Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7703 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7703 Anno 2024
Presidente: PAOLITTO LIBERATO
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16019/2022 proposto da:
NOME COGNOME, rappresentato e difeso da se stesso, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
Contro
REGIONE LAZIO;
-intimata – avverso la sentenza n. 6255/1/22 della Commissione tributaria Provinciale di Roma, depositata il 24/05/2022;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/01/2024 dal AVV_NOTAIO.
Ritenuto che
La Commissione Tributaria Provinciale di Roma (CTP), con sentenza n. 6255/1/22, depositata il 24/05/2022, emessa a seguito di rinvio disposto da
Oggetto:
,
questa Corte disposto con ordinanza n. 15890 del 2021, disponeva la liquidazione delle spese legali oggetto dell’o riginario ricorso di NOME COGNOME afferente alla richiesta, avanzata in sede di ottemperanza, di liquidazione delle spese del giudizio conclusosi con sentenza n. 25270/33/16 della CTP di Roma.
Avverso tale sentenza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
La Regione Lazio non si è costituita.
Considerato che
Con il primo motivo NOME COGNOME lamenta, ex art 360, primo comma,
3 cod.proc.civ., la violazione e falsa applicazione dell’art.15 del d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, dell’art. 75 disp.att.cod.proc.civ., dell’art. 4 del d.m. 5 aprile 2014 n.55 e delle tabelle 1-2 dei parametri ad esso allegate.
Il ricorrente censura la sentenza di merito nella parte in cui, pur in presenza di una specifica nota spese, si è discostata dagli importi in essa indicati, nonché da quelli medi di cui alle sopra indicate norme, senza alcuna motivazione.
Con il secondo motivo il ricorrente censura, ex art 360, primo comma, n. 3 cod.proc.civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del d.m. 5 aprile 2014 n.55 e delle tabelle 12 dei parametri ad esso allegate, nonché dell’art.15 del d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546.
Con tale doglianza viene osservato che la sentenza si pone in contrasto con le norme citate per aver provveduto alla liquidazione complessiva delle spese di lite in violazione dei valori minimi applicabili e senza indicare le diverse fasi dei diversi giudizi; liquidazione che, dunque, non ha reso possibile alla parte di verificarne l’eventuale correttezza
I motivi, da trattarsi congiuntamente avendo ad oggetto la medesima questione, sono fondati.
3.1 La questione in esame discende dalla riformulazione operata dall’art. 1, comma 1, lettera a) del d.m. 8 marzo 2018, n. 37 (per le liquidazioni delle spese a far tempo dal 27 aprile 2018 ex art. 28) e che permane a seguito del d.m. 13 agosto 2022, n. 147 dell’art. 4, comma 1, del d.m. 10 marzo 2014, n. 55.
3.2. Nella iniziale formulazione dell’art. 4, comma 1, del d.m. n. 55 del 2014, era stabilito che, ai fini della liquidazione del compenso, il giudice dovesse tener conto dei « valori medi di cui alle tabelle allegate, che, in applicazione dei parametri generali, possono essere aumentati, di regola, fino all’80 per cento, o diminuiti fino al 50 per cento. Per la fase istruttoria l’aumento è di regola fino al 100 per cento e la diminuzione di regola fino al 70 per cento ».
Vigendo questo testo, la giurisprudenza aveva affermato che l’esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo dei parametri previsti dal d.m. n. 55 del 2014, non è soggetto al controllo di legittimità, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, non sussistendo più il vincolo legale della inderogabilità dei minimi tariffari, fermo soltanto per la riduzione dei valori minimi stabiliti in forza delle percentuali di diminuzione il limite dell’art. 2233, comma 2, c.c., il quale preclude di liquidare somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione (ex plurimis e da ultimo Cass. n. 28325 del 2022).
3.3. Sulla base della modifica operata dall’art. 1, comma 1, lettera a) del d.m. n. 37 del 2018 – applicabile alla presente fattispecie l’art. 4, comma 1, dispone invece che i valori medi «possono essere diminuiti in ogni caso non oltre il 50 per cento» (nel senso dell’inderogabilità delle ‘riduzioni massime’ in conseguenza delle modifiche introdotte dal d.m. n. 37 del 2018, vedi Cass. nn. 9690 e 1421 del 2021).
Va da ultimo precisato che la Corte di Giustizia (cfr. sentenza 427/2017) ha affermato che «l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, dev’essere interpretato nel senso che una normativa nazionale che, da un lato, non consenta all’avvocato e al proprio cliente di pattuire un onorario d’importo inferiore al minimo stabilito da un regolamento adottato da un’organizzazione di categoria dell’ordine forense, a pena di procedimento disciplinare a carico dell’avvocato medesimo e, dall’altro, non autorizzi il giudice a disporre la rifusione degli onorari d’importo inferiore a quello minimo, è idonea a restringere il gioco della concorrenza nel mercato
interno ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, ma che spetta comunque al giudice del rinvio verificare se tale normativa, alla luce delle sue concrete modalità applicative, risponda effettivamente ad obiettivi legittimi e se le restrizioni così stabilite siano limitate a quanto necessario per garantire l’attuazione di tali legittimi obiettivi». Nella specie, i nuovi parametri risultano predisposti dal CNF ma adottati dal Ministero della giustizia, previo parere del Consiglio di Stato e pertanto da un organo statale per scopi di interesse generale correlati all’esigenza di garantire la trasparenza e l’unitarietà nella determinazione dei compensi professionali.
3.4. Deve pertanto affermarsi che, ai fini della liquidazione delle spese processuali a carico della parte soccombente, nella vigenza dell’art. 4, comma 1, del d.m. n. 55 del 2014, come modificato dal d.m. n. 37 del 2018, il giudice non può in nessun caso, salvo specifica pattuizione, diminuire oltre il 50 per cento i valori medi di cui alle tabelle allegate.
3.5 Nella specie la liquidazione operata dalla CTP risulta in contrasto con tali principi, in quanto non ha tenuto conto del valore della controversia (€. 638,60) e dei valori medi ad essa applicabili e così ha determinato gli importi dovuti al ricorrente (€. 200,00 per la fase di ottemperanza; €. 300,00 per il giudizio di legittimità; €. 200,00 per il giudizio di ottemperanza) in violazione dei minimi tariffari e senza tenere conto della nota spese depositata.
Pertanto, il ricorso del contribuente va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Roma, in