Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5524 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5524 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 02/03/2025
Irpef 2008 -avviso di accertamento -fallimento -attività successivalegittimazione.
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 17162/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma INDIRIZZO presso l ‘ Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende,
-ricorrente –
contro
NOME, nella qualità di curatore del Fallimento della RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE e di COGNOME NOME entrambi elettivamente domiciliati in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME e rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
– controricorrente –
COGNOME
– intimato –
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. Campania n. 774/2016 depositata il 01/02/2016; udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 26 novembre 2024
dal Consigliere NOME COGNOME;
Premesso che:
A seguito di indagini finanziarie relative per l’anno 2008, svolte a carico di NOME COGNOME – già dichiarato fallito anche in proprio nella qualità di socio illimitatamente responsabile della RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE con sentenza del Tribunale di Benevento n. 59 del 1994 l’Ufficio imputava a reddito di quest’ultimo alcune operazioni ritenu te non giustificate su due conti correnti intestati a terze società (la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE e materialmente eseguite dal medesimo che, per l’effetto, recuperava a tassazione con l’avviso di accertame nto n. TMF010300544/2013.
Avverso detto atto impositivo la Curatela spiegava ricorso che veniva rigettato dalla C.t.p.
La C.t.r., invece, in parziale accoglimento dell’appello della Curatela riduceva il reddito accertato con l’atto impositivo.
L’Agenzia delle entrate ricorre avverso detta sentenza nei confronti della Curatela del fallimento e notifica l’atto anche al fallito personalmente. La Curatela resiste e mezzo controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unic o motivo l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 2 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art. 2697 cod. civ.
Censura la sentenza impugnata per aver operato un’ille gittima inversione della prova facendo gravare sull’Ufficio la mancata dimostrazione di ulteriori movimentazioni finanziarie al fine di verificare l’effettiva operatività delle società intestatarie dei conti .
La disamina del motivo del ricorso non si rende necessaria, in quanto risulta pregiudiziale e dirimente il doveroso rilievo ufficioso della improponibilità della causa per difetto di interesse della Curatela ad impugnare l’avviso di accertamento.
2.1. Va precisato in fatto che l’atto impositivo emesso dall’Ufficio aveva ad oggetto redditi imputati all’attività svolta da COGNOME NOME, in proprio, successivamente alla dichiarazione di fallimento che aveva attinto non solo la società partecipata ma anche quest’ultimo , nella sua qualità di socio illimitatamente responsabile.
2.2. Questa Corte, in precedente specifico, reso tra le stesse parti, avente ad oggetto diverso anno di imposta (Cass. 29/04/2024, n. 11351) ha affermato che «in caso di rapporto d’imposta i cui presupposti si siano formati dopo la dichiarazione di fallimento, sull’assunto che il contribuente dichiarato fallito abbia continuato a svolgere attività in proprio, sussiste la legittimazione di quest’ultimo in ordin e all’impugnazione dell’atto impositivo».
2.3. Si è osservato in proposito che:
per orientamento consolidato di questa Corte l’accertamento fiscale avente ad oggetto obbligazioni tributarie i cui presupposti siano maturati prima della dichiarazione di fallimento del contribuente, ovvero nel periodo d’imposta in cui tale dichiarazione è intervenuta, ove sia stato notificato soltanto al fallito, e non anche al curatore del fallimento, è inefficace nell’ambito della procedura fallimentare (Cass, 14/09/2016, n. 18002);
l ‘inefficacia va affermata anche nella fattispecie in cui si assuma che il fallito, dopo la dichiarazione di fallimento, abbia continuato a svolgere, in proprio, un’ attività produttiva di reddito;
l ‘esercizio di un’attività in proprio da parte de fallito , non è astrattamente precluso , come desumibile dall’art. 46 l. fall. che, nell’elencare i beni esclusi dal fallimento, fa espressamente riferimento a quanto il fallito guadagna con la sua attività, se pure nei limiti di quanto necessario al mantenimento suo e della famiglia. Altra questione, invece (estranea all’odierno giudizio) è la legittima apprensione alla massa di beni sopravvenuti, ivi inclusi quelli derivanti da attività in proprio;
le Sezioni unite hanno chiarito che l’effetto dello spossessamento del fallito non è totale in quanto non opera, non solo con riguardo alle posizioni di natura strettamente personale del debitore, ma nemmeno per quelle non apprese al concorso, sicché anche l’incapacità processuale del fallito, come prevista dall’art. 43 l. fall. non è priva di eccezioni. E’, ammesso, pertanto, che il fallito possa agire in giudizio anche riguardo a rapporti patrimoniali se non compresi, in linea di diritto o di fatto, nel fallimento. Si osserva, infatti, che la mancata attivazione del curatore nella tutela giudiziaria di quei rapporti ben può fondare la loro ritenuta indifferenza rispetto agli scopi della procedura concorsuale e, in definitiva, la loro sostanziale non-apprensione alle ragioni della massa. (Cass. sez. U. 28/04/2023, n. 11287 in motivazione). Nello stesso senso, già in passato, si era affermato che il fallito conserva la capacità processuale in ordine alle situazioni giuridiche non comprese di fatto nella massa fallimentare, (Cass. 17/03/1995 n. 3094);
su questa scia si sono mosse di recente le Sezioni Unite che hanno affermato il seguente principio di diritto «in caso di rapporto d’imposta i cui presupposti si siano formati prima della dichiarazione di fallimento,
il contribuente dichiarato fallito a cui sia stato notificato l’atto impositivo lo può impugnare, ex art. 43 legge fall., in caso di astensione del curatore dalla impugnazione, rilevando a tal fine il comportamento oggettivo di pura e semplice inerzia di questi, indipendentemente dalla consapevolezza e volontà che l’abbiano determinato; -l’insussistenza di uno stato di inerzia del curatore, così inteso, comporta il difetto della capacità processuale del fallito in ordine all’impugnazione dell’atto impositi vo e va conseguentemente rilevata anche d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo» (Cass. 28/04/2023, n. 11287).
Ne consegue che, nell’ipotesi in cui l’accertamento colpisca redditi generati dall’attività svolta dal fallito successiva mente alla dichiarazione di fallimento, sussiste la legittimazione di quest’ultimo , e non della Curatela, ad impugnare l’atto impositivo.
Sulla scorta dei principi sopra esposti deve rilevarsi che la causa non poteva essere proposta dalla Curatela e che, pertanto, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio ex art. 382 cod. proc. civ.
In ragione dell’andamento del giudizio vi sono giusti motivi di compensazione delle spese di lite dei gradi di merito e del giudizio di legittimità
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, dichiara inammissibile l’originario ricorso della curatela e cassa senza rinvio, ex art. 382 cod. poc. civ., la sentenza impugnata. Dichiara interamente compensate tra le parti le spese dei gradi di merito e del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 26 novembre 2024.