Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20177 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20177 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso nr. 9778-2024 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’Avv ocato NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE , in persona del Direttore pro tempore
-intimata- avverso la sentenza n. 2458/2024 della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DEL LAZIO, depositata il 12/4/2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/6/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in sede di rinvio da Cass. n. 34980/2023, accoglieva l’appello avverso la sentenza n.
, liquidando le spese di tutti i gradi del giudizio di merito e di legittimità, in relazione ad impugnazione di estratto di ruolo e sottese cartelle esattoriali.
Agenzia delle entrate riscossione è rimasta intimata.
Parte ricorrente ha da ultimo depositato memoria difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione dell’art. 15 D.Lgs. n. 546/1992, dell’ art. 75 disp. att. c.p.c., dell’ art. 4 DM 5 aprile 2014 n. 55 e delle tabelle 1-2 dei Parametri ad esso allegate per avere i Giudici d’appello «liquidato le spese processuali in misura inferiore rispetto alla nota spese depositata dalla parte vittoriosa, senza fornire motivazioni specifiche per il discostamento dai parametri medi e minimi previsti dal DM 55/2014».
1.2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione dell’art. 4 DM 5 aprile 2014 n. 55 come modificato dal DM 37/2018 e dal DM 147/2022 e lamenta che la Corte di giustizia tributaria di secondo grado abbia erroneamente «liquidato le spese in modo omnicomprensivo per ciascun grado di giudizio, senza distinguere le fasi (studio, introduttiva, trattazione, decisoria), come richiesto dall’art. 4 del DM 55/2014», ed effettuato la liquidazione «in misura inferiore ai parametri minimi previsti per ciascun grado di giudizio, violando i principi di equità e dignità professionale».
2.1. Nell’odierna fattispecie si versa in ipotesi in cui la sentenza di accoglimento dell’opposizione ad una cartella di pagamento, invalidamente
notificata e conosciuta dall’opponente solo attraverso un estratto di ruolo, è stata impugnata soltanto per la statuizione sulle spese;
2.2. Non si pone tuttavia la questione circa l’applicabilità dello ius superveniens di cui all’art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. n. 602 del 1973 -in forza del quale l’azione e l’impugnazione sarebbero state inammissibili -laddove le parti abbiano prestato acquiescenza alla decisione sul merito delle pretese creditorie e la controversia prosegua soltanto per le spese , atteso che questa Corte, con l’ordinanza di rinvio n. 1791/2023, ha implicitamente ritenuto ammissibile il ricorso introduttivo, accogliendo il motivo di impugnazione relativo alla liquidazione delle spese di lite.
2.3. Occorre infatti evidenziare che l’efficacia preclusiva della sentenza di cassazione con rinvio riguarda non soltanto le questioni dedotte nel giudizio di legittimità ma anche quelle che in tale giudizio avrebbero potuto essere prospettate dalle parti o rilevate d’ufficio dalla Corte di cassazione quale necessario presupposto della sentenza (cfr. Cass. nn. 11614/1998, 5800/1997).
2.4. Ciò posto, le doglianze, da esaminare congiuntamente, in quanto strettamente connesse vanno accolte nei limiti di seguito indicati.
2.5. Va preliminarmente evidenziato che secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite in tema di spese processuali i nuovi parametri, cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti in luogo delle abrogate tariffe professionali, debbono essere applicati ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorché tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta quando ancora erano in vigore le tariffe abrogate, evocando l’accezione omnicomprensiva di compenso la nozione di un corrispettivo unitario per l’opera complessivamente prestata (cfr. Cass. Sez. U, n. 17405 del 2012; Cass. n. 27233 del 2018; Cass. n. 17577 del 2018).
2.6. È stato dunque affermato il principio secondo cui, qualora il giudizio di primo grado si sia concluso con sentenza prima dell ‘ entrata in vigore del nuovo D.M., non operano i nuovi parametri di liquidazione, dovendo le prestazioni professionali ritenersi esaurite con la sentenza, sia pure limitatamente a quel grado; nondimeno, in caso di riforma della decisione, il giudice dell’impugnazione, investito ai sensi dell’art. 336 c.p.c. anche della liquidazione delle spese del grado precedente, deve applicare la disciplina vigente al momento della sentenza d’appello, atteso che l’accezione omnicomprensiva di «compenso» evoca la nozione di un corrispettivo unitario per l’opera prestata nella sua interezza (cfr. Cass. n. 31884 del 2018).
