Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11229 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11229 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23187/2017 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, presso il cui studio in Siracusa INDIRIZZO elegge domicilio;
-ricorrente-
contro
CONSORZIO COGNOME SIRACUSA, in persona del Commissario straordinario, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. SICILIA n. 2006/2017 depositata il 30/05/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Il Consorzio impugnava il preavviso di fermo di beni mobili registrati per un importo di euro 314.759,59, cui erano sottese numerose cartelle esattoriali.
La C.T.P. di Siracusa dichiarava la carenza di legittimazione passiva del consorzio. Interposto gravame dalla società di riscossione, la C.T.R. della Sicilia confermava la decisione di prime cure.
La società RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza della CTR Sicilia n. 2006/4/2017 che ha escluso la legittimazione passiva del Consorzio di bonifica 10 Siracusa alla luce della legge reg. n. 45/1995.
Replica con controricorso il Consorzio.
MOTIVI DI DIRITTO
La prima censura prospetta l’omessa pronuncia in relazione alla dedotta eccezione di carenza di giurisdizione del giudice adito, per avere giurisdizione il giudice del lavoro in relazione a talune cartelle (indicate numericamente) aventi ad oggetto crediti Inps, nonché violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n.4) c.p.c. Assume la Riscossione di aver dedotto la parziale carenza di giurisdizione del giudice tributario, sulla quale, tuttavia, il giudice tributario adito non si è pronunciato.
2.Con la seconda censura si deduce l’omessa pronuncia in relazione alla prospettata eccezione di carenza di competenza territoriale -proposta in sede di appello – per le cartelle di pagamento indicate in rubrica recanti crediti della Provincia Regionale di Catania per essere competente la CTR di Catania, nonché violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n.4) c.p.c.; per
avere il collegio d’appello omesso di statuire su detta eccezione di incompetenza.
Il primo ed il secondo motivo possono essere esaminati congiuntamente, perché, sebbene differenti nel contenuto, sono accomunati dalla tipologia di censura, denunciando l’omessa pronuncia sulle eccezioni proposte, in realtà assorbite dalla decisione con cui il Collegio d’appello ha riconosciuto la carenza di legittimazione passiva del Consorzio.
4.I motivi sono inammissibili.
È opportuno premettere, con riguardo all’eccezione di omessa pronuncia relativa alle eccezioni proposte, la CTR dà atto nella sentenza impugnata solo di quella relativa alla carenza di giurisdizione in relazione ai tributi recati da talune cartelle esattoriali , ma non anche dell’eccezione di incompetenza territoriale.
Al riguardo, si osserva che il ricorrente ha omesso di riportare nell’atto introduttivo del presente giudizio di legittimità il contenuto delle eccezioni come formulate nel ricorso introduttivo, non ottemperando al consolidato orientamento di questa Corte secondo cui la deduzione del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e ritualmente e inequivocabilmente formulate e, per altro verso, che tali istanze siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della tempestività e, in secondo luogo, della decisività delle questioni prospettatevi (Cass. n. 28072 del 2021). Osserva il Collegio come, sulla base del principio di necessaria e completa allegazione del ricorso per cassazione ex art. 366 n. 6 c.p.c. (valido
oltre che per il vizio di cui all’art. 360, comma primo, n. 5 anche per quelli previsti dai nn. 3 e 4 della stessa disposizione normativa), il ricorrente che denunzia l’omessa pronuncia su una eccezione o una domanda (di carenza di giurisdizione e di incompetenza territoriale), non può limitarsi a dedurre di aver proposto la domanda ignorata, ma deve indicare gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operatività di detta omissione (cfr. Cass. n. 9076 del 19/04/2006); con la conseguenza che, in tale ipotesi, il ricorrente medesimo è tenuto ad allegare al ricorso gli atti del processo idonei ad attestare la fondatezza della censura. La Corte di cassazione, quale giudice del “fatto processuale”, intanto può esaminare direttamente gli atti processuali in quanto, in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di inammissibilità, ottemperato all’onere di indicarli compiutamente, non essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo alla verifica degli stessi (Cass. n. 16899/2023; Cass. n. 28077/2021; Cass. 16/05/2020, n. 545; 16/02/2018, n. 3845; 28/11/2014, n. 25299).
Nel caso in esame, la società ha genericamente dedotto di aver prospettato nel ricorso originario e poi in sede d’appello le eccezioni di cui in rubrica trascurando di trascriverle e di allegare non solo gli atti nei quali sarebbero state formulate le eccezioni, ma anche l’atto impugnato al fine di consentire a questa Corte di valutare la fondatezza delle eccezioni di difetto di giurisdizione rispetto a presunti crediti Inps e di incompetenza territoriale rispetto a crediti della Provincia di Catania.
Sotto altro profilo, si evidenzia che non si incorre nel vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo (Cass. n. 29191 del 06/12/2017; Sez. 2, Ordinanza n. 20718 del 13/08/2018).
