Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24051 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24051 Anno 2024
Presidente: PAOLITTO LIBERATO
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/09/2024
Oggetto: ottemperanza- spese
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23140/2022 R.G. proposto da COGNOME NOME, rappresentato e difeso in proprio, elettivamente domiciliato presso il proprio studio, in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del presidente p.t.;
-intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 3893/2022 depositata il 15 settembre 2022;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO CHE
La controversia ha ad oggetto un ricorso in ottemperanza con il quale l’AVV_NOTAIO (d’ora in poi odierno ricorrente) chiedeva l’ottemperanza del giudicato formatosi sulla sentenza (n. 5625/2021), emessa dalla CTP di RAGIONE_SOCIALE, sul capo di condanna relativo al pagamento delle spese legali a carico della RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi intimata) e in favore dello stesso, dichiaratosi antistatario.
La controversia trae origine dall’impugnazione di una pluralità di cartelle di pagamento emesse nei confronti di RAGIONE_SOCIALE con il patrocinio dell’odierno ricorrente.
La CTP aveva accolto il ricorso, liquidando le spese in favore dell’odierno ricorrente, quale antistatario, in € 200,00.
Decorso il termine di 90 giorni , restando inadempiuto l’obbligo del pagamento delle spese di lite, l’odierno ricorrente proponeva giudizio di ottemperanza, all’esito del quale la CT R del Lazio accoglieva il ricorso nei seguenti termini:
-deve essere dichiara la cessata materia del contendere, stante l’avvenuto pagamento del dovuto da parte della RAGIONE_SOCIALE;
-il termine per provvedere all’esecuzione del la sentenza è di giorni 90, come previsto dall’art. 69 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e, nella specie, non è stato rispettato;
-da ciò consegue la condanna della RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese di lite che, sulla base dei criteri direttivi di cui all’art. 4 e ss . del d.m. n. 55 del 2014 e delle tabelle allegate, nonché applicato l’aumento del 15% per spese forfettarie di cui all’art. 2 del citato d.m., vengono liquidate nella misura complessiva di € 160,00, oltre accessori di legge.
Il ricorrente propone ricorso fondato su un unico motivo, la controparte è rimasta intimata.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo di impugnazione il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4 del d.m. 5 aprile 2014, n. 55 (Ministero della Giustizia), e delle tabelle 1-2 dei parametri ad esso allegate, dell’ art. 15 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, dell’art. 132 cod. proc. civ., e dell ‘ art. 118 disp. att. cod. proc. civ. Si duole che la sentenza impugnata: a) ha liquidato le spese legali in modo omnicomprensivo, senza distinzione per fasi; b) ha effettuato una liquidazione in misura inferiore ai parametri medi, e anche minimi, senza motivare le ragioni di tale riduzione, violando il principio dell ‘inderogabilità dei minimi tariffari .
1.1. Il motivo è fondato nei termini di seguito esposti.
Occorre premettere, in generale che il giudice, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non può limitarsi ad una globale determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato in misura inferiore a quelli esposti, ma ha l’onere di dare adeguata motivazione dell’eliminazione e della riduzione di voci da lui operata, allo scopo di consentire, attraverso il sindacato di legittimità, l’accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe, in relazione all’inderogabilità dei relativi minimi, giusta l’art. 24 della l.n. 794 del 1942 (Cass. Sez. L, n. 8824/2017, Rv. 643908 -01, Sez. 3, n. 20604/2015, Rv. 637583 – 01).
Tale onere si traduce nell’esporre le ragioni di fatto e diritto della pronuncia in modo conciso, ovvero succinto, ma non nel dovere di rispondere esplicitamente e pedissequamente ad ogni singola indicazione (Cass., Sez. 2, n. 22762/2023, Rv. 668570 – 01).
I principi ora ricordati trovano la loro ragione nella circostanza del venir meno del vincolo legale della inderogabilità dei minimi tariffari, in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al d.m. 10 marzo 2014 n. 55. In tal senso è stato affermato che in tema di spese legali, in assenza di diversa convenzione tra le parti, il giudice, ove la liquidazione dei compensi professionali e delle spese di lite avvenga in base ai parametri di cui al d.m. n. 55/2014, come modificato dal d.m. n. 37/2018, non può scendere al di sotto dei valori minimi, in quanto aventi carattere inderogabile (Cass., Sez. 2, n. 9815/2023, Rv. 667534 – 01).