2.7. Occorre, poi, evidenziare la riformulazione operata dall’art. 1, comma 1, lettera a) del d.m. 8 marzo 2018, n. 37 (per le liquidazioni delle spese a far tempo dal 27 aprile 2018), e che permane a seguito del d.m. 13 agosto 2022, n. 147 dell’art. 4, comma 1, del d.m. 10 marzo 2014, n. 55, atteso che n ell’iniziale formulazione dell’art. 4, comma 1, del d.m. n. 55 del 2014, era stabilito che, ai fini della liquidazione del compenso, il giudice dovesse tener conto dei «valori medi di cui alle tabelle allegate, che, in applicazione dei parametri generali, possono essere aumentati, di regola, fino all’80 per cento, o diminuiti fino al 50 per cento. Per la fase istruttoria l’aumento è di regola fino al 100 per cento e la diminuzione di regola fino al 70 per cento».
2.8. Nel vigore della suddetta norma era stato affermato da questa Corte che l’esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo dei parametri previsti dal d.m. n. 55 del 2014, non è soggetto al controllo di legittimità, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, non sussistendo più il vincolo legale della inderogabilità dei minimi tariffari, fermo soltanto per la riduzione dei valori minimi stabiliti in forza delle percentuali di diminuzione il limite dell’art. 2233, comma 2, c.c., il quale preclude di liquidare somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione (cfr. ex plurimis Cass. n. 28325/2022).
2.9 . Sulla base della modifica operata dall’art. 1, comma 1, lettera a) del d.m. n. 37 del 2018 – applicabile alla presente fattispecie l’art. 4, comma 1, dispone invece che i valori medi «possono essere diminuiti in ogni caso non oltre il 50 per cento» (nel senso dell’inderogabilità delle «riduzioni massime» in conseguenza delle modifiche introdotte dal d.m. n. 37 del 2018, cfr. Cass. nn. 9690 e 1421 del 2021).
2.10. Occorre, inoltre, precisare che la Corte di Giustizia (cfr. sentenza 427/2017) ha affermato che «l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, dev’essere interpretato nel senso che una normativa nazionale che, da un lato, non consenta all’avvocato e al proprio cliente di pattuire un onorario d’importo inferiore al minimo stabilito da un regolamento adottato da un’organizzazione di categoria dell’ordine forense, a pena di procedimento disciplinare a carico dell’avvocato medesimo e, dall’altro, non autorizzi il giudice a disporre la rifusione degli onorari d’importo inferiore a quello minimo, è idonea a restringere il gioco della concorrenza nel mercato interno ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, ma che spetta comunque al giudice del rinvio verificare se tale normativa, alla luce delle sue concrete modalità applicative, risponda effettivamente ad obiettivi legittimi e se le restrizioni così stabilite siano limitate a quanto necessario per garantire l’attuazione di tali legittimi obiettivi».
2.11. Nella specie, i nuovi parametri risultano predisposti dal CNF ma adottati dal Ministero della giustizia, previo parere del Consiglio di Stato, e pertanto da un organo statale per scopi di interesse generale correlati all’esigenza di garantire la trasparenza e l’unitarietà nella determinazione dei compensi professionali.
2.12. Deve pertanto affermarsi che, ai fini della liquidazione delle spese processuali a carico della parte soccombente, nella vigenza dell’art. 4, comma 1, del d.m. n. 55 del 2014, come modificato dal d.m. n. 37 del 2018, la liquidazione non avviene per singole attività né distinguendo tra diritti ed onorari, voci ormai abrogate, ma per fasi e il Giudice non può in nessun caso, salvo specifica pattuizione, diminuire oltre il 50 per cento i valori medi di cui alle tabelle allegate.
2.13. Ciò posto, i Giudici d’appello hanno disposto quanto segue:«La Corte di Giustizia accoglie il ricorso. Spese processuali a carico della parte soccombente che si liquidano in euro 2.030,00 per il giudizio di 1° grado; € 2.450,00, per il giudizio di 2° grado; € 1.930,00 per il giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione; € 2.450,00, per il presente grado di giudizio, oltre gli accessori di legge per tutti i gradi di giudizio».
