Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13872 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13872 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 34098/2019 proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del direttore pro tempore rappresentata e difesa come per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato (PEC: )
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE unipersonale in persona del legale rappresentante pro tempore
-intimata – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana n. 1293/06/18 depositata in data 05/07/2018, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME all’adunanza camerale del 23/04/2025;
Rilevato che:
Oggetto: violazione limite compensazione
-la società RAGIONE_SOCIALE impugnava sia l’avviso di accertamento sia il provvedimento di irrogazione sanzioni (nella misura del 30%) notificati alla stessa a seguito dell’utilizzo illegittimo in compensazione del credito d’imposta ex art. 34 c. 1 della L. n. 388 del 2000; ne derivava la rideterminazione dell’iva dovuta, oggetto della ridetta illegittima compensazione secondo l’Ufficio;
-la CTP rigettava il ricorso; appellava la contribuente;
-con la sentenza ora gravata la CTR della Toscana, per quanto di interesse in questa sede, accoglieva il motivo di appello concernente la legittimità della compensazione orizzontale operata oltre soglia, ritenendo che tale condotta non fosse valutabile sullo stesso piano sanzionatorio dell’omesso versamento;
-ricorre a questa Corte l’Agenzia delle Entrate con atto affidato a un solo motivo di gravame;
-la società contribuente è rimasta intimata nel presente giudizio di Legittimità;
Considerato che:
-l’unico motivo di ricorso lamenta la violazione/falsa applicazione dell’art. 13 c. 1 del d. Lgs. n. 471 del 1997 in combinato disposto con l’art. 3 c. 1 del d. Lgs. n. 472 del 1997, nonché con l’art. 15 c. 1 lett. o) del d. Lgs. n. 158 del 2015, in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la pronuncia di merito erroneamente ritenuto che l’indebita compensazione di un credito d’imposta in misura eccedente i limiti massimi posti dalla legge non sia equiparabile all’omesso versamento delle imposte dovute fissate alle scadenze dell’ordinamento tributario;
-il motivo è manifestamente fondato;
-questa Corte è costante nel ritenere indubbio che, in ipotesi di superamento del limite massimo dei crediti d’imposta
Cons. Est. NOME COGNOME
compensabili, si realizzi quel mancato versamento di parte del tributo alle scadente previste, che è sanzionato dal d. Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, comma 1, così come accade ogniqualvolta sia utilizzata la compensazione in assenza dei relativi presupposti (a partire da Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 18369 del 2012; si veda poi anche Cass. 18080 del 2017);
-ancora, si è poi ulteriormente precisato che (in argomento Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 12645 del 19/05/2017) in base al combinato disposto dell’art. 73, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972 e dell’art. 8 del d.P.R. n. 542 del 1999, la società controllante non può utilizzare, ai fini di compensazione cd. orizzontale, le eccedenze di credito emergenti dalle dichiarazioni delle controllate, la cui disponibilità è trasferita, per effetto dell’opzione per il regime di liquidazione dell’IVA di gruppo, alla capogruppo, che, in base all’art. 4, comma 4, del d.M. n. 11065 del 1979, le annota nei propri registri. Detta limitazione è coerente con la natura meramente endoprocedimentale della disciplina dell’IVA di gruppo, finalizzata soltanto a semplificare la liquidazione ed il versamento del tributo, e in forza di detta natura procedimentale della disciplina le società controllate non perdono al loro soggettività ai fini fiscali sicché la compensazione è ammissibile per i soli crediti che siano confluiti nella dichiarazione presentata dalla società controllante ed influenti sull’IVA complessivamente dovuta dalla capogruppo e dalle controllate, che restano autonomi soggetti passivi d’imposta. La compensazione indebitamente operata comporta quindi l’applicabilità della sanzione di cui all’art. 13, comma 1, del d. Lgs. n. 471 del 1997 posto che il mancato versamento del tributo alle scadenze previste
determina il ritardato incasso erariale, con ‘deficit’ di cassa, sia pure transitorio, nel periodo infrannuale;
-deve andare altresì aggiunto, a completamento delle argomentazioni sopra svolte, che la ratio della richiamata giurisprudenza corrisponde all’esigenza, di cui alle disposizioni in tema di bilancio pubblico, di garantire le entrate stabilite, ciò che impone di mantenere le imposte che non vengono immediatamente sostituite con altri flussi (in argomento Cass. 08/10/2013, n. 22833, non massimata, in motivazione);
-deve qui darsi ulteriore continuità alla giurisprudenza di questa Corte sopra ricordata secondo la quale, il superamento del limite massimo dei crediti di imposta compensabili equivale al mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste, in quanto il contribuente, utilizzando il credito oltre il limite di legge, non ha versato parte delle somme dovute all’Erario (cfr. in tal senso, oltre alle pronunce già citate, anche Cass. 17/04/2019, n. 10708; Cass. 26/10/2012, n. 18359);
-l’equivalenza tra le due fattispecie (ossia tra la compensazione oltre il limite e l’omesso versamento) non va invero intesa nel senso che la fattispecie normativa di cui all’art. 13 è stata applicata ad un caso diverso da quello previsto, ma nel senso che l’ipotesi concreta (ossia il superamento del limite massimo) è quindi direttamente riconducibile al disposto normativo, del quale costituisce declinazione concettuale derivata ma implicitamente ricompresa nel letterale dettato della previsione di legge;
-va infine osservato che ancora di recente questa Corte, risolvendo la questione relativa alla rilevanza, ai fini che qui in parte interessano, dell’innalzamento del limite previsto per la compensazione in argomento con specifica rilevanza in ordine alla possibile ‘abolitio criminis’ ai fini dell’applicazione o meno delle sanzioni tributarie (in argomento si veda Cass.
Cons. Est. NOME COGNOME
Sez. 5, Sentenza n. 33999 del 23/12/2024) ha superato l’orientamento precedente – con ciò facendo venir meno ogni possibile profilo di contrasto tra trends giurisprudenziali -chiarendo che in tema di Iva, l’innalzamento del limite annuo di compensabilità orizzontale dei crediti d’imposta in seguito alla modifica delle norme extra-precetto, di cui all’art. 34, comma 1, della l. n. 388 del 2000, non comporta alcuna “abolitio criminis”, in quanto rimangono immutate la condotta sanzionata quale la compensazione in misura superiore al limite annuo, equivalente ad un omesso versamento alle scadenze previste – e la misura della sanzione; -ne consegue che lo “ius superveniens”, pertanto, non determina i presupposti per l’applicabilità del principio del “favor rei”, realizzando un mero fenomeno di successione di leggi nel tempo, che non ha abrogato la suddetta fattispecie incriminatrice, ma ha solo innalzato -in forza della modifica della norma extra-precetto – la soglia di tale tetto annuo, mantenendo il disvalore della condotta e la risposta sanzionatoria;
-in conclusione, la sentenza impugnata non ha fatto applicazione dei superiori principi e, in accoglimento del ricorso, la stessa è cassata;
-non risultando necessari ulteriori accertamenti in fatto, la controversia va decisa nel merito con il rigetto dell’originario ricorso della RAGIONE_SOCIALE;
-le spese processuali del giudizio di merito possono compensate tra le parti; quelle del giudizio di Legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo;
p.q.m.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l’originario ricorso della contribuente; c ompensa le spese del giudizio di merito; condanna la parte intimata al pagamento delle spese processuali del giudizio di Legittimità in favore di parte ricorrente che liquida in euro 2.400,00, oltre a spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 23 aprile 2025.