento e non secondo i valori medi come richiesto dalla società appellante; 3) inoltre, la fase istruttoria e/o trattazione non andava liquidata in assenza di adempimenti processuali riportabili a tale voce atteso che la produzione di documenti, in occasione dello svolgimento di altre fasi processuali, quale quella introduttiva, non equivaleva allo svolgimento della fase istruttoria e/o di trattazione (è richiamata Cass., sez. 3, n. 10206 del 2021); ugualmente non andava riconosciuta la fase cautelare, non essendo stato specificamente allegato nell’atto di appello e provato lo svolgimento della stessa e dovendo intendersi dette spese ‘compensate’ in assenza di una condanna dell’Amministrazione (stante la previsione, ai sensi dell’art. 15, comma 2 -quater del d.lgs. n. 546/92, della liquidazione delle stesse all’esito di detta fase con l’ordin anza che decide sulle istanze cautelari); 4) l’appello della contribuente andava quindi rigettato risultando la liquidazione effettuata dalla CTP superiore ai minimi previsti dallo scaglione di riferimento; 5) stante la soccombenza reciproca le spese di secondo grado andavano compensate tra le parti.
Avverso la suddetta sentenza RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrato con successiva memoria.
7 .L’Agenzia resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 c.p.c., 15 del d.lgs. n. 546/92, 4 e 5 del DM n. 55/2014 e del D.M. n. 37/2018 per avere la CTR: 1) determinato erroneamente, ai fini dell’individuazione dello scaglione tariffario, il valore della lite nell’importo dichiarato dall’Ufficio di euro 86.307,00, confondendo il valore ai fini del contributo unificato con quello ai fini della determinazione delle spese di giudizio ai sensi dell’art. 5, comma 4, del D.M. n. 55/2014; 2) richiamato il fatto che il valore della controversia fosse vicino al valore minimo dello scaglione
per giustificare la liquidazione delle spese di lite secondo valori prossimi ai minimi dello scaglione di riferimento – ritenendo corretta la liquidazione effettuata dalla commissione di prime cure sebbene l’esatto importo non fosse affatto vicino al minimo dello scaglione; 3) escluso la liquidazione dei compensi per la fase cautelare ‘non essendo stato allegato all’atto di appello e prova to lo svolgimento di tale attività’ sebbene, a fronte della nota spese depositata in primo grado e richiamata nel cor po dell’atto di appello, il giudice di appello dovesse procedere alla liquidazione delle attività processuali risultanti dagli atti (ove era presente la domanda cautelare e l’ordinanza della CTP del 19 febbraio 2016 di accoglimento dell’istanza di sospensione ); peraltro, la CTR aveva anche affermato che, non avendo il giudice della ‘fase cautelare’, ai sensi del comma 2quater dell’art. 15 del d.lgs. n. 546/92, provveduto alla liquidazione delle relative spese, significava l’avvenuta compensazione delle ste sse, sebbene, essendo mancata una espressa statuizione nel provvedimento cautelare, la CTR dovesse liquidare le spese del detto procedimento incidentale contestualmente alla decisione del merito. Infine, il giudice di appello avrebbe erroneamente escluso anche il compenso per la ‘fase di trattazione’ in primo grado sebbene tale attività si presumesse effettuata e andasse riconosciuta salvo ragioni eccezionali da indicarsi nel provvedimento.
1.1.Il primo motivo è fondato limitatamente alla denunciata mancata liquidazione dei compensi per la fase cautelare e per quella di trattazione/istruttoria.
1.2.Quanto alla denunciata erronea indicazione da parte del giudice di appello ai fini dell’individuazione dello scaglione tariffario – del valore della causa, avendo fatto quest’ultimo riferimento al valore dichiarato dall’Ufficio in euro 86.307,00 laddove, ai sensi dell’art. 5, comma 4, del D .M. n. 55 del 2014, il valore era di molto superiore, la censura si profila inammissibile in quanto – in disparte la genericità della stessa – non è sorretta da uno specifico interesse della ricorrente, avendo il giudice di appello, dopo avere richiamato l’art. 5 cit ., affermato che ‘ Nel caso in esame, l’Agenzia dichiarato un valore di euro di euro
86.307,00 che costituiva il valore della controversia e che determinava lo scaglione di riferimento indicato dalla società appellante ‘, ovvero lo scaglione tariffario da quest’ultima indicato nell’atto di appello tra euro 52.000,00 e euro 260.000,00 (v. pagg. 2-3 della sentenza impugnata).