2.14. Come già affermato da questa Corte, sulla base di principi che il Collegio condivide, ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, il valore della controversia va fissato -in armonia con il principio generale di proporzionalità ed adeguatezza degli onorari di avvocato nell’opera professionale effettivamente prestata, quale desumibile dall’interpretazione sistematica delle disposizioni in tema di tariffe per prestazioni giudiziali -sulla base del criterio del disputatum , ovverosia sulla base di quanto richiesto nell’atto introduttivo del giudizio , ovvero nell’atto di impugnazione parziale della sentenza (cfr. Cass. n. 18465 del 2024; Cass. n. 27871 del 2017; Cass. n. 536 del 2011).
2.15. Pertanto, ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, il valore della causa è pari, per il primo grado, alla somma domandata con l’atto introduttivo, se la domanda viene rigettata, ed a quella accordata dal giudice, se essa viene accolta, mentre, per l’appello, alla sola somma che ha formato oggetto di impugnazione, se l’appello volto ad ottenere una somma maggiore è rigettato, ed alla maggiore somma accordata dal giudice rispetto a quella ottenuta in primo grado dall’appella nte, se il gravame volto ad ottenere una somma maggiore è accolto (in termini, cfr. Cass. n. 35195/2022).
2.16. È, infatti, principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che, ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, il valore della controversia va fissato – in armonia con il principio generale di proporzionalità ed adeguatezza degli onorari di avvocato nell’opera professionale effettivamente prestata, quale desumibile dall’interpretazione sistematica delle disposizioni in tema di tariffe per prestazioni giudiziali – sulla base del criterio del disputatum (ossia di quanto richiesto nell’atto introduttivo del giudizio ovvero nell’atto di
impugnazione parziale della sentenza); ove il giudizio di secondo grado abbia per oggetto esclusivo la valutazione della correttezza della decisione di condanna di una parte alle spese del giudizio di primo grado, il valore della controversia, ai predetti scopi, è dato dall’importo delle spese liquidate dal primo giudice, costituendo tale somma il disputatum posto all’esame del giudice di appello (in tal senso, cfr. Cass. nn. 18465/2024, 27871/2017, 12227/2015, 536/2011).
2.17. Nel caso che occupa, il valore della causa in tutti i gradi di giudizio, da commisurare all’importo dei ruoli esattoriali e delle cartelle di pagamento (non essendo stata proposta impugnazione solo per la liquidazione delle spese di lite) era dunque pari ad Euro 62.277,98, come riportato nel ricorso originario, allegato al ricorso in cassazione.
2.18. In relazione al valore indicato, l’importo minimo, liquidabile in base ai parametri corrispondenti allo scaglione ed alle fasi di studio, introduttiva, istruttoria/trattazione, decisionale per i gradi di merito e di studio, introduttiva, decisionale per la legittimità, era pari ad Euro 4.671,00 per il primo grado, Euro 4.889,00 sia per il primo giudizio d’appello , che per il giudizio di rinvio, Euro 3.828,00 per il giudizio di cassazione, risultando dunque superiore all’importo liquidato nella sentenza impugnata.
2.19. Essendo stato liquidato un importo inferiore al minimo dei parametri tabellari, la doglianza della ricorrente è quindi fondata.
3.1. La sentenza va, pertanto, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, il Collegio è nelle condizioni di decidere la causa nel merito, rideterminando le spese dei gradi di merito sulla base dei limiti tariffari e sulla scorta della nota spese prodotta dal difensore della ricorrente.
3.2. Sulla base di tali criteri, le spese del giudizio di primo grado vanno quantificate in Euro 4.718,00, le spese del giudizio d’appello in Euro 5.047,00, le spese del primo giudizio di legittimità in Euro 3.828,00 e le spese del giudizio di rinvio in Euro 4.889,00, oltre spese forfettarie, IVA e CPA come per legge, con distrazione in favore del difensore antistatario della ricorrente, dichiaratosi antistatario.
Le spese di lite del presente grado seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, con distrazione in favore del difensore del ricorrente, dichiaratosi antistatario.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, liquida e distrae in favore del difensore antistatario della ricorrente le spese del giudizio di primo grado in Euro 4.718,00, le spese del giudizio d’appello in Euro 5.047,00, le spese del primo giudizio di legittimità in Euro 3.828,00 e le spese del giudizio di rinvio in Euro 4.889,00, oltre spese forfettarie, IVA e CPA come per legge; condanna Agenzia delle entrate riscossione al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida e distrae in favore del difensore antistatario del ricorrente in Euro 1.600,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie, IVA e CPA come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da