Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1270 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1270 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31740/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente e controricorrente al ricorso incidentale-
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato COGNOME (LNTMSM76M14B963X)
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del VENETO n. 258/2019 depositata il 09/04/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/11/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione Tributaria Regionale del Veneto ( hinc: CTR), con sentenza n. 258/19 depositata in data 09/04/2019, in parziale riforma della sentenza n. 579/2016 – con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Treviso, aveva accolto il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE contro tre avvisi di pagamento e il contestuale provvedimento di irrogazione delle sanzioni amministrative, per l’errata compilazione delle dichiarazioni di consumo dell’energia elettrica relative agli anni 2010 e 2011 ha confermato la debenza del tributo e annullato le sanzioni.
Per quanto ancora rileva la CTR ha: – escluso che la società contribuente potesse usufruire dell’agevolazione ex art. 52, comma 3, lett. b), d.lgs. 26/10/1995, n. 504 (cd. TUA), rilevando che, nel caso di specie, era emerso che RAGIONE_SOCIALE fosse una società consortile che, mediante contratti d’affitto di impianti azionati da fonti rinnovabili situati in Italia e Svizzera, acquisiva energia elettrica, il cui consumo avveniva presso i soci consorziati e, quindi, da parte di soggetti giuridicamente e ontologicamente distinti dalla società consortile; – al contempo, peraltro, ha ritenuto applicabile, limitatamente alle sanzioni e agli interessi, l’art. 10 comma 2, l. 212
del 2000, riconoscendo il legittimo affidamento che la società aveva riposto nei rapporti da essa intrattenuti con l’Agenzia delle dogane.
Contro la sentenza della CTR l’Agenzia delle dogane e dei monopoli (ADMO) ha proposto ricorso in cassazione, con un motivo, con atto notificato in data 16/10/2019.
La società RAGIONE_SOCIALE ha notificato il controricorso, contenente il ricorso incidentale con due motivi, a mezzo del servizio postale con atto consegnato all’ufficio in data 25/11/2019 (come risulta dal cedolino allegato, in copia, al controricorso). Peraltro, la medesima, in data 11/11/2019, aveva altresì consegnato alle Poste Italiane il ricorso in cassazione per la notifica all’ADMO, che si è perfezionata in data 13/11/2019 e in data 15/11/2019.
A fronte del ricorso di RAGIONE_SOCIALE l’RAGIONE_SOCIALE ha presentato il controricorso con atto notificato a mezzo pec in data 16/12/2019.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare, occorre richiamare il principio di unicità del giudizio di impugnazione contro una stessa sentenza che trova applicazione anche nel giudizio in cassazione. Di conseguenza, qualsiasi ricorso successivo al primo e diretto contro la stessa sentenza si converte in impugnazione incidentale, ancorché proposto con atto autonomo ed è ammissibile, purché sia stato proposto nel rispetto del termine stabilito per il ricorso incidentale dall’art. 371 cod. proc. civ., con la conseguenza che, in tale ipotesi, deve essere disposta la riunione dei ricorsi (Cass., 16/07/2014, n. 16221; Cass., 04/12/2014, n. 25662).
1.1. Deve ritenersi, quindi, che l’ADMO che ha notificato il ricorso in cassazione in data 16/10/2019 -assuma la qualifica di ricorrente principale, mentre la RAGIONE_SOCIALEche ha notificato sia il ricorso in cassazione con atto presentato a ll’ufficio postale in data
11/11/2019 e consegnato al destinatario in data 13/11/2019 e 15/11/2019 e controricorso contenente ricorso incidentale, con atto presentato all’ufficio postale in data 25/11/2019 e consegnato in data 28/11/2019), assume la qualifica di ricorrente incidentale.
