Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18377 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 18377 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/07/2024
Oggetto: sanzioni -massimo compensabile -abolitio criminis -ampliamento soglia liceità -principio di diritto
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 12653/2017 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t.;
-intimata – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia, sez. staccata di Lecce, n.2740/24/2016 depositata il 16 novembre 2016, e che non risulta notificata.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 13 marzo 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Udito per l’ Avvocatura RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE l’AVV_NOTAIO. Udite le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO, nel senso del l’accoglimento del ricorso.
Fatti di causa
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia, sez. staccata di Lecce, veniva rigettato l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Brindisi n. 141/3/13 la quale aveva accolto il ricorso introduttivo proposto dalla RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto l’ atto di contestazione sanzioni n. TVHCOA100725/2012 irrogate per gli anni di imposta 2009, 2010 e 2011.
A seguito di verifica fiscale l’Amministrazione finanziaria contestava per i tre anni di imposta indebite compensazioni per un importo eccedente il limite annuale compensabile, determinato ex art.34 l. 388/2000 nel testo vigente ratione temporis , in un miliardo di lire pari a euro 516.456,90. Il limite massimo veniva superato per il 2009 in quanto l’ importo compensato era stato di euro 766.965,00, per il 2010 il credito compensato era stato di euro 884.384,34 e anche per il 2011 il limite non era stato rispettato, essendo stato portato in compensazione un credito complessivo pari ad euro 525.995,16. Per l’effetto, in
applicazione dell’art.13, 4° comma, d.lgs. n. 471/1997, l’RAGIONE_SOCIALE applicava la sanzione del 30% sull’ammontare dei crediti indebitamente compensati per l’eccedenza .
La Commissione Tributaria Provinciale di Brindisi accoglieva il ricorso quanto all’annualità 2010 e riduceva al 10% la sanzione applicata per gli anni di imposta 2009 e 2011, decisione confermata dal giudice d’appello.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE, affidato a due motivi, mentre la contribuente è rimasta intimata.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo, in relazione all’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ., viene dedotta la violazione e falsa applicazione da parte del giudice d’appello degli artt. 25 del d.lgs. n.241/1997, 34 l. n. 388/2000 e 13 d.lqs. n. 471/1997 vigente ratione temporis .
Il motivo è infondato.
6.1. Il quadro normativo applicabile e la sua interpretazione sono ricostruiti come segue. L’articolo 25, comma 2, d.lgs. n. 241/1997 fissa, per ciascun periodo d’imposta, un limite quantitativo alla possibilità di compensazione, stabilendo che «il limite massimo dei crediti d’imposta e dei contributi che possono essere compensati, è, fino all’anno 2000, fissato in 500 milioni per ciascun periodo d’imposta», soglia successivamente elevata a norma dell’articolo 34, comma 1, della legge n. 388/2000, il quale prevede che «a decorrere dal 1° gennaio 2001 il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale, è fissato in lire 1 miliardo per ciascun anno solare».
In tema di agevolazioni tributarie, la compensazione di un credito di imposta superiore al limite massimo previsto dalla legge equivale al
mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste, sicché si applica la sanzione prevista dall’art.13 del d.lgs. n. 471 del 1997, così come accade ogniqualvolta sia utilizzata la compensazione in assenza dei relativi presupposti (Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 10708 del 17/04/2019).
L’art. 34 della l. n. 388 del 2000, sancendo un limite massimo dei crediti d’imposta e dei contributi compensabili, ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. n. 241 del 1997, per i soggetti intestatari di conto fiscale, ha inteso introdurre per ogni periodo d’imposta un limite invalicabile alla compensazione di crediti IVA e debiti relativi ad altre imposte, al fine di non squilibrare eccessivamente le previsioni di gettito fiscale annuale (Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 35385 del 01/12/2022).
Inoltre, la violazione del superamento del plafond annuale compensabile non è una violazione meramente formale, in quanto non rispondente ai due concorrenti requisiti di non arrecare pregiudizio all’esercizio RAGIONE_SOCIALE operazioni di controllo e, al contempo, di non incidere sulla determinazione della base imponibile dell’imposta e sul versamento del tributo (cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 22430 del 22/10/2014).
6.2. Il combinato disposto RAGIONE_SOCIALE previsioni sulle soglie di compensabilità trova coerente conseguenza sul piano sanzionatorio nell’ art.13, 4° comma, d.lgs. n. 471/1997, il quale dispone: «Nel caso di utilizzo di un’eccedenza o di un credito d’imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione RAGIONE_SOCIALE modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti si applica, salva l’applicazione di disposizioni speciali, la sanzione pari al trenta per cento del credito utilizzato.».
