Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8779 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8779 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al n. 1244/2023 R.G.) proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE ), con sede in Chatillon (AO), alla INDIRIZZO (Codice Fiscale e Partita I.V.A.: P_IVA), incorporante la società RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio degli avv. ti NOME COGNOME e NOME COGNOME che, congiuntamente e disgiuntamente, rappresentano e difendono la società stessa, giusta procura speciale allegata al ricorso introduttivo del presente giudizio di legittimità (indirizzi p.e.c. dei difensori: ‘ EMAIL e
‘ COGNOMEEMAIL ‘ );
-ricorrente – contro
n. 1244/2023 R.G.
COGNOME
Rep.
C.C. 28 gennaio 2025
Tributi – Accise –
Energia elettrica.
RAGIONE_SOCIALE (Codice Fiscale: CODICE_FISCALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall ‘Avvocatura Generale dello Stato e domiciliata ‘ ope legis ‘ presso gli uffici di quest ‘ ultima, siti in Roma, alla INDIRIZZO (indirizzo p.e.c.: EMAIL) ;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 2219/2022, pubblicata il 27 maggio 2022;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 28 gennaio 2025, dal Consigliere relatore NOME COGNOME
letta la memoria illustrativa depositata nell’interesse de lla controricorrente , ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.;
FATTI DI CAUSA
1.- Con sentenza n. 2062/07/2017, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia rigettava l ‘ appello proposto dall ‘ Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 296/05/2016 della Commissione tributaria provinciale di Como che, previa riunione, aveva accolto i ricorsi proposti dalla contribuente avverso gli avvisi di accertamento prot. n.n. 2015/A/8809 e 2015/A/8819 – e i correlati provvedimenti di irrogazione delle sanzioni prot. n.n. 373/2015 e 374/2015 – con i quali l ‘ Ufficio di Como dell ‘ Agenzia delle Dogane, relativamente all ‘ anno di imposta 2013, aveva recuperato nei confronti della detta società consortile, l ‘ imposta sul consumo dell ‘ energia elettrica – oltre interessi e sanzioni – che la predetta società aveva ceduto ai propri consorziati nella Provincia di Como e di Lecco, negando l ‘ applicabilità dell ‘ esenzione di cui all ‘ art. 52, comma 3, lett. b), d.lgs. n. 504 del 1995 (cd. TUA – Testo Unico Accise).
La Commissione Tributaria Regionale, nel confermare la sentenza di primo grado, in punto di diritto e per quanto di interesse in questa sede, affermava che: 1) la qualifica di ‘ imprese di autoproduzione ‘ di energia elettrica da fonti rinnovabili di cui all ‘ art. 52, comma 3, lett. b) del TUA,
non poteva essere negata, anche alla luce della nozione di ‘ autoproduttore ‘ di cui all ‘ art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 79 del 1999 (cd. Decreto Bersani), agli enti di aggregazione tra imprese che producono energia elettrica da fonti rinnovabili e la destinano al consumo dei soggetti facenti parte del consorzio medesimo; 2) avuto riguardo alla ratio dell ‘ esenzione – qual è quella di favorire la produzione di energia ‘ pulita ‘ -non era condivisibile la tesi dell ‘amministrazione finanziaria (di cui alla circolare del 13 dicembre 2013, prot. n. 130439 emessa sulla scia della sentenza della Corte di cassazione n. 23529 del 2008 in tema di esenzione dalle addizionali locali) secondo cui l ‘ esenzione dall ‘ accisa spetta solo se la produzione di energia elettrica sia strettamente correlata al suo utilizzo per il soddisfacimento del fabbisogno del produttore, il che non si verificherebbe nel caso di distribuzione dell ‘ energia elettrica dalla società consortile ai suoi consorziati stante la assunta diversità soggettiva tra produttore e consumatore della stessa.
2.- Avverso la sentenza n. 2062/07/2017 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, l ‘ Agenzia delle Dogane proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resisteva, con controricorso, la società RAGIONE_SOCIALE
Questa Corte regolatrice, con sentenza n. 26152 del 16 ottobre 2019, accoglieva i due motivi di ricorso dell’ amministrazione finanziaria, affermando i seguenti principi di diritto: 1) che in materia di accise sull’energia elettrica la società consortile che produce energia da fonti rinnovabile può beneficiare della esenzione dell’art. 52 TUA solo per la parte di energia che consuma in proprio e non per quella prodotta e ceduta/distribuita ai singoli soci consorziati, trattandosi di soggetti giuridici differenti; 2) che la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia aveva erroneamente considerato assorbita una questione posta dall’ amministrazione finanziaria, così omettendo di pronunciarsi su di essa, ossia sull ‘ assunta violazione dell ‘art. 11 l. 212 del 2000, in materia di interpelli, rinviando di fatto a quanto statuito dalla commissione di primo
grado che, in ordine a tale profilo, aveva accolto il ricorso della parte privata.