1.2. Inoltre, va dichiarato inammissibile il ricorso incidentale contenuto nel controricorso notificato da RAGIONE_SOCIALE il 28/11/2019, perché successivo al ricorso già notificato, per avvenuta consumazione del potere di impugnazione, come precisato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale, in tema di giudizio per cassazione, il ricorso deve essere proposto, a pena di inammissibilità, con un unico atto avente i requisiti di forma e contenuto di cui all’art. 366 c.p.c. Di conseguenza, la parte che, dopo la proposizione di un ricorso per cassazione nei suoi confronti, abbia a sua volta proposto un’autonoma impugnazione (da ritenersi convertita in ricorso incidentale), non può proporre con il controricorso una nuova impugnazione incidentale, ancorché intenda indicare nuovi motivi o colmare la mancanza di taluno degli elementi prescritti a pena di invalidità (Cass., 10/01/2024, n. 917; v. anche Cass., Sez. U, 09/03/2020, n. 6691).
Il ricorso principale dell’ADMO si articola in un motivo, con il quale viene contestata la violazione dell’art. 10 legge n. 212 del 2000, erroneamente riconosciuta dal giudice d’appello.
Rileva, in particolare, che la società contribuente, pur non essendo esercente degli impianti di produzione dell’energia elettrica e non potendo, quindi, qualificarsi come autoproduttore, avesse usato tale veste giuridica nei rapporti con l’amministrazione , acquistando quote di energia elettrica prodotta da impianti azionati da fonti rinnovabili, rivendendola ad altri soggetti giuridici ubicati su tutto il territorio nazionale, diventati soci versando la quota di un euro e ai quali
RAGIONE_SOCIALE ha fatturato -al pari di un normale rapporto di fornitura -il consumo di energia elettrica.
Il primo motivo del ricorso incidentale denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’errata interpretazione del disposto di cui all’art. 52, comma 3, lett. b), d.lgs. n. 504 del 1995 e dell’art. 2, comma 2, d.lgs. n. 79 del 19 99.
Rileva, in particolare, di rientrare nella nozione di autoproduttore di cui all’art. 2, comma 2, d.lgs. n. 79 del 1999: l’art. 10, comma 5, legge 13/05/1999, n. 133, oltre a rimodulare l’aliquota dell’addizionale erariale per l’energia elettrica consumata dalle imprese di autoproduzione (e non più autoconsumata) per qualsiasi uso in locali e luoghi diversi dalle abitazioni, ha escluso l’applicazione dell’addizionale erariale per l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. Inoltre, l’art. 28, comma 3, legge n. 388 del 2000 ha esteso all’accisa tutte le agevolazioni previste per l’addizionale erariale sull’energia elettrica.
3.1. Il secondo motivo del ricorso incidentale denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 10 e 11 legge n. 212 del 2000, rilevando come dal legittimo affidamento del contribuente possa derivare l’inesigi bilità del tributo.
Va innanzitutto esaminato, per priorità logica, il primo motivo del ricorso incidentale, che va rigettato.
4.1. Secondo l’unanime e consolidata giurisprudenza di questa Corte, infatti, le società consortili costituite per l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili, come tutte le officine di produzione di energia elettrica utilizzata per uso proprio, nonché le società cooperative, sono obbligate al pagamento del tributo, a norma dell’art. 53, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 504 del 1995, mentre ne sono esentate, ai sensi dell’art. 52, comma 3, lett. b), dello stesso decreto (nel testo applicabile ratione temporis, sostituito dall’art. 1,
comma 1, lett. m, del d.lgs. n. 26 del 2007) solamente a condizione che l’energia, oltre che autoprodotta con impianti aventi potenza disponibile superiore a 20 KW, sia anche autoconsumata in locali e luoghi diversi dalle abitazioni, con la conseguenza che le suddette società beneficiano dell’esenzione limitatamente all’energia prodotta e consumata in proprio e non anche per quella prodotta e ceduta ai singoli consorziati (ex multis, per le società consortili, cfr. Cass., 16 ottobre 2019, n. 26142; 18 dicembre 2019, n. 33592; 11 settembre 2020, n. 18863; per le società cooperative, cfr. 23 agosto 2023, n. 25143; 9 gennaio 2024, n. 791).
