Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20171 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20171 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso nr. 11580-2024 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’Avv ocato NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE , in persona del Direttore pro tempore
-intimata- avverso la sentenza n. 1984/2024 della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DEL LAZIO, depositata il 26/3/2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/6/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME propone ricorso, affidato ad unico motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio aveva accolto l’appello , relativo alla liquidazione delle spese di lite, avverso la sentenza n. con cui era stato accolto parzialmente il ricorso avverso comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria e sottese cartelle esattoriali, compensando le spese di lite.
Agenzia delle entrate riscossione è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con unico motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione dell’art. 4 del DM 55/2014 (come modificato dal DM 37/2018 e dal DM 147/2022) e delle Tabelle 1-2 dei Parametri allegati, nonché dell ‘ art. 15 del D.Lgs. n. 546/1992 per avere i Giudici d’appello erroneamente «liquidato le spese legali in modo globale per ciascun grado di giudizio (Euro 700 per il primo grado e Euro 800 per il secondo grado), senza suddividere i compensi per le singole fasi del processo (studio, introduttiva, trattazione e decisoria)» ed in misura inferiore ai parametri minimi previsti dal DM 55/2014, aggiornato dal DM 37/2018 e dal DM 147/2022.
1.2. Le doglianze vanno accolte nei limiti di seguito indicati
1.3. I Giudici d’appello, nel riformare la sentenza di primo grado, hanno affermato quanto segue:« … le spese, tenuto conto della causa pari ad Euro 3.500,00 si liquidano … (in misura pari ad) € 700,00 per il primo grado ed € 800,00 per l’appello… ».
1.4. Ciò posto, dovendosi applicare per la liquidazione, ratione temporis , la tabella allegata al D.M. n. 55/2014, come modificato dal D.M. n.147/2022, in primo luogo va evidenziato, come meglio illustrato nel prosieguo, che una motivazione specifica era richiesta solo per discostarsi
dai minimi e dai massimi tabellari della forcella, e non per gli scostamenti dai valori medi, come era invece stabilito dalla precedente tariffa forense (vedi in tal senso Cass. n. 89/2021; Cass. n. 12537/2019; Cass. n. 29606, 26608 e 2386 del 2017), il che non comporta dunque anche la necessità che il giudice debba specificare il compenso liquidato per ogni singola fase, una volta che sia possibile ricavare la corrispondenza della liquidazione anche unitariamente effettuata, ai parametri normativamente dettati.
1.5. A seguire, va osservato che l ‘art. 4, comma 1, del d.m. 10 marzo 2014, n. 55 è stato oggetto di riformulazione in relazione all ‘art. 1, comma 1, lettera a) del d.m. 8 marzo 2018, n. 37 (per le liquidazioni delle spese a far tempo dal 27 aprile 2018), che permane a seguito del d.m. 13 agosto 2022, n. 147.
1.6. Nell ‘iniziale formulazione dell’art. 4, comma 1, del d.m. n. 55 del 2014, era stabilito che, ai fini della liquidazione del compenso, il giudice dovesse tener conto dei «valori medi di cui alle tabelle allegate, che, in applicazione dei parametri generali, possono essere aumentati, di regola, fino all’80 per cento, o diminuiti fino al 50 per cento. Per la fase istruttoria l’aumento è di regola fino al 100 per cento e la diminuzione di regola fino al 70 per cento».
1.7. Vigendo questo testo, la giurisprudenza aveva affermato che l’esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo dei parametri previsti dal d.m. n. 55 del 2014, non è soggetto al controllo di legittimità, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, non sussistendo più il vincolo legale dell ‘ inderogabilità dei minimi tariffari, fermo soltanto per la riduzione dei valori minimi stabiliti in forza delle percentuali di diminuzione il limite dell’art. 2233, comma 2, c.c., il quale preclude di liquidare somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione ( ex plurimis cfr. Cass. n. 28325 del 2022).