Nel caso di specie, il giudice, nell’esaminare il merito dell’appello, non ha omesso la pronuncia sull’eccezione di carenza parziale di giurisdizione e di incompetenza territoriale, ma le ha implicitamente rigettate. Per integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non è sufficiente la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto. Al contrario, deve ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto della domanda o della eccezione formulata dalla parte quando l’accoglimento della pretesa non espressamente esaminata risulti incompatibile con l’impostazione logico -giuridica della pronuncia, anche se manchi, al riguardo, una specifica argomentazione (Cass. 4 ottobre 2011, n. 20311; Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass. 13 agosto 2018, n. 20718; Cass. 4 giugno 2019, n. 15255; Cass. 29 gennaio 2021, n. 2151; n. 11319/2022). Osserva il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, è configurabile la decisione implicita di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva) o di un’eccezione di nullità (ritualmente sollevata o rilevabile d’ufficio) quando queste risultino superate e travolte, benché non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di un’altra questione, il cui solo esame presupponga e comporti, come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza; in siffatta ipotesi la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività (Cass. n. 12131 dell’8/05/2023; Cass. n. 7406 del 28/03/2014).
La sentenza si è implicitamente avvalsa del canone decisorio della ragione più liquida, a mente del quale la domanda giudiziale può essere analizzata sulla base di una questione assorbente pur se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare tutte le altre, essendo ciò suggerito dal principio di economia processuale e da esigenze di celerità anche costituzionalmente protette (cfr. Cass. 03/02/2020, n. 2334). In tal caso, non può lamentarsi l’omessa pronuncia, ma occorre sostenere che l’assorbimento sia stato illegittimamente pronunciato, data la insussistenza delle condizioni dell’assorbimento proprio e di quelle dell’assorbimento improprio (Cass. n. 12193 del 22/06/2020; Cass. n. 8106/2020).
Per quel che rileva specificamente in questa sede è stato statuito che, di fronte al fenomeno dell’assorbimento c.d. improprio, che ricorre nel caso di rigetto di una domanda in base alla soluzione di una questione di carattere esaustivo e perciò assorbente, che rende superfluo l’esame delle altre, il soccombente non ha l’onere di formulare alcun motivo di impugnazione sulle questioni assorbite, essendo invece sufficiente, per evitare il giudicato interno, che censuri la sola decisione sulla questione giudicata di carattere assorbente, fatta salva la facoltà di contestare i presupposti della stessa statuizione di assorbimento, e la sua ricaduta sull’effettiva decisione della causa (Cass. 26 maggio 2022, n. 17155, in motivazione; Cass. 4 gennaio 2022, n. 48; Cass. 12 luglio 2016, n. 14190).
5.Il terzo motivo lamenta l’omessa pronuncia in ordine al motivo di appello con il quale era stata eccepita la nullità della sentenza di prime cure.
La censura in rassegna incontra i medesimi limiti evidenziati con l’esame dei primi due mezzi. In disparte i profili di inammissibilità già esaminati al paragrafo precedente, detta doglianza si rivela inammissibile anche perché il ricorrente, anziché riportare nei suoi
esatti termini il contenuto dell’eccezione di nullità della sentenza di primo grado, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo in cui era stata sollevata, si è limitato a fare un generico riferimento alla eccezione di nullità della decisione di primo grado senza neppure indicare in quale atto processuale detta eccezione sia stata prospettata e le ragioni fondanti l’eccezione medesima.
Il motivo quindi di rivela aspecifico (da ultimo, Cass. n. 4547/2022; Cass. n. 280722021; in precedenza, tra le altre, Cass. 04/07/2014, n. 15367).
6.Il quarto mezzo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 3 e 24 legge reg. n. 45/1995, 31 legge reg. 10/1999, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) c.p.c.; per avere il decidente dichiarato la carenza di legittimazione passiva del consorzio affermando la legittimazione dell’Assessorato regionale dell’agricoltura e delle foreste nei rapporti giuridici attivi e passivi dei soppressi consorzi non trasferiti a quelli di nuova istituzione.
7.Il quinto strumento di ricorso denuncia violazione dell’art. 91 c.p.c., per essere stata la società di riscossione condannata alle spese ancorché la controparte non avesse proposto appello incidentale.
Il quarto strumento di ricorso è fondato nei sensi in prosieguo indicati, assorbito il quinto.
La sentenza impugnata, ritenendo insussistente la carenza di legittimazione passiva del neo-istituito Consorzio di bonifica 10 Siracusa, ha violato le disposizioni della legislazione regionale riguardanti il riordino dei consorzi di bonifica.
