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Lex mitior tributaria: si applica alle sanzioni?

Una società di lavoro, sanzionata con una penale del 200% per l’uso di crediti fiscali inesistenti, ha presentato ricorso. La Corte di Cassazione, di fronte a nuove leggi più favorevoli (principio della lex mitior tributaria), ha sollevato dubbi sulla loro applicabilità a illeciti passati e ha rinviato il caso a una pubblica udienza. La decisione è stata motivata dalla necessità di chiarire se sanzioni così elevate possano avere natura penale e per garantire un’interpretazione uniforme della legge, data l’importanza delle questioni sollevate.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Lex Mitior Tributaria: La Cassazione Rimette la Decisione alla Pubblica Udienza

L’applicazione della lex mitior tributaria, ovvero della legge più favorevole al contribuente in materia di sanzioni, è un tema di cruciale importanza nel nostro ordinamento. Con un’ordinanza interlocutoria, la Corte di Cassazione ha deciso di rinviare a una pubblica udienza una causa che solleva profonde questioni costituzionali e convenzionali. Al centro del dibattito vi è il caso di un’azienda sanzionata per l’utilizzo di crediti fiscali inesistenti, che si trova al bivio tra una vecchia normativa estremamente punitiva e nuove leggi più miti.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un atto di recupero notificato dall’Amministrazione Finanziaria a una società di somministrazione di lavoro. L’Agenzia contestava l’indebita compensazione di crediti IRES per quasi due milioni di euro, relativi all’anno d’imposta 2019. Oltre al recupero del credito e degli interessi, veniva irrogata una sanzione massima pari al 200% del credito stesso, per un importo di quasi venti milioni di euro, ai sensi dell’art. 13, comma 5, del D.Lgs. n. 471/1997.

La società ha impugnato l’atto. In primo grado, la Commissione Tributaria ha parzialmente accolto il ricorso, riducendo la sanzione al 30%. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale, in sede di appello, ha riformato la decisione, ripristinando la sanzione nella misura massima del 200% e confermando la legittimità dell’atto di recupero. Contro questa sentenza, la società ha proposto ricorso per cassazione.

Le Questioni Giuridiche Sollevate: Focus sulla Lex Mitior Tributaria

Il ricorso della società si fonda su due motivi principali. Il primo contesta la distinzione tra crediti “non spettanti” e crediti “inesistenti”, sostenendo che in entrambi i casi la sanzione dovrebbe essere più mite. Il secondo motivo, ancora più rilevante, lamenta l’omessa pronuncia sulla violazione del principio del ne bis in idem, poiché per gli stessi fatti era già in corso un procedimento penale.

La Corte di Cassazione, tuttavia, va oltre i motivi specifici e si concentra su una questione di importanza fondamentale, emersa con l’entrata in vigore di nuove normative. In particolare, il D.Lgs. n. 87/2024 e il D.Lgs. n. 173/2024 hanno introdotto un trattamento sanzionatorio più mite per l’uso di crediti inesistenti. Sorge quindi un dubbio cruciale: queste nuove disposizioni, che costituiscono una lex mitior tributaria, possono essere applicate a violazioni commesse prima della loro entrata in vigore, il cui procedimento sanzionatorio non è ancora definitivo?

La Natura Penale delle Sanzioni Tributarie

Il Collegio si interroga sulla natura di una sanzione pecuniaria così elevata (quasi venti milioni di euro). Richiamando la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (in particolare la sentenza Grande Stevens), si evidenzia come sanzioni formalmente amministrative possano, per la loro severità, assumere una natura sostanzialmente “penale”.

Se si riconoscesse tale natura, il principio della lex mitior, che ha valenza costituzionale in ambito penale, dovrebbe applicarsi senza deroghe. Di conseguenza, le nuove disposizioni più favorevoli dovrebbero essere estese anche alle violazioni passate, e la norma (art. 5 del D.Lgs. n. 87/2024) che ne esclude l’applicazione retroattiva potrebbe essere incostituzionale.

Le Motivazioni

La Corte ritiene che le questioni poste dal ricorso abbiano un eccezionale “valore nomofilattico”, ovvero la capacità di orientare l’interpretazione della legge per tutti i casi futuri. La decisione non può essere presa in una camera di consiglio ristretta, ma necessita di un dibattito approfondito in pubblica udienza.

Una delle principali preoccupazioni della Corte è la potenziale disparità di trattamento. L’applicazione della lex mitior tributaria dipenderebbe dal fatto puramente casuale della calendarizzazione del processo. Un contribuente il cui ricorso viene deciso prima del 31/12/2025 subirebbe la vecchia e più aspra sanzione, mentre uno il cui caso venisse deciso dopo tale data beneficerebbe della nuova legge più mite. Questa casualità, secondo la Corte, appare irragionevole e potenzialmente lesiva del principio di uguaglianza (art. 3 della Costituzione).

Inoltre, la Corte sottolinea la necessità di definire i nuovi ambiti del principio del ne bis in idem, alla luce delle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 87/2024 agli artt. 21 e 21 ter del D.Lgs. n. 74/2000.

Le Conclusioni

In conclusione, l’ordinanza non decide il caso nel merito, ma lo investe di un’importanza tale da richiedere la massima attenzione del consesso giudiziario. Il rinvio alla pubblica udienza è un atto di grande responsabilità che prelude a una sentenza destinata a fare da spartiacque nel diritto tributario. La futura decisione dovrà bilanciare le esigenze di repressione degli illeciti fiscali con i principi fondamentali di ragionevolezza, uguaglianza e retroattività della legge più favorevole, definendo i contorni della lex mitior tributaria e la sua applicabilità a situazioni pregresse. L’esito avrà un impatto significativo su innumerevoli contenziosi pendenti in tutta Italia.

Qual è il dubbio principale che ha spinto la Corte a rinviare la decisione?
Il dubbio principale riguarda l’applicabilità del principio della lex mitior (legge più favorevole) alle sanzioni per l’uso di crediti fiscali inesistenti, alla luce di nuove leggi più miti (D.Lgs. n. 87/2024 e n. 173/2024) che però sembrano escludere la loro applicazione a illeciti commessi in passato.

Perché una sanzione amministrativa pecuniaria potrebbe essere considerata ‘penale’?
Secondo i criteri stabiliti dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), una sanzione amministrativa, anche se solo pecuniaria, può essere considerata di natura ‘penale’ se la sua entità è particolarmente elevata e afflittiva, come nel caso di specie dove la sanzione ammonta a quasi venti milioni di euro.

Cosa significa che la Corte deve pronunciarsi in considerazione del ‘valore nomofilattico’ delle questioni?
Significa che le questioni sollevate sono così complesse e rilevanti da richiedere una decisione che serva da principio guida per l’interpretazione e l’applicazione uniforme della legge in tutti i casi futuri simili, garantendo in tal modo la certezza del diritto a livello nazionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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