Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11537 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11537 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 144/2019 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, n. 4129/2018, depositata il 3 maggio 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
–NOME COGNOME avvalendosi della normativa di cui all’art. legge 289/02, effettuava un versamento d’imposta pari a euro
6.427,00, definendo gli anni relativi al periodo d’imposta 1997/2001; in data 10 agosto 2004, la Guardia di finanza di Eboli notificava un processo verbale di contestazione, evidenziando per il periodo 1 gennaio 1998 -15 ottobre 2003, alcune violazioni della normativa IRPEF, IVA e IRAP.
L’Agenzia delle entrate, sulla base del medesimo processo verbale, notificava al ricorrente, in data 9 dicembre 2005, gli avvisi di accertamento anni 1998 – 2003 per maggiori IRPEF, IRAP e IVA.
Avverso tali avvisi di accertamento venivano proposti distinti ricorsi innanzi alla Commissione tributaria provinciale.
L’ Agenzia delle entrate si costituiva con proprie controdeduzioni.
Riuniti i ricorsi, con sentenza n. 406/13/06, la Commissione tributaria provinciale di Salerno in accoglimento parziale, dei ricorsi, rideterminava le basi imponibili, riportate nell’accertamento, ai fini IRPEF, IRAP e IVA.
Avverso tale sentenza, il COGNOME proponeva appello.
L’ufficio proponeva appello incidentale e la Commissione tributaria regionale di Napoli, sezione staccata di Salerno, con sentenza n. 163 depositata l’ 11 maggio 2009, respingeva entrambi gli appelli confermando la sentenza di primo grado.
Avverso tale sentenza l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione.
Con ordinanza n. 16525 del 2017, la Corte di cassazione annullava la sentenza impugnata e rinviava la controversia alla Commissione tributaria regionale della Campania.
-La Commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, con sentenza n. 4129/18 in data 3 maggio 2018, accoglieva l’appello del contribuente limitatamente alle operazioni bancarie di prelevamento e l’I RAP, confermando nel resto gli avvisi di accertamento.
–NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
Parte ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli art. 384 comma 2 cod. proc. civ., art. 324 cod. proc. civ., art. 112 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 4 non avendo la Commissione tributaria regionale della Campania rispettato il principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione nell ‘ ordinanza n. 16525 del 2017, con conseguente superamento dei limiti da esso imposto e pervenendo a una nuova e diversa decisione relativamente alla incidenza dei costi sui ricavi ai fini IRPEF, nel mentre il principio di diritto limitava l ‘ esclusione di tale incidenza ai soli fini IVA.
Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli art. 384, comma 2, cod. proc. civ., 2009 cod. civ. e 324 cod. proc. civ. , in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3 per non avere la Commissione tributaria regionale tenuto in adeguato conto che nel principio di diritto enunciato la Corte ha ritenuto la determinazione in via presuntiva dei costi IRPEF, come correttamente era stato statuito anche dai giudici del primo e secondo grado di giudizio. Si deduce che l’Agenzia delle entrate con il ricorso principale ha lamentato esclusivamente la determinazione in via presuntiva dei costi sui ricavi ai fini IVA, senza nulla eccepire in ordine alla determinazione della percentuale di incidenza nella misura del 40% dei costi sui ricavi, ai fini IRPEF, così come deciso dai giudici del primo grado di giudizio e confermato in secondo grado. Il Giudice del rinvio, quindi, avrebbe esorbitato dai limiti imposti dalla legge al giudizio rescissorio,
avendo rimesso in discussione circostanze di fatto sulle quali era fondato lo stesso principio di diritto enunciato dal giudice del rescindente.
1.1. -Entrambi i motivi, da trattarsi congiuntamente, sono fondati.
In ipotesi di cassazione con rinvio per violazione di norme di diritto, il giudice del rinvio deve uniformarsi non solo alla “regola” giuridica enunciata, ma anche alle premesse logico-giuridiche della decisione, e attenersi agli accertamenti già compresi nell’ambito di tale enunciazione, senza poter estendere la propria indagine a questioni che, pur se in ipotesi non esaminate nel giudizio di legittimità, costituiscono il presupposto stesso della pronuncia, formando oggetto di giudicato implicito interno, atteso che il riesame delle suddette questioni verrebbe a porre nel nulla o a limitare gli effetti della sentenza, in contrasto col principio di intangibilità della stessa (Cass., Sez. I, 3 marzo 2022, n. 7091; Cass., Sez. III, 22 agosto 2018, n. 20887; Cass., Sez. V, 16 ottobre 2015, n. 20981).
In sede di legittimità, il ricorso dell’Agenzia era stato accolto limitatamente al terzo motivo con cui era stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli art. 19 e 55 del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione al fatto che la Commissione tributaria regionale, nel riconoscere una percentuale induttiva di costi, aveva esteso l’operatività del riconoscimento anche ai fini IVA. Al riguardo, la pronuncia rescindente ha ritenuto il motivo fondato, perché « nel caso di determinazione della base imponibile mediante accertamento induttivo puro, la esigenza che l’Ufficio accertatore determini presuntivamente, unitamente ai maggiori redditi non esposti, anche i correlati costi sostenuti nello svolgimento dell’attività economica, da dedurre dal reddito lordo, si pone esclusivamente al fine della applicazione delle “imposte dirette” (cfr. Cass. n. 28028/2008; n. 3995/2009), mentre tale esigenza
esula del tutto dalla ricostruzione induttiva del “volume di affari” in relazione alla quale viene in questione, ai fini della liquidazione dell’IVA dovuta, la diversa esigenza di dover applicare comunque il principio di neutralità della imposta, dovendo considerare l’Ufficio a tal fine esclusivamente le detrazioni D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 19, corrispondenti alla imposta effettivamente versata dal contribuente ed a quella effettivamente corrisposta in rivalsa sull’acquisto di beni e servizi destinati allo svolgimento dell’attività economica, ma con riferimento soltanto agli importi risultanti dalle liquidazioni periodiche previste dal d.P.R. n. 633 del 1972, art. 27, (e dall’art. 33 vigente al tempo), (cfr. D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, comma 1, ultimo periodo) ».
La contestazione, dunque, riguardava esclusivamente l’IVA per cui sull’IRPEF si era formato il giudicato. La pronuncia impugnata, trattando ulteriori profili non devoluti dalla fase rescindente, ha dato luogo a una extra petizione.
-Il ricorso va dunque accolto.
La sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, sezione staccata di Salerno, in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, sezione staccata di Salerno, in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 31 gennaio 2025.