Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31941 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31941 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 34456/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. FIRENZE n. 838/2018 depositata il 27/04/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.Con la sentenza indicata in epigrafe la Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Toscana ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli contro la sentenza della
Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Pisa che aveva annullato, su ricorso della RAGIONE_SOCIALE, avvisi di pagamento per gli anni dal 2010 al 2013 relativi ad accise sull’energia elettrica previo disconoscimento dell’esenzione di cui all’art. 52 comma 3 lett. b) del d.lgs. n. 504/1995 (TUA), come novellato dall’art. 1 comma 1 lett. m) del d.lgs. n. 26/2007.
Secondo la CTR può definirsi ‘autoproduttore’ esente dalle accise soltanto il soggetto che impiega per uso proprio energia elettrica che produce, ciò che nella specie non ricorreva in quanto l’energia in questo caso era stata utilizzata da soggetti che, sebbene consorziati alla ricorrente, erano diversi dal produttore; peraltro, secondo la CTR, in base al principio della collaborazione e della buona fede, a cui sono improntati i rapporti tra amministrazione finanziaria e contribuente, l’appello doveva essere comunque rigettato in quanto l’Agenzia su istanza del contribuente aveva positivamente risposto in termini analitici e chiari, quanto alla sussistenza dei presupposti agevolativi, con un atto che, al di là del nomen e delle formalità, aveva la natura sostanziale di interpello ex art. 11 l. n. 212/2000.
L’Agenzia propone ricorso fondato su un motivo.
Resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE ora RAGIONE_SOCIALE incorporante la RAGIONE_SOCIALE, che propone ricorso incidentale condizionato fondato su un motivo.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo del ricorso principale si deduce violazione e falsa applicazione degli art. 10 e 11 della l. n. 212/2000, in quanto la CTR aveva erroneamente individuato, tra gli atti versati in causa, una istanza « sulla sussistenza dei presupposti agevolativi », equiparandola ad un interpello ex art. 11 cit., mentre l’unico interpello proposto riguardava la diversa questione delle modalità
di versamento delle addizionali ed era stato dichiarato inammissibile dalla Direzione Regionale per il Piemonte e la Val d’Aosta dell’Agenzia con provvedimento n. 25027 del 21/06/2005; oltre a ciò, la CTR aveva violato l’art. 10 citato in quanto l’efficacia esimente della legittima affidamento non può estendersi al tributo ma riguarda solo gli aspetti sanzionatori.
2. Il motivo è fondato.
2.1. In tema di sanzioni tributarie la tutela dell’affidamento incolpevole del contribuente, sancita dall’art. 10, commi 1 e 2, della l. n. 212 del 2000, costituisce espressione di un principio generale dell’ordinamento tributario, che trova origine nei principi affermati dagli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. e, in materia di tributi armonizzati, in quelli dell’ordinamento dell’Unione europea, sicché deve ritenersi che la situazione di incertezza interpretativa, ingenerata da risoluzioni dell’Amministrazione finanziaria, anche se non influisce sulla debenza dell’imposta, deve essere valutata ai fini dell’esclusione dell’applicazione delle sanzioni e degli interessi (tra le ultime, Cass. n. 16691 del 2022; Cass. n. 370 del 2019 con ampi riferimenti alla giurisprudenza unionale in materia di tributi armonizzati; v. anche Cass. n. 18618 del 2019; Cass. n. 10195 del 2016; Cass, n. 3757 del 2012; Cass. n. 10499 del 2018; Cass. n. 12635 del 2017; Cass. n. 5934 del 2015; Cass. n. 21070 del 2011; Cass. n. 19479 del 2009).
2.2. È stato altresì precisato che « le circolari ministeriali in materia tributaria non costituiscono fonte di diritti ed obblighi, sicché, ove il contribuente si sia conformato ad un’interpretazione erronea fornita dall’Amministrazione finanziaria, è esclusa soltanto l’irrogazione delle relative sanzioni e degli interessi, senza alcun esonero dall’adempimento dell’obbligazione tributaria, in base al principio di tutela dell’affidamento, espressamente sancito dall’art. 10, comma 2, della l. n. 212 del 2000 » (Cass. n. 12635 del 2017; Cass. n.
10195 del 2016; Cass. n. 3757 del 2012; Cass. n. n. 2133 del 2002). Il principio trova origine nel fondamentale arresto delle Sezioni Unite per il quale « la circolare non vincola addirittura la stessa autorità che l’ha emanata, la quale resta libera di modificare, correggere e anche completamente disattendere l’interpretazione adottata. Ciò è tanto vero che si è posto il problema della eventuale tutela del contribuente di fronte al mutamento di indirizzo (interpretativo) adottato dall’amministrazione e si è escluso che tale tutela sia possibile anche sotto il profilo dell’affidamento, stante la evidente collisione che si determinerebbe con il principio -coniugato secondo un diverso lessico, ma riferito ad un unico concetto -di inderogabilità delle norme tributarie, di indisponibilità dell’obbligazione tributaria, di vincolatezza della funzione di imposizione, di irrinunciabilità del diritto di imposta. Non si può, al riguardo, non concordare con quella dottrina secondo la quale ammettere che l’amministrazione, quando esprime opinioni interpretative (ancorché prive di fondamento nella legge), crea vincoli per sé e i Giudici tributari, equivale a riconoscere all’amministrazione stessa un potere normativo che, a tacer d’altro, è in palese conflitto con il principio costituzionale della riserva relativa di legge codificato dall’art. 23 Cost. Tutt’al più, come è stato pure affermato, potrebbe ammettersi che il mutamento da parte dell’amministrazione di un precedente indirizzo (interpretativo) sul quale il contribuente possa aver fatto affidamento, eventualmente rilevi (o possa esse valutato) ai fini della applicazione delle sanzioni e della richiesta degli interessi sulle somme dovute a titolo di imposta » (Cass. sez. un. n. 23031 del 2007, in motivazione).
