Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23097 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23097 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17798/2022 R.G., proposto
DA
COGNOME, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME, con studio in Pagani (SA), ove elettivamente domiciliato (indirizzo pec per notifiche e comunicazioni: EMAIL ), giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME entrambi con studio in Napoli (presso gli Uffici dell’Avvocatura Comunale), elettivamente domiciliato presso l’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma (indirizzo pec per notifiche e comunicazioni: EMAIL, giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTE
TARSU TIA TARES ACCERTAMENTO AFFIDAMENTO IN CONCESSIONE DEL SERVIZIO DI ACCERTAMENTO E RISCOSSIONE LEGITTIMAZIONE AD EMETTERE L’ATTO IMPOSITIVO E A RESISTERE NEL RELATIVO GIUDIZIO DI IMPUGNAZIONE
raggruppamento temporaneo di imprese tra Agenzia delle Entrate -Riscossione (succeduta ex art. 1 del d. l. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 dicembre 2016, n. 225, ad ‘ RAGIONE_SOCIALE), con sede in Roma, in persona del Direttore pro tempore , RAGIONE_SOCIALE, con sede in Cercola (NA), in persona dell’amministratore unico pro tempore , e RAGIONE_SOCIALE, con sede in Napoli, in persona dell’amministratore unico pro tempore , in qualità di concessionario del servizio di gestione ordinaria e straordinaria, riscossione volontaria e coattiva della TARSU e della TIA per il Comune e la Provincia di Napoli, in persona del responsabile pro tempore della gestione della ‘ RAGIONE_SOCIALE, in virtù di procura conferita, a mezzo di rogito redatto dal Notaio NOME COGNOME da Roma il 9 novembre 2017, rep. n. 42250, dal direttore generale pro tempore della ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ (già ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ e ora Agenzia delle Entrate -Riscossione), nella qualità di impresa mandataria con rappresentanza, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Napoli, e dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Salerno, ove elettivamente domiciliato (indirizzo p.e.c. per notifiche e comunicazioni: EMAIL, giusta procura in allegato al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Campania l’11 gennaio 2022, n. 363/08/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del l’11 luglio 2025 dal Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Campania l’11 gennaio 2022, n. 363/08/2022 , la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di accertamento n. 2402/14279 del 12 aprile 2019 da parte del raggruppamento temporaneo di imprese tra Agenzia delle Entrate -Riscossione (succeduta ad ‘ RAGIONE_SOCIALE), RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, in qualità di concessionario del servizio di gestione ordinaria e straordinaria, riscossione volontaria e coattiva della TARSU e della TIA per il Comune e la Provincia di Napoli, per omesso versamento della TARSU relativa all’anno 2012 nella misura di € 296,00 , ha rigettato l’appello proposto dal medesimo nei confronti del Comune di Napoli e del raggruppamento temporaneo di imprese tra Agenzia delle Entrate -Riscossione (succeduta ad ‘ RAGIONE_SOCIALE), ‘ RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli il 25 febbraio 2020, n. 4489/04/2020, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure -che aveva respinto il ricorso originario del contribuente -sul presupposto che: a) il predetto raggruppamento temporaneo di imprese era legittimato ad emettere e sottoscrivere l’atto impositivo; b) l ‘atto impositivo era adeguatamente motivato, anche in relazione al calcolo degli interessi moratori; c) il credito tributario non si era prescritto, essendo stato notificato un atto interruttivo il 14 settembre 2017; d) il contribuente non aveva fornito alcuna prova in ordine mancato espletamento del servizio di raccolta dei rifiuti urbani; e) la TARSU non era stata abrogata, essendo stata consentita in via transitoria ai Comuni
la facoltà di mantenere in vigore il regime della TARSU e della TIA.
Il Comune di Napoli ed il raggruppamento temporaneo di imprese tra Agenzia delle Entrate RAGIONE_SOCIALERiscossione (succeduta ad ‘ RAGIONE_SOCIALE), RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE hanno resistito con separati controricorsi.
Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE:
Il ricorso è affidato ad un unico motivo, col quale si denuncia vi olazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 161, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e dell’art. 72 del d.l gs. 15 novembre 1993, n. 507, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che il credito tributario non si fosse estinto per prescrizione, essendo stato notificato medio tempore un atto interruttivo (in particolare, l’ avviso di pagamento n. NUMERO_CARTA dal concessionario al contribuente.
1.1 Preliminarmente, il Comune di Napoli ha eccepito l’inammissibilità del ricorso originario nei suoi confronti per difetto di legittimazione passiva, deducendo che: « A seguito delle modifiche alla normativa speciale sui rifiuti campani (DL 195/2009 convertito in Legge 26/2010) apportate dal DL 216/2011 convertito in Legge 14/2012, nella specialità delle disposizioni normative della Regione Campania che vedono una gestione associata della Tassa sui rifiuti tra comuni e società provinciali per le annualità 2010/2011/2012, le novità introdotte prevedono l’esclusione dei comuni dalla fase di accertamento e riscossione della tassa e l’affidamento del servizio alle società provinciali. Quindi, a rigor di norma, l’accertamento e la riscossione dei ruoli Tarsu, per gli anni
2010-2011-2012, spetta, solo in Campania, alle società provinciali costituite per la gestione del ciclo integrato dei rifiuti e non ai Comuni, che hanno il potere impositivo e la titolarità dell’imposta. Per la provincia di Napoli è stata costituita una società provinciale per accertamenti e riscossioni gestita da un Raggruppamento Temporaneo d’Impresa (RTI) ».
A suo dire: « Il Comune di Napoli, pertanto, è del tutto estraneo alla vicenda processuale de qua ed a riprova si rappresenta che l’atto impugnato in alcuna parte menziona il Comune di Napoli tra i soggetti attivi dell’accertamento, come si rileva per tabulas dal testo del provvedimento impositivo: <> ».
1.2 L’eccezione è fondata.
1.3 In proposito, si rammenta l’orientamento costante di questa Corte, secondo cui, in tema di contenzioso tributario, l’inammissibilità del ricorso introduttivo è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio e può essere sollevata per la prima volta anche dinanzi al giudice di legittimità allorché il suo esame escluda un accertamento in fatto, che sarebbe consentito soltanto al giudice di merito (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 dicembre 2010, n. 26391; Cass., Sez. 5^, 31
marzo 2011, n. 7410; Cass., Sez. 6^-5, 25 agosto 2015, n. 17133; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2019, n. 13993; Cass., Sez. 5^, 19 agosto 2020, n. 17363; Cass., Sez. 5^, 27 maggio 2021, n. 14727; Cass., Sez. 6^-5, 14 gennaio 2022, n. 587; Cass., Sez. Trib., 9 maggio 2024, n. 12749; Cass., Sez. Trib., 23 aprile 2025, n. 10732; Cass., Sez. Trib., 11 giugno 2025, n. 15565).
Laddove, l ‘odierna questione è ictu oculi scrutinabile in punto di mero diritto, limitandosi il thema disputandum al riconoscimento della legittimazione del concessionario -in luogo dell’ente impositore -all ‘emanazione dell’avviso di accertamento in caso di affidamento del servizio di accertamento e riscossione dei tributi locali nel quadro vigente ratione temporis del sistema normativo, senza la necessità di alcuna indagine in punto di fatto.
1.4 L’art. 53, comma 5, lett. b), del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, consente che i regolamenti comunali prevedano di affidare a soggetti privati iscritti all’albo disciplinato dal medesimo art. 53, comma 1, anche disgiuntamente, nel rispetto della normativa dell’Unione Europea e delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, l’accertamento e la riscossione dei tributi e delle entrate locali.
