Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20153 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20153 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso nr. 20429-2023 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv ocato NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso
-ricorrente-
contro
ROMA CAPITALE, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv ocato NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al controricorso
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 2029/2023 della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DEL LAZIO, depositata il 7/4/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/6/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio aveva parzialmente accolto l’appello , relativo alla liquidazione delle spese di lite, avverso la sentenza n. con cui era stata dichiarata cessata la materia del contendere con riguardo al ricorso avverso avvisi di accertamento TARI 2013 -2018 emessi da Roma Capitale.
Roma Capitale resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., v iolazione dell’art. 15, commi 1 e 2quinquies del d.lgs. n. 546/1992, dell’art. 2233, secondo comma , c.c., dell’art. 13, comma 6, della legge n. 247/2012, nonché dell’art. 4 del d.m. n. 55/2014 per avere i Giudici d’appello erroneamente applicato i parametri del DM n. 55/2014, nella versione precedente al DM 13 agosto 2022 n. 147, e liquidato le spese di entrambi i gradi di giudizio in un’unica cifra, senza distinguere o motivare adeguatamente la liquidazione per il grado di appello, in ogni caso inferiore ai parametri minimi previsti dal DM n. 55/2014, senza applicare l’incremento del 30% previsto per gli atti redatti con tecniche informatiche idonee, né fornire motivazione al riguardo.
1.2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., violazione dell’art. 15, comma 2 e 36, comma 2, n. 4) del d.lgs. n. 546/1992 per avere di Giudici d’appello omesso di motivare sul regolamento delle spese del grado di appello.
2.1. Le doglianze vanno esaminate congiuntamente, in quanto strettamente connesse.
2.2. I Giudici d’appello, nel riformare la sentenza di primo grado, hanno affermato quanto segue:« … il Collegio, ritiene che considerato che si tratta
di un unico ricorso di plurime cartelle possa trovare giusta applicazione una riduzione del 50% (art. 12, D.M. n. 55 del 2014) rispetto a quanto correttamente calcolato dal ricorrente in relazione al valore di ciascuna cartella impugnata. Inoltre, l’art. 5, co. 4 del D.M. n. 55 del 2014, stabilisce che «nelle cause davanti agli organi di giustizia tributaria il valore della controversia è determinato in conformità all’importo delle imposte, tasse, contributi e relativi accessori oggetto di contestazione, con il limite di un quinquennio in caso di oneri poliennali». Pertanto, può essere liquidato un compenso per spese di giudizio in misura di € 1.313,00, ottenuto dalla riduzione del 50% di € 525,00 e moltiplicato per 5 ».
2.3. Va preliminarmente accolta la doglianza circa la liquidazione omnicomprensiva delle spese di lite relative ai due gradi di giudizio, avendo la Corte di giustizia tributaria di secondo grado liquidato l’importo di Euro 1.313,00 in misura complessiva per entrambi i due gradi di giudizio.
2.4 Questa Corte ha infatti chiarito e ribadito che: in tema di spese giudiziali, il giudice deve liquidare in modo distinto spese ed onorari in relazione a ciascun grado di giudizio, poiché solo tale specificazione consente alle parti di controllare i criteri di calcolo adottati e di conseguenza le ragioni per le quali sono state eventualmente ridotte le richieste presentate nelle note spese» (cfr. Cass. n. 20935 del 2017; Cass. n. 19623/2016; Cass. n. 24890/2011); in tema di spese processuali, il giudice, nel pronunciare la condanna della parte soccombente al rimborso, in favore della controparte, delle spese e degli onorari del giudizio, deve liquidarne l’ammontare separatamente, con conseguente illegittimità della mera indicazione dell’importo complessivo, priva della specificazione delle due voci, in quanto inidonea a consentire il controllo sulla correttezza della liquidazione, anche in ordine al rispetto delle relative tabelle (Cass. n. 23919/2020; Cass. n. 18905 del 2017); la liquidazione dei compensi in applicazione del d.m. n. 55 del 2014 deve essere effettuata per ciascuna fase del giudizio, in modo da consentire la verifica della correttezza dei parametri utilizzati ed il rispetto delle relative tabelle (Cass. n. 15533/2022; Cass. n. 19482/2018).