6.3. Tale soglia ha poi subito un ulteriore innalzamento da euro 516.546,90 a euro 700.000,00 per la compensazione dei crediti IVA, in forza dell’art. 9, comma 2, del d.l. n. 35 del 2013, conv, in l. n. 64 del 2013. La Sezione ha stabilito che tale innalzamento ha determinato una riduzione della condotta rilevante ai fini dell’applicazione della san-
zione ex art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997, che risulta pertanto circoscritta all’omesso versamento di importi eccedenti il più elevato tetto, con conseguente applicazione, ai processi ancora in corso, del regime sanzionatorio più favorevole per il contribuente, in ossequio al principio del “favor rei” di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 472 del 1997 (Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 18367 del 30/06/2021). 6.4. S
6.5. L ‘art.22 del d.l. 25 maggio 2021 n.73 , c.d. Decreto Sostegni Bis, ha ulteriormente elevato il limite a 2 milioni di euro per ciascuna annualità, estendendo la soglia annuale dei crediti compensabili o rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale per l’anno 2021.
6.6. Un’ultima precisazione, rilevante sul piano sistematico della ricostruzione normativa , è necessaria. L’incremento della soglia a 2 milioni di euro ai fini dell’ abolitio criminis parziale è stato operato da parte dell’articolo 22 del Decreto Sostegni Bis, per il solo anno 2021. Tale perimetro temporale è stato mantenuto dalla legge 23 luglio 2021, n. 106 recante la “conversione in legge con modificazioni, del decretolegge 25 maggio 2021, n. 73, recante misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi ‘. Tale misura è stata stabilizzata dall’art.1, comma 72, della legge 30 dicembre 2021, n.234 (legge di bilancio 2022): «A decorrere dal 1° gennaio 2022, il limite previsto dall’articolo 34, comma 1, primo periodo, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è elevato a 2 milioni di euro».
Solo la legge di bilancio 2022 ha dunque ha permanentemente modificato, con decorrenza dal 2022, a 2 milione di euro il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili, ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale.
Quanto al versante interpretativo della vorticosa attività di novella da parte del legislatore, la Sezione (Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 35385 del 01/12/2022) ha affermato, in tema di imposta armonizzata, che la violazione del limite previsto per legge alla compensabilità equivale al mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste, sanzionato dall’art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997, la cui misura tuttavia, nei processi ancora in corso ed in ossequio al principio del favor rei , di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 472 del 1997, deve tener conto dell’innalzamento del limite d’importo compensabile dei crediti IVA, disposto dalla normativa successiva, così da determinare la riduzione della condotta sanzionabile all’omesso versamento di importi eccedenti il più elevato tetto.
Tale orientamento, condiviso dal Collegio e cui merita data ulteriore continuità per le ragioni che seguono, porta a fare applicazione RAGIONE_SOCIALE ius superveniens più favorevole, secondo il quale non costituisce violazione sanzionabile la compensazione effettuata sino alla soglia di euro 2.000.000,00, ed è pacifico che nella fattispecie la compensazione è stata effettuata per importi contenuti entro il limite consentito dalla legge più favorevole sopravvenuta, dal momento che per il 2009 euro l’importo totale compensato è di euro 766.965,00, per il 2010 di euro 884.384,34 e per il 2011 di euro 525.995,16.
Sul piano della ricostruzione di sistema tale orientamento interpretativo innanzitutto non si pone in contrasto con i principi di diritto desumibili dalla sentenza RAGIONE_SOCIALE Sez. U. n. 13145 del 27/04/2022, resa in materia di agevolazioni per l’acquisto della prima casa.
9.1. È costante l’affermazione da parte della Sezione Tributaria che, qualora da una certa data un’imposta non sia pi ù dovuta, ma lo resti per il periodo precedente, non si verifica alcuna abolitio criminis, la quale richiede la radicale eliminazione del presupposto impositivo. Se, dunque, l’imposta continua a essere dovuta per il periodo antecedente
all’intervento normativo che l’ha poi esclusa, per quel periodo sono dovute anche le sanzioni (cfr. in materia di successione dell’IRAP all’ILOR (Cass. nn. 8717/03, 25053/06, 21168/08, 17981/12, 16610/15; al subentro di un aspetto della disciplina dell’IMU a quella dell’ICI, Cass. nn. 8554 e 8555/16).