3.- Con ricorso in riassunzione, notificato in data 16 maggio 2020, l’odierna ricorrente società RAGIONE_SOCIALE , già RAGIONE_SOCIALE (che, nel frattempo, aveva incorporato la RAGIONE_SOCIALE), riassumeva la causa innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia riformulando le eccezioni già oggetto del preventivo atto di appello e dunque per: illegittimità dell’avviso di pagamento per violazione dell’art. 11 l. n. 212 del 2000; – illegittimità della pretesa per violazione del principio del legittimo affidamento di cui all’art. 10 della l. n. 212 del 2000.
4.- La Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia con la sentenza oggetto del presente ricorso per cassazione, rigettava l’appello della società.
In particolare, a sostegno dell’adottata pronuncia la Commissione Tributaria Regionale rilevava, per quanto di interesse in questa sede, che: « Con specifico riguardo ad IDROENERGIA, è stata esaminata la documentazione relativa agli anni dal 2008 in avanti. Quanto agli anni dal 2008 al 2012 (non oggetto di questo contenzioso ma di separato giudizio RGA 3317/2016) sono stati emessi processi verbali il 03/05.02.2014, comunicati alla parte (a garanzia del contraddittorio) e conseguenti atti di recupero dei tributi dovuti; ma senza applicazione di sanzioni e interessi, proprio in virtù della tutela di un affidamento legittimamente riposto in quegli anni dalla società privata sulla interpretazione della normativa, comunque avallata in qualche modo dall’Ufficio stesso. Quanto all’anno 2013, l’ufficio ha analizzato le dichiarazioni di Consumo presentate in data 24.03.2014, ed ha provveduto legittimamente ad emettere sia processi verbali (comunicati alla parte) sia atti di recupero del tributo sia atti di irrogazione sanzioni; e ciò nella misura in cui, per il 2013, non sussisteva alcun legittimo affidamento da dovere rispettare e tutelare, perché la società era, già alla data di presentazione delle dichiarazioni di consumo,
perfettamente a conoscenza non solo della posizione della Suprema Corte, ma anche del concreto e ufficiale recepimento di quell’indirizzo da parte dell’Ufficio. Infatti, nel momento in cui RAGIONE_SOCIALE ha trasmesso le dichiarazioni di Consumo relative al 2013, ossia il 24 marzo 2014, era stata già messa a conoscenza della corretta interpretazione delle norme, già anni prima a dire il vero chiarita dalla Suprema Corte, ma anche definitivamente recepita sul piano formale dall’Ufficio. E ciò proprio perché, già al febbraio precedente, le erano stati trasmessi i processi verbali relativi alla medesima questione afferente gli anni dal 2008 al 2012, nei quali non solo era di fatto concretizzata la nuova posizione dell’Ufficio ma anche riportato il contenuto essenziale della Nota del 13.12.2013; della quale quindi la RAGIONE_SOCIALE è stata resa edotta ben prima della pubblicizzazione del documento sul sito dell’Agenzia delle Dogane; e comunque certamente più di un mese prima rispetto alla data di presentazione delle dichiarazioni di consumo per il 2013. In ogni caso, in materia di legittimo affidamento, la salvaguardia dello stesso giammai può estendersi fino a determinare l’esenzione dal tributo. La stessa norma di cui all’art. 10 comma 2 L. 212/2000 fa riferimento testualmente solo a sanzioni e interessi (stante il preminente rilievo del principio di legalità e di indisponibilità della obbligazione tributaria). Quanto alla richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ex art. 267 del TUE, da un lato, occorre ricordare che la stessa Corte di Giustizia ha precisato che la tutela del legittimo affidamento non può basarsi su una prassi illegittima dell’Amministrazione (CGUE 11.04.2018 in causa C532/16, punto 50); dall’altro, che la medesima questione, posta all’attenzione della CGUE dalla CTR Campania (in un giudizio in cui è parte la stessa RAGIONE_SOCIALE), è stata dichiarata manifestamente irricevibile con ordinanza del 21.06.2018. Quanto alla prospettata violazione dell’art. 11 L. 212/2000, deve anzitutto rilevarsi che alcune delle interlocuzioni citate (con l’Ufficio di Aosta nel 2004, con l’Ufficio di Torino nel 2000 e con l’Ufficio di Como nel 2004) si è sviluppata nell’ambito di una procedura di interpello, regolarmente e formalmente
instaurata. In secondo luogo deve ricordarsi che l’unica istanza di interpello formalizzata è stata definita in data 21.06.2005 con dichiarazione di inammissibilità perché, tecnicamente, l’istanza di interpello ordinario deve essere presentata prima di porre in essere un comportamento (avendo appunto valore consultivo circa l’interpretazione di norme tributarie) e invece, nel caso di specie, la parte aveva già assunto comportamenti attivi in attuazione delle norma oggetto dell’asserito interpello, proponendolo inammissibilmente a posteriori. Peraltro, effettivamente e a ben vedere, una risposta scritta e motivata data dall’Amministrazione a fronte di una istanza di interpello ordinario può ritenersi vincolante per l’Amministrazione stessa solo con riferimento alla questione oggetto dell’istanza che, in quel caso, era la richiesta di chiarimenti sulle modalità di versamento delle addizionali di cui al DL 28.11.1988 n. 511; e non la possibilità di qualificare, ai fini fiscali, la società consortile come autoproduttore o meno. ».