1.8. Sulla base della modifica operata dall’art. 1, comma 1, lettera a) del d.m. n. 37 del 2018 – applicabile alla presente fattispecie l’art. 4, comma 1, dispone invece che i valori medi «possono essere diminuiti in ogni caso non oltre il 50 per cento» (nel senso dell’inderogabilità delle
‘riduzioni massime’ in conseguenza delle modifiche introdotte dal d.m. n. 37 del 2018, cfr. Cass. nn. 9690 e 1421 del 2021).
1.9. Va da ultimo precisato che la Corte di Giustizia (cfr. sentenza 427/2017) ha affermato che «l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, dev’essere interpretato nel senso che una normativa nazionale che, da un lato, non consenta all’avvocato e al proprio cliente di pattuire un onorario d’importo inferiore al minimo stabilito da un regolamento adottato da un’organizzazione di categoria dell’ordine forense, a pena di procedimento disciplinare a carico dell’avvocato medesimo e, dall’altro, non autorizzi il giudice a disporre la rifusione degli onorari d’importo inferiore a quello minimo, è idonea a restringere il gioco della concorrenza nel mercato interno ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, ma che spetta comunque al giudice del rinvio verificare se tale normativa, alla luce delle sue concrete modalità applicative, risponda effettivamente ad obiettivi legittimi e se le restrizioni così stabilite siano limitate a quanto necessario per garantire l’attuazione di tali legittimi obiettivi».
1.10. Nella specie, i nuovi parametri risultano predisposti dal CNF ma adottati dal Ministero della giustizia, previo parere del Consiglio di Stato e pertanto da un organo statale per scopi di interesse generale correlati all’esigenza di garantire la trasparenza e l’unitarietà nella determinazione dei compensi professionali.
1.11. Deve pertanto affermarsi che, ai fini della liquidazione delle spese processuali a carico della parte soccombente, nella vigenza dell’art. 4, comma 1, del d.m. n. 55 del 2014, come modificato dal d.m. n. 37 del 2018, il giudice non può in nessun caso, salvo specifica pattuizione, diminuire oltre il 50 per cento i valori medi di cui alle tabelle allegate.
1.12. Nella vicenda in esame la liquidazione operata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado (regolata per entrambi i gradi di giudizio dal regime introdotto dal D.M. 147/2022) è pari ad Euro 700,00 per il primo grado di giudizio ed Euro 800,00 per l’appello.
1.13. Come già affermato da questa Corte, sulla base di principi che il Collegio condivide, ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della
parte soccombente, il valore della controversia va fissato -in armonia con il principio generale di proporzionalità ed adeguatezza degli onorari di avvocato nell’opera professionale effettivamente prestata, quale desumibile dall’interpretazione sistematic a delle disposizioni in tema di tariffe per prestazioni giudiziali -sulla base del criterio del disputatum , ovverosia sulla base di quanto richiesto nell’atto introduttivo del giudizio ovvero nell’atto di impugnazione parziale della sentenza (cfr. Cass. n . 18465 del 2024; Cass. n. 27871 del 2017; Cass. n. 536 del 2011).
1.14. Pertanto, ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, il valore della causa è pari, per il primo grado, alla somma domandata con l’atto introduttivo, se la domanda viene rigettata, ed a quella accordata dal giudice, se essa viene accolta, mentre, per l’appello, alla sola somma che ha formato oggetto di impugnazione, se l’appello volto ad ottenere una somma maggiore è rigettato, ed alla maggiore somma accordata dal giudice rispetto a quella ottenuta in primo grado dall’ap pellante, se il gravame volto ad ottenere una somma maggiore è accolto (in termini, cfr. Cass. n. 35195 del 2022).
