Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33548 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33548 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
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Oggetto: accisa – sanzioni
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autoproduttore
affidamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6760/2019 R.G. proposto da: AGENZIA DELLE RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (PEC: EMAIL
-ricorrente principale –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa nel presente giudizio dall’avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL) e dall’avv. prof. NOME COGNOME (PEC: EMAIL
– ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, sez. staccata di Salerno, n. 7515/02/2018 depositata in data 05/09/2018, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 05/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
la RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, impugnava l’invito al pagamento e atto di contestazione emessi dall’Agenzia delle Dogane di Salerno per il mancato versamento di accise su acquisti di energia elettrica fornita ai propri clienti finali; nel dettaglio l’Amministrazione Finanziaria riteneva insussistenti i presupposti per l’esenzione da accisa difettando in capo alla ridetta contribuente la qualifica di autoproduttore, dal momento che non disponeva di alcun impianto per la produzione di energia elettrica;
la CTP accoglieva il ricorso limitatamente alle sanzioni, che dichiarava non dovute; appellava l’Ufficio;
con la sentenza gravata di fronte a questa Corte il giudice dell’appello ha rigettato l’impugnazione ritenendo provata la qualifica di autoproduttore in capo alla società contribuente; inoltre, la pronuncia si secondo grado ha ritenuto sussistente un comportamento corretto e tenuto in buona fede in capo alla stessa perché la prassi amministrativa consentiva di usufruire dell’esenzione disconosciuta dall’Ufficio;
ricorda questa Corte l’Agenzia delle Dogane con atto affidato a un unico motivo;
RAGIONE_SOCIALE ha presentato autonomo ricorso articolato in una singola censura;
a tale ricorso della contribuente l’Amministrazione Finanziaria risponde con atto di costituzione;
Considerato che:
Cons. Est. NOME COGNOME 2 -preliminarmente va qualificato come ricorso principale il gravame proposto dall’Agenzia delle Dogane in quanto lo stesso risulta notificato
a mezzo PEC il 14 febbraio 2019, in data quindi anteriore alla notifica del ricorso autonomamente proposto dalla società contribuente che risulta posto in notifica il 5 marzo 2019;
tale successivo ricorso della RAGIONE_SOCIALE va quindi qualificato ed esaminato successivamente come ricorso incidentale;
trova infatti applicazione della giurisprudenza costante di questa Corte secondo la quale il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso, fermo restando che tale modalità non è essenziale per cui, ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorché proposto -come nella specie – con atto a sé stante, in ricorso incidentale (in argomento, Cass. Sez. 1, 4 dicembre 2014,n. 25662);
deve quindi procedersi in primo luogo all’esame del solo motivo di ricorso principale, con il quale l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli si duole della violazione a falsa applicazione dell’art. 10 c. 2 della L. n. 212 del 2000 (c.d. Statuto dei diritti del contribuente) per avere la CTR erroneamente ritenuto sussistente la buona fede in capo alla società, con ciò escludendo la debenza delle sanzioni irrogate;
lo stesso si rivela infondato;
Cons. Est. NOME COGNOME 3 – va premesso che, come questa Corte ha già chiarito, peraltro in controversia tra le stesse parti (Cass. n.19279/2020) secondo la ormai prevalente giurisprudenza di questa Corte, cui si intende dare continuità, «la tutela dell’affidamento incolpevole del contribuente, sancita dall’art. 10, commi 1 e 2, della L. n. 212 del 2000, costituisce espressione di un principio generale dell’ordinamento tributario, che trova origine nei principi affermati dagli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. e, in materia di tributi armonizzati, in quelli dell’ordinamento dell’Unione europea, sicché deve ritenersi che la situazione di incertezza interpretativa, ingenerata da
risoluzioni dell’Amministrazione finanziaria, anche se non influisce sulla debenza dell’imposta, deve essere valutata ai fini dell’esclusione dell’applicazione delle sanzioni» (così Cass. n.370 del 09/01/2019, con ampi riferimenti alla giurisprudenza europea in materia di tributi armonizzati; sempre con riferimento all’esclusione delle sole sanzioni, si vedano ancora Cass. n.10499 del 03/05/2018; Cass. n.12635 del 08/02/2017; Cass. n.5934 del 25/03/2015; Cass. n.16692 del 03/07/2013; Cass. n.21070 del 13/10/2011; Cass. n.19479 del 10/09/2009). E’ stato altresì precisato che «le circolari ministeriali in materia tributaria non costituiscono fonte di diritti ed obblighi, sicché, ove il contribuente si sia conformato ad un’interpretazione erronea fornita dall’Amministrazione finanziaria, è esclusa soltanto l’irrogazione delle relative sanzioni e degli interessi, senza alcun esonero dall’adempimento dell’obbligazione tributaria, in base al principio di tutela dell’affidamento, espressamente sancito dall’art. 10, comma 2, della I. n. 212 del 2000» (Cass. n.12635 del 19/05/2017; Cass. n.10195 del 18/05/2016; Cass. n.3757 del 09/03/2012; Cass. n.2133 del 14/02/2002);
nel presente caso, la CTR ha da un lato escluso ogni comportamento fraudolento della contribuente (pag. 2 terzultimo periodo della sentenza impugnata) e ha fatto applicazione dei principi enunciati da questa Corte con riguardo alle condizioni nelle quali è legittima l’esclusione delle sanzioni;
è noto che in tema di legittimo affidamento del contribuente di fronte all’azione dell’Ufficio, ai sensi dell’art. 10, commi primo e secondo, legge n. 212 del 2000 (cd. Statuto dei diritti del contribuente), che tutela ha voluto esplicitamente offrire, costituisce situazione tutelabile quella caratterizzata: a) da un’apparente legittimità e coerenza dell’attività dell’Amministrazione finanziaria, in senso favorevole al contribuente; b) dalla buona fede del contribuente, rilevabile dalla sua condotta, in quanto connotata dall’assenza di qualsiasi violazione del dovere di
correttezza gravante sul medesimo; c) dall’eventuale esistenza di circostanze specifiche e rilevanti, idonee a indicare la sussistenza dei due presupposti che precedono.» (Cass. 10/12/2002, n. 17576 ma in termini anche Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 537 del 14/01/2015);
nel presente caso, la CTR ha accertato come la società abbia ‘…evidenziato e provato, con documentazione allegata, che per le attività poste in essere con le Agenzie delle Dogane, nessun rilievo era stato mosso circa la qualifica di auto produttore ….’ e che ‘…la prassi consentiva di usufruire della esenzione dalle accise agli enti di aggregazione fra imprese…’;
-così pronunciando, quindi, nel riconoscere la sussistenza dell’affidamento in argomento alla luce della sussistenza di atti di prassi confermanti le ragioni del contribuente, la CTR ha reso pronuncia conforme ai sopra esposti principi;
in sintesi, deve ritenersi che il principio di tutela dell’affidamento incolpevole del contribuente, sancita dall’art. 10, commi 1 e 2, l. n. 212 del 2000, costituisca espressione di un principio generale dell’ordinamento tributario, il quale trova origine nei principi affermati dagli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. e, in materia di tributi armonizzati, in quelli dell’ordinamento dell’Unione europea;
inoltre, se è vero è che il solo decorso del tempo e il comportamento meramente passivo dell’Amministrazione finanziaria non sono idonei ad integrare l’esimente di cui all’art. 10, comma 2, della l. n. 212 del 2000 con riguardo alla debenza degli interessi (Cass., Sez. V, 19 dicembre 2019, n. 34067). Tuttavia, in questo caso non si verte in tema di comportamento meramente passivo dell’Ufficio, bensì di comportamento attivo, che ha ingenerato il ragionevole dubbio nel contribuente che, conformandosi a un’interpretazione erronea fornita dall’Amministrazione finanziaria, non è tenuto non solo al pagamento sanzioni, ma anche degli interessi in base sempre al principio di tutela dell’affidamento (Cass., Sez. V, 11 luglio 2019, n. 18618);
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venendo ora ai motivi di ricorso incidentale, rileva la Corte che la società contribuente propone un solo primo motivo di ricorso, in realtà contenente tre sub-censure tra di loro peraltro connesse;
il primo sub-motivo censura la pronuncia impugnata per violazione di legge ed errata interpretazione del combinato disposto di cui all’art. 52 c. 3 lett. b) del d. Lgs. n. 504 del 1995, c.d. TUA -testo unico accise e all’art. 2 c. 2 del d. Lgs. n. 79 del 1999, in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la CTR erroneamente escluso la qualifica di autoproduttore, ai fini dell’applicazione dell’esenzione in argomento, in capo alla società contribuente;
il secondo sub-motivo formula analoga censura sotto un secondo profilo, con riguardo le medesime disposizioni di legge sopraccitate per avere erroneamente la cd richiesto che autoproduttore disponga di una specifica organizzazione aziendale produttiva ovvero della proprietà di un impianto per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile;
infine, il sub-terzo motivo denuncia poi l’erroneità della sentenza impugnata, per avere la stessa fatta applicazione a fattispecie diversa come quella per cui a processo dei principi enunciati da questa Corte nella sentenza n. 23529 del 2008;
