Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33642 Anno 2024
Oggetto:Tributi
Art. 15 del d.lgs. 546/92-
spese processuali
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33642 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 6297 del ruolo generale dell’anno 2023, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv.to NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv.to NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
Contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale delle Marche, n. 1018/02/2022, depositata in data 8 settembre 2022;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5 novembre 2024 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
L’Agenzia delle entrate Direzione provinciale di Ancona -notificava nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , avviso di accertamento con il quale veniva contestata maggiore Ires, Irap, interessi e sanzioni per l’anno 200 8.
2.La Commissione tributaria provinciale di Ancona- adita con ricorso della suddetta societàcon sentenza n. 1465/01/2015 accoglieva il ricorso, condannando l’Ufficio al pagamento delle spese processuali in complessivi euro 2.765,00 oltre accessori di legge.
Avverso la sentenza di primo grado, la società contribuente proponeva appello in merito alla liquidazione delle spese processuali dinanzi alla Commissione tributaria regionale delle Marche deducendo la mancata applicazione da parte del giudice di prime cure dei valori medi previsti per lo scaglione (tra euro 52.000,00 e euro 260.000,00) di cui al D.M. n. 55/2014 e la mancata specificazione delle spese di lite nelle varie fasi processuali.
La CTR delle Marche, con sentenza n. 1018/02/2022, depositata in data 8 settembre 2022, accoglieva parzialmente il gravame, rideterminando le spese di lite di primo grado e compensava tra le parti le spese di lite del secondo grado.
In punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR ha affermato che:1) quanto all’individuazione dello scaglione, l’Agenzia delle entrate aveva dichiarato un valore di euro 94.938,56 che costituiva il valore della controversia, ai sensi dell’art. 5 del D.M. n. 55/2014 , e determinava lo scaglione di riferimento (tra euro 52.000,00 e euro 260.000,00) indicato dalla società appellante; 2) in
considerazione della circostanza che il valore della controversia era vicino al valore minimo dello scaglione, andavano liquidate le spese di lite secondo valori prossimi ai minimi dello scaglione di riferimento e non secondo valori medi come richiesto dall’appellante; 5) andavano quindi riconosciuti euro 263,50 per spese, euro 1.300,00 per la fase di studio, euro 600,00 per la fase introduttiva e euro 2.000,00 per la fase decisionale, oltre rimborso forfettario nella misura massima di legge, Iva e Cap, da distrarsi in favore dei procuratori dichiaratasi antistatari; la fase istruttoria e/o trattazione non andava liquidata in assenza di adempimenti processuali riportabili a tale voce atteso che la produzione di documenti, in occasione dello svolgimento di altre fasi processuali, quale quella introduttiva, non equivaleva allo svolgimento della fase istruttoria e/o di trattazione (è richiamata Cass., sez. 3, n. 10206 del 2021); ugualmente non andava riconosciuta la fase cautelare, non essendo stato specificamente allegato nell’atto di appello e provato lo svolgimento d ella stessa e dovendo intendersi dette spese ‘compensate’ in assenza di una condanna dell’Amministrazione (stante la previsione, ai sensi dell’art. 15, comma 2 -quater del d.lgs. n. 546/92, della liquidazione delle stesse all’esito di detta fase con l’ordinanza che decide sulle istanze cautelari); 6) le spese di secondo grado andavano compensate atteso che il parziale accoglimento dell’appello andava qualificato come una ipotesi di soccombenza reciproca ex art. 92 c.p.c.
Avverso la suddetta sentenza RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, illustrato con successiva memoria.
7 .L’Agenzia resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 c.p.c., 15 del d.lgs. n. 546/92, 4 e 5 del DM n. 55/2014 e del DM 37/2018 per avere la CTR: 1) determinato erroneamente, a i fini dell’individuazione dello scaglione tariffario, il valore della lite, nell’importo di euro 94.938,56 dichiarato dall’Ufficio sebbene, ai sensi
dell’art. 5, comma 4, del D.M. n. 55/2014, andassero computati anche gli ‘ interessi e le sanzioni ‘ per cui il valore era superiore a euro 110.869,67; 2) richiamato il fatto che il valore della controversia fosse vicino al valore minimo dello scaglione per giustificare la liquidazione delle spese di lite secondo valori prossimi ai minimi dello scaglione di riferimento, sebbene l’esatto importo non fosse affatto vicino al minimo dello scaglione; 3) escluso la liquidazione dei compensi per la fase cautelare ‘non essendo stato allegato all’atto di appello e provato lo svolgimento di tale attività’ sebbene, a fronte della nota spese depositata in primo grado e richiamata nel corpo dell’atto di appe llo, il giudice di appello dovesse procedere alla liquidazione delle attività processuali risultanti dagli atti (ove era presente la domanda cautelare e l’ordinanza con cui la CTP aveva accolto la stessa); peraltro, la CTR aveva anche affermato che, non avendo il giudice della ‘fase cautelare’, ai sensi del comma 2 -quater dell’art. 15 del d.lgs. n. 546/92, provveduto alla liquidazione delle relative spese, significava l’avvenuta compensazione delle stesse, sebbene, essendo mancata una espressa statuizione nel provvedimento cautelare, la CTR dovesse liquidare le spese del detto procedimento incidentale contestualmente alla decisione del merito. Infine, il giudice di appello avrebbe erroneamente escluso anche il compenso per la ‘fase di trattazione’ in primo grado sebbene tale a ttività si presumesse effettuata e andasse riconosciuta salvo ragioni eccezionali da indicarsi nel provvedimento.