5.- Avverso la menzionata sentenza d ‘ appello, la società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
6.- L ‘ Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha resistito con controricorso e ha depositato memoria illustrativa, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Preliminarmente, deve evidenziarsi che, con atto del 21 marzo 2024, la società ricorrente ha rinunciato, ai sensi dell’art. 390 c.p.c., a motivi primo, secondo, terzo e quinto del ricorso e ha chiesto che questa Corte provveda esclusivamente alla delibazione del quarto motivo. Tale atto è stato regolarmente comunicato all’amministrazione finanziaria controricorrente, ai sensi dell’art. 390, comma 3, c.p.c.
Ne deriva, pertanto, che, con riguardo ai motivi oggetto di rinuncia, deve essere pronunciata la cessazione della materia del contendere, cosicché la disamina di questa Corte deve concentrarsi solo ed esclusivamente sulle censure sviluppate mediante il quarto motivo di ricorso.
2.- Orbene, con tale motivo, la società ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11 l. n. 212 del 2000 (cd. Statuto dei diritti del contribuente).
Sostiene, in particolare, che, con la sentenza impugnata, la Commissione Tributaria Regionale ha affermato che legittimamente l’ amministrazione finanziaria avrebbe applicato le sanzioni per l’annualità 2013, in quanto al momento della presentazione della dichiarazione accise alla s ocietà era già noto l’orientamento giurisprudenziale e di prassi che voleva inapplicabile l’esenzione dell’art. 52 , comma 3, lett. b) del TUA ai consorzi di autoproduzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
Evidenzia, altresì, che la Circolare n. 130439 – che avrebbe esplicitato il mutamento di orientamento da parte dell’Ufficio e sulla base della quale si fonda l’irrogazione delle sanzioni -non era stata pubblicata dall’amministrazione doganale, situazione questa mai smentita dall’Ufficio nel corso del giudizio.
Deduce che , in base all’art. 5, c omma 1, della l. n. 212 del 2000, « L’amministrazione finanziaria deve assumere idonee iniziative volte a consentire la completa e agevole conoscenza delle disposizioni legislative e amministrative vigenti in materia tributaria, anche curando la predisposizione di testi coordinati e mettendo gli stessi a disposizione dei contribuenti presso ogni ufficio impositore » e che l’adempimento di tale obbligo sarebbe del tutto mancato nel caso di specie.
Pertanto, la ricorrente, nel corso del l’anno 2013, non avrebbe comunque potuto traslare l’accisa sui consorziati , in quanto al momento del trasferimento dell’energia era valido ed efficace il precedente orientamento dell’Agenzia delle Dogane e, dunque, mai i consorziati avrebbero accettato la rivalsa operata dalla società consortile. Per tale ragione, la richiesta dell’Agenzia delle Dogane avrebbe comunque portata retroattiva e dunque sarebbe da ritenersi illegittima. Infatti, le indicazioni di prassi che contraddicono le precedenti posizioni dell’amministrazione finanziaria non possono giungere a fine anno, come accaduto nella specie,
(essendo la nota prot. 130439 datata 13 dicembre 2013), ma dovrebbero pervenire al contribuente all’inizio del periodo d’imposta per consentirgli di prendere per tempo tutte le misure necessarie (e, cioè, la traslazione dell’accisa sui consorziati).
Alla luce delle precedenti considerazioni, dunque, sarebbe innegabile che il legittimo affidamento invocato in riferimento alla risposta all’interpello fornita all’Amministrazione finanziaria alla contribuente, quantomeno con riferimento alle sanzioni, deve avere valore anche con riferimento all’anno di imposta d el 2013, oggetto del presente giudizio.
3.- La censura è inammissibile.