1.15. Come più volte ribadito da questa Corte, infatti, ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, il valore della controversia va fissato -in armonia con il principio generale di proporzionalità ed adeguatezza degli onorari di avvocato nell’opera professionale effettivamente prestata, quale desumibile dall’interpretazione sistematica delle disposizioni in tema di tariffe per prestazioni giudiziali – sulla base del criterio del disputatum (ossia di quanto richiesto nell’atto introduttivo del giudizio ovvero nell’atto di impugnazione parziale della sentenza); ove il giudizio di secondo grado abbia per oggetto esclusivo la valutazione della correttezza della decisione di condanna di una parte alle spese del giudizio di primo grado, il valore della controversia, ai predetti scopi, è dato dall’importo delle spese liquidate dal primo giudice, costituendo tale somma il disputatum posto all’esame del giudice di appello (in tal senso, cfr. Cass. nn. 18465 del 2024, 27871 del 2017, 12227 del 2015, 536 del 2011).
1.16. È opportuno, inoltre, evidenziare che in materia di spese di giustizia, la trattazione del processo, anche in assenza di istruzione probatoria, legittima il diritto al compenso della relativa fase; quando, tuttavia, il giudice del rinvio è chiamato solo al ricomputo delle spese processuali, non è dovuto al difensore il compenso spettante per la fase istruttoria, non ricorrendo, in tal caso, la fattispecie legale di cui all’art. 4, comma 5, lett. c), del d.m. n. 55 del 2014, per assenza di una nuova trattazione (cfr. Cass. n. 34575/2021).
1.17. Ciò posto, il valore della causa in primo grado, da commisurare all’importo relativo alle cartelle esattoriali sottese alla comunicazione di iscrizione ipotecaria, corrispondenti a crediti aventi natura tributaria, era dunque pari ad Euro 3.558,45.
1.18. In relazione al valore indicato, l’importo minimo, liquidabile in base ai parametri corrispondenti allo scaglione ed alle fasi di studio, introduttiva, istruttoria/trattazione, decisionale, era pari ad Euro 1.065,00, risultando pertanto superiore all’importo liquidato per il primo grado.
1.19. Essendo stato liquidato un importo inferiore al minimo dei parametri tabellari, la doglianza della ricorrente è quindi fondata.
1.20. L’accoglimento in parte qua del motivo di ricorso determina l’assorbimento della censura relativa alla liquidazione delle spese del gravame atteso che la cassazione anche di un solo capo di una sentenza d’appello si estende alla statuizione relativa alle spese processuali, dovendo essere integralmente rinnovata la regolamentazione successiva delle spese del processo.
Quanto sin qui illustrato comporta l’accoglimento del ricorso nei limiti dianzi indicati e la cassazione della sentenza impugnata
Inoltre, non richiedendosi, per la risoluzione della controversia, alcun altro accertamento di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., primo comma, con liquidazione delle spese per ciascun grado del giudizio di merito come segue, applicandosi, in relazione al valore della controversia del primo grado (3.558,45), i parametri per quattro fasi (fase di studio, fase introduttiva del giudizio, fase di trattazione e fase decisionale), con liquidazione dell’importo pari ad Euro 1.065,00, oltre
accessori, da distrarsi in favore del difensore anticipatario; per il grado di appello, in relazione al valore della controversia, pari alla somma liquidata nella sentenza impugnata per il primo grado di giudizio, il compenso (esclusa la fase istruttoria/trattazione, sulla base di quanto dianzi illustrato) va quindi fissato in Euro 300,00, oltre accessori, se dovuti, da distrarsi in favore del difensore anticipatario.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, sempre con distrazione in favore del difensore del ricorrente per dichiarato anticipo fattone.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei limiti indicati in motivazione; cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, condanna l’intimata al pagamento delle spese del primo e del secondo grado del giudizio di merito, liquidate come da motivazione, con distrazione in favore del difensore del ricorrente, per dichiarato anticipo fattone; condanna altresì l’intimata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 1.214,00 per compenso, oltre rimborso spese forfettarie, nella misura del 15% su detto compenso, ed accessori, se dovuti, con distrazione in favore del difensore del ricorrente, antistatario.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da