Non sussistendo più, i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio, le soglie numeriche di riferimento costituiscono criteri di orientamento che individuano la misura economica standard del valore della prestazione professionale. Ne consegue che, il giudice è tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi (tra le tante: Cass., Sez. 6- 3, 15 dicembre 2017, n. 30286, Rv. 647179 – 01; Cass., Sez. 6-2, 1° giugno 2020, n. 10343, Rv. 657887 – 01; Cass., Sez. 6-5, 3 giugno 2021, n. 15313; Cass., Sez. 6-5, 26 ottobre 2021, n. 30087; Cass., Sez. 6- 2, 19 novembre 2021, n. 35591).
Deve, inoltre, essere ribadito il principio per cui il giudice deve liquidare in modo distinto spese ed onorari, in relazione a ciascun grado del giudizio, per consentire alle parti di controllare i criteri di calcolo adottati e, in presenza di una nota spese specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non può rideterminare globalmente i compensi in misura inferiore a quelli esposti, ma
deve motivare adeguatamente l’eliminazione o la riduzione delle singole voci (Cass. Sez. 6 – 3, n. 18905/2017, Rv. 645162 – 01). Il giudice deve, quindi, spiegare le ragioni dell’eliminazione o della riduzione di alcune di esse, al fine di rendere possibile la verifica della conformità della liquidazione alle risultanze degli atti ed ai parametri ministeriali (tra le tante: Cass., Sez. Lav., 5 aprile 2017, n. 8824, Rv. 643908 – 01; Cass., Sez. 5, 31 ottobre 2018, n. 27815; Cass., Sez. 6-1, 5 marzo 2020, n. 6345; Cass., Sez. 1, 21 gennaio 2021, n. 1076).
Diversamente, nel caso in cui la predetta nota non sia stata prodotta, deve ritenersi sufficiente la distinta indicazione della somma complessivamente spettante a titolo di compenso e di quelle dovute per esborsi, spese generali ed accessori di legge, incombendo alla parte che ne contesti la liquidazione l’onere di indicare analiticamente le voci e gli importi in relazione ai quali l’importo riconosciuto deve considerarsi errato (cfr. Cass., Sez. 6-2, n. 30716/2017, Rv. 647175 – 01; Cass., Sez. 1, 21 gennaio 2021, n. 1076, Sez. 1, n. 18584/2021, Rv. 661816 – 02).
Deve, quindi, essere ritenuto superato il difforme orientamento secondo cui (Cass., Sez. 1, n. 20289/2015, Rv. 637440 – 01), in tema di liquidazione delle spese processuali, la parte soccombente deve rimborsare a quella vittoriosa, la determinazione degli onorari di avvocato e degli onorari e diritti di procuratore costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice che, qualora sia contenuto tra il minimo ed il massimo della tariffa, non richiede una specifica motivazione e non può formare oggetto di sindacato in sede di legittimità.
Occorre precisare che la giurisprudenza di legittimità, sempre in tema di spese giudiziali, ha affermato l’obbligo per il giudice di liquidare in modo distinto spese ed onorari in relazione a ciascun
grado di giudizio, in quanto solo attraverso tale specificazione le parti hanno modo di controllare i criteri di calcolo adottati (Cass., Sez. 6 – 3, n. 18905/2017, cit.). Tale distinzione deve ritenersi, pertanto, sufficiente, ai fini del controllo sulla liquidazione delle spese, non essendo, a tal fine, necessaria anche una liquidazione delle singole fasi del giudizio.
Nella specie, dalla stessa prospettazione dei fatti contenuta nel ricorso, non risulta che il ricorrente abbia prodotto una nota spese e, dunque, sulla base di quanto ora esposto, deve ritenersi sufficiente la distinta indicazione della somma complessivamente spettante a titolo di compenso e di quelle dovute per esborsi, spese generali ed accessori di legge.
1.2 Con riferimento al secondo profilo di doglianza, riguardante il quantum liquidato, considerato che il valore della causa è di € 291,82, si osserva che la CTR si è discostata in minus , sia dai parametri medi, sia da quelli minimi previsti dal d.m. 10 marzo 2014 n. 55, come modificato dal d.m. 8 marzo 2018, n. 37. Nella liquidazione dei compensi del difensore in relazione al valore della controversia (da € 0 a € 1.100 ), in base alle tabelle di cui al d.m. citato, infatti, il totale dei parametri medi è di € 540, importi riducibili del 50% (per la fase istruttoria non oltre il 70%). La sentenza impugnata avrebbe dovuto, dunque, specificare i criteri di liquidazione del compenso, trattandosi di un caso di scostamento dai parametri medi, con liquidazione inferiore ai minimi.
Il ricorso deve essere, quindi, accolto con rinvio alla Corte di giustizia di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, la quale dovrà, nell’attenersi ai principi di diritto sopra affermati, provvedere anche in ordine alla disciplina delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese di legittimità. Così deciso in RAGIONE_SOCIALE il 19 gennaio 2024.