1.1. Il primo motivo è fondato limitatamente alla denunciata mancata liquidazione dei compensi per la fase cautelare e per quella di trattazione/istruttoria.
1.2.Quanto alla denunciata erronea indicazione da parte del giudice di appello ai fini dell’individuazione dello scaglione tariffario – del valore della causa, avendo fatto quest’ultimo riferimento al valore dichiarato dall’Ufficio di euro 94.938,55 laddove, ai sensi dell’art. 5, comma 4, del D .M. n. 55 del 2014, andavano computati anche ‘gli interessi e le sanzioni’ con conseguente valore superiore a euro 110.869,67, la censura si profila inammissibile in quanto – in disparte la
genericità della stessa non essendo precisata l’entità né degli interessi né delle sanzioni asseritamente non computati – non è sorretta da uno specifico interesse della ricorrente, avendo il giudice di appello, dopo avere richiamato l’art. 5 cit ., affermato che ‘ Nel caso in esame, l’Agenzia dichiarato un valore di euro 94.938,55 che costituiva il valore della controversia e che determinava lo scaglione di riferimento indicato dalla società appellante ‘, ovvero lo scaglione tariffario da quest’ultima indicato nell’atto di appello tra euro 52.000,00 e euro 260.000,00 (v. pagg. 2-3 della sentenza impugnata).
1.3 .Quanto alla contestazione dell’erronea rideterminazione da parte del giudice di appello delle spese processuali di primo grado ‘secondo valori prossimi ai minimi dello scaglione di riferimento’ in base a lla considerazione che il valore della controversia fosse vicino al valore minimo dello scaglione, giova ricordare, anzitutto che l ‘ art.4 del D.M. n.55 del 2014 ( applicabile alla fattispecie) prevede che: “ai fini della liquidazione del compenso si tiene conto delle caratteristiche, dell’urgenza e del pregio dell’attività prestata, dell’importanza, della natura, della difficoltà e del valore dell’affare, delle condizioni soggettive del cliente, dei risultati conseguiti, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate. In ordine alla difficoltà dell’affare si tiene particolare conto dei contrasti giurisprudenziali, e della quantità e del contenuto della corrispondenza che risulta essere stato necessario intrattenere con il cliente e con altri soggetti. Il giudice tiene conto dei valori medi di cui alle tabelle allegate, che, in applicazione dei parametri generali, possono essere aumentati, di regola, sino all’80 per cento, o diminuiti fino al 50 per cento . Per la fase istruttoria l’aumento è di regola fino al 100 per cento e la diminuzione di regola fino al 70 per cento”. Dalla norma in esame si evince che la determinazione degli onorari deve essere stabilita dal giudice sulla base dei valori medi della tariffa che possono essere aumentati o diminuiti secondo la percentuale indicata. E ‘ stato, inoltre, affermato che il giudice non è gravato di uno specifico onere di motivazione sull’entità della liquidazione purché questa si mantenga tra il minimo ed il massimo di tariffa (Cass. 20289 del 2015, Cass.n.9542/2020) e che i minimi e massimi di cui al D.M. n. 55 del 2014 si determinano applicando ai parametri medi fissati nelle
tabelle allegate al decreto le percentuali di scostamento, in più o in meno, previste dall’art. 4, comma 1, di tale decreto (Cass. 3591 del 2018; Cass., sez. 6-5, n. 11140 del 2022). In tema di liquidazione delle spese processuali ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 , l’esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo, non è soggetto a sindacato di legittimità, attenendo pur sempre a parametri fissati dalla tabella, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo necessario, in tal caso, che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di questo ‘ (cfr. Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 19989 del 13/07/2021, Rv. 661839; in senso conforme, cfr. Cass., Sez. L, Ordinanza n. 12537 del 10/05/2019, Rv. 653760; Sez. 2, Ordinanza n. 8561 del 2023). Nella specie, la CTR, avuto riguardo allo scaglione tariffario individuato, ai sensi dell’art. 5 del DM n. 55/2014, ha, in accog limento parziale dell’appello, rideterminato le spese di lite di primo grado secondo valori ‘prossimi ai minimi’ e, dunque, non superando i valori minimi come stabiliti in forza della percentuale di cui all’art. 4, comma 1, cit. (profilo peraltro non contestato); pertanto, la CTR non era gravata di uno specifico onere di motivazione sull’entità della liquidazione, essendosi mantenuta tra il minimo ed il massimo di tariffa e l’esercizio del suo potere discrezionale sfugge al sindacato di questa Corte.
