Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 722 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 722 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/01/2025
Estinzione ex art. 44 d.lgs. n. 546/92 – liquidazione delle spese – anche del primo grado – vizio di ultrapetita – liquidazione al di sotto dei minimi -mancata distrazione.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6391/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dagli Avv. NOME COGNOME ed NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dei difensori;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente –
e
AGENZIA DELLE ENTRATE-RISCOSSIONE, in persona del Direttore pro tempore ;
-intimata –
REGIONE LAZIO, in persona del Presidente pro tempore ;
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, n. 3884/4/2021, depositata in data 10 agosto 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME riceveva, in data 21 maggio 2015, un preavviso di iscrizione ipotecaria in relazione ad un suo asserito debito tributario per mancato pagamento di imposte relative agli anni 2002 e 2003 e della tassa automobilistica.
La contribuente proponeva due distinti ricorsi innanzi alla CTP di Roma, l’uno, rubricato al N.R.G. 15763/2015, accolto integralmente dalla CTP con sentenza n. 6148/2017 , l’altro, rubricato al N.R.G. 15756/2015, accolto solo in parte dalla CTP con sentenza n. 27009/2015.
La contribuente interponeva gravame avverso la sentenza n. 27009/2015 innanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio. La CTR rigettava l’appello; la contribuente proponeva ricorso per cassazione, tuttora pendente.
NOME COGNOME impugnava il preavviso di ipoteca anche innanzi al Tribunale ordinario, in relazione alle cartelle per contributi previdenziali. Il Tribunale di Roma accoglieva il ricorso.
Nonostante le plurime impugnazioni RAGIONE_SOCIALE eseguiva pignoramento presso terzi in danno della contribuente, pignorando la quota del suo stipendio.
RAGIONE_SOCIALE comunicava, quindi, di aver proceduto all’iscrizione dell’ipoteca legale sul 50% dell’unico immobile di proprietà della contribuente.
Avverso detto atto la COGNOME proponeva ricorso innanzi alla CTP di Roma, che accoglieva l’impugnazione condannando l’agente della riscossione alla refusione delle spese di lite (3.000,00 euro, oltre accessori di legge).
Avverso la sentenza della CTP ha proposto appello l’Ufficio, relativamente alla cartella di pagamento per Iva ed Irpef; pendente iudicio l’appellante disponeva la cancellazione dell’ipoteca e rinunciava al gravame, chiedendo la compensazione delle spese.
La contribuente instava per la condanna dell’Ufficio alla refusione delle spese in proprio favore ex art. 44 d.lgs. n. 546/1992.
La CTR dichiarava l’estinzione del giudizio liquidando in favore dell’appellata 500,00 euro per entrambi i gradi di lite.
Avverso la decisione della CTR ha proposto ricorso per cassazione la contribuente, affidandosi a tre motivi. L ‘Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva. L’Agente della Riscossione e la Regione Lazio rimanevano intimate.
Il ricorso è stato, quindi, fissato per l ‘ adunanza camerale del 14/11/2024.
La contribuente ha depositato memoria ex art. 380bis1 cod. proc. civ. in data 31 ottobre 2024.
Considerato che:
Con il primo strumento di impugnazione la contribuente lamenta la «violazione di legge, erronea e/o falsa applicazione di norme diritto: art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 112 c.p.c. , all’art. 51 del Dlgs 546/92 e artt. 325 e 327 cpc ». Lamenta, in particolare, che la CTR avrebbe liquidato le spese di entrambi i gradi di lite, a fronte di una richiesta, da parte dell’appellata, di liquidazione delle sole spese del grado di appello.
Il motivo è fondato.
La CTR è incorsa nel vizio di ultrapetita avendo liquidato a carico dell’Ufficio appellante, rinunciante al gravame, ed in favore della contribuente appellata una somma (euro 500,00) a titolo di spese ‘ per i due gradi di giudizio’.
Invero, non solo l’appellata aveva chiesto la liquidazione delle spese del solo grado di appello, ma soprattutto, in assenza di un gravame incidentale sul punto, la rinuncia all’appello principale ha
comporta il passaggio in giudicato della sentenza di prime cure anche nella parte relativa alla liquidazione delle spese di primo grado.
S’impone, quindi, la cassazione della sentenza con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio perché provveda alla liquidazione delle spese sostenute dall’appellata nel secondo grado (e solo in quello).
