Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14625 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14625 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/05/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 24496/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo, in persona del legale rappresentante pro tempore e del Commissario Giudiziale pro tempore , rappresentata e difesa, previa autorizzazione del giudice delegato alla procedura ed in virtù di procura speciale allegata al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME presso il cui studio ‘RAGIONE_SOCIALEStudio legale e tributario’ è elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO;
ATTO DI RECUPERO CREDITO 2019
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato , presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CAMPANIA – NAPOLI, n. 2370/15/2022, depositata in data 8/3/2022;
Udita la relazione della causa svolta dal consigliere dott. NOME COGNOME nella camera di consiglio del 19 marzo 2025;
Fatti di causa:
In data 18 novembre 2020, l’Agenzia delle Entrate notificò ad RAGIONE_SOCIALEAgenzia per il Lavoro (d’ora in avanti, anche ‘la società’ o ‘la contribuente’ ) un atto di recupero relativo all’anno 2019, con il quale recuperò crediti Ires per un importo di quasi due milioni di euro, oltre ad interessi per oltre settecentomila euro, in quanto indebitamente utilizzati in compensazione dalla società, in violazione dell’art. 17, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 241 del 1997; irrogò, con riferimento ai crediti oggetto di recupero, la sanzione prevista dall’art. 13, comma 5, del d.lgs. n. 471 del 1997 nella misura massima del 200% del credito, per un importo pari a quasi venti milioni di euro.
La società propose ricorso contro l’atto di recupero e la C.T.P. di Napoli, nel contraddittorio con l’Ufficio, accolse in parte il ricorso in tema di determinazione delle sanzioni dovute, escludendo l’applicazione delle stesse nella misura massima e dichiarando dovuta quella pari al trenta
per cento del credito indebitamente utilizzato, ai sensi dell’art. 13, comma quarto, del d.lgs. n. 471 del 1997.
Su appello principale dell’Agenzia delle Entrate ed incidentale della società, la RAGIONE_SOCIALE della Campania ha accolto l’appello principale e ha rigettato l’appello incidentale, confermando l’atto di recupero con l’irrogazione della sanzione amministrativa pari al duecento per cento del credito illegittimamente utilizzato.
Avverso la sentenza di appello, la società ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, di cui il primo articolato in due profili. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Il Sostituto Procuratore Generale, dott. NOME COGNOME ha depositato requisitoria scritta concludendo per il rigetto del ricorso.
Rilevato che:
1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato ‘ Illegittimità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 13 , commi 4 e 5, del d.lgs. n. 471 del 1997 e degli artt. 36 bis e 36 ter del d.P.R. n. 600 del 1973 , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’, la società sviluppa, contro la sentenza impugnata, una censura articolata in due profili.
1.1. Con il primo profilo, la società impugna la sentenza d’appello nella parte in cui essa ha ritenuto che, nel caso di specie, l’esposizione di un credito Ires inesistente nella dichiarazione dei redditi non fosse rilevabile mediante il controllo automat izzato, disciplinato dall’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, o mediante il controllo formale di cui all’art. 36 ter dello stesso decreto.
1.2. Con il secondo profilo, la società impugna la sentenza d’appello nella parte in cui, violando gli artt. 13, commi 4 e 5 del d.lgs. n. 471 del 1997, ha ritenuto che per ‘crediti non spettanti’ debbano intendersi esclusivamente i crediti esistenti ma utilizzati dal contribuente in
misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti, e non già anche i crediti inesistenti, la cui inesistenza sia rilevabile mediante i controlli di cui agli artt. 36 bis e 36 ter del d.P.R. n. 600 del 1973.
Con il secondo motivo di ricorso, rubricato ‘Illegittimità della sentenza impugnata per omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.’ , la società ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui non ha pronunciato sul motivo di appello con il quale essa aveva fatto valere l’applicabilità, nel caso di specie, del divieto di bis in idem , applicabilità esclusa dalla sentenza di primo grado.
In particolare, il bis in idem sarebbe consistito nel fatto che il procedimento amministrativo per l’irrogazione delle sanzioni amministrative sarebbe scaturito dal procedimento penale per il reato di cui all’art. 10 -quater del d.lgs. n. 74 del 2000, che si è concluso in primo grado con una sentenza di condanna.
Ritiene il Collegio che sulle questioni poste con il ricorso questa Corte debba pronunciarsi all’esito di una pubblica udienza, in considerazione del valore nomofilattico delle stesse.
L’art. 3, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997 (disposizione che è confluita nell’art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 173 del 2024, destinato ad entrare in vigore dal 1° gennaio 2026) dispone che ‘Se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo’.
4.1. Deve, innanzitutto, stabilirsi se, con tale disposizione, che ricalca il tenore dell’art. 2, comma 4, c.p., il legislatore nazionale abbia voluto attribuire a tutte le sanzioni amministrative previste per la violazione di norme tributarie la natura di sanzioni penali o, comunque,
equiparare quoad effectum le sanzioni amministrative previste per la violazione di norme tributarie alle sanzioni penali.
Se si arrivasse ad una tale conclusione, occorrerebbe conseguentemente ritenere, sulla scorta dell’ormai acquisita valenza costituzionale del principio della lex mitior in ambito penale, che al legislatore ordinario sia inibito il potere di derogare ad esso, e dunque di mitigare i trattamenti sanzionatori di illeciti tributari escludendone l’applicabilità ai soggetti che abbiano commesso quegli illeciti prima dell’entrata in vigore della lex mitior e nei confronti dei quali il provvedimento di irrogazione non sia divenuto definitivo.