2.5. A seguire, va evidenziato che secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite, in tema di spese processuali i nuovi parametri, cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti in luogo delle abrogate tariffe professionali, debbono essere applicati ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorché tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta quando ancora erano in vigore le tariffe abrogate, evocando l’accezione omnicomprensiva di compenso la nozione di un corrispettivo unitario per l’opera complessivamente prestata (Sez. U, n. 17405 del 2012; Cass. n. 27233 del 2018; Cass. n. 17577 del 2018).
2.6. Ne consegue che, qualora il giudizio di primo grado si sia concluso con sentenza prima della entrata in vigore del nuovo d.m., non operano i nuovi parametri di liquidazione, dovendo le prestazioni professionali ritenersi esaurite con la sentenza, sia pure limitatamente a quel grado; nondimeno, in caso di riforma della decisione, il giudice dell’impugnazione, investito ai sensi dell’art. 336 c.p.c. anche della liquidazione delle spese del grado precedente, deve applicare la disciplina vigente al momento della sentenza d’appello, atteso che l’accezione omnicomprensiva di «compenso» evoca la nozione di un corrispettivo unitario per l’opera prestata nella sua interezza (cfr. Cass. n. 31884 del 2018).
2.7. Va altresì osservato che l ‘art. 4, comma 1, del d.m. 10 marzo 2014, n. 55 è stato oggetto di riformulazione in relazione all ‘art. 1, comma 1, lettera a) del d.m. 8 marzo 2018, n. 37 (per le liquidazioni delle spese a far tempo dal 27 aprile 2018), che permane a seguito del d.m. 13 agosto 2022, n. 147.
2.8. Nell ‘iniziale formulazione dell’art. 4, comma 1, del d.m. n. 55 del 2014, era stabilito che, ai fini della liquidazione del compenso, il giudice dovesse tener conto dei «valori medi di cui alle tabelle allegate, che, in applicazione dei parametri generali, possono essere aumentati, di regola, fino all’80 per cento, o diminuiti fino al 50 per cento. Per la fase istruttoria
l’aumento è di regola fino al 100 per cento e la diminuzione di regola fino al 70 per cento».
2.9. Vigendo questo testo, la giurisprudenza aveva affermato che l’esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo dei parametri previsti dal d.m. n. 55 del 2014, non è soggetto al controllo di legittimità, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, non sussistendo più il vincolo legale dell ‘ inderogabilità dei minimi tariffari, fermo soltanto per la riduzione dei valori minimi stabiliti in forza delle percentuali di diminuzione il limite dell’art. 2233, comma 2, c.c., il quale preclude di liquidare somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione ( ex plurimis cfr. Cass. n. 28325 del 2022).
2.10. Sulla base della modifica operata dall’art. 1, comma 1, lettera a) del d.m. n. 37 del 2018 – applicabile alla presente fattispecie l’art. 4, comma 1, dispone invece che i valori medi «possono essere diminuiti in ogni caso non oltre il 50 per cento» (nel senso dell’inderogabilità delle ‘riduzioni massime’ in conseguenza delle modifiche introdotte dal d.m. n. 37 del 2018, cfr. Cass. nn. 9690 e 1421 del 2021).
2.11. Va da ultimo precisato che la Corte di Giustizia (cfr. sentenza 427/2017) ha affermato che «l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, dev’essere interpretato nel senso che una normativa nazionale che, da un lato, non consenta all’avvocato e al proprio cliente di pattuire un onorario d’importo inferiore al minimo stabilito da un regolamento adottato da un’organizzazione di categoria dell’ordine forense, a pena di procedimento disciplinare a carico dell’avvocato medesimo e, dall’altro, non autorizzi il giudice a disporre la rifusione degli onorari d’importo inferiore a quello minimo, è idonea a restringere il gioco della concorrenza nel mercato interno ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, ma che spetta comunque al giudice del rinvio verificare se tale normativa, alla luce delle sue concrete modalità applicative, risponda effettivamente ad obiettivi legittimi e se le restrizioni così stabilite siano limitate a quanto necessario per garantire l’attuazione di tali legittimi obiettivi».