2.3. Giusta la valenza generale del principio del legittimo affidamento, è stato anche affermato che i casi di tutela espressamente enunciati dall’art. 10, comma 2, della legge n. 212 del 2000 (attinenti all’area della irrogazione di sanzioni e della
richiesta di interessi), vanno considerati quali situazioni meramente esemplificative e legate a ipotesi ritenute maggiormente frequenti, atteso che la regola è idonea a disciplinare una serie indeterminata di casi concreti (Cass. n. 620 del 2018; Cass. n. 537 del 2015; Cass. n. 14000 del 2023; Cass. n. 8197 del 2015). Come chiarito da Cass. n. 25966 del 2013, si tratta di ‘norma aperta’ « nel senso che la induzione in errore incolpevole del contribuente può essere determinata anche da differenti circostanze di fatto ovvero anche da altre condotte, imputabili ad errore della Amministrazione finanziaria, dalla stessa norma non espressamente considerate ». Queste, peraltro, costituiscono condotte diverse da quelle tipizzate -vale a dire le errate « indicazioni contenute in atti » dell’Amministrazione ovvero i « fatti (…) conseguenti a ritardi, omissioni od errori » della stessa (art. 10, comma 2, legge n. 212 del 2000) o ancora le « obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma impositiva » (art. 10, comma 3, legge n. 212 del 2000) -in presenza delle quali la tutela del legittimo affidamento può venire ad incidere sulla stessa debenza del tributo (si tratta della peculiare ipotesi esaminata da Cass. n. 17576 del 2002). Situazioni siffatte, in cui la tutela del legittimo affidamento viene ad incidere sulla stessa debenza del tributo, sono caratterizzate da circostanze concrete di natura eccezionale, dovendo escludersi che rientrino in tali ipotesi quelle in cui l’induzione in errore sia da ascriversi ad informazioni fornite dall’amministrazione doganale con atti interpretativi di carattere generale o con erronee prassi applicative: dette ipotesi sono già espressamente contemplate dall’art. 10, comma 2, della legge n. 212 del 2000 e sono, dunque, inidonee ad esonerare il contribuente dalla obbligazione tributaria (Cass. n. 25966 del 2013).
2.4. Quindi, il legittimo affidamento, in termini generali, può avere effetto soltanto su sanzioni e interessi.
2.5. Quanto all’interpello del 21/06/2005, l’atto (riguardante l’addizionale provinciale sul consumo di energia elettrica e non specificamente le accise) è stato ritenuto inammissibile dall’Amministrazione doganale, sicché ogni valutazione compiuta nella risposta comunque fornita non può in alcun modo vincolare i successivi atti posti in essere dall’Amministrazione medesima (con riferimento al medesimo atto, questa Corte ha già deciso in tal senso, v. Cass. n. 20821 del 2020, punto 7.1.1.). Ed appare fuorviante la citazione da parte della CTR, a sostegno della soluzione adottata, della sentenza di questa Corte n. 735 del 2017, poiché questa pronuncia ha una portata restrittiva, avendo affermato, in tema di interpello cd. ordinario o generalizzato, che l’efficacia della risoluzione o della circolare che segue l’interpello « vincola l’Amministrazione, ai sensi dell’art. 11, comma 3, della l. n. 212 del 2000, con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell’istanza o, al più, con riguardo ai comportamenti successivi del contribuente riconducibili alla fattispecie oggetto di interpello » (Cass. n. 735 del 2017).
Con l’unico motivo di ricorso incidentale la contribuente deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione degli artt. 52 comma 3 lett. b) d.lgs. n. 504/1995, 2 comma 2 d.lgs. n. 79/1999 e 2602 e segg. c.c., laddove la CTR ha negato alla società la qualità di ‘autoproduttore’ poiché l’energia da questa prodotta era consumata dai suoi consorziati, soggetti terzi rispetto al produttore.
3.1. La controricorrente con atto depositato telematicamente il 23.5.2024 ha dichiarato di rinunziare al controricorso e al ricorso incidentale, che risulta quindi inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Conclusivamente, accolto il ricorso principale e dichiarato inammissibile quello incidentale, la sentenza deve essere cassata di
conseguenza con rinvio al giudice del merito per nuovo esame. Nell’ipotesi di causa di inammissibilità, sopravvenuta alla proposizione del ricorso per cassazione, non sussistono i presupposti per imporre al ricorrente il pagamento del cd. “doppio’ contributo unificato (Cass. sez. un. n. 19976 del 2024).
p.q.m.
accoglie il ricorso principale dell’Agenzia e dichiara la sopravvenuta inammissibilità del ricorso incidentale; cassa di conseguenza la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana che in diversa composizione deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 29/05/2024.