In tale direzione, l’art. 11, comma 3, del d.l. 30 dicembre 2009, n. 195, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26, nel testo novellato dall’art. 13, commi 3 e 5quater , del d.l. 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, con specifico riguardo alla Regione Campania, nel periodo relativo agli anni 2010, 2011 e 2012, stabilisce che le società provinciali contemplate dalla legge reg. Campania 28 marzo 2007, n. 4
(con riguardo al l’affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti), « agiscano sul territorio anche quali soggetti preposti all’accertamento e alla riscossione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) e della tariffa integrata ambientale (TIA) », potendo a tal fine anche « avvalersi dei soggetti di cui all’articolo 52, comma 5, lettera b), numeri 1), 2) e 4), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 ».
1.5 Ciò posto, per costante giurisprudenza di questa Corte, in caso di affidamento in concessione dei servizi di accertamento e riscossione dei tributi locali, la legittimazione impositiva attiva deve intendersi trasferita dal Comune in capo al concessionario. In tal caso, non c’è estrinsecazione autoritativa di attività impositiva, bensì attuazione in concreto di una pretesa impositiva, i cui presupposti di debenza sono stati già precedentemente individuati dal Comune. Laddove il Comune affidi il ‘ servizio di accertamento e riscossione delle imposte locali ‘ a soggetti terzi, il potere di accertamento è, pertanto, demandato al concessionario, al quale è conferita, non solo la legittimazione sostanziale, ma anche la legittimazione processuale per le relative controversie (in termini: Cass., Sez. 5^, 30 settembre 2019, n. 24276; Cass., Sez. 6^-5, 29 settembre 2020, n. 20650; Cass., Sez. 5^, 3 marzo 2021, n. 5767; Cass., Sez. Trib., 30 novembre 2022, n. 35338; Cass., Sez. Trib., 18 gennaio 2024, nn. 1898 e 1937; Cass., Sez. Trib., 22 luglio 2024, n. 20168; Cass. Sez. Trib., 20 marzo 2025, n. 7493).
1.6 Nella specie, l ‘atto impositivo era stato pacificamente emesso dal concessionario del servizio di accertamento e riscossione , che, pertanto, aveva l’esclusiva legittimazione
passiva rispetto alla relativa impugnazione da parte del contribuente.
1.7 Ne discende che la sentenza impugnata si è implicitamente uniformata a tale orientamento, pur non rilevando il difetto di legittimazione passiva dell’ente impositore, con la netta affermazione che « sussiste la piena legittimazione attiva del Raggruppamento Temporaneo di Imprese –RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, sia nell’emissione dell’atto, sia per quanto concerne la sottoscrizione », sul rilievo che « l’affidamento è regolato dal contratto sottoscritto tra RTI e la RAGIONE_SOCIALE con il quale sono stati affidati al Concessionario la Gestione Ordinaria e Straordinaria (tra cui rientrano gli accertamenti), Riscossione Volontaria e Coattiva della TARSU e della TIA nella Provincia di Napoli per gli anni 2010 -2013 ».
Ciò detto, il motivo è infondato.
2.1 La disposizione che, in tema di TARSU, disciplina l’obbligo di denuncia, secondo la quale la denuncia dei locali ed aree tassabili va presentata al Comune « entro il 20 gennaio successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione » (art. 70, comma 1, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507), impone di differenziare la detenzione o occupazione dei locali che sia in corso fin dall’inizio del periodo di imposta e, comunque, prima del 20 gennaio, dal caso in cui tale situazione si sia verificata in epoca successiva; nel primo caso il termine di decadenza decorre dall’anno corrente, nel secondo caso dal 20 gennaio dell’anno successivo (Cass., Sez. 5^, 21 giugno 2016, n. 12795; Cass., Sez. 5^, 3 novembre 2016, n. 22224; Cass., Sez. 5^, 1 febbraio 2019, n. 3058; Cass., Sez. 6^-5, 29 aprile 2020, n. 8275; Cass., Sez. 5^, 11 dicembre 2020, n. 28255; Cass., Sez. 5^, 23 giugno 2021, n. 17874; Cass., Sez. 5^, 24
giugno 2021, n. 18070; Cass., Sez. 5^, 17 giugno 2022, n. 19531; Cass., Sez. Trib., 26 luglio 2023, n. 22694; Cass., Sez. Trib., 22 marzo 2024, n. 7824; Cass., Sez. Trib., 12 novembre 2024, nn. 29124 e 29204; Cass., Sez. Trib., 15 marzo 2025, nn. 6927 e 6929).
