Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21158 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21158 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8815/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
avverso SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LIGURIA n. 1004/2019 depositata il 13/08/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/06/2025
dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale della Liguria ( hinc: CTR), con la sentenza n. 1004/2019 depositata in data 13/08/2019, ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza n. 582/2016, con la quale la Commissione tributaria provinciale di Genova aveva accolto il ricorso della RAGIONE_SOCIALE contro l’atto di recupero con il quale era stato contestato il superamento del limite per le compensazioni o per i crediti rimborsabili ex art. 34, comma 1, legge n. 388 del 2000, con riferimento al periodo d’imposta 2009.
La CTR ha ritenuto che l’atto di recupero, nel porre limiti alla compensazione del credito IVA, fosse contrario ai principi unionali, affermando che il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili, fissato in Euro 516.456,00 per ciascun anno solare (elevato in Euro 700.000 dal 01/01/2014), non trovasse applicazione.
Contro la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con un motivo.
La curatela del RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
…
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate ha denunciato la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 34, comma
1, legge n. 388 del 2000 e 38 bis d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., con riferimento alla legittimità del limite posto alla compensabilità dei crediti IVA, nonché alla correttezza dell’operato dell’amministrazione finanziaria nell’erogazione dei rimborsi IVA.
1.1. La ricorrente rileva come non fossero corrette le affermazioni del giudice di seconde cure, secondo cui l’art. 34, comma 1, legge n. 388 del 2000 (nella versione applicabile ratione temporis ), nel porre limiti alla compensazione del credito IVA, sarebbe contrario ai principi del diritto europeo e che tale disposizione non potesse, comunque, trovare applicazione, considerato che il limite era stato oltrepassato per colpa dell’amministrazione finanziaria ovvero del concessionario.
1.2. Difatti, sotto il primo profilo, ad avviso della ricorrente la sentenza della CGUE 28/07/2011, causa C-274/10, citata dalla CTR a conforto della sua decisione, riguardava la normativa ungherese che negava il rimborso dell’eccedenza di IVA detraibile nel caso specifico in cui il corrispettivo dovuto non fosse stato ancora pagato. L’Agenzia delle Entrate h a quindi richiamato la giurisprudenza di questa Corte sull’art. 3 4 legge n. 388 del 2000, che ha costantemente applicato la disposizione che la CTR ha ritenuto contraria al diritto unionale.
1.2. Con riferimento al secondo profilo – e cioè alla pretesa colpa dell’amministrazione finanziaria – la parte ricorrente ha rilevato come i termini per i rimborsi indicati nell’art. 38 bis d.P.R. n. 633 del 1972 non possano essere considerati perentori, dato che tale erogazione avviene sulla base dell’ordine cronologico delle domande presentate dai contribuenti e dei fondi messi a disposizione a livello centrale. La decisione della CTR comporta, quindi, una falsa applicazi one dell’art. 38 bis cit. Tanto più che proprio tale disposizione non fa discendere
alcun’altra conseguenza dal ritardo, oltre alla corresponsione degli interessi. Diversamente, non è prevista alcuna disposizione che stabilisca una deroga all’art. 38 legge n. 388 del 2000.
1.3. Peraltro, nel caso in esame il rimborso chiesto con la dichiarazione -presentata nel settembre 2008 con riferimento all’anno d’imposta 2007 pari a Euro. 801.316 era stato riconosciuto nel minor importo di Euro 416.456. Ciò conferma la presenza di valide ragioni che hanno dilatato il tempo richiesto per l’effettuazione del rimborso.
