Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21750 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21750 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. R.G. 22467-2023 proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avvocato COGNOME NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE , in persona del Direttore pro tempore
-intimata- avverso la sentenza n. 4870/2023 della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO del LAZIO, depositata il 13.08.2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del l’11 /7/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in sede di rinvio da Cass. n. 26921/2022 ed in parziale riforma della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 963/2021, aveva disposto la liquidazione delle spese di lite dei gradi di merito e di legittimità.
Agenzia delle entrate riscossione è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione dell’art. 384, secondo comma, c.p.c. e lamenta che la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio non si sia uniformata ai principi di diritto stabiliti dall’ordinanza della Corte di cassazione n. 26921 /2022, avendo escluso le fasi istruttorie e cautelari nella liquidazione delle spese, contravvenendo alle indicazioni della Cassazione per la liquidazione delle spese processuali.
1.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione degli artt. 4 e 5 del DM 55/2014 per avere la Corte liquidato le spese del primo grado di giudizio (Euro 231,50) e del giudizio di riassunzione (Euro 266,00) in misura inferiore ai minimi tabellari previsti dal DM 55/2014, escludendo le fasi istruttorie e cautelari, che avrebbero dovuto essere incluse nella liquidazione.
1.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione dell’art. 91 c.p.c., del DM 55/2014 e dell’art. 75 disp. att. c.p.c. avendo la Corte omesso di considerare le note spese depositate dal ricorrente, che indicavano i valori medi del D.M. n. 55/2014, in assenza di motivazione sulla riduzione degli importi richiesti, al di sotto dei minimi tariffari.
2.1. Le doglianze, da esaminare congiuntamente, per ragioni di connessione, vanno accolte nei limiti di seguito indicati.
2.2. Va premesso che in ipotesi di cassazione con rinvio per violazione di norme di diritto, il giudice del rinvio deve uniformarsi non solo alla ‘ regola ‘ giuridica enunciata, ma anche alle premesse logico-giuridiche della decisione, e attenersi agli accertamenti già compresi nell’ambito di tale enunciazione, senza poter estendere la propria indagine a questioni che, pur se in ipotesi non esaminate nel giudizio di legittimità, costituiscono il presupposto stesso della pronuncia, formando oggetto di giudicato implicito interno, atteso che il riesame delle suddette questioni verrebbe a porre nel nulla o a limitare gli effetti della sentenza, in contrasto col principio di intangibilità della stessa (Cass. n. 7091/2022)
2.3. In particolare, il principio di diritto, al quale il giudice di rinvio deve uniformarsi a norma dell’art. 384, comma 1, c.p.c., è costituito dalla nozione di ordine giuridico che la Corte di Cassazione incorpora nella sua sentenza, anche quale premessa logico-giuridica (eventualmente implicita) della decisione adottata, con conseguente preclusione della possibilità di rimettere in discussione questioni, di fatto o di diritto, che siano il presupposto necessario di quella decisione – ancorché non dedotte dalla parte né rilevate d’ufficio dalla Corte, non essendo consentito al giudice di rinvio di sindacare l’esattezza del principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione ai sensi dell’art. 384 c.p.c., dal quale esso è comunque vincolato ancorché non lo condivida, o di adottare conclusioni palesemente confliggenti, sia sul piano logico che sotto il profilo giuridico, con quel principio, concretamente disattendendolo, a meno che la norma da applicare sia stata, nelle more, espunta dall’ordinamento con declaratoria di incostituzionalità oppure modificata o sostituita da ius superveniens . (cfr. Cass. n. 1952/1995).
2.4. Conseguentemente, l’inderogabilità della norma contenuta nel primo comma del menzionato art. 384 c.p.c., preclude al giudice, in sede di rinvio, l’applicabilità di un principio giurisprudenziale che sia difforme da quello enunciato dalla stessa Corte che ha disposto la cassazione con rinvio, perché siffatta inderogabilità può venir meno soltanto per la sopravvenienza di norme direttamente applicabili al caso controverso ( jus superveniens ), ovvero della declaratoria d’illegittimità costituzionale della
norma applicata, ovvero – infine – di un fatto estintivo o modificativo del diritto dedotto in giudizio.