2.12. Nella specie, i nuovi parametri risultano predisposti dal CNF ma adottati dal Ministero della giustizia, previo parere del Consiglio di Stato e pertanto da un organo statale per scopi di interesse generale correlati all’esigenza di garantire la trasparenza e l’unitarietà nella determinazione dei compensi professionali.
2.13. Deve pertanto affermarsi che, ai fini della liquidazione delle spese processuali a carico della parte soccombente, nella vigenza dell’art. 4, comma 1, del d.m. n. 55 del 2014, come modificato dal d.m. n. 37 del 2018, il giudice non può in nessun caso, salvo specifica pattuizione, diminuire oltre il 50 per cento i valori medi di cui alle tabelle allegate.
2.13. Ciò posto, come già affermato da questa Corte, sulla base di principi che il Collegio condivide, ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, il valore della controversia va fissato -in armonia con il principio generale di proporzionalità ed adeguatezza degli onorari di avvocato nell’opera professionale effettivamente prestata, quale desumibile dall’interpretazione sistematica delle disposizioni in tema di tariffe per prestazioni giudiziali -sulla base del criterio del disputatum , ovverosia sulla base di quanto richiesto nell’atto introduttivo del giudizio ovvero nell’atto di impugnazione parziale della sentenza (cfr. Cass. n. 18465 del 2024; Cass. n. 27871 del 2017; Cass. n. 536 del 2011).
2.16. Pertanto, ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, il valore della causa è pari, per il primo grado, alla somma domandata con l’atto introduttivo, se la domanda viene rigettata, ed a quella accordata dal giudice, se essa viene accolta, mentre, per l’appello, alla sola somma che ha formato oggetto di impugnazione, se l’appello volto ad ottenere una somma maggiore è rigettato, ed a lla maggiore somma accordata dal giudice rispetto a quella ottenuta in primo grado dall’appellante, se il gravame volto ad ottenere una somma maggiore è accolto (in termini, cfr. Cass. n. 35195 del 2022).
2.17. Come più volte affermato da questa Corte, infatti, ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, il valore della controversia va fissato -in armonia con il principio generale di proporzionalità ed adeguatezza degli onorari di avvocato nell’opera
professionale effettivamente prestata, quale desumibile dall’interpretazione sistematica delle disposizioni in tema di tariffe per prestazioni giudiziali – sulla base del criterio del disputatum (ossia di quanto richiesto nell’atto introduttivo del giudizio ovvero nell’atto di impugnazione parziale della sentenza); ove il giudizio di secondo grado abbia per oggetto esclusivo la valutazione della correttezza della decisione di condanna di una parte alle spese del giudizio di primo grado, il valore della controversia, ai predetti scopi, è dato dall’importo delle spese liquidate dal primo giudice, costituendo tale somma il disputatum posto all’esame del giudice di appello (in tal senso, cfr. Cass. nn. 18465 del 2024, 27871 del 2017, 12227 del 2015, 536 del 2011).
2.18. Nel caso che occupa, il valore della causa in primo grado, da commisurare all’importo degli avvisi di accertamento corrispondenti alle prime cinque annualità («1) avviso n. 425712/2018 per TARI 2013, valore atto € 283,40; 2) avviso n. 416276/2018 per TARI 2014, valore atto € 292,91; 3) avviso n. 419453/2018 per TARI 2015, valore atto € 288,53; 4) avviso n. 413089/2018 per TARI 2016, valore atto € 283,07; 5) avvi so n. 409981/2018 per TARI 2017, valore atto € 278,65; 6) avviso n. 419454/2018 per TARI 2018, valore atto € 2 76,59»), ai sensi dell’art. 5, comma 4, D.M. n. 55/2014 («Nelle cause davanti agli organi di giustizia tributaria il valore della controversia è determinato in conformità all’importo delle imposte, tasse, contributi e relativi accessori oggetto di contestazione, con il limite di un quinquennio in caso di oneri poliennali»), era dunque pari ad Euro 1.426,06.