Nel caso di specie l’esclusione in capo alla controricorrente tanto del requisito dell’autoproduzione, quanto di quello dell’autoconsumo, ha consentito di escludere l’esenzione della società dall’assoggettamento all’obbligo del pagamento dell’accisa. A tal fine in sentenza, nel corpo della motivazione, il giudice regionale riferisce che «dall’attività istruttoria svolta dalla Guardia di finanza e dalla stessa Agenzia delle dogane è emerso che RAGIONE_SOCIALE è una società consortile che mediante contratti di affitto di impianti azionati da fonti rinnovabili situati in Italia e Svizzera acquisisce energia elettrica il cui consumo avviene presso i soci conosrziati e, quindi, soggetti giuridicamente e ontologicamente distinti dalla società consortile’, si cché non è autoproduttore ma mero operatore di mercato.
Passando all’esame del ricorso principale, il motivo proposto è fondato.
L’Agenzia delle dogane, in particolare, contesta che sussistessero i requisiti di applicazione della norma, rilevando che (pag. 6 del ricorso): « Considerata, in concreto, la condotta del trasgressore, ed in particolare la rappresentazione dei fatti fornita dal contribuente all’Amministrazione ben diversa da ciò che è stato poi realmente
constatato (le quote consortili, pari ad un euro, sono solo simboliche, mentre l’energia elettrica veniva, di fatto, venduta ai soci consorziati), qualsiasi indicazione o comunicazione dell’Amministrazione basata su tale fuorviante rappresentazione non può dispiegare alcun effetto giustificativo sulle condotte illecite poste in essere dal contribuente.».
5.1. Nel caso di specie occorre premettere che il motivo di ricorso è diretto contro la statuizione della sentenza impugnata che, pur ritenendo dovuto il tributo, ha disapplicato le sanzioni ai sensi dell’art. 10 legge n. 212 del 2000.
Il giudice di seconde cure, invero, ha dato rilievo alla condizione (indicata supra come) sub a) richiamando a tal fine alcune circolari interne dell’amministrazione finanziaria, senza tuttavia dare alcun rilievo alla condotta tenuta dal contribuente e rappresentata -anche in relazione alla strutturazione del consorzio -dall’amministraz ione finanziaria nel proprio atto d’appello, dove era stato evidenziato sia l’ammontare irrisorio del contributo consortile (pari a un euro), sia la diversificazione delle attività svolte dai soci, sia l’assenza di un’organizzazione comune (art. 2602 cod. civ.), dal momento che i soci asseritamente consorziati non acquisivano la quota di energia in ragione della quota associativa (puramente simbolica), sia sulla base di contratti di fornitura.
Si tratta, a ben vedere, di circostanze specifiche da valutare in relazione al punto b) indicato ( supra ). L’errore commesso dalla CTR sta quindi nell’aver tenuto conto, ai fini del riscontro dell’affidamento del contribuente, della sola condotta tenuta dall’amministrazione finanziaria e in particolare « del mutamento dell’orientamento dell’Agenzia delle Dogane, che in precedenza aveva riconosciuto, quanto meno tacitamente e non contestato formalmente il diritto all’esenzione ora contestata », senza valutare, peraltro, che la
propalazione dell’orientamento dell’ADMO nelle sue articolazioni territoriali -era stata evocata sulla base di istanze e comunicazioni presentate dal contribuente, tenuto, a sua volta, al rispetto dell’obbligo di correttezza e buona fede. Tanto più che l’art. 10, comma 1, legge n. 212 del 2000 prevede che: « I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede .»
5.2. Né va trascurato che, dalla sentenza e dagli atti difensivi emerge che la società aveva beneficiato dell’agevolazione sulla base di dichiarazioni di denuncia di attività agli uffici doganali, con rilascio di licenza di attività come autoproduttore, qualifica messa successivamente in discussione a seguito di accertamento della GdF, al cui esito erano elevate le contestazioni per cui è causa.
Costituisce dunque un dato rilevato dal giudice d’appello che le licenze erano state rilasciate alla RAGIONE_SOCIALE sulla base di dichiarazioni, rivelatesi poi inveritiere, rese dalla medesima contribuente.