1.3.Quanto alla contestazione della statuizione del giudice di appello circa la corretta liquidazione della spese di primo grado ‘secondo valori prossimi ai minimi dello scaglione di riferimento’ in base alla considerazione che il valore della controversia fosse vicino al valore minimo dello scaglione, giova ricordare, anzitutto che l’art.4 del D.M. n.55 del 2014 prevede che: “ai fini della liquidazione del compenso si tiene conto delle caratteristiche, dell’urgenza e del pregio dell’attività prestata, dell’importanza, della natura, della difficoltà e del valore dell’affare, delle condizioni soggettive del cliente, dei risultati conseguiti, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate. In ordine alla difficoltà dell’affare si tiene particolare conto dei contrasti giurisprudenziali, e della quantità e del contenuto della corrispondenza che risulta essere stato necessario intrattenere con il cliente e con altri soggetti. Il giudice tiene conto dei valori medi di cui alle tabelle allegate, che, in applicazione dei parametri generali, possono essere aumentati, di regola, sino all’80 per cento, o diminuiti fino al 50 per cento . Per la fase istruttoria l’aumento è di regola fino al 100 per cento e la diminuzione di regola fino al 70 per cento”. Dalla norma in esame si evince che la determinazione degli onorari deve essere stabilita dal giudice sulla base dei valori medi della tariffa che possono essere aumentati o diminuiti secondo la percentuale indicata. E’ stato, inoltre, affermato che il giudice non è gravato di uno specifico onere di motivazione sull’entità della liquidazione purché questa si mantenga tra il minimo ed il massimo di tariffa (Cass. 20289 del 2015, Cass.n.9542/2020) e che i minimi e massimi di cui al D.M. n. 55 del 2014 si determinano applicando ai parametri medi fissati nelle tabelle allegate al decreto le percentuali di scostamento, in più o in meno, previste dall’art. 4, comma 1, di tale decreto (Cass. 3591 del 2018; Cass., sez. 6-5, n. 11140 del 2022). In tema di liquidazione delle spese processuali ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 , l’esercizio del potere discrezionale del giudice,
contenuto tra il minimo e il massimo, non è soggetto a sindacato di legittimità, attenendo pur sempre a parametri fissati dalla tabella, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo necessario, in tal caso, che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di questo ‘ (cfr. Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 19989 del 13/07/2021, Rv. 661839; in senso conforme, cfr. Cass., Sez. L, Ordinanza n. 12537 del 10/05/2019, Rv. 653760; Sez. 2, Ordinanza n. 8561 del 2023). Nella specie, la CTR, avuto riguardo allo scaglione tariffario individuato ai sensi dell’art. 5 del D .M. n. 55/2014, ha confermato, rispetto allo scaglione tariffario, la liquidazione delle spese di lite effettuata dalla CTP dovendo i compensi essere liquidati secondo valori ‘prossimi ai minimi’ e, quindi, comunque superiori ai valori minimi come stabiliti in forza della percentuale di cui all’art. 4, comma 1, cit. (profilo peraltro non contestato) senza che la CTP – le cui conclusioni vengono sostanzialmente condivise dal giudice di appello – fosse gravata di uno specifico onere di motivazione sull’entità della liquidazione, mantenutasi tra il minimo ed il massimo di tariffa.
1.4. Quanto alla denunciata mancata liquidazione dei compensi per la fase cautelare, va ricordato che, ai sensi dell’art. 15, comma 2 quater , del d.lgs. n. 546/92, ‘ Con l’ordinanza che decide sulle istanze cautelari la commissione provvede sulle spese della relativa fase. La pronuncia sulle spese conserva efficacia anche dopo il provvedimento che definisce il giudizio, salvo diversa statuizione espressa nella s entenza di merito’ . Al riguardo – come precisato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 278 del 2016 – che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale per eccesso di delega -‘ la scelta del legislatore delegato di introdurre la condanna alle spese della fase cautelare rappresenta il corretto esercizio della fisiologica attività di riempimento che lega i due livelli normativi (sentenza n. 230 del 2010), in coerenza con la ratio della legge delega (sentenza n. 229 del 2014). La previsione di liquidare le spese della fase cautelare già alla chiusura di tale segmento processuale, infatti, costituisce un’applicazione del principio sostanziale della soccombenza con una regola più rigorosa, meramente processuale, che si limita ad anticipare e ad evidenziare
l’incidenza di questa fase sulla distribuzione delle spese processuali, incidenza già implicita nel principio stesso. 3.3.- Tale anticipazione costituisce, inoltre, un naturale sviluppo del criterio direttivo dell’«incremento della funzionalità della giurisdizione tributaria» (art. 10, comma 1, lettera b, della legge n. 23 del 2014), poiché rafforza l’efficacia deterrente della condanna alle spese, favorendo un più ragionato esercizio del diritto di azione .’ Nella specie, la CTR ha escluso la liquidazione d ei compensi per la fase cautelare di primo grado in quanto ‘ non era stato specificamente allegato nell’atto di appello e provato lo svolgimento di una fase cautelare ‘ ‘ e inoltre dette spese dovevano essere liquidate all’esito di detta fase sicché in assenza di condanna dell’Amministrazione dove intendersi compensate ‘ sebbene a fronte della domanda cautelare e dell’ordinanza del 19 febbraio 2016 di accoglimento dell’istanza di sospensione (presenti pacificamente nel fascicolo d’ufficio, e allegate al ricorso per cassazione) – le spese relative a detta fase, lungi dal potere essere considerate ‘compensate’, dovessero essere regolate dal giudice di primo grado con la sentenza di merito (nella quale la CTP aveva, invece, provveduto a liquidare le spese processuali, indistintamente, in euro 7.350,00).
