Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19932 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19932 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1314/2023 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE
-intimata- avverso la SENTENZA la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, sede in ROMA n. 2513/2022 depositata il 31/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il contribuente, con ricorso innanzi alla CTP territorialmente competente, ha eccepito l’intervenuta decadenza di cui all’art. 25 del
D.P.R. 602/73 per quanto attiene alla pretesa fiscale esposta nel ruolo esattoriale portato, a sua volta, in riscossione a mezzo della cartella di pagamento n. 097 2017 0271619379 000, per € 30.284,00 circa, afferente all’omesso e/o carente versamento del saldo anno 201 3 di tributi quali Iva ed Irpef.
Il giudice a quo , a definizione del giudizio di primo grado, ha rigettato in toto la domanda del contribuente, il quale ha impugnato la decisione in sede di appello.
Il giudice del gravame, con la sentenza in epigrafe indicata, ha accolto l’appello del contribuente e condannato l’Agenzia delle Entrate -Riscossione a rimborsare le spese di lite che ha quantificato in € 1.000,00 per il primo grado ed in € 1.800,00 per il secondo grado,
Avverso la suddetta sentenza di gravame il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad unico motivo.
L’intimato non ha depositato controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con unico motivo di ricorso, il contribuente ricorrente contesta, in relazione alle sole determinazioni in punto di spese, la violazione e falsa applicazione di norme di diritto e/o ad error in procedendo in relazione all’art. 360, i comma, n. 3 e/o 4, c.p.c., per violazione degli artt. 88, 91, 92, II comma, e 132, II comma, n. 4, c.p.c., 2233, II comma, c.c. in relazione all’art. 13 del D.L. 132/2014, nonché del D.M. 55/2014, così come aggiornato dal D.M. 37/2018, 12, 15 e 36, II comma, n. 4, del D.lgs. 546/92, in relazione anche al dettato di cui agli artt. 3, 24, 25, 97, 102, 104 e 111 della Costituzione, nonché agli artt. 21 e 47 della CDFUE, 6, 13 e 14 del CEDU parametrati con l’art. 117 della Costituzione, ovvero per difetto motivazione, e per inesistenza, inconferenza, illogicità ed erroneità della sentenza che ha deciso l’appello proposto dal contribuente .
1.1. Il ricorrente evidenzia che il D.M. 55/2014 prevede per il primo grado – nella misura dei minimi tariffari un importo pari ad €
4.432,50, oltre accessori di legge, compreso l’aumento del 50% per la fase di reclamomediazione, mentre per il successivo appello l’importo totale è pari a € 3.608,00, sempre oltre accessori di legge. Di tal ché, l’importo che residua per entrambi i gradi di giudizio e nella misura dei minimi inderogabili di legge sarebbe pari ad € 5.240,50.
Deve rilevarsi che, effettivamente, la liquidazione delle spese è inferiore ai minimi previsti dalla legge.
Pur essendo implicito nella semplicità della decisione che il giudice abbia ritenuto che la liquidazione dovesse avvenire in base a parametri minimi – potendosi dedurre tale circostanza dal complesso della motivazione, che costituisce parametro interpretativo del dispositivo – va in ogni caso rilevato che tali minimi non sono stati rispettati.
Sul punto questa Corte ha già chiarito che in tema di spese legali, in assenza di diversa convenzione tra le parti, il giudice, ove la liquidazione dei compensi professionali e delle spese di lite avvenga in base ai parametri di cui al d.m. n. 55/2014, come modificato dal d.m. n. 37/2018, non può scendere al di sotto dei valori minimi, in quanto aventi carattere inderogabile (Cass. 3/04/2023, n. 9815 (Rv. 667534 – 01)).
Inoltre, deve rilevarsi che p er le controversie di cui all’art. 17 -bis del D.lgs. 546/92 (cioè le controversie di valore non superiore a cinquantamila euro, per le quali il ricorso produceva ex lege anche gli effetti di un reclamo e poteva contenere una proposta di mediazione con rideterminazione dell’ammontare della pretesa), l’art. 15 c. 2 septies del medesimo decreto legislativo prevedeva, sino al 3.1.2024, una maggiorazione del 50% a titolo di rimborso delle maggiori spese del procedimento.
Va infine rammentato che in presenza di nota spese specifica prodotta dalla parte vittoriosa, il giudice non può limitarsi ad una globale determinazione dei compensi, in misura inferiore a quelli
esposti, ma ha l’onere di dare adeguata motivazione della riduzione o eliminazione delle voci da lui operata; onere che si traduce nell’esporre le ragioni di fatto e diritto della pronuncia in modo conciso, ovvero, succinto ma non nel dovere di rispondere esplicitamente e pedissequamente ad ogni singola indicazione (Cass. 27/07/2023,n. 22762 (Rv. 668570 – 01)).
Ne consegue che sussiste la dedotta violazione di legge. Il motivo va ritenuto fondato.
In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, il 12/06/2025.