Procedendo nella lettura combinata dell’art. 2 c.p. e dell’art. 3, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997 (art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 173 del 2024, di prossima entrata in vigore), occorrerebbe ritenere che l’unica deroga che il legislatore ordinario possa apportare alla regola della lex mitior , anche in ambito tributario, sia quella delle leggi eccezionali o temporanee (art. 2, comma 5, c.p.).
Orbene, la previsione dell’art. 13 comma 5 del d.lgs. n. 471 del 1997, secondo la quale ‘n el caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute è applicata la sanzione dal cento al duecento per cento della misura dei crediti stessi ‘, non ha la natura di una ‘legge temporanea o eccezionale’, con la conseguenza che una lex mitior successiva (nel nostro caso, l’art. 2 del d.lgs. n. 87/2024) non potrebbe escludere dal trattamento sanzionatorio più favorevole (art. 5 del d.lgs. n. 87 del 2024) il soggetto che, prima della sua entrata in vigore, abbia utilizzato in compensazione un credito inesistente.
Si dovrebbe, dunque, ragionare sulla conformità a Costituzione (ed in particolare agli artt. 3 e 25) dell’art. 5 del citato d.lgs. n. 87/2024 che esclude l’applicazione del la lex mitior ai soggetti che abbiano utilizzato
in compensazione crediti inesistenti nella vigenza dell’art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997.
La necessità di valutare la conformità a Costituzione del richiamato art. 5 del d.lgs. n. 87 del 2024 per il profilo testé indicato vi sarebbe anche se si dovesse ritenere che il legislatore ordinario sarebbe libero, nei limiti della ragionevolezza, di escludere che una lex mitior successiva possa applicarsi ad illeciti tributari (formalmente) amministrativi commessi prima della sua entrata e non ancora sanzionati con provvedimento definitivo.
Nel caso di specie, l’illecito della utilizzazione in compensazione di un credito inesistente, punito con una sanzione fino al duecento per cento dell’ammontare del credito utilizzato in compensazione e commesso nella vigenza dell’ originario art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997, è stato sì escluso dall’applicazione della lex mitior di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 87 del 2024, ma non dall’applicazione della lex mitior di cui al d.lgs. n. 173 del 2024 (art. 38, commi 7 e 8), che, come detto, entrerà in vigore il 1° gennaio 2026.
Ne consegue che l’applicazione della lex mitior (le disposizioni rispettivamente indicate del d.lgs. n. 87 del 2024 e del d.lgs. n. 173 del 2024 stabiliscono lo stesso trattamento sanzionatorio dell’utilizzazione in compensazione di un credito inesistente, più mite rispetto all’art. 13 comma 5 del d.lg s. n. 471 del 1997 vigente fino all’entrata in vigore del d.lgs. n. 87 del 2024) al soggetto che ha utilizzato in compensazione un credito inesistente prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 87 del 2024 dipenderà da un fatto meramente casuale, e cioè dalla calendarizzazione del ricorso giurisdizionale pendente in ultima istanza contro il provvedimento di irrogazione della sanzione: se il ricorso sarà chiamato e deciso entro il 31/12/2025 (il giorno prima de ll’entrata in vigore del d.lgs. n. 173 del 2024), al detto
soggetto non si applicherà la lex mitior ; se il ricorso sarà chiamato e deciso dopo il 31/12/2025, al detto soggetto si applicherà la lex mitior . Orbene, non sembra ragionevole che il trattamento sanzionatorio più favorevole del soggetto che prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 87 del 2024 abbia utilizzato in compensazione un credito inesistente, ed il cui ricorso avverso la sanzione non si sia chiuso con sentenza passata in giudicato prima dell’entrata in vigore del detto d.lgs., dipenda dal mero dato, del tutto casuale per il ricorrente, dell’organizzazione del lavoro dell’ufficio giudiziario di ultima istanza.
4.2. Inoltre, simili questioni di costituzionalità potrebbero porsi anche se si partisse da una prospettiva internazionale, precisamente convenzionale.
Per l’utilizzazione in compensazione di un credito inesistente, la sanzione prevista dall’art. 13, comma 5, del d.lgs. n. 471 del 1997 , nella formulazione antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 87 del 2024, arriva fino al duecento per cento del credito utilizzato.
Nel caso di specie, alla società ricorrente è stata irrogata una sanzione di quasi venti milioni di euro.
In base ai criteri fissati dalla CEDU, ribaditi, ad esempio, nella sentenza Grande Stevens del 4 marzo 2014, uno degli indici della natura penale di una sanzione, pur se formalmente amministrativa, è la sua entità.
Dovrebbero esserci pochi dubbi sulla natura penale di una sanzione pecuniaria di quasi venti milioni di euro.
Se si convenisse circa la natura penale di tale sanzione, alla luce dei criteri stabiliti dalla CEDU, vi sarebbero dei fondati dubbi di costituzionalità sull’art. 5 del d.lgs. n. 87 del 2024, visto che la mitigazione della sanzione penale, stabilita da detto decreto per l’illecito della utilizzazione in compensazione di un credito inesistente, non potrebbe non applicarsi anche a coloro che abbiano ricevuto
l’irrogazione della sanzione con provvedimento non divenuto definitivo al tempo dell’entrata in vigore della lex mitior .
In conclusione, il Collegio ritiene che, per le numerose rilevanti questioni nomofilattiche poste dal ricorso (compresa quella della delimitazione degli ambiti del ne bis in idem tracciati dai ‘nuovi’ artt. 21 e 21 ter del d.lgs. n. 74 del 2000, introdotti dal d.lgs. n. 87 del 2024), è opportuno rinviare la trattazione alla pubblica udienza.
P.Q.M.
Rivia la trattazione alla pubblica udienza.
Roma, nella camera di consiglio del 19 marzo 2025.