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Legittimazione raggruppamento temporaneo: la Cassazione

Una società ha impugnato un avviso di accertamento per la tassa sui rifiuti (TARSU), contestando la legittimazione del raggruppamento temporaneo di imprese (RTI) che lo aveva emesso. Il motivo principale era la mancata iscrizione di una delle società dell’RTI all’albo dei soggetti abilitati alla riscossione. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo un principio fondamentale sulla legittimazione del raggruppamento temporaneo: nei raggruppamenti di tipo misto, il requisito dell’iscrizione all’albo è necessario solo per le imprese che svolgono le attività principali (accertamento e riscossione), e non per quelle che forniscono servizi meramente secondari e di supporto. La Corte ha inoltre rigettato le altre eccezioni relative alla successione tra enti della riscossione e a presunti vizi procedurali.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Legittimazione Raggruppamento Temporaneo: la Cassazione fa chiarezza

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sulla legittimazione del raggruppamento temporaneo di imprese (RTI) nell’ambito della gestione e riscossione dei tributi locali. La decisione analizza in profondità la natura giuridica degli RTI e i requisiti soggettivi richiesti alle singole imprese associate, offrendo una guida preziosa per gli operatori economici che partecipano a gare pubbliche.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dall’impugnazione, da parte di una società, di un avviso di accertamento relativo alla Tassa per lo Smaltimento dei Rifiuti Solidi Urbani (TARSU) per le annualità 2010, 2011 e 2012. L’avviso era stato notificato da un Raggruppamento Temporaneo di Imprese (RTI) a cui era stato affidato il servizio di accertamento e riscossione del tributo. La società contribuente ha contestato la validità dell’atto impositivo sulla base di diversi motivi, il più rilevante dei quali riguardava un presunto difetto di legittimazione attiva dell’RTI.

La questione della legittimazione del raggruppamento temporaneo

Il cuore della controversia risiedeva nella tesi della società ricorrente, secondo cui l’RTI non avesse la legittimazione del raggruppamento temporaneo per agire, in quanto una delle imprese associate non risultava iscritta nell’apposito albo ministeriale dei soggetti abilitati a svolgere attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi, come previsto dalla normativa di riferimento (d.lgs. 446/1997 e D.M. 289/2000). Secondo la ricorrente, questo vizio avrebbe dovuto rendere nullo l’intero operato del raggruppamento.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la validità dell’avviso di accertamento e la piena legittimità dell’RTI. I giudici hanno sviluppato un’articolata motivazione che tocca i principi fondamentali del diritto degli appalti pubblici, anche alla luce della normativa europea.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha innanzitutto ribadito che un RTI è una mera aggregazione di scopo, basata su un accordo di cooperazione, che non dà vita a un nuovo soggetto giuridico autonomo e distinto dalle imprese che lo compongono. Di conseguenza, l’RTI in sé non è tenuto all’iscrizione in alcun albo; tale requisito va valutato in capo alle singole imprese partecipanti.

Il punto cruciale della decisione, però, risiede nella distinzione operata in base al tipo di RTI. La Corte ha specificato che, in caso di raggruppamento di tipo misto (come nel caso di specie), in cui le imprese si dividono compiti principali e secondari, il requisito soggettivo dell’iscrizione all’albo è richiesto solo per le società che svolgono le attività principali e strategiche (l’accertamento e la riscossione dei tributi). Non è invece necessario per le imprese a cui sono affidati compiti meramente complementari, di supporto o strumentali.

Questa interpretazione, secondo la Cassazione, è coerente con il diritto dell’Unione Europea (in particolare le direttive sugli appalti e le concessioni), che promuove la massima partecipazione alle gare consentendo a un operatore economico di fare affidamento sulle capacità di altri soggetti. Imporre a tutte le imprese dell’RTI, incluse quelle con ruoli accessori, il possesso di ogni singola qualificazione richiesta per la prestazione principale sarebbe sproporzionato e contrario ai principi di concorrenza.

La Corte ha inoltre respinto gli altri motivi di ricorso:

Successione tra enti della riscossione: Il passaggio dalla precedente società di riscossione (capofila dell’RTI) alla nuova Agenzia delle entrate-Riscossione è stato qualificato come una successione in un munus publicum* (funzione pubblica), che avviene a titolo universale e senza soluzione di continuità, non incidendo sulla validità dei contratti in essere.
* Mancato contraddittorio preventivo: È stato ribadito che l’obbligo del contraddittorio preventivo non si applica ai tributi “non armonizzati” come la TARSU, per i quali non esiste una specifica previsione normativa che lo imponga, a meno che non si tratti di accertamenti scaturiti da accessi, ispezioni o verifiche.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza consolida un principio di fondamentale importanza per il mercato degli appalti pubblici. Chiarisce che la legittimazione del raggruppamento temporaneo non richiede che ogni suo componente possieda la totalità dei requisiti richiesti per l’intera commessa. Al contrario, valorizza la specializzazione e la collaborazione, consentendo a imprese con diverse competenze di unirsi per offrire un servizio integrato. Questa flessibilità permette anche a piccole e medie imprese, specializzate in servizi di supporto, di partecipare a gare complesse, favorendo la concorrenza e l’efficienza nell’erogazione dei servizi pubblici.

In un Raggruppamento Temporaneo di Imprese (RTI) che si occupa di riscossione tributi, tutte le aziende partecipanti devono essere iscritte all’albo dei concessionari?
No. Secondo la Corte di Cassazione, quando il servizio è affidato a un RTI di tipo misto, il requisito dell’iscrizione all’albo è necessario solo per le società che svolgono le attività principali di accertamento e riscossione. Non è richiesto per le imprese che svolgono attività secondarie, di mero supporto o complementari.

La successione dalla precedente società di riscossione all’attuale Agenzia delle Entrate-Riscossione ha reso illegittimi i contratti in essere stipulati da un RTI con la vecchia società come capofila?
No. La Corte ha chiarito che si è trattato di una ‘mera successione fra enti pubblici’ a titolo universale e senza soluzione di continuità nel ‘munus publicum’ (la funzione pubblica di riscossione). Questo fenomeno successorio non comporta alcuna violazione del principio di immodificabilità dell’RTI e non incide sulla validità dei rapporti giuridici preesistenti.

L’ente impositore è sempre obbligato ad avviare un contraddittorio preventivo con il contribuente prima di emettere un avviso di accertamento per la TARSU?
No. La sentenza ribadisce che, secondo la giurisprudenza costante, l’obbligo generale di contraddittorio preventivo esiste unicamente per i cosiddetti ‘tributi armonizzati’ a livello europeo. Per i ‘tributi non armonizzati’, come la TARSU, tale obbligo non sussiste, a meno che l’accertamento non derivi da accessi, ispezioni o verifiche presso il contribuente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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