Questa Corte ha posto in rilievo, al riguardo, il chiaro dettato normativo che fa riferimento al « 20 gennaio successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione », e non anche al 20 gennaio « dell’anno » successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione, – ed ha rimarcato che laddove il legislatore avesse inteso postergare il momento dichiarativo « all’anno successivo » l’avrebbe espressamente previsto, così come è avvenuto, ad esempio, con l’art. 10, comma 4, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, che, in tema di ICI, dispone che « i soggetti passivi devono dichiarare gli immobili posseduti nel territorio dello Stato, … entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui il possesso ha avuto inizio ‘» cioè l’anno successivo a quello oggetto di imposizione (Cass., Sez. 5^, 3 novembre 2016, n. 22224).
Condividendone le argomentazioni, il collegio ritiene di dover dare ulteriore continuità a quest’orientamento, che è nettamente consolidato nella più recente giurisprudenza di legittimità.
Per cui, si deve disattendere l’orientamento ormai minoritario di questa Corte (in tal senso: Cass., Sez. 5^, 30 ottobre 2018, n. 27578; Cass., Sez. 6^-5, 2 luglio 2018, n. 17219; Cass., Sez. 5^, 21 ottobre 2020, n. 22900), secondo il quale l’espressione « entro il 20 gennaio successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione » riguarda, sempre e comunque, l’anno successivo a quello relativo alla tassa da pagare, con il corollario che, a prescindere dal momento in cui, nell’anno di
riferimento, ha inizio l’occupazione (o detenzione), la denuncia deve essere presentata entro il 20 gennaio dell’anno successivo, iniziando a decorrere da tale data, per l’ente impositore, il termine di decadenza previsto dall’art. 1, comma 161, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
2.2 Posto, quindi, che, in tema di TARSU, il tenore letterale della disposizione sull’obbligo di denuncia contenuta nell’art. 70, comma 1, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, secondo cui la denuncia dei locali ed aree tassabili va presentata al Comune entro il 20 gennaio successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione, impone di differenziare la detenzione o occupazione dei locali che sia in corso fin dall’inizio del periodo di imposta e, comunque, prima del 20 gennaio, dal caso in cui tale situazione si sia verificata in epoca successiva; nel primo caso, il termine di decadenza di cui all’art. 1, comma 161, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, decorre dall’anno corrente, nel secondo caso dal 20 gennaio dell’anno successivo, nel caso di specie, per la continuità ininterrotta del possesso del contribuente fino all’anno di riferimento (2012), la decadenza era destinata a maturare il 31 dicembre 2017 e l’avviso di accertamento era stato notificato il 4 luglio 2019.
Tuttavia, la sentenza impugnata -pur ragionando impropriamente in termini di interruzione della prescrizione della pretesa tributaria – ha accertato la notifica di un avviso di pagamento n. NUMERO_CARTA per l’anno 2012 il 14 settembre 2017, che costituiva, comunque, esercizio della potestà impositiva da parte del concessionario. Per cui, il successivo avviso di accertamento ne costituiva una semplice reiterazione per il medesimo importo, che non era più vincolata al l’osservanza del termine di decadenza.
2.3 Né vale il richiamo da parte del contribuente ad un precedente arresto di questa Corte (precisamente: Cass., Sez. 5^, 9 marzo 2020, n. 6572), il quale aveva ritenuto, nell’occasione, che l” avviso di pagamento ‘ notificato al contribuente costituisse -in base al suo contenuto – la manifestazione di una volontà impositiva ancora in itinere e non formalizzata in un atto cancellabile solo in via di autotutela (o attraverso l’intervento del giudice).
