Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21725 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21725 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 7672-2024 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’Avvocato COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso
-ricorrente-
contro
COMUNE DI POGGIOMARINO, in persona del Sindaco pro tempore -intimato- avverso la sentenza n. 5305/2023 della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO della CAMPANIA, depositata il 28.09.2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del l’11 /7/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva l’appello di NOME COGNOME avverso la pronuncia n. 9932/2022 della Commissione tributaria provinciale di Napoli, con cui era stato respinto il ricorso avverso avviso di accertamento TARI annualità 2016, 2017 e 2018, emesso dal Comune di Poggiomarino.
Avverso la pronuncia della Commissione tributaria regionale NOME COGNOME propone ricorso per cassazione, limitatamente alla liquidazione delle spese di lite, affidato ad unico motivo.
Il Comune è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con unico motivo il ricorrente denuncia, in rubrica, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione dell’art. 15 d.lgs. n.546/1992, dell’art. 91, primo comma, prima parte, c.p.c., dell’art. 4, primo comma, d.m. n. 55/2014, dell’art. 2233, secondo comma, c.c . e lamenta che la Corte di giustizia tributaria di secondo grado abbia omesso di specificare le voci relative agli onorari e alle spese, liquidando inoltre un importo inferiore ai minimi tariffari.
1.2. La doglianza è fondata nei limiti di seguito indicati.
1.3. Va osservato che l ‘art. 4, comma 1, del d.m. 10 marzo 2014, n. 55 è stato oggetto di riformulazione in relazione all ‘art. 1, comma 1, lettera a) del d.m. 8 marzo 2018, n. 37 (per le liquidazioni delle spese a far tempo dal 27 aprile 2018), che permane a seguito del d.m. 13 agosto 2022, n. 147.
1.4. Nell ‘iniziale formulazione dell’art. 4, comma 1, del d.m. n. 55 del 2014, era stabilito che, ai fini della liquidazione del compenso, il giudice dovesse tener conto dei «valori medi di cui alle tabelle allegate, che, in applicazione dei parametri generali, possono essere aumentati, di regola, fino all’80 per cento, o diminuiti fino al 50 per cento. Per la fase istruttoria l’aumento è di regola fino al 100 per cento e la diminuzione di regola fino al 70 per cento».
1.5. Vigendo questo testo, la giurisprudenza aveva affermato che l’esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo dei parametri previsti dal d.m. n. 55 del 2014, non è soggetto al controllo di legittimità, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, non sussistendo più il vincolo legale dell ‘ inderogabilità dei minimi tariffari, fermo soltanto per la riduzione dei valori minimi stabiliti in forza delle percentuali di diminuzione il limite dell’art. 2233, comma 2, c.c., il quale preclude di liquidare somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione ( ex plurimis cfr. Cass. n. 28325 del 2022).
1.6. Sulla base della modifica operata dall’art. 1, comma 1, lettera a) del d.m. n. 37 del 2018 – applicabile alla presente fattispecie l’art. 4, comma 1, dispone invece che i valori medi «possono essere diminuiti in ogni caso non oltre il 50 per cento» (nel senso dell’inderogabilità delle ‘riduzioni massime’ in conseguenza delle modifiche introdotte dal d.m. n. 37 del 2018, cfr. Cass. nn. 9690 e 1421 del 2021).
1.7. Va da ultimo precisato che la Corte di Giustizia (cfr. sentenza 427/2017) ha affermato che «l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, dev’essere interpretato nel senso che una normativa nazionale che, da un lato, non consenta all’avvocato e al proprio cliente di pattuire un onorario d’importo inferiore al minimo stabilito da un regolamento adottato da un’organizzazione di categoria dell’ordine forense, a pena di procedimento disciplinare a carico dell’avvocato medesimo e, dall’altro, non autorizzi il giudice a disporre la rifusione degli onorari d’importo inferiore a quello minimo, è idonea a restringere il gioco della concorrenza nel mercato interno ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, ma che spetta comunque al giudice del rinvio verificare se tale normativa, alla luce delle sue concrete modalità applicative, risponda effettivamente ad obiettivi legittimi e se le restrizioni così stabilite siano limitate a quanto necessario per garantire l’attuazione di tali legittimi obiettivi».
1.8. Nella specie, i nuovi parametri risultano predisposti dal CNF ma adottati dal Ministero della giustizia, previo parere del Consiglio di Stato e
pertanto da un organo statale per scopi di interesse generale correlati all’esigenza di garantire la trasparenza e l’unitarietà nella determinazione dei compensi professionali.