Nonostante la sentenza abbia negato il diritto all’esenzione d’imposta, ex art. 52, comma 3, lett. b), d.lgs. n. 504 del 1995, di contro essa ha riconosciuto l’applicabilità dell’art. 10, comma 2, della l. n. 212 del 2000, e dunque la sussistenza dell’affi damento del contribuente alle determinazioni degli uffici doganali, con conseguente esclusione dei presupposti per la comminazione delle sanzioni.
L’opzione della sentenza è tuttavia contraddetta da specifici precedenti tra l’Agenzia delle dogane e la medesima contribuente. Infatti, già per l’annualità 2010, oltre che per il medesimo anno 2011, questa Corte è già intervenuta, affermando che « 4. Secondo la ormai prevalente giurisprudenza di questa Corte, cui si intende dare continuità, «la tutela dell’affidamento incolpevole del
contribuente, sancita dall’art. 10, commi 1 e 2, della L. n. 212 del 2000, costituisce espressione di un principio generale dell’ordinamento tributario, che trova origine nei principi affermati dagli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. e, in materia di tributi armonizzati, in quelli dell’ordinamento dell’Unione europea, sicché deve ritenersi che la situazione di incertezza interpretativa, ingenerata da risoluzioni dell’Amministrazione finanziaria, anche se non influisce sulla debenza dell’imposta, deve essere valutata ai fini dell’esclusione dell’applicazione delle sanzioni» (così Cass. n. 370 del 09/01/2019, con ampi riferimenti alla giurisprudenza europea in materia di tributi armonizzati; sempre con riferimento all’esclusione delle sole sanzioni, si vedano ancora, Cass. n. 20055 del 2020; Cass. n. 10499 del 3/05/2018; Cass. n. 12635 dell’8/02/2017; Cass. n. 5934 del 25/03/2015; Cass. n. 16692 del 3/07/2013; Cass. n. 21070 del 13/10/2011; Cass. n. 19479 del 10/09/2009). 6. Il principio trova origine nel fondamentale arresto delle Sezioni Unite, per il quale «la circolare non vincola addirittura la stessa autorità che l’ha emanata, la quale resta libera di modificare, correggere e anche completamente disattendere l’interpretazione adottata. Ciò è tanto vero che si è posto il problema della eventuale tutela del contribuente di fronte al mutamento di indirizzo (interpretativo) adottato dall’amministrazione e si è escluso che tale tutela sia possibile anche sotto il profilo dell’affidamento, stante la evidente collisione che si determinerebbe con il principio – coniugato secondo un diverso lessico, ma riferito ad un unico concetto – di inderogabilità delle norme tributarie, di indisponibilità dell’obbligazione tributaria, di vincolatezza della funzione di imposizione, di irrinunciabilità del diritto di imposta. Non si può, al riguardo, non concordare con quella dottrina secondo la quale ammettere che l’amministrazione, quando esprime opinioni interpretative (ancorché prive di fondamento nella
legge), crea vincoli per sé e i Giudici tributari, equivale a riconoscere all’amministrazione stessa un potere normativo che, a tacer d’altro, è in palese conflitto con il principio costituzionale della riserva relativa di legge codificato dall’art. 23 Cost. Tutt’al più, come è stato pure affermato, potrebbe ammettersi che il mutamento da parte dell’amministrazione di un precedente indirizzo (interpretativo) sul quale il contribuente possa aver fatto affidamento, eventualmente rilevi (o possa esse valutato) ai fini della applicazione delle sanzioni e della richiesta degli interessi sulle somme dovute a titolo di imposta» (Cass. S. U. n. 23031 del 02/11/2007, in motivazione). 7. Nella specie, il motivo non coglie la ratio decidendi avendo la CTR escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del legittimo affidamento in capo alla società contribuente, , con riferimento all’atto di irrogazione delle sanzioni per il 2010, in quanto, “tenuto conto della specificità del caso concreto” non ricorrevano “né una incolpevole/errata interpretazione della normativa di riferimento né una non fornita da parte dell’Amministrazione corretta interpretazione del dato normativo (circostanza comunque valevole non oltre la conoscenza della sentenza Cass. n. 23523/2008)”. In particolare, il giudice di appello ha escluso la configurabilità del legittimo affidamento in capo alla contribuente anche con riferimento all’anno 2010, in quanto all’esito della verifica fiscale del 2011, di cui al richiamato p.v.c. della G.d.F., era emerso che la RAGIONE_SOCIALE difettava ab origine della qualifica di autoproduttore e autoconsumatore, per cui l’Amministrazione aveva riconosciuto l’esenzione dall’accisa sulla base di dichiarazioni non veritiere rese dalla contribuente ».