Laddove, alla luce della giurisprudenza pure ivi richiamata (tra le tante: Cass., Sez. Un., 24 luglio 2007, n. 16293; Cass., Sez. 5^, 15 maggio 2008, n. 12194; Cass., Sez. 5^, 15 giugno 2010, n. 14373; Cass., Sez. 5^, 24 ottobre 2019, n. 27307; Cass., Sez. Trib., 24 dicembre 2024, n. 34332), secondo cui, in tema di contenzioso tributario, sono qualificabili come avvisi di accertamento o di liquidazione, impugnabili ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, tutti quegli atti con cui l’amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai definita, ancorché tale comunicazione non si concluda con una formale intimazione di pagamento sorretta dalla prospettazione in termini brevi dell’attività esecutiva, bensì con un invito bonario a versare quanto dovuto, non assumendo alcun rilievo la mancanza della formale dizione ” avviso di liquidazione ” o ” avviso di pagamento ” o la mancata indicazione del termine o della forma da osservare per l’impugnazione o della commissione tributaria competente, l’avviso di pagamento in questione conteneva una completa e dettagliata informazione sui presupposti della pretesa impositiva per l’anno di riferimento (con una precisa indicazione del l’immobile gravato, della superficie imponibile, della tariffa applicata e dell’imposta liquidata ), nonché una chiara ed inequivoca esposizione sui termini e sulle modalità
per il pagamento del tributo. Per cui, il successivo avviso di accertamento, al di là dell ‘ autonoma impugnabilità (per la sua natura di ‘ atto tipico ‘) dinanzi al giudice tributario, veniva a configurarsi, rispetto all ‘esercizio della potestà impositiva, come una sorta di ‘ ripetizione ‘ – con identico contenuto, ma in forma diversa sub specie dei modelli provvedimentali ex art. 1, comma 161, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, del precedente avviso di pagamento.
In conclusione, alla stregua delle suesposte argomentazioni, valutandosi -in disparte il pregiudiziale rilievo del l’inammissibilità del ricorso originario del contribuente rispetto a ll’ente impositore , al quale consegue la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata per l’impos sibilità di iniziare la causa nei suoi confronti (art. 382, terzo comma, cod. proc. civ.) – l ‘ infondatezza del motivo dedotto, il ricorso per cassazione del contribuente nei confronti del concessionario deve essere respinto.
Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo, con la sola precisazione che la relativa regolamentazione nei rapporti tra contribuente ed ente impositore si estende anche al giudizio di merito (sia pure solo nei limiti del secondo grado, per la contumacia della parte vittoriosa nel primo grado), pur confermandosi nel quantum la liquidazione ivi disposta.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
La Corte cassa senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti del Comune di Napoli e dichiara l’impossibilità per COGNOME NOME di iniziare il procedimento nei confronti del Comune di Napoli per inammissibilità del ricorso originario, confermandola per il resto; rigetta il ricorso per cassazione di COGNOME NOME COGNOME nei confronti del raggruppamento temporaneo di imprese tra Agenzia delle Entrate -Riscossione (succeduta ad ‘ RAGIONE_SOCIALE), ‘ RAGIONE_SOCIALE e ‘ RAGIONE_SOCIALE .’ ; condanna NOME alla rifusione delle spese giudiziali nei confronti del Comune di Napoli e del raggruppamento temporaneo di imprese tra Agenzia delle Entrate -Riscossione (succeduta ad ‘ RAGIONE_SOCIALE), RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE , liquidandole, rispettivamente: per il primo, con riguardo al grado di appello, nella misura di € 290,00 per compensi, oltre a contributo unificato, rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi ed altri accessori di legge, e, con riguardo al grado di legittimità, nella misura di € 200,00 per esborsi e di € 536,00 per compensi, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi ed altri accessori di legge; per il secondo, con riguardo al solo grado di legittimità, nella misura di € 200,00 per esborsi e di € 536,00 per compensi, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi ed altri accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di NOME COGNOME dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del l’11 luglio