1.4. Quanto alla denunciata mancata liquidazione dei compensi per la fase cautelare, va ricordato che, ai sensi dell’art. 15, comma 2 quater , del d.lgs. n. 546/92, ‘ Con l’ordinanza che decide sulle istanze cautelari la commissione provvede sulle spese della relativa fase. La pronuncia sulle spese conserva efficacia anche dopo il provvedimento che definisce il giudizio, salvo diversa statuizione espressa nella s entenza di merito’ . Al riguardo – come precisato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 278 del 2016 – che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale per eccesso di delega -‘ la scelta del legislatore delegato di introdurre la condanna alle spese della fase cautelare rappresenta il corretto esercizio della fisiologica attività di riempimento che lega i due livelli normativi (sentenza n. 230 del 2010), in coerenza con la ratio della
legge delega (sentenza n. 229 del 2014). La previsione di liquidare le spese della fase cautelare già alla chiusura di tale segmento processuale, infatti, costituisce un’applicazione del principio sostanziale della soccombenza con una regola più rigorosa, meramente processuale, che si limita ad anticipare e ad evidenziare l’incidenza di questa fase sulla distribuzione delle spese processuali, incidenza già implicita nel principio stesso. 3.3.- Tale anticipazione costituisce, inoltre, un naturale sviluppo de l criterio direttivo dell’«incremento della funzionalità della giurisdizione tributaria» (art. 10, comma 1, lettera b, della legge n. 23 del 2014), poiché rafforza l’efficacia deterrente della condanna alle spese, favorendo un più ragionato esercizio del diritto di azione .’ Nella specie, la CTR ha escluso la liquidazione dei compensi per la fase cautelare di primo grado in quanto ‘ non era stato specificamente allegato nell’atto di appello e provato lo svolgimento di una fase cautelare ‘ ‘ e inoltre dette spes e dovevano essere liquidate all’esito di detta fase sicché in assenza di condanna dell’Amministrazione dove intendersi compensate ‘ sebbene -a fronte della domanda cautelare e dell’ordinanza della CTP di Ancona del 7 maggio 2015 (presenti pacificamente nel fascicolo d’ufficio e allegate al ricorso per cassazione) – le spese relative a detta fase, lungi dal potere essere considerate ‘compensate’ , dovessero essere regolate dal giudice di primo grado con la sentenza di merito (nella quale la CTP aveva, invece, provveduto a liquidare le spese processuali, indistintamente, in euro 2.765,00).
1.5. Quanto al denunciato mancato riconoscimento da parte del giudice di appello dei compensi per la fase di trattazione, va ricordato che, ai sensi dell’art. 4, comma 5, del D.M. n. 55 del 2014, ‘ Il compenso è liquidato per fasi. Con riferimento alle diverse fasi del giudizio si intende esemplificativamente:… c)per fase istruttoria: le richieste di prova, le memorie illustrative o di precisazione o integrazione delle domande o dei motivi d’impugnazione, eccezioni e conclusioni, l’esame degli scritti o docu menti delle altre parti o dei provvedimenti giudiziali pronunciati nel corso e in funzione dell’istruzione, gli adempimenti o le prestazioni connesse ai suddetti provvedimenti giudiziali, le partecipazioni e assistenze relative ad attività istruttorie, gli atti necessari per la formazione della
prova o del mezzo istruttorio anche quando disposto d’ufficio, la designazione di consulenti di parte, l’esame delle corrispondenti attività e designazioni delle altre parti, l’esame delle deduzioni dei consulenti d’ufficio o delle altre parti, la notificazione delle domande nuove o di altri atti nel corso del giudizio compresi quelli al contumace, le relative richieste di copie al cancelliere, le istanze al giudice in qualsiasi forma, le dichiarazioni rese nei casi previsti dalla legge, le deduzioni a verbale, le intimazioni dei testimoni, comprese le notificazioni e l’esame delle relative relate, i procedimenti comunque incidentali comprese le querele di falso e quelli inerenti alla verificazione delle scritture private. Al fine di valutare il grado di complessità della fase rilevano, in particolare, le plurime memorie per parte, necessarie o autorizzate dal giudice, comunque denominate ma non meramente illustrative, ovvero le plurime richieste istruttorie ammesse per ciascuna parte e le plurime prove assunte per ciascuna parte. La fase rileva ai fini della liquidazione del compenso quando effettivamente svolta’. La disposizione di cui al D.M. n. 55 del 2014 prevede un compenso unitario per la fase istruttoria e per quella di trattazione, che, pertanto, con detta voce le ricomprende entrambe. Detto compenso, di conseguenza, come già affermato da questa Corte (Cass. 27 marzo 2023 n. 8561), spetta al procuratore della parte vittoriosa anche a prescindere dall’effettivo svolgimento, nel corso del grado del singolo giudizio di merito, di attività a contenuto istruttorio, essendo sufficiente la semplice trattazione della causa (Cass. Sez. 2, Ord. n. 30219 del 2023).