2.14. In relazione al valore indicato, l’importo minimo, liquidabile in base ai parametri corrispondenti allo scaglione ed alle fasi di studio, introduttiva, istruttoria/trattazione, decisionale, era pari ad Euro 1.065,00.
2.15. Con riguardo al giudizio di secondo grado, essendo stata disposta, in primo grado, la liquidazione delle spese di lite misura pari ad Euro 150,00 ed avendo l’odierna ricorrente ottenuto in appello la condanna della controparte a titolo di spese di lite al pagamento della somma di Euro 656,50 (1.313:2), il valore della causa era pari ad Euro 656,50 -Euro 150,00, ovvero Euro 506,50.
2.16. In relazione al valore indicato, l’importo minimo, liquidabile in base ai parametri corrispondenti allo scaglione ed alle fasi di studio, introduttiva e decisionale, sulla scorta di quanto dianzi illustrato, era pari ad Euro 233,00 (in materia di spese di giustizia, quando il giudice del rinvio è chiamato solo al ricomputo delle spese processuali, non è infatti dovuto al difensore il compenso spettante per la fase istruttoria, non ricorrendo, in tal caso, la fattispecie legale di cui all’art. 4, comma 5, lett. c), del d.m. n. 55 del 2014, per assenza di una nuova trattazione; cfr. Cass. n. 34575/2021).
2.17. Occorre, inoltre, evidenziare, con riguardo all’art. 4 DM n. 147/2022 («Parametri generali per la determinazione dei compensi in sede giudiziale. 1bis . Il compenso determinato tenuto conto dei parametri generali di cui al comma 1 è ulteriormente aumentato fino al 30 per cento quando gli atti depositati con modalità telematiche sono redatti con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione o la fruizione e, in particolare, quando esse consentono la ricerca testuale all’interno dell’atto e dei documenti allegati, nonché la navigazione all’interno dell’atto»), che sebbene sia stata eliminata la locuzione «di regola», prevedendo che il compenso «è ulteriormente aumentato fino al 30 per cento» quando gli atti depositati telematicamente sono redatti con le suddette tecniche , ciò non comporta tuttavia che l’aumento sia obbligatorio, essendo dunque rimesso alla valutazione del Giudice sul concreto utilizzo di strumenti informatici che effettivamente agevolino la consultazione, come la possibilità di ricerca testuale e la navigazione interna attraverso link ipertestuali.
2.18. I requisiti innanzi descritti non risultano presenti nel caso di specie, nel quale il ricorrente si limita a rilevare genericamente che «gli atti parte sono stati depositati in primo grado con modalità telematiche e redatti con le modalità indicate dalla norma», senza specificare, dunque, in violazione del principio di cui all’art. 366 c.p.c., la presenza di collegamenti ipertestuali tali da consentire « la ricerca testuale all’interno dell’atto e dei documenti allegati, nonché la navigazione all’inter no
dell’atto », non essendo stato neppure trascritto o allegato al ricorso l’atto introduttivo del giudizio.
3.1. Quanto sin qui illustrato comporta l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata.
3.2. Inoltre, non richiedendosi, per la risoluzione della controversia, alcun altro accertamento di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., primo comma, con accoglimento dell’appello de lla ricorrente e liquidazione delle spese di lite con distrazione in favore del difensore della medesima, dichiaratosi antistatario, nella misura di seguito indicata: primo grado di giudizio: Euro 1.313,00 oltre accessori; grado di appello: Euro 500,00.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, con distrazione in favore del difensore della ricorrente, dichiaratosi antistatario.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’appello del la ricorrente nei termini indicati in motivazione; condanna Roma Capitale al pagamento delle spese di questo giudizio che liquida e distrae in favore del difensore antistatario della ricorrente in Euro 1.000,00 per compensi, oltre ad Euro 200 per esborsi, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge, se dovuti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da