1.5.Quanto al denunciato mancato riconoscimento da parte del giudice di appello dei compensi per la fase di trattazione, va ricordato che, ai sensi dell’art. 4, comma 5, del D.M. n. 55 del 2014, ‘ Il compenso è liquidato per fasi. Con riferimento alle diverse fasi del giudizio si intende esemplificativamente:… c)per fase istruttoria: le richieste di prova, le memorie illustrative o di precisazione o integrazione delle domande o dei motivi d’impugnazione, eccezioni e conclusioni, l’esame degli scritti o docum enti delle altre parti o dei provvedimenti giudiziali pronunciati nel corso e in funzione dell’istruzione, gli adempimenti o le prestazioni connesse ai suddetti provvedimenti giudiziali, le partecipazioni e assistenze relative ad attività istruttorie, gli atti necessari per la formazione della prova o del mezzo istruttorio anche quando disposto d’ufficio, la designazione di consulenti di parte, l’esame delle corrispondenti attività e designazioni delle altre parti, l’esame delle deduzioni dei consulenti d’u fficio o delle altre parti, la notificazione delle domande nuove o di altri atti nel corso del giudizio compresi
quelli al contumace, le relative richieste di copie al cancelliere, le istanze al giudice in qualsiasi forma, le dichiarazioni rese nei casi previsti dalla legge, le deduzioni a verbale, le intimazioni dei testimoni, comprese le notificazioni e l’esame del le relative relate, i procedimenti comunque incidentali comprese le querele di falso e quelli inerenti alla verificazione delle scritture private. Al fine di valutare il grado di complessità della fase rilevano, in particolare, le plurime memorie per parte, necessarie o autorizzate dal giudice, comunque denominate ma non meramente illustrative, ovvero le plurime richieste istruttorie ammesse per ciascuna parte e le plurime prove assunte per ciascuna parte. La fase rileva ai fini della liquidazione del compe nso quando effettivamente svolta’. La disposizione di cui al D.M. n. 55 del 2014 prevede un compenso unitario per la fase istruttoria e per quella di trattazione, che, pertanto, con detta voce le ricomprende entrambe. Detto compenso, di conseguenza, come già affermato da questa Corte (cfr Cass. 27 marzo 2023 n. 8561), spetta al procuratore della parte vittoriosa anche a prescindere dall’effettivo svolgimento, nel corso del grado del singolo giudizio di merito, di attività a contenuto istruttorio, essendo sufficiente la semplice trattazione della causa (Cass. Sez. 2, Ord. n. 30219 del 2023).
1.6.Nella specie, la CTR non si è attenuta al suddetto principio di diritto nell’escludere la liquidazione dei compensi per la fase di istruttoria/ trattazione in quanto ‘ la fase istruttoria e/o trattazione non andava liquidata in assenza di adempimenti processuali riportabili a tale voce’ ‘atteso inoltre che la produzione di documenti, in occasione dello svolgimento di altre fasi processuali, quale quella introduttiva, non equivaleva allo svolgimento della fase istruttoria e/o di trattazione ‘. Invero, il richiamo nella sentenza impugnata a Cass. n. 10206 del 2021 non risulta appropriato in quanto detta pronuncia afferisce alla questione della liquidazione della voce tariffaria prevista per la fase istruttoria e/o di trattazione nel giudizio di appello.
Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 92 c.p.c., 15 del d.lgs. n.
546/92 per avere la CTR compensato le spese del giudizio di appello per reciproca soccombenza sebbene, nella specie, non vi fosse stata soccombenza reciproca atteso che l’oggetto del giudizio di secondo grado era principalmente costituito dal merito della controversia per effetto dell’impugnazione principale dell’ufficio e la questione sulla liquidazione delle spese costituiva una questione di natura accessoria.
2.1. L’accoglimento del primo motivo nei termini sopra indicati comporta l’assorbimento del secondo motivo.
3.In conclusione, va accolto il primo motivo nei termini di cui in motivazione, assorbito il secondo motivo, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado delle Marche, in diversa composizione;
P.Q. M.
La Corte accoglie il primo motivo nei termini di cui in motivazione, assorbito il secondo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado delle Marche, in diversa composizione;
Così deciso in Roma il 5 novembre 2024