Per maggior chiarezza del discorso è opportuno premettere che la legge della Regione Sicilia 25 maggio 1995, n. 45, nell’art. 2 definì gli interventi di bonifica, nell’art. 6 disciplinò la costituzione dei consorzi, nell’art. 7 ne stabilì le funzioni di programmazione e nell’art. 8 ne individuò i compiti, disponendo nel primo comma che “sono di competenza dei consorzi la gestione, la manutenzione
ordinaria e straordinaria e la vigilanza delle opere pubbliche e degli impianti di bonifica e di irrigazione”, nonché contemplando nel comma successivo altre attività (formulazione di proposte, elaborazione di indici di qualità, controllo e vigilanza, progettazione e realizzazione di opere necessarie per l’utilizzazione delle acque per fini irrigui). La stessa legge, poi, con l’art. 24 stabilì la soppressione dei consorzi precedenti e il subentro dei nuovi consorzi “nei diritti compatibili con le funzioni ad essi spettanti ai sensi della presente legge” (commi 1 e 2). Il comma 9 dello stesso art. 24 dispose che “l’Assessorato regionale dell’agricoltura e delle foreste subentra nei rapporti giuridici attivi e passivi dei soppressi consorzi non trasferiti a quelli di nuova istituzione”. La legge della Regione Sicilia 27 aprile 1999, n. 10, nell’art. 31, primo comma, dettò una norma d’interpretazione autentica, stabilendo che “la disposizione di cui al comma 2 dell’art. 24 della legge regionale 25 maggio 1995, n. 45, si interpreta nel senso che ciascuno dei consorzi costituiti ai sensi dell’art. 6 della medesima legge subentra nei rapporti attivi e passivi facenti capo ai consorzi soppressi operanti nel proprio comprensorio e relativi all’esercizio di funzioni che sono attribuite ai nuovi enti consortili dagli artt. 7 e 8 della stessa legge n. 45/1995 o da altre disposizioni di legge in vigore”. Lo stesso art. 31, poi, aggiunse nel terzo comma che “la disposizione di cui al comma 9 dell’art. 24 della legge regionale 25 maggio 1995, n. 45, si interpreta nel senso che l’Assessorato regionale dell’agricoltura e delle foreste subentra nei soli rapporti attivi e passivi instaurati dai consorzi soppressi e relativi all’esercizio di funzioni che gli artt. 7 e 8 della medesima legge o altre disposizioni di legge in vigore non attribuiscano ai nuovi enti medesimi”. Infine, ancora l’art. 31, nei commi 5 e 6, demandò all’assessore regionale all’agricoltura e alle foreste, per le funzioni non trasferite ai consorzi di nuova istituzione, la nomina di un commissario liquidatore, determinandone le funzioni. Come si
vede, la normativa ora richiamata provvide non soltanto alla soppressione dei consorzi precedenti e alla istituzione dei nuovi enti consortili, ma ne disciplinò anche la successione, disponendo il subentro dei nuovi consorzi nei diritti ed obblighi compatibili con le funzioni ad essi spettanti ai sensi della legge n. 45/1995 e precisando (art. 31, comma 1, L. R. n. 10/1999) che tale subentro riguardava i rapporti attivi e passivi relativi all’esercizio di funzioni attribuite ai nuovi enti consortili dagli artt. 7 e 8 della stessa legge n. 45 del 1995 o da altre disposizioni di legge in vigore. Pertanto l’indagine da compiere (che la sentenza impugnata ha del tutto trascurato, così incorrendo in violazione della citata normativa) deve essere diretta ad accertare – al fine di stabilire il rituale trasferimento al Consorzio di bonifica 10 Siracusa dell’obbligazione di pagamento azionata dalla Riscossione – se detta obbligazione fosse relativa all’esercizio di funzioni attribuite al nuova consorzio dagli artt. 7 e 8 della citata legge n. 45 del 1995 (non essendo state allegate, ne’ essendo individuabili, altre fonti normative). (Cass. 6817/2004; SU n. 14082/2004; S.U. n.6772/2003). Le funzioni trasferite ai nuovi enti comprendono, oltre a compiti di proposta, programmazione e progettazione, la realizzazione di opere occorrenti per utilizzare le acque a fini irrigui, ai sensi del comma 2, lett. g), del citato art. 8, mentre, per le opere pubbliche e gli impianti di bonifica e d’irrigazione, separatamente considerate dal comma 1 dello stesso art. 8 ed includenti le opere di complessiva sistemazione del corso di fiumi, si esauriscono in compiti di manutenzione e di vigilanza.
Occorre verificare, allora, se le pretese azionate siano riconducibili alle funzioni di programmazione di cui all’art. 7 e alle funzioni di gestione, manutenzione ordinaria e straordinaria e vigilanza delle opere pubbliche e degli impianti di bonifica e di irrigazione (art. 8, primo comma).
9.Ne segue che, in accoglimento del quarto motivo del ricorso principale, la detta sentenza deve essere cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, che, in diversa composizione, dovrà svolgere gli accertamenti di cui ai paragrafi 8 e ss.
P.Q.M.
La Corte
-Accoglie il quarto motivo, dichiarati inammissibili i primi tre, assorbito l’ultimo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, che, in diversa composizione, statuirà anche in merito alla regolamentazione delle spese di lite.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della