1.9. Deve pertanto affermarsi che, ai fini della liquidazione delle spese processuali a carico della parte soccombente, nella vigenza dell’art. 4, comma 1, del d.m. n. 55 del 2014, come modificato dal d.m. n. 37 del 2018, il giudice non può in nessun caso, salvo specifica pattuizione, diminuire oltre il 50 per cento i valori medi di cui alle tabelle allegate.
1.10. È opportuno, inoltre, osservare che il giudice di appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale, mentre, in caso di conferma della sentenza impugnata, la decisione sulle spese può essere modificata soltanto se il relativo capo della sentenza abbia costituito oggetto di specifico motivo d’impugnazione (cfr. Cass. n. 9064 del 2018).
1.11. Nella vicenda in esame la liquidazione operata dalla Commissione tributaria regionale (regolata per entrambi i gradi di giudizio dal regime introdotto dal D.M. 147/2022) è pari ad Euro 250,00 per il secondo grado, mentre non è stata effettuata alcuna liquidazione delle spese di lite di primo grado.
1.12. Come già affermato da questa Corte, sulla base di principi che il Collegio condivide, ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, il valore della controversia va fissato -in armonia con il principio generale di proporzionalità ed adeguatezza degli onorari di avvocato nell’opera professionale effettivamente prestata, quale desumibile dall’interpretazione sistematica delle disposizioni in tema di tariffe per prestazioni giudiziali -sulla base del criterio del disputatum , ovverosia sulla base di quanto richiesto nell’atto introduttivo del giudizio ovvero nell’atto di impugnazione parziale della sentenza (cfr. Cass. n. 18465 del 2024; Cass. n. 27871 del 2017; Cass. n. 536 del 2011).
1.13. Pertanto, ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, il valore della causa è pari, per il primo grado, alla somma domandata con l’atto introduttivo, se la domanda viene rigettata, ed a quella accordata dal giudice, se essa viene accolta, mentre, per l’appello, alla sola somma che ha formato oggetto di impugnazione, se l’appello volto ad ottenere una somma maggiore è rigettato, ed alla maggiore somma accordata dal giudice rispetto a quella ottenuta in primo grado dall’ap pellante, se il gravame volto ad ottenere una somma maggiore è accolto (in termini, cfr. Cass. n. 35195 del 2022).
1.14. Ciò posto, il valore della causa sia in primo grado che in secondo, da commisurare all’importo dell’impugnato avviso di accertamento , era dunque pari ad Euro 2.062,00, come riportato nel ricorso originario, allegato al ricorso in cassazione.
1.15. In relazione al valore indicato, l’importo minimo, liquidabile per il secondo grado in base ai parametri corrispondenti allo scaglione ed alle fasi di studio, introduttiva, istruttoria/trattazione, decisionale, era pari ad Euro 1.204,00, risultando dunque superiore all’importo liquidato nella sentenza impugnata.
1.16. Essendo stato liquidato un importo inferiore al minimo dei parametri tabellari ed essendo stata omessa la liquidazione delle spese di primo grado, la doglianza della ricorrente è quindi fondata.
1.17. La censura relativa alla liquidazione complessiva di onorari e spese difetta, invece, di specificità, non avendo il ricorrente dedotto né allegato gli esborsi/spese vive sostenute, posto altresì che il contributo unificato va rimborsato alla parte vittoriosa se ha anticipato la spesa, anche in assenza di esplicita menzione in sentenza, purché vi sia una condanna generica alle spese (cfr. Cass. n. 18529/2019).
2.1. La sentenza va, pertanto, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, il Collegio è nelle condizioni di decidere la causa nel merito, rideterminando le spese dei gradi di merito sulla base dei limiti tariffari.
2.2. Sulla base di tali criteri, in base ai parametri corrispondenti allo scaglione ed alle fasi di studio, introduttiva, istruttoria/trattazione, decisionale le spese del giudizio di primo grado vanno quantificate in Euro 1.065,00 mentre le spese del giudizio d’appello in Euro 1.204,00, oltre spese forfettarie, IVA e CPA come per legge.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, liquida in Euro 1.065,00 le spese del giudizio di primo grado ed in Euro 1.204,00 le spese del giudizio d’appello, oltre spese forfettarie, IVA e CPA come per legge;
condanna il Comune di Poggiomarino al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.486,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie, IVA e CPA come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, della Corte di