tali tre censure possono trattarsi congiuntamente con il secondo motivo, incentrato sulla violazione degli artt. 10 e 11 della L. n. 212 del 2000 per avere la CTR mancato di ritenere che dal riconoscimento del legittimo affidamento del contribuente derivi la inesigibilità della pretesa erariale; tutti, infatti, si incentrano sulla corretta interpretazione della nozione di autoproduttore ai fini dell’applicazione dell’esenzione;
tali doglianze si rivelano complessivamente prive di fondamento;
come già chiarito da questa Corte (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 18863 del 11/09/2020 ma giungono alle medesime conclusioni più di recente Cass. n. 1298 e n. 1349 del 2024) in tema di accise, di consumo, qualora la società consortile costituita per l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili ceda, a titolo oneroso, parte di essa alle proprie consorziate,
non può godere dell’esenzione prevista dall’art. 52, comma 3, lett b) d.lgs. n. 504 del 1992, per la quale occorre che l’autoproduttore coincida con colui che consuma l’energia prodotta, essendo all’uopo irrilevante il richiamo all’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 79 del 2009, in quanto, regolando il mercato interno dell’energia elettrica ed i comportamenti dei principali operatori, è estraneo alla materia fiscale;
– parimenti, in tema di addizionali locali all’imposta erariale di consumo, si è stabilito che (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 12444 del 10/05/2019) in tema di addizionale all’imposta sul consumo di energia elettrica, l’art. 6 del d.L. n. 511 del 1998, conv. con modif. in l. n. 20 del 1989 (nel testo vigente “ratione temporis”), prevede l’esenzione dalle addizionali locali soltanto in relazione all’energia elettrica autoprodotta ed impiegata per uso proprio, statuendo espressamente che essa si applica nel caso di esercizio delle attività di produzione, trasporto e distribuzione di energia elettrica, e non può, pertanto, intendersi riferita anche all’energia proveniente da un consorzio autoproduttore ed utilizzata da imprese aderenti al consorzio, in quanto persone giuridiche diverse dal produttore;
– invero, la nozione di autoproduzione di cui al d. Lgs. n. 79 del 1999 non è idonea ad individuare i soggetti esentati dal pagamento delle accise ai sensi dell’art. 52, comma 3, lett. b), TUA, i quali non rientrano nella menzionata definizione. Valgano le seguenti considerazioni: a) l’art. 2, comma 1, del d. Lgs. n. 79 del 1999 afferma che le definizioni di cui ai successivi commi valgono ai soli fini del decreto e, pertanto, la definizione di autoproduzione di cui al comma 2 trova un limite applicativo testuale; b) le finalità del decreto Bersani, in linea con la direttiva n. 96/92/CE, sono quelle di perseguire un mercato concorrenziale dell’energia elettrica mentre il Testo unico accise, come modificato dal d.lgs. n. 26 del 2007, in attuazione della direttiva n. 2003/96/CE, ha come obiettivo l’armonizzazione della tassazione degli Stati membri della UE in materia di accise sui prodotti energetici: in
questo contesto, la definizione di autoproduzione di cui al decreto Bersani deve fare i conti con la qualifica di soggetti obbligati al pagamento delle accise che hanno le officine di produzione di energia elettrica per uso proprio ai sensi del Testo unico accise; c) l’esenzione prevista dall’art. 52, comma 3, lett. b), TUA con riferimento all’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili è limitata all’utilizzazione che fa dell’energia medesima il soggetto autoproduttore ed è di stretta interpretazione: deve, pertanto, riconoscersi l’esenzione unicamente alla società consortile che produce l’energia, nei limiti del consumo dalla stessa praticato, e non già per l’ipotesi in cui la società consortile ceda l’energia elettrica a distinti soggetti giuridici quali sono i consorziati (nello stesso senso, sebbene con riferimento alle addizionali locali sull’energia elettrica, Cass. n. 8293 del 09/04/2014; Cass. n. 23529 del 12/09/2008), pena facili ed intuibili elusioni della disposizione agevolativa; d) la giurisprudenza riguardante la traslazione delle agevolazioni IVA spettanti alla società consortile sui singoli consorziati attraverso il meccanismo del cd. ribaltamento dei costi e dei ricavi (Cass. n. 24320 del 04/10/2018; Cass. n. 3166 del 09/02/2018; Cass. n. 18437 del 26/07/2017) segue uno schema differente, in quanto, nelle fattispecie considerate, il contratto di appalto stipulato dal committente con la società consortile è direttamente imputabile alle società consorziate, con conseguente neutralità del consorzio, che non esercita attività commerciale in proprio; nel caso dell’autoproduzione, invece, è la società consortile a svolgere, legittimamente (cfr. Cass. S.U. n. 12190 del 14/06/2016), attività commerciale in proprio e a cedere il prodotto ai consorziati: laddove lo scopo consortile non è certo quello di godere della agevolazione fiscale, ma quello di approvvigionarsi di energia elettrica a costi contenuti. A ciò si aggiunge che l’art. 1, comma 911, della I. del 28/12/2015 n. 208, applicabile solo con riferimento all’anno d’imposta 2016 (e, pertanto, non alla presente controversia), ha previsto che «l’articolo 52, comma 3, lettera b), del decreto legislativo