9.2. Nel caso regolato dalla sentenza RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite da ultimo richiamata, il precetto consiste nell’obbligo di rendere la dichiarazione in ordine ai presupposti dell’agevolazione IVA prima casa, che dev’essere rispondente al vero in ragione della fruizione automatica del beneficio, e l’infrazione consiste nella dichiarazione mendace e, a fronte dell’infrazione, la sanzione è rimasta immutata. Dunque, in quel caso non si è discusso dell’applicazione di un trattamento sanzionatorio mitigato e quindi pi ù favorevole, ma si è affermato che il trattamento sanzionatorio debba essere escluso, in ragione della sopravvenuta eliminazione dell’oggetto della dichiarazione, dovuta all’espunzione dei criteri stabiliti dal d.m. 2 agosto 1969, il quale prevedeva che l’immobile fosse qualificato di lusso laddove avesse una superficie superiore ai 240 mq. Siffatti criteri sono stati sostituiti dal classamento catastali A/1, A/8 e A/9, corrispondente alle abitazioni signorili, a quelle in ville e ai castelli e ai palazzi di eminenti pregi architettonici e storici, per effetto della novella introdotta dall’art. 33 del d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175, in vigore dal 13 dicembre 2014.
9.3. In quella fattispecie il mendacio è rimasto rilevante e, consequenzialmente, le Sezioni Unite hanno stabilito che la modifica dei parametri ai quali ancorare i presupposti per il riconoscimento del beneficio, disposta, quanto all’IVA, dall’art. 33 del d.lgs. n. 175 del 2014, non ha inciso retroattivamente e l’infrazione, costituita dalla dichiarazione mendace, della quale è soltanto cambiato l’oggetto, è rimasta immutata. In altri termini, in quella fattispecie non si è verificata alcuna abolitio criminis .
9.4. Da tale caso va distinta la fattispecie in esame, nella quale vi è stata la modifica di una norma tributaria estranea alla sanzione, con innalzamento della soglia di compensabilità ( plafond ). L’interrogativo sulla misura in cui questa modifica incida retroattivamente sulla sanzione per un comportamento tenuto anteriormente alla modifica conduce nel caso di specie a conclusioni diverse dalla fattispecie dell’agevolazione IVA prima casa. Infatti, nell’innalzamento del plafond ai fini della compensazione del credito IVA vi è stato, a differenza del caso regolato dalle Sezioni Unite, un ampliamento della soglia di liceità.
9.5. L’ applicazione del principio del favor rei in senso stretto con riferimento alle sanzioni, di cui hanno fatto applicazione le Sezioni Unite con riferimento ai benefici prima casa, è cosa diversa dall’ abolitio criminis che investe la fattispecie sostanziale. In quel caso è stata esclusa l’ abolitio criminis perché l’infrazione, costituita dalla dichiarazione mendace, è stata mantenuta. Nel caso in esame al contrario, in conseguenza dell’innalzamento del plafond ai fini della compensazione del credito ai fini IVA, da ultimo come sopra visto sino alla soglia di euro 2.000.000 per effetto dell’ articolo 22 del d.l. 73/2021, la condotta è rimasta la stessa e si configura solo un’ abolitio criminis parziale.
10. L ‘interpretazione proposta è inoltre coerente anche con la giurisprudenza della Sezione che ha interpretato le citate Sez. Unite, con riferimento all’applicabilità del trattamento sanzionatorio più lieve introdotto dall’art. 20 del d.lgs. n. 472 del 1997 nella fattispecie della cessione ad esportatore abituale, con riferimento alla dichiarazione di intenti (Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 23695 del 28/07/2022). In siffatta fattispecie, la Corte ha ritenuto che la modifica dell’art. 7, comma 4 bis, del d.lgs. n. 471 del 1997 ad opera dell’art. 20 del d.lgs. n. 175 del 2014, poi ulteriormente novellato con riguardo al regime sanzionatorio dall’art. 15 del d.lgs. n. 158 del 2015, non abbia comportato un ‘ abolitio criminis attesa la persistente illiceità del fatto.