1.6.Nella specie, la CTR non si è attenuta al suddetto principio di diritto nell’escludere la liquidazione dei compensi per la fase di istruttoria/ trattazione in quanto ‘ la fase istruttoria e/o trattazione non andava liquidata in assenza di adempimenti processuali riportabili a tale voce’ ‘atteso inoltre che la produzione di documenti, in occasione dello svolgimento di altre fasi processuali, quale quella introduttiva, non equivaleva allo svolgimento della fase istruttoria e/o di trattazione ‘. Invero, il richiamo nella sentenza impugnata a Cass. n. 10206 del 2021 non risulta appropriato in quanto detta pronuncia afferisce alla questione
della liquidazione della voce tariffaria prevista per la fase istruttoria e/o di trattazione nel giudizio di appello.
Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 92 c.p.c., 15 del d.lgs. n. 546/92 per avere la CTR compensato le spese del giudizio di appello per reciproca soccombenza sebbene, nella specie, non vi fosse stata soccombenza reciproca né accoglimento parziale del gravame atteso che la determinazione della maggior somma di spese legali era stata rimessa – nelle conclusioni dell’appello – al prudente apprezzamento del giudice.
2.1. Il motivo è fondato per le ragioni di seguito indicate.
2.2. Ex art. 15, comma 2, del d.lgs. n. 546/ 1992, nella versione vigente ratione temporis : ‘ Le spese di giudizio possono essere compensate in tutto o in parte dalla commissione tributaria soltanto in caso di soccombenza reciproca o qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate ‘.
2.2.In tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite; e ciò, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di gravi ed eccezionali ragioni. (Cass. n. 8421/2017; n. 13229/2011).
2.3.Componendo un contrasto interpretativo, questa Corte, a sezioni unite, con la sentenza, n. 32061 del 31/10/2022 ha statuito che: ‘In tema di spese processuali, l’accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza , configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in più capi, e non consente quindi la condanna della
parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, ma può giustificarne soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall’art. 92, comma 2, c.p.c .'(da ultimo, nello stesso senso, Cass. Sez. 2 , Sentenza n. 13827 del 17/05/2024). Nella specie, la CTR non si è attenuta ai suddetti principi nel disporre la compensazione integrale delle spese di lite di secondo grado ‘ atteso che il parziale accoglimento del gravame qualificato come un’ipotesi di soccombenza reciproca ex art. 92 c.p.c.’ ; invero, l’accoglimento parziale dell’unica censura proposta dalla contribuente in punto di liquidazione delle spese – stante la rideterminazione delle spese processuali di primo grado ‘ secondo valori prossimi ai minimi dello scaglione di riferimento e non secondo i valori medi come richiesto dalla società appellante ‘ (v. pag. 3 della sentenza impugnata) non concretava un’ipotesi di soccombenza reciproca al fine di disporre l’integrale compensazione delle spese di lite di secondo grado, a meno che non fossero state sussistenti altre ipotesi -tra le ulteriori previste nel comma 2 dell’art. 92 c.p.c. – tali da giustificare la compensazione (parziale o per intero) delle stesse.
3.In conclusione, vanno accolti il primo motivo nei termini di cui in motivazione e il secondo motivo, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado delle Marche, in diversa composizione;
P.Q. M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione e il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado delle Marche, in diversa composizione;
Così deciso in Roma il 5 novembre 2024