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26 ottobre 1995, n. 504, si applica anche all’energia elettrica prodotta con impianti azionati da fonti rinnovabili ai sensi della normativa vigente in materia, con potenza disponibile superiore a 20 kw, consumata dai soci delle società cooperative di produzione e distribuzione dell’energia elettrica di cui all’articolo 4, numero 8), della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, in locali e luoghi diversi dalle abitazioni»;
– la menzionata disposizione richiama pedissequamente solo la prima parte dell’art. 2, comma 2, del c.d. ‘ decreto Bersani ‘ , includendo, pertanto, nell’esenzione i soci delle società cooperative di produzione e distribuzione dell’energia elettrica, ma non estendendo l’esenzione agli appartenenti ai consorzi o società consortili costituiti per la produzione di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili. Tale innovazione offre un ulteriore spunto argomentativo per confermare la tesi più sopra sostenuta: la estensione dell’esenzione alle sole società cooperative di cui all’art. 2, comma 2, del d.L. n. 79 del 1999 implica, a contrario, che i consorzi e le società consortili, già esclusi, rimangono fuori dal campo applicativo della norma anche per gli anni d’imposta successivi al 2016; – nel ritenere quindi che nella fattispecie ‘… si è in presenza di una società consortile che acquisisce energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, il cui consumo avviene, però, presso i soci consorziati, e quindi, presso soggetti giuridicamente distinti dalla società consortile che può fornire ai soci, associati o ad ulteriori soggetti terzi, l’energia elettrica eccedente il proprio autoconsumo, ma tale energia elettrica non è esente da accisa sia esente solo l’energia utilizzata per proprio uso esclusivo” la sentenza di merito ha correttamente pronunciato in diritto, adeguandosi ai soprannominati i principi;
Cons. Est. NOME COGNOME 9 – venendo infine al profilo del legittimo affidamento, è ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte che (tra molte si vedano sia Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 18618 del 11/07/2019; sia Cass. Sez. 5, Sentenza n. 20819 del 30/09/2020) ove il contribuente si sia conformato a un’interpretazione erronea fornita dall’Amministrazione
finanziaria, non è esonerato dall’adempimento dell’obbligazione tributaria, essendo esclusa soltanto l’irrogazione delle relative sanzioni e degli interessi, in base al principio di tutela dell’affidamento, espressamente sancito dall’art. 10, comma 2, della l. n. 212 del 2000; ne deriva quindi che in situazioni nelle quali va tutelato detto affidamento, lo stesso opera unicamente con riguardo alla esclusione delle sanzioni ferma restando la debenza del tributo;
– non viene naturalmente in rilievo il disposto dell’ulteriore periodo di cui all’art. 10 c. 2 della L. 212 del 2000 come introdotto dal d. Lgs. n. 219 del 2023 secondo il quale ‘ limitatamente ai tributi unionali, non sono altresì dovuti i tributi nel caso in cui gli orientamenti interpretativi dell’amministrazione finanziaria, conformi alla giurisprudenza unionale ovvero ad atti delle istituzioni unionali e che hanno indotto un legittimo affidamento nel contribuente, vengono successivamente modificati per effetto di un mutamento della predetta giurisprudenza o dei predetti atti.» in quanto in vigore dal 18 gennaio 2024;
per le ragioni sopra esposte, il ricorso incidentale, nella parte di motivo le cui doglienze si appuntano sull’illegittimo riconoscimento della qualità di autoproduttore sopra esaminata e sulla mancata esclusione dal pagamento dell’accisa, oltre che delle sanzioni, alla luce della sussistenza dell’affidamento di cui si è detto, va rigettato;
la sentenza di appello, in conclusione, è da confermarsi;
la soccombenza reciproca tra le parti legittima la compensazione delle spese di lite;
p.q.m.
rigetta sia il ricorso principale sia il ricorso incidentale; compensa le spese processuali.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 dei 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della i. n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza
dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2024.