Quanto alla condotta del cedente/prestatore, la continuità strutturale tra l’originaria previsione e le modifiche sopravvenute che hanno riguardato un mutamento di ordine solo quantitativo degli adempimenti richiesti. Inoltre, mentre va esclusa l’applicazione retroattiva della disciplina introdotta dalla prima novella in forza dell’esplicita norma transitoria contenuta nell’ultimo comma dell’art. 20 del d.lgs. n. 175 del 2014, la Corte ha ritenuto applicabile, per il principio del favor rei e in assenza di norme derogatorie dei principi generali di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 472 del 1997, il regime sanzionatorio più lieve introdotto con l’art. 15 del d.lgs. n. 158 del 2015.
11. La soluzione interpretativa qui proposta è del resto coerente con la stessa giurisprudenza RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite penali della Corte in materia di successione di norme extrapenali (cfr. Cass. pen. n. 19601/2008, COGNOME), quanto al mutamento del presupposto oggettivo RAGIONE_SOCIALE stato di insolvenza dell’impresa e dei presupposti soggettivi inerenti alle condizioni previste per la fallibilit à dell’imprenditore, ai fini del giudizio sul reato di bancarotta. Infatti, l’atto giuridico richiamato in una fattispecie penale conta per gli effetti giuridici che esso produce e non per i fatti con esso definiti e, pertanto, se muta per ius superveniens la definizione legale dei presupposti di un certo atto, non pu ò dirsi che le norme sopravvenute, che quei presupposti mutino, incidano sulla struttura del reato. È con riguardo alla struttura della fattispecie che va condotta l’indagine sugli effetti della successione di norme che hanno regolato quell’elemento.
12. Dev’essere conclusivamente affermato il seguente principio di diritto:
« In materia di IVA, l’innalzamento del limite previsto dall’articolo 34, comma 1, primo periodo, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 per i crediti di imposta e dei contributi compensabili, ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale, previsto per l’anno 2021 dall’art.22, del d.l. 25 maggio 2021, n.73
convertito con modificazioni in legge 23 luglio 2021, n. 106 e reso permanente a decorrere dal 1.1.2022 dall’art.1, comma 72, della legge 30 dicembre 2021, n.234 (legge di bilancio 2022), ha comportato una “abolitio criminis” parziale, in quanto ha inciso sulla fattispecie sostanziale alla base della compensazione ampliando la liceità della condotta, con conseguente applicazione non di un principio di ‘favor rei’ in senso stretto ai fini del trattamento sanzionatorio, bensì direttamente della retroattività della novella . ».
Dall’applicazione del principio che precede deriva la reiezione del motivo, in quanto la decisione di appello è immune dalla censura in disamina.
13. Con il secondo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360 primo comma n.4 cod. proc. civ., si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 cod. proc. civ. per omessa pronuncia sul motivo di appello in cui l’RAGIONE_SOCIALE aveva evidenziato che il giudice di prime cure aveva deciso su una questione non sollevata nel ricorso introduttivo, afferente all’interpretazione dell’art.34 della l. n.388/2000. La censura inoltre pone anche la questione della contraddittorietà della sentenza di primo gr ado, condivisa dal giudice d’appello, nella parte in cui da un lato il giudice afferma che il superamento del plafond non sarebbe sanzionato e poi, per due dei tre anni di imposta in contestazione, riduce la sanzione applicata al 10%.
14. Il motivo è inammissibile per carenza di interesse. La contraddittorietà denunciata è tra la parte in cui il giudice , all’ultima pagina della sentenza impugnata, afferma di aver «accertato che non vi è alcuna norma che sanzioni lo sforamento del limiti di euro 516.456,90 dell’utilizzo in compensazione o a rimborso dei crediti vantati dai contribuenti nei riguardi dell’Amministrazione Finanziaria» e il dispositivo che conferma integralmente la sentenza impugnata, anche nella parte in cui ha applicato le sanzioni nella misura del 10% per le annualità 2009 e
2011. La doglianza incentrata sull’interpretazione dell’art.34 della l. n.388/2000 investe una questione di diritto rimessa al giudice che è chiamato ad applicare tale previsione sulla base dei fatti prospettati dalla parte e, alla luce del principio di diritto affermato dal Collegio quanto al primo motivo, difetta l’interesse ex art.100 cod. proc. civ. in capo all’RAGIONE_SOCIALE sulla questione della contraddittorietà della decisione. 15. Il ricorso è in ultima analisi complessivamente rigettato, e nessun provvedimento dev’essere adottato sulle spese di lite, per assenza di costituzione dell’intimata.
16. Si dà atto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, in presenza di soccombenza della parte ammessa alla prenotazione a debito, non sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma in data 13 marzo 2024