Passando all’esame del ricorso occorre fissare le coordinate ermeneutiche che presiedono all’interpretazione della disposizione posta a fondamento del motivo di ricorso. Questa Corte ha, infatti, precisato che in tema di IVA, l ‘ art. 34 legge n. 388 del 2000, nel testo applicabile ratione temporis , sancendo che, a decorrere dal 01/01/2001, il limite massimo dei crediti d’imposta e dei contributi compensabili ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. n. 241 del 1997, per i soggetti intestatari di conto fiscale, è fissato in un miliardo di lire (pari a Euro 516.546,90) per ciascun anno solare, ha inteso introdurre, per ogni periodo d’imposta, al fine di non squilibrare eccessivamente le previsioni di gettito fiscale annuale, un limite invalicabile alla possibilità del contribuente di porre in compensazione crediti fiscali e debito IVA, che non può essere superato anche in sede di liquidazioni periodiche IVA, come confermato anche dalla Corte di Giustizia, nella sentenza del 16 marzo 2017, in C-211/2016, secondo cui la disciplina comunitaria non osta a tali limitazioni, purché sia assicurato al soggetto passivo l’integrale recupero del credito d’imposta sul valore aggiunto entro un termine ragionevole (Cass., 29/03/2017, n. 8101).
2.1. Ciò premesso il motivo è infondato.
Nel caso di specie, secondo quanto risulta dal ricorso, a seguito del controllo relativo all’anno d’imposta 2009, veniva contestat a la compensazione ex art. 17 legge n. 241 del 1997 per l’importo di Euro 60.827,06 (crediti IVA per l’anno 2008) e per Euro 145.970,20 (crediti per i primi tre trimestri del 2009). Sempre nell’anno 2009 era stato erogato un rimborso di Euro 416.456,00, relativo all’eccedenza IVA risultante dalla dichiarazione per l’anno d’imposta 2007.
2.2. Il limite previsto dall’art. 34 legge n. 388 del 2000 è stato ritenuto compatibile la disciplina unionale dalla CGUE (16/03/2017, C-211/2016), secondo la quale l ‘articolo 183, primo comma, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che limita la compensazione di taluni debiti tributari con crediti d’imposta sul valore aggiunto a un importo massimo determinato, per ogni periodo d’imposta, a condizione che l’ordinamento giuridico nazionale preveda , comunque, la possibilità per il soggetto passivo di recuperare tutto il credito d’imposta sul valore aggiunto entro un termine ragionevole.
2.3 . La disposizione dell’art. 34 legge n. 388 del 2000 prevede, tuttavia, un limite per ciascun anno solare. Nel caso di specie è incontestato che il credito IVA rimborsato nel febbraio 2009 mediante accredito dell’importo di Euro 415.456 riguardasse l’anno d’imposta 2007 e fosse stato chiesto nella dichiarazione presentata nel 2008. È pertanto evidente che l’anno d’imposta di rife rimento fosse il 2007. L’amministrazione finanziaria ha, tuttavia, cumulato al credito appena richiamato altri due crediti IVA portati in
compensazione dal contribuente e riferiti a due diversi periodi d’imposta (2008 e 2009).
2.4. Deve, quindi, ritenersi che, in materia di crediti IVA compensabili ( ai sensi dell’art. 17 d.lgs. n. 241 del 1997 ) o rimborsabili, il limite previsto dall’art. 34 legge n. 388 del 2000 sia da riferire a ciascun anno solare, da intendere in termini di competenza ( i.e. il periodo d’imposta in cui è sorto il credito oggetto di rimborso) e non di cassa ( i.e. l’anno in cui l’amministrazione finanziaria procede alla materiale erogazione del rimborso), venendosi altrimenti a violare non solo il tenore letter ale dell’art. 34, comma 1, legge n. 388 cit., ma anche i principi di ragionevolezza e proporzionalità evocati dalla giurisprudenza unionale nel consentire leciti i limiti annuali previsti nella disposizione appena richiamata (CGUE, 16/03/2017, C-211/2016).
2.5. Il ricorso è, pertanto, infondato e deve essere rigettato, con la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese di lite, così come liquidate nel dispositivo.
…
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna la parte ricorrente a pagare in favore del controricorrente le spese del presente giudizio, liquidate in Euro 7.600,00 per compensi e in Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% spese generali, I.V.A. e c.a.
Così deciso in Roma, il 11/06/2025.