Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14788 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14788 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11918 -2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al controricorso
-controricorrente – avverso la sentenza n. 289/2020 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 3/2/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13/5/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME
DELL’ORFANO
FATTI DI CAUSA
Agenzia delle entrate propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Lombardia, in sede di rinvio da Cass. n. 8797/2017, aveva accolto l’appello di RAGIONE_SOCIALEin qualità di incorporante RAGIONE_SOCIALE, avverso la sentenza n. 95/2010 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, in accoglimento del ricorso proposto avverso avvisi di rettifica e liquidazione per maggiore imposta di registro e sanzioni in relazione ad alcune acquisizioni , nell’anno 2005, di rami aziendali dalle società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE (di seguito la Società) resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo l’Agenzia ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., violazione degli artt. 384 c.p.c. e 36 d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, per avere la Commissione tributaria regionale affermato che l’Ufficio non aveva provato la fondatezza della pretesa tributaria, formulando mere affermazioni apodittiche senza dar conto delle ragioni per le quali «i dati estrapolati dalle perizie prodotte dall’Ufficio non …(erano)… idonei a sostenere la pretesa azionata».
1.2. La censura è inammissibile.
1.3. La giurisprudenza di questo giudice di legittimità ha affermato che si ha motivazione omessa o apparente quando il giudice di merito omette di indicare, nel contenuto della sentenza, gli elementi da cui ha desunto il
proprio convincimento ovvero, pur individuando questi elementi, non procede ad una loro disamina logico-giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. nn. 6758/2022, 3819/2020).
1.4. Ciò non ricorre nel caso in esame, laddove la C.T.R., con approfondita motivazione, ha ritenuto che la pretesa fiscale, volta alla determinazione del valore dei rami d’azienda, oggetto di rettifica, ai fini dell’imposta di registro, non era sostenuta da idonei elementi di prova, ponendo in rilievo l’errata determinazione del valore delle aziende , l’insufficienza dei parametri valutativi e l’irrilevanza del ‘campione’ utilizzato ai fini della determinazione del valore delle aziende acquistate.
1.5. Si tratta di una motivazione che non può considerarsi meramente apparente, in quanto esplicita le ragioni della decisione; ed i profili di apoditticità e contraddittorietà della motivazione, censurati col motivo in esame, dunque, quand’anche sussistenti, non vizierebbero tale motivazione in modo così radicale da renderla meramente apparente, escludendone l’idoneità ad assolvere alla funzione cui all’art. 36 d.lgs. 546/1992 (cfr. Cass. 5315/2015).
2.1. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione degli artt. 51 e 52 d.P.R. 26/4/1986 n. 131 per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente ritenuto non condivisibili le modalità di calcolo del valore delle aziende adottate dall’Ufficio, lamentando quest’ultimo che le perizie prodotte costituivano, al contrario, attendibile parametro di riferimento in quanto relative ad operazioni coeve a quelle in esame.
2.2. La doglianza è parimenti inammissibile.
2.3. Come ribadito dalle Sezioni Unite, è, infatti, inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (cfr. Cass. Sez. U, n. 34476 del 2019; conf. Cass. n. 5987 del 2021).
2.4. La ricorrente ha dedotto la violazione e la falsa applicazione degli artt. 51 e 52 d.P.R. 26/4/1986 n. 131, ma, poi, nell’illustrare il motivo ha
rappresentato la non condivisione della valutazione in fatto delle risultanze istruttorie, così come operata dalla Commissione tributaria regionale, cui ha contrapposto le proprie argomentazioni difensive, chiedendo al giudice di legittimità un inammissibile riesame del giudizio di fatto.
2.5. Nella vicenda in questione, la Commissione tributaria regionale ha, tuttavia, adeguatamente motivato in ordine alle modalità di deter minazione del valore dei rami d’azienda acquistati dalla Società, evidenziando che erroneamente l’Ufficio aveva «attribuito rilevanza decisiva al valore attribuito alle ‘emittenti’ radiotelevisive acquistate dalla Società», parametrato alle emittenti televisive trasmettenti sull’intero territorio nazionale, sebbene oggetto d’acquisto non fossero «emittenti televisive nazionali», trattandosi, invece, di «rami aziendali costituiti esclusivamente da impianti di trasmissione relative frequenze che insistono su aree locali comunque circoscritte e non su tutto il territorio nazionale, e che le perizie dell’Ufficio riguardavano «diverse acquisizioni, con caratteristiche diverse rispetto ai rami d’azienda oggetto del presente procedimento», con conseguente insufficienza dei parametri valutativi dedotti dall’Ente impositore per «carenza di elementi e dati circostanziati probatori» idonei a valorizzare … gli elementi contingenti e peculiari che caratterizzano ciascun impianto acquistato e che ne condizionano il valore venale», avendo, al contrario, la Società «versato in causa una consistente documentazioni idonea a fornire le prove contrarie rispetto al valore venale ricostruito erroneamente dall’Agenzia».
3.1. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, in subordine, violazione degli artt. 91 ss c.p.c. per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente condannato l’Ufficio alla refusione delle spese di lite , pari ad Euro 100.000,00, per tutti i gradi di giudizio con liquidazione omnicomprensiva e superiore ai massimi tariffari.
3.2. La doglianza è fondata.
3.3. Invero, in tema di spese giudiziali, il giudice deve liquidare in modo distinto spese ed onorari in relazione a ciascun grado del giudizio, poiché solo tale specificazione consente alle parti di controllare i criteri di calcolo adottati e, di conseguenza, le ragioni per le quali sono state
eventualmente ridotte le richieste presentate nelle note spese (cfr. Cass. nn. 18905 del 2017, 19623 del 2016, Cass. n. 24890 del 2011, 13138 del 2011, 6338 del 2008).
3.4. A tale consolidato orientamento non risulta essersi conformata l’impugnata sentenza, che ha liquidato in via cumulativa le spese giudiziali di «tutti i gradi di giudizio», senza distinguere tra giudizio di primo e secondo grado e di legittimità.
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso va accolto limitatamente al terzo motivo, respinti i rimanenti motivi, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvio per nuovo esame alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia in diversa composizione, cui resta demandata anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Va respinta, da ultimo, la richiesta della controricorrente di condanna dell’Agenzia ex art. 96, comma 3, c.p.c. atteso che la condanna per l’abuso dello strumento processuale non può essere disgiunta dalla condanna alle spese processuali e presuppone, altresì, che la domanda sia stata totalmente accolta, stante il richiamo operato dall’art. 91 c.p.c. ed al principio di soccombenza ivi stabilito (cfr. Cass. n. 15232/2024), ipotesi che non ricorre nel caso in esame.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, respinti i rimanenti motivi; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia in diversa composizione, cui demanda di pronunciare anche sulle spese del giudizio di legittimità; rigetta la domanda di condanna della ricorrente ex art. 96, comma 3, c.p.c.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da