In sintesi, nel precedente richiamato, la Corte di legittimità ha affermato che ai fini della rilevanza dell’affidamento, previsto dall’art. 10 cit., e con esso l’esclusione dei presupposti per
l’irrogazione della sanzione, gli atti dell’ufficio (o le circolari ministeriali), favorevoli al contribuente nonostante la violazione della disciplina, presuppongono che esse a loro volta non siano frutto di dichiarazioni inveritiere del contribuente medesimo.
Il secondo motivo del ricorso incidentale è infondato.
6.1. Ciò discende, in primo luogo, da quanto evidenziato al punto precedente con riguardo al ricorso principale dell’Agenzia delle dogane.
6.2. Del pari infondata, se non anche inammissibile per carenza di specificità, peraltro, è la dedotta violazione dell’art. 11 l. n. 212 del 2000.
6.3. Dalla lettura del ricorso, infatti, non risulta essere stata presentata un’istanza avente i requisiti previsti nella norma appena richiamata. Difatti, a pag. 3 del ricorso incidentale si legge che la RAGIONE_SOCIALE ha presentato denunce di inizio attività ex art. 53 TUA a più di cinquanta uffici doganali, al fine di ottenere il rilascio delle licenze fiscali. A pag. 4 del ricorso (incidentale) si legge che « in considerazione del fatto che l’autoproduzione di energia elettrica da parte di RAGIONE_SOCIALE avviene sia in impianti siti in Italia (in particolare impianti a biogas ed eolici), sia in impianti idroelettrici siti in territorio svizzero, la Direzione Regionale delle Dogane per la Lombardia, al fine di assicurare uniformità di comportamento da parte degli altri Uffici Doganali, ha sottoposto l’attività di RAGIONE_SOCIALE all’attenzione dell’Area Centrale Gestione Tributi e il Rapporto con gli Utenti dell’Agenzia delle Entrate.».
Nessuna delle tipologie di atti indicati è riconducibile all’art. 11 legge n. 212 del 2000, la quale -nella versione applicabile, ratione temporis, al caso in esame, a seguito delle modifiche ad opera del d.lgs. 24/09/2015, n. 156 – stabilisce che: «1. Il contribuente può interpellare l’amministrazione per ottenere una risposta riguardante
fattispecie concrete e personali relativamente a: a) l’applicazione delle disposizioni tributarie, quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla corretta interpretazione di tali disposizioni e la corretta qualificazione di fattispecie alla luce delle disposizioni tributarie applicabili alle medesime, ove ricorrano condizioni di obiettiva incertezza e non siano comunque attivabili le procedure di cui all’articolo 31 -ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, int rodotto dall’articolo 1 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 e di cui all’articolo 2 del medesimo decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147; b) la sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori rich iesti dalla legge per l’adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti; c) l’applicazione della disciplina sull’abuso del diritto ad una specifica fattispecie .».
In conclusione, va accolto il ricorso principale mentre il ricorso incidentale deve essere rigettato.
Conseguentemente, la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, va cassata con rinvio, anche per le spese, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto che, in diversa composizione deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale notificato da RAGIONE_SOCIALE il 13/11/2019 e 15/11/2019;
dichiara inammissibile il ricorso incidentale di cui al controricorso notificato il 28/11/2019;
cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia, anche per la liquidazione delle spese, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, per nuovo esame.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 07/11/2024.