2.5. Ciò posto, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado ha affermato quanto segue: «La Corte di cassazione ha … dettato i seguenti principi di diritto sui quali dovrà essere fondata la presente decisione: 1) in materia di spese di giustizia, la trattazione del processo, anche in assenza di istruzione probatoria, legittima il diritto al compenso della relativa fase … Come ha chiarito la Corte di legittimità è necessario procedersi alla riliquidazione delle spese di lite per il doppio grado del giudizio di merito, per quello di legittimità e per quello del rinvio. L’unica questione che si intende sollevare riguarda la liquidazione attinente la fase istruttoria o della trattazione siccome prevista dal d.m. 55/2014. Si intende per fase istruttoria: le richieste di prova, le memorie illustrative o di precisazione o integrazione delle domande o dei motivi d’impugnazione, eccezioni e conclusioni, l’esame degli scritti o documenti delle altre parti o dei provvedimenti giudiziali pronunciati nel corso e in funzione dell’istruzione, gli adempimenti o le prestazioni connesse ai suddetti provvedimenti giudiziali, le partecipazioni e assistenze relative ad attività istruttorie, gli atti necessari per la formazione della prova o del mezzo istruttorio anche quando disposto d’ufficio, la designazione di consulenti di parte, l’esame delle corrispondenti attività e designazioni delle altre parti, l’esame delle deduzioni dei consulenti d’ufficio o delle altre parti, la notificazione delle domande nuove o di altri atti nel corso del giudizio compresi quelli al contumace, le relative richieste di copie al cancelliere, le istanze al giudice in qualsiasi forma, le dichiarazioni rese nei casi previsti dalla legge, le deduzioni a verbale, le intimazioni dei testimoni, comprese le notificazioni e l’esame delle relative relate, i procedimenti comunque incidentali comprese le querele di falso e quelli inerenti alla verificazione delle scritture private. Al fine di valutare il grado di complessità della fase rilevano, in particolare, le plurime memorie per parte, necessarie o autorizzate dal giudice, comunque denominate ma non meramente illustrative, ovvero le plurime richieste istruttorie ammesse per ciascuna parte e le plurime prove assunte per ciascuna parte. La fase rileva ai fini
della liquidazione del compenso “quando effettivamente svolta” (Art. 4, comma 5, lett. c), del D.M. 55/2014). Così afferma l’art. 4, comma 5, lett. c) del d.m. citato … Questo collegio si pone in contrasto consapevole su…(l)… principio stabilito per effetto del c.d. “precedente” originato da Cass. 21743/19, cui tutta la giurisprudenza successiva si è ancorata acriticamente riguardo la fase istruttoria/trattazione che è, in ogni caso, ineludibile ma per il processo civile e non anche per quello tributario cui purtroppo si è ancorata anche la Cass. 26921/22 a cagione e per l’effetto del c.d. “precedente”. Pare evidente che in questo caso debba applicarsi il principio della effettività della prestazione e non quello della presunzione di effettuazione della prestazione della stessa… ».
2.6. Ne consegue che la Corte di giustizia tributaria di secondo grado ha mancato di uniformarsi, in sede di rinvio, al principio enunciato da questa Corte che aveva, appunto, disposto che in materia di spese di giustizia, la trattazione del processo, anche in assenza di istruzione probatoria, legittima il diritto al compenso della relativa fase.
2.7. Non trovano, invece, fondamento le doglianze circa la mancata liquidazione dei compensi per la fase cautelare, non avendo l’ordinanza di rinvio disposto nulla al riguardo.
3.1. Il ricorso va dunque accolto nei limiti indicati, con cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, il Collegio è nelle condizioni di decidere la causa nel merito, determinando le spese dei gradi di merito (ad eccezione del grado di appello, su cui si è già formato il giudicato derivante dall’ordinanza della Corte di cassazione n. 26921/2022) sulla base dei limiti tariffari in relazione al valore della controversia (Euro 645,43), in conformità alla notula depositata dal ricorrente.
3.2. Sulla base di tali criteri, le spese del giudizio di primo grado vanno quantificate in complessivi Euro 540,00 (Euro 170,00 per la fase di studio, Euro 100,00 per la fase introduttiva, Euro 100,00 per la fase di istruttoria/trattazione ed Euro 170,00 per la fase decisionale), le spese del primo giudizio di Cassazione vanno quantificate in complessivi Euro 645,00 (Euro 240,00 per la fase di studio, Euro 270,00 per la fase introduttiva, ed
Euro 135,00 per la fase decisionale) e le spese del giudizio di riassunzione vanno quantificate in complessivi Euro 540,00 (Euro 170,00 per la fase di studio, Euro 100,00 per la fase introduttiva, Euro 100,00 per la fase di istruttoria/trattazione ed Euro 170,00 per la fase decisionale), oltre spese esenti, spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge, con distrazione in favore del difensore del ricorrente, dichiaratosi antistatario.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo con distrazione in favore del difensore del ricorrente, dichiaratosi antistatario.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso;
cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio di primo grado, del primo giudizio di Cassazione e le spese del giudizio di riassunzione come indicato in motivazione, con distrazione a favore del difensore del ricorrente, dichiaratosi antistatario;
condanna Agenzia delle entrate riscossione al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida e distrae in favore del difensore del ricorrente, dichiaratosi antistatario, in Euro 536,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, della Corte di Cassazione,