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Liquidazione spese legali: compenso irrisorio è nullo

La Corte di Cassazione ha annullato una decisione di merito che aveva liquidato un compenso di soli 30 euro per un giudizio di ottemperanza. La Suprema Corte ha stabilito che una liquidazione spese legali così esigua, e notevolmente al di sotto dei minimi tabellari, è illegittima se non adeguatamente motivata dal giudice, definendola “inadeguata ed irrisoria”. Il caso è stato rinviato per una nuova e corretta determinazione del compenso.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Liquidazione spese legali: no a compensi irrisori e ingiustificati

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale a tutela della dignità della professione forense: la liquidazione spese legali non può essere arbitraria o simbolica. Con la decisione in commento, la Suprema Corte ha cassato una sentenza che aveva riconosciuto un compenso di soli 30 euro a un legale, definendo tale importo “del tutto inadeguato ed irrisorio”. Questo caso offre spunti cruciali sul dovere di motivazione del giudice quando si discosta dai parametri ministeriali.

I fatti del caso: una condanna simbolica

La vicenda nasce da un giudizio di ottemperanza promosso da un contribuente, assistito dal proprio avvocato, per ottenere dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione il pagamento di un residuo dovuto a titolo di contributo unificato, pari a 120 euro. Il giudice dell’ottemperanza, pur riconoscendo le ragioni del ricorrente, condannava l’Agenzia alla rifusione delle spese processuali liquidandole nella misura di appena 30 euro, oltre accessori.

Ritenendo tale importo manifestamente ingiusto e sproporzionato rispetto all’attività svolta e ai parametri di legge, l’avvocato, in qualità di difensore antistatario, proponeva ricorso per cassazione, denunciando la violazione delle norme sui compensi professionali.

La corretta applicazione dei parametri nella liquidazione spese legali

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente le doglianze del legale. I giudici di legittimità hanno ricordato che, sebbene il vincolo di inderogabilità dei minimi tariffari sia stato superato, i parametri stabiliti dal D.M. 55/2014 costituiscono il criterio di riferimento per la liquidazione del compenso. Questi parametri non sono mere indicazioni, ma definiscono la “misura economica standard” della prestazione professionale.

Il giudice può discostarsi da tali parametri, sia in aumento che in diminuzione, ma solo fornendo una specifica e adeguata motivazione. Tale obbligo diventa ancora più stringente quando lo scostamento è, come nel caso di specie, “notevole”.

Le motivazioni

La Corte ha rilevato che il giudice dell’ottemperanza si era discostato in minus in modo eclatante non solo dai valori medi previsti per la controversia (pari a 525 euro), ma anche dai valori minimi (pari a 280 euro). La liquidazione di soli 30 euro è stata considerata “ingiustificata”, “inadeguata” e “irrisoria”, in quanto non supportata da alcuna ragione logico-giuridica che potesse spiegare una riduzione così drastica. La decisione impugnata, quindi, violava il principio secondo cui la liquidazione deve essere conforme alle risultanze degli atti e ai parametri ministeriali, che servono a garantire un compenso equo e proporzionato al lavoro svolto dal professionista.

Le conclusioni

La Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata limitatamente al capo relativo alla liquidazione delle spese, rinviando la causa alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Roma per una nuova determinazione. Questa pronuncia riafferma con forza che la discrezionalità del giudice nella quantificazione dei compensi legali non può tradursi in arbitrio. Una liquidazione simbolica o palesemente sproporzionata non solo lede il diritto del professionista a un giusto compenso, ma mina anche la dignità stessa della funzione difensiva. I giudici sono tenuti a motivare puntualmente ogni scostamento significativo dai parametri, garantendo così trasparenza e possibilità di controllo sulla loro decisione.

Un giudice può liquidare le spese legali in misura inferiore ai minimi previsti dai parametri professionali?
Sì, il giudice può discostarsi dai parametri, anche riducendo l’importo al di sotto dei minimi, ma è tenuto a fornire una specifica e adeguata motivazione per spiegare le ragioni di tale scostamento, specialmente se è significativo.

Cosa succede se un compenso legale viene liquidato in misura “inadeguata ed irrisoria”?
Una liquidazione giudicata “inadeguata ed irrisoria” e priva di giustificazione è illegittima. La parte interessata può impugnare la decisione, come avvenuto in questo caso, e la Corte di Cassazione può annullare (cassare) la sentenza, rinviando la causa a un altro giudice per una nuova e corretta determinazione del compenso.

Qual è il ruolo dei parametri forensi (D.M. 55/2014) nella decisione del giudice?
I parametri forensi non sono più vincolanti come le vecchie tariffe, ma costituiscono i criteri di riferimento standard. Essi individuano la misura economica di base per la prestazione professionale e il giudice deve tenerne conto. Ogni deviazione rilevante da questi parametri deve essere esplicitamente giustificata nella motivazione della sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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