La stessa, infatti, concentrandosi sull’accertamento di fatto sviluppato nella sentenza impugnata e valevole a ritenere che la ricorrente, con riguardo all’anno di imposta 2013 , fosse già a conoscenza dell’orientamento giurisprudenziale di legittimità inaugurato da Cass. civ., Sez. 5, sentenza n. 23529 del 12 settembre 2008, Rv. 604444-01 (secondo cui « In tema di addizionale all’imposta sul consumo di energia elettrica, l’art. 6 del d.l. 28 novembre 1988, n. 511, convertito in legge 27 gennaio 1989, n. 20, nel testo vigente per il periodo dal 1 gennaio 2000 al 31 dicembre 2003, prevede l’esenzione dalle addizionali locali soltanto in relazione all’energia elettrica autoprodotta ed impiegata per uso proprio, statuendo espressamente che essa si applica nel caso di esercizio delle attività di produzione, trasporto e distribuzione di energia elettrica, e non può, pertanto, intendersi riferita anche all’energia proveniente da un consorzio autoproduttore ed utilizzata da imprese aderenti al consorzio, in quanto persone giuridiche diverse dal produttore. ») e del suo recepimento da parte dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, finisce con il risolversi, nella richiesta di una nuova valutazione del compendio istruttorio, notoriamente preclusa in sede di giudizio di legittimità. Questa Corte regolatrice ha, infatti, più volte chiarito che « In tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda
fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme. » (cfr., ex permultis , Cass. civ., Sez. 2, ordinanza n. 10927 del 23 aprile 2024, Rv. 670888-01). Del resto, parimenti si è affermato che non integra violazione, né falsa applicazione di norme di diritto, la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poiché essa si colloca al di fuori dell’ambito interpretativo e applicativo della norma di legge; invero le doglianze attinenti non già all’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all’erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito (cfr., in tal senso ed ex permultis , Cass. civ., Sez. 3, sentenza n. 7187 del 4 marzo 2022, Rv. 664394-01; Cass. civ., Sez. 1, ordinanza n. 640 del 14 gennaio 2019, Rv. 652398-01, secondo cui « Le espressioni violazione o falsa applicazione di legge, di cui all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., descrivono i due momenti in cui si articola il giudizio di diritto: a) quello concernente la ricerca e l’interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso concreto; b) quello afferente l’applicazione della norma stessa una volta correttamente individuata ed interpretata. Il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata; il vizio di falsa applicazione di legge consiste, o nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista – pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione. Non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 360, comma 1, n. 3, l’allegazione
di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità. »).
Peraltro, con specifico riferimento alla denunciata violazione dell’art. 11 l. n. 212 del 2000, dalla motivazione della sentenza impugnata può agevolmente desumersi come essa sia stata esclusa dalla Commissione Tributaria Regionale, sulla base delle affermazioni secondo cui alcuna « delle interlocuzioni citate (con l’Ufficio di Aosta nel 2004, con l’Ufficio di Torino nel 2000 e con l’Ufficio di Como nel 2004) si è sviluppata nell’ambito di una procedura di interpello, regolarmente e formalmente instaurata. In secondo luogo deve ricordarsi che l’unica istanza di interpello formalizzata è stata definita in data 21.06.2005 con dichiarazione di inammissibilità perché, tecnicamente, l’istanza di interpello ordinario deve essere presentata prima di porre in essere un comportamento (avendo appunto valore consultivo circa l’interpretazione di norme tributarie) e invece, nel caso di specie, la parte aveva già assunto comportamenti attivi in attuazione delle norma oggetto dell’asserito interpello, proponendolo inammissibilmente a posteriori. Peraltro, effettivamente e a ben vedere, una risposta scritta e motivata data dall’Amministrazione a fronte di una istanza di interpello ordinario può ritenersi vincolante per l’Amministrazione stessa solo con riferimento alla questione oggetto dell’istanza che, in quel caso, era la richiesta di chiarimenti sulle modalità di versamento delle addizionali di cui al DL 28.11.1988 n. 511; e non la possibilità di qualificare, ai fini fiscali, la società consortile come autoproduttore o meno. », affermazioni che, nella specie, non risultano neppure essere state attinte da alcuna specifica censura.
4.- Dalle considerazioni finora sviluppate deriva, in conclusione, la declaratoria di cessazione della materia del contendere in ordine al primo,
secondo, terzo e quinto motivo di ricorso, nonché il rigetto del quarto motivo.
5.In ragione dell’intervenuta rinuncia della ricorrente alla quasi totalità dei motivi, sussistono ragioni valevoli a giustificare l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
6.Stante il rigetto dell’unica censura alla quale la ricorrente ha dichiarato di avere interesse, sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l ‘ impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione
Dichiara la cessazione della materia del contendere sui motivi primo, secondo, terzo e quinto; rigetta il quarto; dichiara interamente compensate le spese del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria,