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Legittimazione passiva: chi citare in giudizio?

Un contribuente ha impugnato un avviso di accertamento per la tassa sui rifiuti, citando in giudizio sia il Comune che la società concessionaria della riscossione. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile nei confronti del Comune per difetto di legittimazione passiva, stabilendo che l’unico soggetto legittimato a stare in giudizio è il concessionario. L’appello contro quest’ultimo è stato respinto perché un precedente avviso di pagamento aveva validamente interrotto i termini di decadenza, rendendo legittimo l’atto successivo.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Legittimazione Passiva nei Tributi Locali: a Chi Notificare il Ricorso?

Quando si riceve un avviso di accertamento per un tributo locale, come la tassa sui rifiuti (TARSU), il primo passo è capire chi sia il corretto interlocutore da citare in giudizio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: la legittimazione passiva nel caso in cui l’ente locale abbia affidato il servizio di accertamento e riscossione a una società esterna. La decisione sottolinea come un errore nell’identificazione del convenuto possa portare all’inammissibilità del ricorso, con conseguenze significative per il contribuente.

I Fatti di Causa

Un contribuente si è visto recapitare un avviso di accertamento per l’omesso versamento della TARSU relativa all’anno 2012. L’atto era stato emesso da un raggruppamento temporaneo di imprese (RTI), concessionario del servizio di gestione dei tributi per conto del Comune. Il contribuente ha impugnato l’atto davanti alla Commissione Tributaria Provinciale, citando in giudizio sia il Comune sia l’RTI. Il ricorso è stato respinto, decisione poi confermata anche in appello dalla Commissione Tributaria Regionale. Il contribuente ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando principalmente l’avvenuta prescrizione del credito tributario.

La Questione della Legittimazione Passiva nel Processo

Il punto centrale affrontato dalla Corte di Cassazione riguarda la legittimazione passiva. Il Comune, costituitosi in giudizio, ha eccepito il proprio difetto di legittimazione, sostenendo di essere estraneo alla vicenda processuale. Secondo la normativa speciale applicabile in quella regione per gli anni in questione, le funzioni di accertamento e riscossione della tassa sui rifiuti erano state affidate a società provinciali, escludendo i Comuni da tali fasi. Di conseguenza, il potere impositivo e la titolarità a stare in giudizio erano stati trasferiti interamente al concessionario.
La Suprema Corte ha accolto questa eccezione, ribadendo un principio consolidato: quando un ente pubblico affida in concessione il servizio di accertamento e riscossione di un tributo, la legittimazione sia sostanziale (emettere l’atto) sia processuale (resistere in giudizio) si trasferisce in capo al concessionario. L’ente impositore originario, in questo caso il Comune, diventa un soggetto estraneo alla controversia. Pertanto, il ricorso originario del contribuente era inammissibile nei confronti del Comune.

Decadenza e Ruolo dell’Avviso di Pagamento

Un altro aspetto fondamentale della controversia era il presunto decorso dei termini di decadenza per l’azione di accertamento. Il contribuente sosteneva che l’avviso di accertamento notificato nel 2019 fosse tardivo, poiché il termine per l’annualità 2012 scadeva il 31 dicembre 2017.
Tuttavia, la Corte ha rilevato che il concessionario aveva notificato un precedente “avviso di pagamento” il 14 settembre 2017, quindi ben prima della scadenza. Sebbene non formalmente denominato “avviso di accertamento”, questo atto conteneva tutti gli elementi essenziali della pretesa tributaria (soggetto, importo, causale, immobile di riferimento, modalità di calcolo), manifestando in modo chiaro e inequivocabile la volontà impositiva. Di conseguenza, è stato ritenuto un atto idoneo a esercitare la potestà impositiva e a impedire la decadenza. L’avviso successivo, notificato nel 2019, è stato quindi considerato una mera reiterazione di una pretesa già validamente formalizzata.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha basato la sua decisione su due pilastri argomentativi.
In primo luogo, ha confermato l’orientamento costante secondo cui l’affidamento in concessione del servizio di accertamento e riscossione comporta un trasferimento completo della legittimazione attiva e passiva al concessionario. Quest’ultimo agisce non come un mero esattore, ma come il soggetto che attua concretamente la pretesa impositiva, i cui presupposti sono stati definiti a monte dall’ente. Pertanto, è il concessionario l’unico soggetto che deve emettere l’atto e, di conseguenza, l’unico che può essere legittimamente citato in giudizio dal contribuente.
In secondo luogo, ha chiarito la natura degli atti impugnabili nel processo tributario. La giurisprudenza riconosce che qualsiasi atto che porti a conoscenza del contribuente una pretesa tributaria definita è qualificabile come avviso di accertamento o liquidazione, indipendentemente dalla sua denominazione formale. L’importante è che contenga informazioni complete sui presupposti della pretesa. L’avviso di pagamento del 2017 rispondeva a questi requisiti, rappresentando un valido esercizio del potere impositivo prima della scadenza del termine di decadenza.

Conclusioni

L’ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. La prima è l’assoluta necessità di identificare correttamente la legittimazione passiva prima di avviare un contenzioso tributario. In presenza di un concessionario, è a quest’ultimo, e non all’ente impositore, che il ricorso deve essere notificato, pena l’inammissibilità dell’azione nei confronti dell’ente. La seconda è che la sostanza prevale sulla forma: un atto denominato “avviso di pagamento” può avere a tutti gli effetti il valore di un avviso di accertamento se ne possiede i requisiti contenutistici, essendo così in grado di interrompere i termini di prescrizione e impedire la decadenza.

In una controversia su un tributo locale, chi si deve citare in giudizio se l’ente ha affidato il servizio di accertamento e riscossione a una società esterna?
Secondo la Corte, in caso di affidamento in concessione, la legittimazione a emettere l’atto e a resistere in giudizio si trasferisce interamente al concessionario. Pertanto, il contribuente deve citare in giudizio esclusivamente la società concessionaria e non l’ente impositore (es. il Comune).

Un “avviso di pagamento” può essere considerato un atto idoneo a impedire la decadenza del potere di accertamento?
Sì. La Corte ha stabilito che un atto, anche se denominato “avviso di pagamento”, è idoneo a impedire la decadenza se contiene una comunicazione completa e dettagliata della pretesa tributaria (presupposti, importo, modalità di calcolo). In tal caso, è considerato un valido esercizio della potestà impositiva, anche se non ha la forma tipica dell’avviso di accertamento.

Cosa succede se un contribuente cita in giudizio l’ente impositore (es. il Comune) invece del concessionario?
Il ricorso nei confronti dell’ente impositore viene dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione passiva. La Corte cassa la sentenza impugnata senza rinvio, dichiarando l’impossibilità di proseguire il giudizio nei confronti di quel soggetto, in quanto estraneo alla controversia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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