Con il secondo strumento di impugnazione la ricorrente lamenta la «violazione di legge: erronea e/o falsa applicazione di norme di diritto: art. 360 n. 3 in relazione all’art. 2233 c.c , nonchè del D.M. del 5 aprile 2014 , n. 55 del Ministero della giustizia come modificato dal D.M. n. 37 del 2018 e delle tabelle 1-2- dei parametri ad esso allegate». Deduce, in particolare, che a fronte di una nota spese depositata nel giudizio di gravame (sulla base della quale era stata chiesta la liquidazione di euro 7.400,00 per compensi, in virtù del valore della controversia, pari ad oltre 100.000,00 euro) la CTR aveva liquidato l’irrisorio importo di euro 500,00 (tra l’altro per due gradi di lite), importo ben al di sotto dei minimi tariffari considerati inderogabili.
Il motivo è fondato.
In tema di liquidazione dei compensi e delle spese di lite questa Corte ha affermato che «in tema di spese legali, in assenza di diversa convenzione tra le parti, il giudice, ove la liquidazione dei compensi professionali e delle spese di lite avvenga in base ai parametri di cui al d.m. n. 55/2014, come modificato dal d.m. n. 37/2018, non può scendere al di sotto dei valori minimi, in quanto aventi carattere inderogabile» (da ultimo Cass. 13/04/2023, n. 9815).
Inoltre, «in presenza di nota spese specifica prodotta dalla parte vittoriosa, il giudice non può limitarsi ad una globale determinazione dei compensi, in misura inferiore a quelli esposti, ma ha l’onere di dare adeguata motivazione della riduzione o eliminazione delle voci da lui operata; onere che si traduce nell’esporre le ragioni di fatto e diritto della pronuncia in modo
conciso, ovvero, succinto ma non nel dovere di rispondere esplicitamente e pedissequamente ad ogni singola indicazione» (Cass. 27/07/2023, n. 22762).
Nella specie la CTR non ha fatto buon governo dei detti principi, avendo liquidato una somma unica (euro 500,00) per due gradi di lite, senza distinguere gli importi riconosciuti per ciascun grado e per ciascuna fase all’interno del singolo grado, e senza m inimamente motivare sulla corposa riduzione del quantum liquidato rispetto al quantum richiesto dalla parte nella nota spese depositata. La liquidazione in tal modo operato è, inoltre, ben al di sotto dei minimi previsti dalle tabelle allegate al D.M. 55/2014, come modificate dal D.M. 37/2018.
Anche sotto tale profilo s’impone, quindi, la cassazione della sentenza con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio perché provveda alla liquidazione delle spese sostenute dall’appellata nel secondo grado alla luce dei principi esposti , ovvero in importo compreso tra il minimo ed il massimo dello scaglione di riferimento (da Euro 52.000,01 ad Euro 260.000,00, alla luce del valore della controversia, circa Euro 90.000,00).
Con il terzo motivo la contribuente lamenta la «violazione di legge: erronea e/o falsa applicazione di norme di diritto: art. 360 n. 3 in relazione agli artt. 93 e 112 c.p.c.». In particolare, la CTR avrebbe omesso di disporre la distrazione delle spese in favore degli avvocati della ricorrente, pur in presenza di una dichiarazione in tal senso resa nel corso del gravame.
Il motivo è inammissibile.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, infatti, l’omessa distrazione delle spese integra un vizio della sentenza emendabile con il procedimento di correzione degli errori materiali (di cui agli artt. 287 e ss. cod. proc. civ.) non già con gli ordinari mezzi di impugnazione, non potendo la richiesta di distrazione qualificarsi come domanda autonoma. La procedura di correzione degli errori materiali, oltre ad essere in linea con il disposto dell’art.
93, secondo comma, cod. proc. civ. -che ad essa si richiama per il caso in cui la parte dimostri di aver soddisfatto il credito del difensore per onorari e spese -consente il migliore rispetto del principio costituzionale della durata ragionevole del processo e garantisce con maggiore rapidità lo scopo del difensore distrattario di ottenere un titolo esecutivo (da ultimo, Cass. 02/11/2023, n. 30400).
In base alle considerazioni svolte la sentenza di appello va cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame in relazione alle censure accolte, ed alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio in relazione alle censure accolte, provvedendo anche a regolare le spese del giudizio di legittimità tra le parti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 novembre